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Autore: Mairyelf    12/12/2023    3 recensioni
"Crowley, niente dura per sempre..."
Queste erano le parole che il demone si portava dietro da quella che a lui pareva un'eternità - e ai comuni mortali pareva un anno. L'Innominato, così ora NON si riferiva un certo angelo, era asceso Quel giorno e non si era più fatto vedere. Non che gli importasse, ovviamente. Crowley era rimasto del tutto imperturbato. Aveva solo mandato tutti al diavolo, o all'angelo, in base alle non preferenze, e aveva cambiato stato. Il nord Italia, con tutto quel vino e quella gente blasfema, era diventato il suo posto preferito. E il demone Crowley ci stava pure abbastanza bene, nella sua villetta in mezzo ai vigneti, se non fosse stato per l'apparizione di quel maledetto libro che tanto gli ricordava un passato non troppo lontano: "Le Discrete e Aspecifiche Profezie di Sibilla Cumina, Strega Amatoriale".
*** NOTE: i personaggi citati avranno il proprio nome inglese. Lo stile narrativo è ispirato a quello del libro, mentre le vicende sono ambientate dopo la seconda stagione della serie TV. ***
Genere: Romantico, Satirico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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3

Tessalonica
51 d.C.


 
Quella mattina a Tessalonica tirava un piacevole venticello.

Il demone Crowley giunse in città all’alba, insieme a una carovana di mercanti, domandandosi, senza troppa premura, cosa ci facesse lì.

Non essendo il tipo che amava darsi pena, la prima cosa che fece una volta arrivato fu acciuffare da uno dei carri un pallio e indossarlo su una sola spalla come andava di moda tra gli uomini in quel periodo.

A quel punto sgattaiolò via, lasciando ai mercanti la scelta se scannarsi a vicenda o se seguire il ragionamento più logico e pensare che, magari, quel tizio strano con dei vetrini neri sulla faccia fosse il vero colpevole.

Perché il dubbio? Nella carovana c’erano un ebreo e un samaritano.

Un piccolo miracolo demoniaco dopo e la stoffa della sua veste divenne nera come se fosse stata intinta nell’inchiostro. Si aggiustò gli occhiali nuovi, non troppo diversi da quelli che aveva indossato a Roma, diede una pettinata alla lunga barba fulva con le mani e fece con un sorrisetto soddisfatto. La moda umana gli piaceva, cambiava in fretta.

Di andare a Tessalonica glielo avevano ordinato i Piani Bassi. O meglio, questo era quello che Crowley pensava di aver capito, dal momento la nuova moda di quelle parti era diventata comunicare con l’aruspica. E lui non era mai stato un esperto.

Una tattica antiquata, quella, che il demone trovava viscida e disgustosa e che gli aveva fatto rimpiangere i tempi in cui doveva interpretare il volo degli uccelli. Certo, in quel periodo erano a corto di personale –  i cancelli dell’Inferno erano stati aperti da poco e non poteva aspettarsi che qualcuno gli spiegasse le cose di persona – ma il giorno in cui laggiù si sarebbero adeguati alla pergamena sarebbe stato comunque un giorno meraviglioso.

L’arte dell’aruspica, dicevamo, non era per nulla il suo forte. La disposizione delle viscere della povera bestia che gli era piovuta morta davanti gli aveva suggerito, nell’ordine: “Noce di cocco”, “Prurito al cuoio capelluto” e “Tessalonica”. Nulla che qualcuno di diverso da un demone avrebbe considerato sensato o promettente, ma Crowley, che in quel periodo detestava discutere con i suoi Inferiori, eccolo lì.

Giunto nella provincia greca per volere del fegato di un piccione.

Entrato in città, l’aria gli diede subito l’impressione di avere qualcosa di familiare, ma pensò dovesse trattarsi di uno dei tanti effetti dell’Impero Romano e del suo essere tanto vasto da rendere qualsiasi luogo in cui mettesse piede uguale all’altro. Quel tipo di uniformità forzata che mal sopportava, ma della quale, in quanto demone, non faceva per sua fortuna parte.

Tessalonica, quantomeno, manteneva vividi i propri tratti ellenistici, che spiccavano nel numero di edifici colonnati e di templi egizi, e nella quasi totale assenza di busti dell’imperatore Claudio. Questo, Crowley lo apprezzava. Che fosse una città commerciale, invece, riusciva a capirlo dalla calca: le strade pullulavano di carretti e di persone sbraitanti.

Si stava godendo la sua passeggiata, guardandosi la città senza riflettere troppo sul proprio obiettivo, quando la corrente di persone parve di colpo iniziare a fluire tutta nella stessa direzione.

«Finalmente.» Sibilò tra se, felice che tutto andasse secondo i suoi piani. Era certo che prima o poi la folla avrebbe fatto il lavoro sporco al posto suo: gli umani avevano un certo naso quando si trattava di eventi importanti. Erano come le formiche, ne bastava una e tutte le altre la seguivano.

Il flusso lo portò in una piazzetta circondata da blocchi di marmo su tre lati e da un grosso edificio colonnato sul quarto. Sui blocchi si stava sedendo la folla, in ascolto di un uomo che parlava a gran voce al centro.

Sembrava un predicatore, dimostrava tra i quaranta e i cinquant’anni, non troppo alto di statura, aveva una veste sdrucita e consumata, una lunga barba incolta e alcuni capelli sparuti sul capo. Al demone bastò ascoltare poche parole del suo discorso per capire che quello, con buone probabilità, era il motivo per cui si trovava lì.

«E io, mie fratelli, vi dico: non temete! Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo…»

La gente pendeva dalle sue labbra. Crowley, ascoltò quella frase e poi gli prestò solo un orecchio. Qualcos’altro, quello che rendeva l’aria in città così familiare, aveva già attirato l’attenzione di tutto il resto del suo corpo.

«…quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore.…»

Seduta impettita su uno dei blocchi di marmo, con la schiena dritta e le mani posate in grembo, stava una figura dall’aspetto radioso. Indossava una toga candida, uno degli abiti più scomodi del periodo, ma che sembrava creata apposta per lui; aveva capelli corti, ricci e chiari come nuvole all’alba e occhi azzurri come il cielo di mezzogiorno. Lui solo, agli occhi del demone, spiccava tra tutti, come se fosse in grado di irradiare luce propria. Crowley fece un sorrisetto e si avviò, giocoso.

«…Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.»

«Qui per ascoltare l’operato dei Piani Alti, Aziraphale?» Sibilò Crowley scivolando al fianco dell’angelo.

L’angelo sussultò, portandosi le mani al petto. «Crowley!» Lo guardò con gli occhi sgranati, poi lo squadrò dall’alto in basso, con un’impercettibile delusione nella voce. «Niente vesti romane?»

«Nah.» Crowley accucciò vicino a dove stava seduto l’angelo. «Tra i commercianti il male divampa prima.» Poi fece un cenno verso predicatore, che continuava imperterrito a parlare e a sbracciarsi. «Quello chi è?»

Aziraphale si aggiustò sulla seduta e alzò il mento, orgoglioso. «Lo chiamano l’Apostolo delle Genti. Un bell’acquisto, se devo dire la mia.»

Crowley strizzò gli occhi, poi ebbe un’illuminazione. «È quello cascato da cavallo!»

Aziraphale trasalì e gli tappò la bocca, facendo sorrisetti costernati alla gente che li circondava. «Sì. Sì, è quello…» Bisbigliò. Poi, come se si fosse reso conto del contatto fisico, tolse in fretta la mano, svelando un sorriso sardonico del demone.

«Crowley…»  

«Hai capito i Piani Alti. Alla fine t’ho fatto un signor favore.»

Aziraphale si accucciò per essere alla sua altezza e continuò sussurrando. «Non dobbiamo parlare di queste cose!»

«Suvvia, angelo. Faceva ridere e l’ho fatto io. Non lo saprà nessuno.»

L’altro aprì la bocca per controbattere, ma il predicatore rivolse loro uno sguardo di fuoco e si zittì di colpo. Crowley guardò in tralice il Profeta delle Genti, o come si chiamava, ma si alzò in piedi e fece cenno con la testa al suo compare di seguirlo. Aziraphale lo seguì spazzolando via la polvere dalla veste.

«Mettono posti in cui sedersi e nemmeno li puliscono…» Lo sentì il demone bofonchiare.

«Quindi» continuò Crowley quando furono dal lato opposto della piazza, «Quali sono i tuoi ordini?»

«I miei ordini? Perché?»

«Bah, i miei mi hanno fatto sapere di arrivare fin qui, ma non ho idea del motivo. Considerato che ci sei tu, immagino il contrario di quello che spetta a te.»  

«Non dirmelo. Ancora la storia dell’aruspica?» Gli domandò Aziraphale con una smorfia disgustata in faccia. «Siete proprio dei barbari, voialtri. Ai piani bassi non hanno ancora le pergamene?»

«Belzebù ha preso il concetto di scrivere su pelle animale troppo alla lettera»

L’angelo indicò il predicatore con la testa. «Devo difendere quell’uomo. Un lavoraccio, non ho tregua.» Piagnucolò. «Ovunque vada lo arrestano e cercano di giustiziarlo.[1] L’ultima volta ho dovuto evocare un terremoto.»

Il demone si portò le lenti degli occhiali sulla punta del naso e lo fissò.

«Ohh, non guardarmi così. Erano sbarre di ferro e di certo non mi sarei messo a piegarle a mano.» Si aggiustò le maniche della tunica, come se solo menzionare l’azione le avesse rovinate. «Ho una dignità.»

«Quindi devo farlo ammazzare?» Riflettè Crowley, già pensando a come avrebbe potuto cavarsela quella volta. Magari l’avrebbe trasformato in un cavallo; sarebbe stato abbastanza ironico.

«Ammazzarlo?» Sussultò l’angelo. «Non credo, noi siamo in viaggio da anni. Ti avrebbero mandato prima.»

Crowley ringhiò. «Odio pensare.»

In quel preciso momento alcune grida di panico si levarono dalla folla, insieme a un gruppetto di lance in lontananza. Aziraphale sollevò la testa e si mise subito in allerta. «Eccoci.» Si rivolse al demone con aria dispiaciuta. «Devo andare.»

«No, no. Vengo anche io.» Decise Crowley sul momento, voltandosi verso il predicatore. Schioccò le dita e la folla si aprì per lasciarli passare. «Prego, angelo, dopo di te.»

«Sei sicuro che sia una buona idea?» Tentennò Aziraphale, giocherellando con le proprie stesse mani. «Insomma, quella volta che abbiamo collaborato per la storia di Giobbe, noi… Io…»

«Abbiamo fatto quel che ci riusciva.» Lo interruppe Crowley, sbrigativo. «Andiamo.»
 
 
[1] Facendo una sommatoria poco approssimativa, Aziraphale aveva salvato la sua vita ventitré volte. Ventiquattro contando anche il naufragio di quattordici giorni al largo di Creta.

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Nota autrice:
Grazie per aver letto anche questo capitolo! Spero tanto che vi sia piaciuto.😊 Per scrivere questa parte ho raccolto informazioni per ore, sia leggendo la Bibbia stessa che altre fonti. Ovviamente per dovere di trama non ho scritto tutto ciò che ho imparato, ma è stata un'esperienza molto formativa XD. Come avrete notato, ho deciso di dividere i capitoli in più parti, così da parte mia riesco a gestire meglio la stesura e la correzione, e per chi legge credo (spero!) possa essere utile avere un caricamento in più per far riposare gli occhi.
In secondo luogo, non sono un'esperta di EFP, lo ammetto, ma vagando in queste settimane ho trovato una comunità di Good Omens attivissima e piena di storie interessanti (che intanto ho tra le preferite e dovrò assolutamente recuperare quando avrò tempo!) Per cui vorrei approfittarne per dire che se per caso aveste voglia di fare due chiacchiere al riguardo, io sono disponibile molto volentieri
In ogni caso, spero di ritrovarvi nei prossimi capitoli!
- Tara
   
 
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