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Autore: Flofly    04/12/2023    3 recensioni
Natale è nell'aria. C'è chi lo ama, chi lo odia, chi tifa per Yule e chi per Babbo Natale.
Una raccolta caotica di storie, a cominciare dal titolo.
Perché Natale, si sa, è uno stato d'animo
Coppie Canon e non, amicizia e qualche elfo ogni tanto.
Tutte le storie partecipano al "Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Vari personaggi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Prompt:Fantasma che si vede solo a Natale.

Genere: Angst

Warning: morte di un personaggio secondario ( beh, stiamo parlando di fantasmi).

Storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna".


 

 

Pansy non aveva mai amato le festività invernali, neanche quand’era bambina. Ricordava il grande salone buio, l’albero di Yule decorato dal loro elfo domestico, troppo vistoso e pacchiano per i suoi gusti. Non poteva fare a meno di compararlo nella sua mente con quello della madre di Draco, luminoso ed elegante.

Sin da bambina si era convinta che, un giorno, sarebbe stato il suo il salone nel quale tutta la società magica si riversava, sciamando nei loro abiti migliori e nei gioielli più preziosi, la vetrina perfetta nel quale essere visti.

Sarebbe stato suo l’invito brossurato in oro, suo il nome sussurrato con invidia.

C’era stato un unico anno in cui era stata felice di costringersi a salire sul treno, invece di rifugiarsi nella calma irreale della Sala Comune di Serpeverde insolitamente deserta. Era stato il suo quinto anno, l’ultimo in cui ancora aveva tenuto stretto il suo sogno. Aveva quindici anni ed aveva danzato sui lucidi marmi di Malfoy Manor in un abito color pervinca che ne faceva risaltare la pelle candida, in quel modo che aveva immaginato tante volte nella sua mente.

Occhi grigi e lineamenti affilati, si era fatta portare, lasciando che fosse il suo corpo a rispondere, con il timore che potesse sentire la pelle bollente contro la sua.

Un inchino elegante, la mano stretta contro la sua vita per guidarla.

Se avesse potuto, Pansy avrebbe cristallizzato quel momento per sempre.

Ma la vita aveva altri piani e le aveva sbattuto in faccia le sue illusioni da adolescente.

C’era stata Azkaban, il ritorno del Signore Oscuro, la guerra, la vittoria di quelli che non l’avrebbero mai accettata. E i diamanti che brillavano alla luce di centinaia di candele fluttuanti erano rimasti solo un pallido ricordo.

Ma lei si era rialzata, ciglia nere come il merletto e labbra rosse a sfidare il mondo. Aveva lottato, si era fatta strada con le unghie dalla manicure perfetta, sino a trovare finalmente un suo ruolo nel mondo che non fosse accanto ad un uomo che non sarebbe mai stato davvero suo, per di più. Anzi, che non fosse stato all’ombra di nessuno.

Da quel giorno, però Pansy non aveva più festeggiato Yule. E, allo stesso tempo, non l’aveva più passato da sola.

Era la vigilia di quello che ad Hogwarts veniva festeggiato come Natale del 1998 quando l’aveva vista per la prima volta, ancora rinchiusa in casa dopo il processo. Era seduta sul fondo del letto della camera padronale, quella in cui si era insediata dopo che suo padre era stato spedito ad Azkaban, intenta a pettinarsi i lunghi capelli biondi ancora incrostati di sangue.

Si era ripresentata l’anno dopo, quando era fuggita a Parigi, incapace di sopportare la vista dell’ombra sbiadita che era diventata l’uomo che amava. E lei, in quella fredda alba di dicembre, le era apparsa accanto, camminando muta insieme a lei lungo la Senna.

Da allora, ogni singola vigilia lei era apparsa, ogni anno più simile alla ragazzina petulante che aveva più volte pensato di buttare giù dalle scale tornando da Divinazione. E ogni anno le cicatrici sul suo volto si facevano più leggere, il segno disgustoso del morso sul suo collo devastato si richiudeva, la pelle diventava più rosea.

Ora era davanti a lei, nel suo appartamento boutique a Diagon Alley, con gli occhi azzurri brillanti e uno stupido cerchietto rosa a fermarle i lunghi boccoli.

«Se lo faccio mi lascerai in pace?» bofonchiò Pansy, senza guardarla, concentrandosi, invece, sui bozzetti sparsi sul tavolo davanti a lei.

«Sei tu che mi hai chiamata, Pansy. Ogni vigilia di Natale… hai gridato e gridato e non ho avuto il coraggio di abbandonarti…» aveva risposto il fantasma, irrompendo in quella risata cristallina che aveva sempre trovato irritante quand’era viva.

Davvero era stata lei? Era stato il suo senso di colpa che aveva sempre pensato di riuscire a nascondere nell’angolo più profondo e buio della sua coscienza, lo stesso che le ricordava che, in fondo, era stata anche colpa sua?

I ricordi che cercava così tanto di cancellare…

Era rimasta ferma, pietrificata nel nascondiglio che si era trovata durante la battaglia, quando Greyback era piombato famelico su di lei. Aveva visto la pelle lacerarsi, il sangue scendere copioso ad insozzare gli stupidi vestiti rosa, aveva sentito il suo urlo lacerare l’aria.

Non si era mossa neanche quando aveva visto la Granger scagliare l’incantesimo, il corpo della vittima del lupo mannaro che cadeva a terra come un fantoccio, muovendosi appena come  un pupazzo rotto.

Solo quando era stata certa che tutto fosse finito che si era avvicinata, terrorizzata. Ed era rimasta lì, tenendo impacciata la mano di quella Grifondoro troppo stupida per scappare, a guardare la sua sciocca vita spegnersi poco a poco.

E allora, ora lo ricordava anche se aveva tentato di rimuoverlo, le aveva parlato dell’unica cosa che le era venuta in mente: di un Ballo di Natale, della luce brillante attraverso i cristalli, di bollicine profumate che davano alla testa, del profumo di incenso e cuoio che le faceva battere il cuore fino a pensare che chiunque potesse sentirlo oltre la musica dell’orchestra.

E Lavanda Brown era morta così, tra le sue braccia, mentre raccontava della prima volta che si era sentita davvero felice.

 «Lo faccio per me, sia chiaro. Il nome della campagna è tutto casuale… è solo esteticamente gradevole» ribatté, fingendosi annoiata, mentre firmava il contratto magico che aveva preso in mano.

Lavanda sorrise, battendo le mani eccitata, un’eterna sedicenne dalle grandi ambizioni «La Cooman l’aveva previsto… mi ha detto che un giorno sarei diventata famosa».

 «Ecco qui, ora non si torna più indietro. La mia prima collezione privata da stilista…» sospirò la mora, inserendo i disegni in una spessa cartellina verde smeraldo in pelle di Graphorn, con lettere eleganti impresse in oro:

 

Rêve de Noel, by Pansy Parkinson

Una collezione per una donna che non si limita a sognare

 

«Fose è il caso di pensare ancora un po’ al nome, che dici?» si trovò a commentare, girandosi verso il fantasma accanto a lei, mentre la pendola art nouveaux della sala batteva dodici tocchi.

Ma Lavanda era già andata, dissolta nel tempo e nello spazio di un altro anno che scivolava via.

Di lei restava solo l’odore di zucchero e caramello e l’eco di una risata cristallina spenta per sempre.

   
 
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