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Autore: Shireith    02/12/2023    1 recensioni
Le strade, le case e gli edifici non hanno gli occhi. Che cosa vedrebbero se ce li avessero:
Il cellulare di Geto sul tavolo vibrò per una notifica. Gojo lesse il nome di Shoko. Geto prese il cellulare,
«Immagina la persona che ami guardarti negli occhi...»
rispose,
«... ed essere la causa della sua morte.»
e lo rimise a posto.

‣ Storia partecipante al Calendario dell’avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Moscacieca

 Quello che una strada vide: una donna, un bambino, due ragazzi. Gli occhi della donna videro il bambino correre lungo la strada per inseguire il suo pallone. Il bambino si fermò, il pallone in mano, e vide due ragazzi a pochi metri dalla banchina del fiume. Il ragazzo dai capelli bianchi alzò lo sguardo su di lui. Per una frazione di tempo insignificante, tre estranei in strada si guardarono.
 Poi Gojo tornò a guardare Geto, ma Geto guardava le pagine di un libro. 
 «Allora?» fece Gojo, inclinando la testa di lato come un bambino curioso. «Che leggi?»
 Qualche secondo passò e Geto non diede segno di averlo sentito, ma poi con uno scatto improvviso della mano chiuse il libro e lo gettò sulla panchina dov’era seduto. Gojo, in piedi, allungò il collo per cercare di leggere il titolo, ma il libro era capovolto e tutto quello che vide fu una copertina rossa. 
 Geto finalmente accettò la lattina che Gojo gli porgeva e per cui si era allontanato poco prima. La coca-cola gli rinfrescò la gola e Geto emise un suono a metà tra un sospiro e uno sbuffo. 
 «Tanto non ti piacerebbe.» Gesticolò con una mano in direzione del libro.
 «Non so nemmeno come si chiama», disse Gojo, ma non si sporse per prenderlo. Lo sfidò solo a parole, poi, come ad aggiungere un pizzico di sfida in più, arcuò un sopracciglio. 
 «Non c’è il film.»
 Gojo rimise a posto il sopracciglio. «Mhh.»
 Geto ghignò. «Vedi?»
 
 Quello che un ristorante vide: un signore anziano, una cameriera, due ragazzi seduti a un tavolo. Il signore anziano batteva il piede sul pavimento mentre osservava la cameriera servire i due ragazzi prima di andare da lui. I ragazzi dissero grazie, ma solo quello dai capelli bianchi incontrò il suo sguardo per un istante, una spaccatura nel tempo.
 Rimasero loro due soli, solo perché Shoko aveva dato loro buca. 
 «Ti piacciono i miti greci?»
 La mano di Gojo rimase sollevata a mezz’aria insieme alle bacchette che stringeva tra le dita. «Eh?»
 «Il mito di Medusa, per esempio, è affascinante.»
 Gojo si ficcò in bocca un pezzo di carne di manzo come se quello potesse aiutarlo a pensare a una risposta. Ma una risposta non gli venne, non gli interessava averla. Allora disse: «E perché?»
 «Nella mitologia greca, Medusa nasce come una creatura mostruosa che trasformava in pietra le persone che la guardavano negli occhi.»
Alle spalle di Geto, la cameriera si sporse appena in avanti per prendere l’ordine del signore anziano.
 «Ma», proseguì Geto, «il mito è stato rivisitato tante volte. Un poeta romano, per esempio, ha reso Medusa una vittima. Medusa era una bellissima donna prima di essere punita da Minerva per aver avuto un rapporto con Nettuno in un suo tempio.»
 «Permalosa.»
 «In realtà Nettuno violentò Medusa» – Geto lo disse con naturalezza, come stesse commentando il meteo – «ma Minerva decise comunque di trasformarla in un mostro. Da allora, chiunque l’avrebbe guardata negli occhi sarebbe rimasto pietrificato.»
 Il cellulare di Geto sul tavolo vibrò per una notifica; Gojo lesse il nome di Shoko. Geto prese il cellulare,
 «Immagina la persona che ami guardarti negli occhi...»
rispose,
 «... ed essere la causa della sua morte.»
 e lo rimise a posto.
 
 Quello che una libreria vide: un commesso, uno scolaro delle medie e due ragazzi. Gli occhi del commesso videro lo scolaro infilarsi nella sezione adulti e dare una sbirciata a un manga per niente adatto alla sua età. Il commesso scosse la testa ma non fece nulla: se il bambino avesse voluto comprarlo, il commesso avrebbe detto no.
 Vide, non sentì, il ragazzo dai capelli chiari dire qualcosa all’altro. Poi lo sguardo del ragazzo dai capelli chiari si spostò su di lui, gli sorrise e si avvicinò. L’altro ragazzo rimase in disparte a sfogliare un libro. 
 «Senta,» disse Gojo, «mi sa consigliare un libro sulla mitologia greca?»
 
 Gli occhi di Gojo sono il foglio da disegno di un bambino il cui limite, la fantasia del bambino, è un non-limite. Gli occhi di Gojo vedono tutto. Vedono l’infinito.
 Quello che una strada che affaccia su un KFC vede: una folla come un fiume. Decine di persone che li guardano senza vederli davvero. Frazioni di istanti di estranei che si guardano non abbastanza per essere promossi alla condizione di non-estranei.
 Quello che gli occhi di Gojo vedono quel giorno in una strada che affaccia su un KFC: Geto che se ne va.
   

NOTE ⇨ Signore e signori del pubblico, vengo da voi in questo fandom con una confessione: non so cosa ho scritto. La verità è che io questo anime/manga l’ho iniziato da poco, troppo poco per sapere come gestire questi personaggi, ma questi qui proprio mi hanno scandalizzato e mi sono detta: no, ora questa idea la scrivi. Perché tanto lo so che se l’avessi lasciata per il futuro non l’avrei mai ripescata. E quindi eccomi qui con uno studio dei personaggi che è un altro modo per dire: non c’è trama.
 
   
 
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