1.
Da qualche parte vicino Verona
Luglio 2023
Era una brutta giornata.Da qualche parte vicino Verona
Luglio 2023
Tutte erano state brutte giornate sotto quella nuvola perenne di un chilometro di raggio. Si muoveva ai trecento chilometri orari, circa, fermandosi solo qualche ora sopra ai tetti di alcuni bar.
Un fenomeno meteorologico insolito, che persisteva da un annetto e sul quale fior fior di scienziati si arrovellavano senza sosta. Certo, se i telegiornali avessero saputo che al centro di quell’acquazzone di un chilometro di raggio ci stava una Bentley nera del 1926, sarebbero stati ben felici di usarla come capro espiatorio – al posto di quella scomodissima questione della crisi climatica che faceva prudere le mani alla gente sbagliata. Peccato che nessuno potesse rendersene conto, o se ci riusciva, per qualche motivo se ne dimenticava subito.
Take me to Church
I'll worship like a dog at the shrine of your lies.
CROWLEY. Gracchiò la radio della Bentley con la voce di Freddie Mercury[1].
I’ll tell you my sins so you can sharpen your knife.
CROWLEY!
Crowley fece un verso simile a un grugnito.
AH, CI SEI. BENE. ABBIAMO LASCIATO PASSARE LA NUVOLA PERCHÉ SEI DEPRESSO, MA I DANNI CLIMATICI CHE STAI PROVOCANDO NON SONO AUTORIZZATI. FERMATI O VERRÀ QUALCUNO A FARLO.
«Non sono io, idiota» sbuffò Crowley.
Un attimo di silenzio.
BE’, NEMMENO IO.
«Non li guardi i telegiornali?»
PERCHÉ?
Crowley si prese il ponte del naso da sotto gli occhiali, esasperato. I piani bassi avevano cambiato il demone della circoscrizione Italiana due anni prima – con Bergamo del 2020, il precedente aveva preso una bella, immeritata promozione – e quello nuovo ancora non aveva capito nulla.
L’imbecille aveva sprecato tempo a portare certe organizzazioni anti-governative al nord, come se ci fosse stato bisogno del suo intervento per farlo, e non si era ancora reso conto che le recenti grandinate e acquazzoni non dipendevano da loro.
«Lascia stare.»
SENTI, VOLEVO PARLARTI DELLA PROPOST-
Crowley spense la radio della Bentley e la voce tacque. In altre circostanze non sarebbe servito a nulla, ma di solito a lui bastava desiderare qualcosa con abbastanza intensità affinché quello si avverasse.
Di solito.
La Bentley sfrecciò attraverso le colline, portandosi dietro il suo nuvolone, e si fermò davanti al cancello in ferro battuto di una villa; Crowley tamburellò con le dita sulla portiera e quello si aprì, cigolando come fosse terrorizzato. E non era il solo. Mentre l’auto attraversava il vialetto, le vigne che lo fiancheggiavano schizzarono dritte come soldati nonostante la pioggia scrosciante. Crowley pensò che più tardi sarebbe passato a fare un controllo qualità. In quell’anno si era comprato una cantina sociale e, come ovvio, tre quarti di tutto il vino prodotto se li era scolati lui, quindi ci teneva che il prodotto fosse ottimo.
La villa in cui abitava era mastodontica, tutta su un piano, con archi di pietra a vista e un porticato lungo tutto il perimetro. Non c’entrava nulla con il moderno appartamento di Londra e a Crowley andava benissimo così, non voleva vedere più nulla di vagamente inglese o con fantasie tartan. Permettersi quella casa era stata una bazzecola: nei suoi seimila anni sulla Terra aveva accumulato un mucchio di soldi – tutti non tracciati, ovviamente, che multimiliardario sarebbe stato altrimenti? – e quell’acquisto ne aveva eroso solo una parte.
Parcheggiò la Bentley al coperto e anche la pioggia si spense. Smontò e attraversò a grandi falcate il piazzale di ciottolato davanti casa, poi afferrò la maniglia della porta d’ingresso e la aprì con poca grazia. Si accorse solo allora che fuori era il tramonto; le foglie delle viti erano dipinte di un caldo colore aranciato e l’aria sapeva di erba bagnata. Alzò gli occhi al cielo. Inspirò. «Tsk.» E si sbatté la porta alle spalle.
La sua casa era nera e sapeva di fuliggine. Come nero e al sapore di fuliggine era il suo umore. Crowley si avviò in cucina, una stanza del tutto innecessaria per un demone come lui, ma fondamentale se non si voleva avere un frigorifero messo a caso nel soggiorno. Non era mai stato uno puntiglioso, ma certe cattive influenze nel corso di sei secoli lo avevano piano piano cambiato.
Sibilò nel rendersi conto di dove la sua mente stesse andando, aprì l’anta del freezer, estrasse un sacchetto di piselli congelati e la richiuse con un tonfo. Le piante che si era portato dall’appartamento inglese tremarono, ma quel giorno non aveva voglia di prendersela con loro.
Attraversò il soggiorno e uscì ciondolando dalla porta sul retro. Fuori, un bel giardinetto rigoglioso si sviluppava intorno a un piccolo stagno artificiale, sulle cui rive il demone dagli occhiali scuri andò ad accucciarsi. Le papere che abitavano il giardino, le quali avevano imparato a riconoscere il passo strascicato di Crowley a metri di distanza, uscirono dal canneto per circondarlo. Lui allora prese il sacchetto di piselli surgelati e, come faceva da un anno a quella parte, iniziò pigramente a gettarli uno per uno nello stagno.
C’era qualcosa di ipnotico nel vedere quegli animali buttarsi al loro inseguimento e schizzare acqua ovunque nel tentativo di accaparrarsene uno. Per lui era come un richiamo del vuoto, una vocina in fondo alla sua testa che ogni tanto gli domandava: “E se ti tuffassi anche tu?”
Sarebbe morto. In un momento di noia, il laghetto lo aveva fatto benedire.
Un piede più avanti e, puff, addio demone Crowley. Un pensierino ce lo aveva pure fatto…
Din don
Il campanello.
Din don
Strano, nessuno andava a fargli visita.
Din don
Diiiiin doooon
Dindondindondindondindon
Pausa.
Silenzio.
Din don
«Diamine, arrivo!» Sbraitò Crowley, mollando tutto il sacchetto in pasto alle papere e dirigendosi verso l’ingresso. E anche quel giorno, il richiamo del vuoto non aveva vinto.
[1] Che da due anni a quella parte cantava Take me to Church di Hozier in una chiave tanto malinconica da rendere Adele allegra.
Spazio autrice:
Benvenuti in questa mia FanFiction a tema Good Omens! Dopo mesi di elaborazione del lutto per il finale della seconda stagione e un vuoto incolmabile per la mancanza della terza, ho deciso di provare a scrivere la mia versione del futuro dei nostri beniamini. Personalmente, adoro lo stile scanzonato e super ironico dell'opera cartacea originale, quindi ci ho tenuto tantissimo a riproporlo anche qui. Certo, io non sono nemmeno un pelo della barba di Neil Gaimann e/o Terry Pratchett, ma l'ironia mi piace e usarla nello scrivere mi diverte tantissimo, quindi spero che abbia intrattenuto/intratterrà anche voi.😊
Spero di ritrovarvi nei prossimi capitoli!
- Tara