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Autore: Neamh Moonstar    04/12/2023    2 recensioni
[SPOILERS SECONDA STAGIONE]
Le loro separazioni non erano mai per sempre. In fondo lo aveva detto anche Aziraphale stesso: "Nulla è per sempre".
Eppure la loro ultima lite era sembrata una ghigliottina: li aveva divisi così profondamente da lacerarli, così duramente da far mettere ad entrambi il punto su una relazione che pareva essere appena cominciata - o che era morta ancor prima di cominciare davvero.
Crowley si era sentito tradito, così tanto da dirsi che non sarebbe tornato dall'angelo nemmeno se gli fosse piombato davanti - in ginocchio, per giunta.
Peccato che fosse solo tutta una stupida storiella che si ripeteva per non ammettere quanto in realtà sperasse in un ritorno. Sperava in un chiarimento. Sperava in una svolta.
E adesso la svolta era arrivata così, di colpo, senza preavviso.
Dopo un anno intero da quel disperatissimo bacio.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Metatron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le cose avevano appena iniziato a riassestarsi, rendendo il divario sempre più piccolo; nient'altro che una crepa nel terreno. Avesse potuto, Crowley ci sarebbe morto su quel divano, davanti al camino, gli abiti ancora volutamente umidi e Aziraphale tra le braccia che fissava le fiamme, pensoso.

Diede spesso un bacio a quei riccioli che gli solleticavano il naso, assicurandosi che la coperta avvolgesse per bene le spalle dell'altro. Dopo tutta la sofferenza che aveva patito, si sentiva l'essere oscuro più felice dell'universo. Se solo non fosse stato per la realtà che incombeva sulle loro teste, avrebbe abbracciato Aziraphale fino a che il sole non avesse smesso di splendere - anche se, ora come ora, non gli parve la prospettiva migliore dato il tempaccio innaturale.

In realtà, non gliene fregava nulla neanche della pioggia. Poteva continuare a piovere per sempre, per quel che lo riguardava. Nella sua testa, il clima era solo un pretesto per baciare di nuovo Aziraphale sotto gli scrosci battenti.

Peccato che non potesse permettersi quel lusso. Il suo angelo si stava spremendo le meningi intanto che lui, come sempre, si faceva trascinare dal suo sempre prestante fare protettivo. Per quanto quel posto fosse al sicuro, per quanto loro fossero al sicuro, non sarebbe durata ancora a lungo.

Non faceva che ripeterselo.


Aveva chiamato Muriel solo una volta da quando erano arrivati, ed Aziraphale aveva insistito perché lo rifacesse. Ovviamente, la piccoletta se la stava cavando alla grande - il che rese Crowley un pelo più tranquillo.

Attese giusto qualche minuto, osservando l'altro che, nonostante l'evidente preoccupazione, si poggiava a lui senza un filo di tensione in corpo. Si sfilò il cellulare dalla tasca, cercando di muoversi il meno possibile - anche se, alla fine, il tutto risultò in una serie di movimenti raffazzonati e limitati, mannaggia alle taschine troppo strette dei suoi jeans.


Fu quando fece partire la chiamata che tutto crollò di nuovo.


L'ultima volta, Muriel ci aveva messo due squilli a rispondere. Crowley se ne stava davanti alla finestra, fermo ad osservare il paesaggio nebbioso, e la voce della sua piccola agente sotto copertura gli era sembrata un raggio di sole che tagliava la foschia.

Stavolta, gli squilli si susseguirono una, due, tre volte. Dopo l'ultimo tentativo, il demone si drizzò sul divano in un solo, secco colpo di ansia misto terrore.

    Il movimento portò Aziraphale a rimettersi composto. «Che succede?» Chiese, evidentemente preoccupato. «Stai bene?»

    Crowley fissò lo schermo del cellulare come fosse uscito direttamente da un film horror. Gli tremavano le mani, e la paura sembrava star facendo le montagne russe attorno al suo ipotetico stomaco. «Qualcosa non va» disse in un soffio.


L'ultima volta che si era sentito così, il mondo era in procinto di finire.


°•°•°


Gli occhi del rosso si erano fatti simili a due grandi laghi dorati, tagliati giusto nel mezzo da due linee sottili e nere come la morte. Segno inequivocabile del fatto che la situazione era seria oltre che preoccupante.

Per affermare quel timore, ad Aziraphale bastò dare un'occhiata allo schermo ancora acceso del cellulare di Crowley.

In lontananza si udì l'eco impercettibile ma presente di un tuono.

Il loro tempo era finito.


    L'angelo si alzò, ripiegando la coperta e facendo sparire l'acqua e l'umidità dai loro capelli e dai loro abiti. «Quante volte hai provato a chiamarla?» Chiese, cercando di apparire il più determinato possibile.

    «Troppe» fu la risposta del suo demone, ora ridotto ad un saltellante fascio di nervi. «Che facciamo?»

Quella sì che era un'ottima domanda. Aziraphale si accorse di non avere un piano, ma solo tante - azzardate, per giunta - intenzioni.

Stranamente, non provava né ansia né paura, però. Più rimaneva in silenzio in mezzo a quell'aria cosparsa di umidità e minuti contati, più il timore veniva sopraffatto dall'idea che non era solo e che un modo per uscirne - forse, chissà come - gli sarebbe venuto in mente. E no, non a Crowley; ad entrambi.

Anzi.

    «Ho qualche mezza idea, ma non ti piacerà» affermò, conscio del fatto che non fosse esattamente il migliore degli esordi.

    Difatti, la postura nervosa dell'altro crollò in un'esagerata ricaduta delle braccia. «Ma non mi dire» ringhiò Crowley in quello che doveva essere un disperato tentativo di mascherare la paura con il sarcasmo.

    «Lo so, lo so. Ascoltami: ho semplicemente bisogno che tu rimanga sull'uscio.»

E se l'inizio non era stato dei migliori, quell'affermazione segnò un'evidente peggioramento.

    «Non farai sul serio. Ne abbiamo parlato.»

La delusione intrisa in quel tono fece capire ad Aziraphale che doveva essere chiaro, una volta tanto. Se voleva un'occasione per dire esattamente cosa gli passava per la testa, beh, eccola lì.

    «Non ho nessuna intenzione di fare tutto da solo» affermò quindi. «Sarò sincero: non so come ne usciremo. Voglio solo che tu faccia andare avanti me.»

Un lampo illuminò lo spazio tra di loro, ora fermi a fissarsi - l'angelo speranzoso e il demone molto, ma molto poco convinto.

    «Non lo so, angelo. Non mi piace» mormorò questi infatti, gli occhi ora un po' più lucidi. «Che intenzioni hai?»

    «Devo ricordarti che Metatron ha bisogno di me? Dubito mi farà qualcosa. Quello che rischia, qui, sei tu.»

Se c'era un modo, anche solo mezzo, di sistemare le cose senza che nessuno si facesse male, allora Aziraphale era pronto ad applicarlo. Era persino pronto a tornare di Sopra e sovvertire il sistema dall'interno per davvero, stavolta.

    Crowley scosse la testa. «E che fai? Lo prendi a parole?»

    «Hai qualche altra brillante idea? Una sola idea?»

Ovviamente, il rosso non ne aveva: glielo si leggeva in faccia - così come gli si leggevano la frustrazione e l'ansia.

    Così, Aziraphale riprese: «Lascia che sia io a proteggere te, per una volta. Ti prego.»

    Dopo un verso gorgogliante misto resa e paura cieca, Crowley annuì - più a sé stesso che all'angelo - in una specie di forzata auto convinzione. «E va bene» si arrese infine. «Ma se prova a farti qualcosa, esco e gli faccio il cu-»

Un tuono fece tremare le pareti. A pochi metri dalla porta di ingresso si abbatté un fulmine che - a giudicare da ciò che si intravedeva dalle finestre - aveva bruciato un bel po' di erba umida, rilasciando un fumo chiaro che sapeva di aria pulita, cieli tersi e nuvole.

Dopodiché, si abbatté un silenzio rotto solo dalla pioggia che ticchettava, ora stranamente più silenziosa, sul tetto del cottage.

    Aziraphale sentì la mano di Crowley attanagliarsi alla propria, e il primo briciolo di paura venne prontamente spazzato via. «È ora di uscire allo scoperto» disse poi, schioccando le dita.


°•°•°


Quando giunsero a destinazione, davanti a Metatron si palesarono solo le colline verdi e le scogliere immerse dalla nebbia. Nulla che non si fosse aspettato: sapeva che gli sarebbe bastato attendere.

Difatti, pochi attimi dopo, risuonarono nell'aria tre piccoli miracoli.

Il primo fece comparire dal nulla una graziosa casetta dalle pareti bianche.

Il secondo non ebbe un effetto visibile, ma fece rivedere l'aura splendente di Aziraphale al capo dei Serafini.

Il terzo fu opera di quest'ultimo, il quale alzò la mano libera, schioccò le dita e fermò il tempo.

Il mondo piombò nel silenzio più assoluto. Le gocce di pioggia si bloccarono a mezz'aria, diventando tante piccole sferette traslucide. Ora potevano essere solo lui, il neo arcangelo, il demone più assurdo che avesse mai conosciuto e lei, la piccoletta tremante al suo fianco.

L'aveva presa a braccetto: una stretta dal fare amichevole che, però, era persino troppo stretta.

Muriel, dopo aver faticosamente rivelato la posizione del cottage, era rimasta in silenzio. Aveva paura e le lacrime agli occhi, ma non ne aveva fatta cadere nemmeno mezza, conscia del pericolo che lei e gli altri disertori stavano correndo.

    «Non volevo arrivare a questo» le aveva detto Metatron in libreria. «Ma l'alternativa sarebbe stata minacciarti, e gli angeli non fanno queste cose, no?»

Era più intelligente del previsto, l'inetta, ma comunque facile da piegare come qualsiasi angelo del suo rango. Era il pretesto perfetto per far uscire quei due allo scoperto e, guarda caso, aveva funzionato alla perfezione.


La porta del cottage si aprì e, per la prima volta dopo giorni, Metatron si ritrovò davanti alla sua nuova recluta.

Aziraphale era praticamente tornato quello di una volta: riccioli un po' più scombinati, abiti meno candidi e più sui toni del crema, occhi un po' meno azzurri... Ma la sua aura era ancora quella decisa e splendente di un arcangelo.

Dietro al biondo, fermo sull'uscio, se ne stava Crowley. Dritto come un righello, le braccia incrociate e gli occhi scoperti che andavano da Metatron stesso a Muriel. Sia dalla postura che dallo sguardo, si vedeva che stava cercando di apparire determinato nonostante il terrore.

    Quello veramente determinato dei due era Aziraphale stesso, il quale fece alcuni passi avanti e, con una fermezza che poco gli si addiceva, si mise tra il suo capo e il suo demone. «Metatron» disse solo, a mo' di saluto.

    «Sei sempre stato sveglio» esordì questi, tirando Muriel un po' più verso di sé. «Hai usato dei poteri che prima non avevi a regola d'arte. Quel buono a nulla del tuo predecessore ti ha, seppur involontariamente, insegnato bene.»

    Il neo arcangelo fece un inutile - ma evidentemente rincuorante - respiro profondo. «So cosa vuoi, e ti posso assicurare che non c'è bisogno di tenere in ostaggio nessuno per arrivarci» affermò, facendo un cenno della testa verso la piccoletta - la quale abbassò lo sguardo, forse per via del senso di colpa o forse per semplice timore.

    «Oh, ora sei tu quello che vuole contrattare. Interessante. E dire che pensavo di essere stato equo: ti ho offerto sia un posto in Paradiso che la possibilità di portare il tuo, chiamiamolo, "partner" con te. Cos'altro potevi volere di più?»

    Incredibilmente, la risposta arrivò dall'uscio. «Magari che non usassi giochetti del cazzo, bastardo.»

Aziraphale alzò una mano per bloccare quello scatto d'ira, ma tanto Metatron sapeva meglio di Crowley stesso che quell'inveire non era altro che un modo di esorcizzare la paura.

Se il demone ci teneva tanto ad essere messo in mezzo, tanto valeva accontentarlo.

    «E dire che eri tanto felice prima di Cadere» affermò quindi, sguardo fisso su quello aureo del rosso. «Era logico immaginare che saresti tornato di sopra più che volentieri.»

    In risposta gli arrivò un leggero ma deciso scuotimento di testa. «Quella felicità non esiste più» affermò Crowley, trattenendo a stento un sibilo nervoso.

Metatron si fece scappare un sorriso amaro: alla fin fine, era ovvio che la pensasse così.


Il loro scambio venne bloccato da un altro fulmine che andò a cadere poco lontano da Metatron, esattamente alla sua destra, beffandosi bellamente del miracolo che aveva fermato il mondo.

    «Ecco perché avevo rilevato movimenti strani» affermò Saraquel, comparendo in mezzo ad una macchia di terreno bruciato. «Ho interrotto qualcosa?»

Poggiate sulle gambe, aveva delle cartelle bianchissime e piene zeppe di fogli. Qualcuno aveva fatto una capatina agli archivi, a quanto pareva. Poco male.

    «Capiti al momento giusto, in realtà» affermò il capo dei Serafini. «Stavo facendo una chiacchierata con i nostri interessanti disertori. Tra non molto avrei comunque avuto bisogno della tua assistenza.»

    Fluttuando un po' più vicina al suo superiore, Saraquel fissò sia Aziraphale che Crowley come se li stesse attentamente studiando. «È un piacere rivedervi» disse poi con sincerità palpabile.

Il neo arcangelo le rivolse un leggero sorriso, mentre il demone si limitò ad aggrottare le sopracciglia.

    «Vedo che la situazione è ancora un po' in stallo» continuò poi il braccio destro di Metatron, stavolta soffermandosi particolarmente sulla stretta che stava tenendo Muriel bloccata al fianco dello stesso capo dei Serafini.

    «Il tempo non ci manca» affermò quest'ultimo, pacato come sempre.

Aveva il coltello dalla parte del manico, celato sottoforma di libro in una delle tante tasche della sua giacca scura. Nessuno tranne la piccoletta poteva saperlo, e la cosa lo faceva sentire a suo agio in maniera spropositata.

Sapeva esattamente come far tornare Aziraphale sotto la sua ala. Ora come ora, però, si concentrò sulla sua aiutante.

Saraquel aveva evidentemente tante cose da dire. Era quella professionale e pragmatica, lei; e i demoni non erano gli unici ficcanaso curiosi dell'universo. I documenti poggiati sulle sue gambe erano ovviamente frutto di dubbi e domande di un essere arguto e intelligente.

Ma tutti sapevano che fine facevano gli angioletti svegli con troppe questioni per la testa.

    «Immagino tu voglia approfittare di questo momento di quiete per chiarire alcune questioni» disse quindi, indicando i fascicoli con un gentile gesto della mano. «Non vedo perché tenere certe informazioni celate ancora a lungo.»

Saraquel lo fissò seria ed impassibile. Sapeva che aveva qualcosa in mente, ma non poteva farci niente. 

    «Su, avanti» la esortò allora Metatron. «Di' ai nostri eroi come stanno davvero le cose.»

Aziraphale e Crowley si scambiarono uno sguardo interrogativo.

    Fu il biondo a parlare per entrambi. «Quali questioni?» Chiese, la facciotta dubbiosa che Metatron aveva visto almeno mille volte durante le loro riunioni.

    Tamburellando brevemente le dita sui braccioli della sua sedia, Saraquel andò a puntare lo sguardo verso quello di Crowley - il quale inarcò un sopracciglio, confuso e ovviamente poco felice dell'attenzione che gli era stata riservata. «Non cercavi di liquidarmi quando hai affermato di non conoscermi» disse lei, il tono che pareva voler sottolineare ogni singola parola.

    Il demone alzò gli occhi al cielo. «Ancora con questa storia... prima Furfur, poi tu. Non so proprio di cosa stiate parlando e, sinceramente, nemmeno mi interessa.»

    «Sai almeno perché sei stato, diciamo, allontanato dal Paradiso?»

    «Tutti sanno perché sono Caduto» puntualizzò Crowley, il tono duro ma il fare più infastidito che effettivamente arrabbiato. «Si può sapere che centra?» 

    «E che mi dici di lui?» Incalzò quindi Saraquel, indicando Aziraphale. «Di lui ti ricordi?»

Le guance scarne del demone si colorarono appena. Persino la sua postura si addolcì, portandolo a poggiarsi con finta nonchalance allo stipite della porta.

    A rispondere, però, fu l'angelo stesso. «Certo che sì» affermò con un sorriso che da solo parve alleggerire la situazione. «Ci conosciamo da un sacco di tempo.»

C'era una tenerezza tale in quelle parole che il capo dei Serafini ebbe l'impressione di poterla toccare, afferrare persino. Accanto a lui, ora un po' meno tremante, Muriel fissava la scena con aria curiosa - quasi come si fosse dimenticata della stretta che Metatron le stava ancora forzando sul braccio, del Libro e di tutto il resto.

    «Quand'è stata l'ultima volta che vi siete visti prima della Caduta?»

Ormai, quello di Saraquel sembrava un interrogatorio. O meglio, decisamente doveva sembrarlo agli occhi di Crowley, il quale aveva iniziato a non riuscire più a stare fermo nel ristretto rettangolo dell'entrata. Forse, molto semplicemente, il braccio destro di Metatron stava toccando tasti dolenti.

    Forse, Aziraphale continuò a rispondere al suo posto proprio perché lo sapeva fin troppo bene. «Mi ha fatto vedere la sua nebulosa» spiegò infatti, lo sguardo morbido volto verso il vuoto intanto che ricordava. «Abbiamo parlato.»

    «Di cosa?»

A quella domanda rispose un silenzio confuso come gli sguardi dei disertori. Il capo dei Serafini si fece scappare un altro, stavolta più affilato, sorrisetto amaro.

    Saraquel si mise a far passare le dita sulle cartelle ancora ben poggiate sulle sue cosce, pensosa. «Di cosa avete parlato?» Ripeté.

    «Cosa te ne importa?» Ringhiò il rosso, ora con evidente timore. «Non è importante.»

    «Dici così perché è vero, o semplicemente perché non te lo ricordi?»

    Aziraphale, proprio in mezzo a Saraquel e Crowley, li guardò a turno almeno un paio di volte. Poi prese a torturarsi nervosamente le mani. Tutta la sua - almeno apparente - sicurezza parve evaporare nell'aria ferma che li circondava. «Perchè, ci siamo detti qualcosa di importante?»

Metatron guardò il neo arcangelo così come aveva spesso e volentieri fatto in Paradiso d'innanzi ad una richiesta più ardita delle altre. Qualcuno inizia a capire che gli mancano dei pezzi. Di quelli grossi, per giunta.

    Fu allora che Saraquel si rivolse verso di lui. «Era questo che intendevi quando dicevi che Crowley sarebbe stata la chiave per riportare Aziraphale da te?» chiese con una fermezza che non lasciava trasparire emozioni.

Era fatta così, il braccio destro di Metatron: sempre composta, anche quando aveva tutte le ragioni di avere paura o essere arrabbiata e confusa.

    Il capo dei Serafini fece spallucce. «Era la mia ultima opzione, ma mi hai dato il pretesto perfetto per utilizzarla. Tanto valeva dirglielo.»

    A quel punto, Crowley si staccò dall'entrata, coprendo la distanza che lo separava da Aziraphale in una manciata di secondi. Venne fermato dalla stretta al polso di quest'ultimo, la quale non riuscì comunque a frenare la sua lingua. «Dirci cosa? Di cosa cazzo state parlando?» Esclamò, il nervosismo a mille.

Metatron non poté dirlo con certezza in mezzo alla nebbiolina, ma pareva quasi che il demone stesse fumando.

    Saraquel sospirò. Evidentemente si era preparata a quell'evenienza, tanto che riuscì - in qualche modo - a rivelare il tutto nella maniera più distaccata possibile. «Sei Caduto per colpa sua» affermò, indicando Aziraphale con la testa.

Furono poche, semplici, ma durissime parole che bastarono a drenare tutta la breve tensione che si era creata.

Persino Muriel si fece scappare un sussulto - che bloccò prontamente con una mano davanti alla bocca.

Il neo arcangelo staccò la presa dal polso di Crowley con una lentezza quasi dolorosa. Era sbiancato, quasi più di quanto avesse fatto in Paradiso. Tremava impercettibilmente, e se prima era stato il portavoce della situazione, adesso pareva incapace di formare anche solo mezza sillaba. Semplicemente, fissava i suoi superiori con gli occhi sbarrati, il capo che scuoteva leggermente, incredulo.

    Il demone, dal canto suo, parve riprendersi molto più in fretta - e molto più violentemente. «Cazzate» ringhiò. «Ve lo state inventando per fregarci. Ne siete perfettamente capaci.»

    Saraquel scosse la testa, ora leggermente affranta. «Le motivazioni dei Caduti sono state tutte registrate. Non fu facile: ai tempi c'erano decisamente meno angeli come Muriel a tenere tutto in ordine. In ogni caso, ti sei messo idee pericolose in testa, ma lo hai fatto perché è stato Aziraphale a darti, involontariamente, gli spunti per farlo. È stato lui stesso a riferirlo ai piani alti, forse sperando che una sua confessione potesse tirarti fuori dai guai». Intanto che spiegava, tirò fuori uno dei tanti fogli stipati nelle sue cartelle e lo mostrò ai suoi interlocutori. «È successo durante la vostra chiacchierata. Deve averti detto qualcosa che non ti è piaciuto riguardo alla tua nebulosa.»

    Metatron lo ricordava come fosse ieri. Osservò Crowley strappare il foglio dalle mani della sua seconda, fissandolo come se potesse prendere istantaneamente fuoco lì, tra le sue dita. «È la procedura» disse allora. «Decidemmo di eliminare i ricordi potenzialmente pericolosi di chiunque venisse allontanato o abbassato di grado. Si è sempre rivelata una strategia utile al fine di evitare ulteriori problemi con certi soggetti.»

    «Diciamo pure che fu tutta un'idea tua» lo corresse Saraquel con una certa durezza.

    «Era necessario ed ha sempre funzionato benissimo, almeno fino all'anno scorso. È per questo che in molti si ricordando di te ma non tu di loro» spiegò il capo dei Serafini, stavolta rivolto al demone che gli lanciava occhiate taglienti tra una riga e l'altra del documento. «Aziraphale lo sapeva, almeno fino al giorno in cui non ha rispettato il suo compito nell'Eden. È sceso di grado, ergo: abbiamo... ho rispettato la procedura.»

Sarebbe dovuta rimanere segreta, quella pratica. Era una di quelle cose da utilizzare solo in casi di estrema emergenza - un po' come il Libro della Vita ancora ben riposto nel suo cappotto. Ma era da tempo, ormai, che le cose andavano di male in peggio. Se una gerarchia vecchia eoni viene smantellata, il crollo si sente e si ripercuote su chiunque vi si trovi all'interno. E Metatron iniziava a stancarsi di quella situazione stagnante.

Come già aveva deciso da tempo, se gli arcangeli potevano sparire regolarmente e vagare senza controllo, se angeli e demoni potevano fare comunella, allora lui poteva tranquillamente usare il pugno duro e far valere l'autorità che aveva.

    Crowley accartocciò il foglio di colpo, stringendolo tra le dita come se volesse farlo sparire con la sola forza dei suoi pugni. «Non mi interessa» mormorò, tremante e lacrimante. Si voltò verso Aziraphale - il quale si era messo a fissare un punto imprecisato dell'erba, lo sguardo sconvolto - e si gettò il pezzo di carta alle spalle, prendendogli le braccia. «Non me ne frega niente, angelo. Hai capito?» Esclamò, la voce strozzata dal pianto imminente.

Ma lo sguardo lucido del neo arcangelo si posò su quello di Metatron, alla ricerca di una smentita. Smentita che, ovviamente, il capo dei Serafini non poteva dargli.

    «È per questo che non volevo che stessi con lui. Non fintanto che è un demone, almeno» disse invece questi, cercando di apparire il più affranto possibile. «Se avesse deciso di tornare alla vecchia gloria come avevo suggerito io, sarebbe stato come cancellare ciò che hai involontariamente fatto. Spero che tu capisca, adesso. Non puoi stare con l'essere che tu stesso hai distrutto, né puoi aspettarti che possa esserci qualcosa di più di una semplice collaborazione. Una relazione del genere può aver funzionato con Gabriele, ma-» sbuffò, «voi due? Siete semplicemente incompatibili, proprio come qualsiasi angelo e qualsiasi demone dovrebbero essere. Alla fin fine, non avete nulla di speciale.»

Quelle parole parvero colpire nel segno. Una lacrima scivolò lungo la guancia di Aziraphale, andando a schiantarsi sul terreno esattamente come le gocce di pioggia avevano fatto fino a poco prima.

    Crowley gli prese le guance, come se ciò potesse bastare a fermare i pensieri che - Metatron sapeva - avevano ormai iniziato a galoppare frenetici nella mente del biondo. «Ehi, ascolta me. Quando dico che tutto di quel periodo è morto, intendo tutto, Aziraphale. Qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi cosa tu abbia detto, persino qualsiasi stella io abbia creato, è come se non esistesse più. Non mi interessa» scandì le ultime parole. «Non mi interessa.»

    «Eri così felice...» fu l'unica cosa che il biondo riuscì a mormorare. Lo disse con un tono così basso e così rotto che, se non fosse stato per il silenzio pressante attorno a loro, nessuno, se non il demone, avrebbe potuto sentirlo.

    «Io sono felice. Lo sono quando sto con te.»

Ed era vero, lo sapevano tutti lì.

Lo sapeva Saraquel, la quale se ne stava ora a braccia incrociate - il volto apparentemente serio che nascondeva una crescente amarezza.

Lo sapeva Muriel, che ormai Crowley lo conosceva abbastanza; lo aveva visto soffrire tanto da poter affermare che stava bene solo quando stava con Aziraphale.

Lo sapeva Metatron, che era ormai giunto alla conclusione che poteva convincere il neo arcangelo, ma non avrebbe mai smosso Crowley di un millimetro. Testardo di un demone. L'amore è una condanna peggiore di quella in cui già vivi.

    Lo sapeva Aziraphale che, nonostante tutto, prese le mani di Crowley e se le staccò lentamente dal viso. «Non dovresti» sussurrò. «Né dovresti amarmi.»

Il rosso scosse la testa, pronto a rimbeccare - e a dirgliene quattro, magari; a ripetergli fino allo sfinimento che aveva torto, torto marcio. Ma venne bloccato dalla mano che l'altro gli poggiò delicatamente sulle labbra.

    «Non dovresti» ripeté Aziraphale, «perché so cosa ti ho detto quel giorno, e so anche il perché. Non è stato involontario.»


Saraquel aggrottò le sopracciglia, facendo crollare in un solo colpo il suo fare sempre composto.

Muriel, dal canto suo, sussultò visivamente - e si fece persino scappare un verso di sbigottimento, stavolta.

E per la prima volta da almeno un anno, Metatron rimase sorpreso.

Forse, le cose si sarebbero risolte molto più facilmente di quanto aveva previsto.

E sarebbe stato Aziraphale a fare tutto il lavoro.

   
 
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