Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MelaniaTs    15/12/2023    0 recensioni
I Keller sono una storica famiglia di origini tedesche . Immigrati in America durante le prime due guerre mondiali hanno costruito un impero e una dinastia a Boston! Thomas Keller ha tanti figli sparsi per il mondo, tra cui Thomas Uriel, fratello coetaneo di Gabriel Keller (La storia si muove in parallelo con Ali di Libertà, la storia che racconta di Gabriel e Gellert Keller)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

____________________________________________________________________________________________________________________________________________________



Prologo pt 1

Londra dicembre 1982 -  1983

Ero figlia dei Visconti di Shaftesbury, mio padre uno dei discendenti degli Ashely Cooper però non verteva in buone acque.
Fallimento. Così lo aveva chiamato mamma. Per quanto fossimo di origini nobili, sia mamma che papà, la mia famiglia era fallita. Il lavoro di papà con i suoi investimenti sbagliati, ci aveva portato sul lastrico. Le nostre priorità col tempo erano state ipotecate tutte quante e a noi non restava più nulla. Almeno fino a quando Andrew Davis uno dei soci della London Bank non mi aveva vista in banca per firmare una proroga del debito. I miei genitori infatti stavano impegnando la mia eredità, il mio titolo di viscontessa, il palazzo a Richmond lasciatomi da mia nonna Gwendolyn Ashely Cooper, tutto ciò che possedevo solo perché ormai avevo diciotto anni e potevo ripagarli dei sacrifici fatti per me in quegli anni. La migliore scuola privata dalla nascita fino al college. Non potevo pensar di laurearmi, assolutamente. L'università non era contemplata, troppo costosa! Ma avevano pagato fior di sterline per istruirmi ed era necessario che anche io facessi il mio! Che ci mettessi tutta la mia eredità in quella situazione.
Eravamo lì nello studio di Lincoln Smith, Andrew Davis entrò per testimoniare la proroga del debito. Io avevo lo sguardo basso, non mi interessava di conoscere gente, per me i banchieri altri non erano che i miei giustizieri, per qualcosa che per giunta non avevo fatto.
Alzai lo sguardo solo perché mi sentii fissare con insistenza. Andrew doveva avere intorno ai trent'anni, capelli e occhi castani, pelle chiarissima, guance infossate e un naso aquilino. Mi guardava e sorrideva con le sue labbra sottili intanto che lo sguardo scendeva sul mio giovane corpo. Mi percorse un brivido, sapevo di essere una bella ragazza, pelle color miele, occhi azzurri proprio come il mio nome, Sapphire, capelli biondi dorato. Il fisico era minuti e snello, i seni ancora acerbi non erano comunque piccoli. Sii, sapevo di essere una bella ragazza.
"Questo è quanto!" Concluse di leggere Smith. Io ingoiai il groppo, dovevo firmare.
Mi tremava la mano, ma potevo farcela.
"Ci sarebbe un'altra soluzione." Intervenne Davis prima che io firmassi.
"Sarebbe?" Chiese mio padre.
Lui annuì. "Chiamiamo mio padre che è uno dei soci maggioritari della London Banks, Smith Leo resti pure qui, così avremo dei testimoni per sigillare il patto." Disse lui alzando la cornetta per digitare un interno.
"Posso confermare che Davis ha la liquidità necessaria per estinguere il vostro debito. Suo padre è marito di uno dei padri fondatori della London Bank." Spiegò Smith ai miei.
Intanto la porta si aprì lasciando entrare un uomo anziano simile a Davis.
"Mi avete fatto chiamare?" Chiese l'uomo vestito con un abito di alta sartoria.
"Si padre. Pensavo di assorbire io personalmente tutti i debiti dei Visconti di Shaftesbury." Annunciò Davis.
L'uomo senza presentarsi prese la cartella che il figlio gli porgeva e la lesse distratto. "A che pro? Non ci vedo guadagni." Asserì, notai che Smith faceva una smorfia, erano coetanei e soci quindi dovevano conoscersi molto bene.
"Io guadagnerei il titolo di visconte e le loro proprietà diventerebbero mie." Disse il figlio al padre.
"Non si prende un titolo nobiliare pagando un debito." Disse secco Smith.
"Infatti direi che un matrimonio sia un buon accordo." Rispose cinico Davis.
Un matrimonio?! Mi sentii gelare ripensando allo sguardo lascivo di Davis, preferivo di gran lunga essere povera. Mi alzai prendendo la cartella di mano al vecchio Davis. "Dove devo firmare?" Chiesi frettolosa a Smith.
"Accettiamo." Disse invece mio padre.
Assolutamente no! Pensai."Firmo!" Ripetetti a Smith.
"Edward!" Sentii mia madre richiamare papà.
"Sapphire ha compiuto diciotto anni il 18 novembre. Può convolare a nozze, ditemi dove e quando." Disse ancora mio padre.
"Padre!"  Sussurrai
"Edward!" Lo ammonì mia madre.
"È uno scambio equo." Disse ancora mio padre.
"H-ha quasi vent'anni più di me." Sussurrai tremante. Non volevo, ero una ragazza e avevo frequentato una scuota femminile. Volevo innamorarmi e vivere tutte le esperienze della mia età.
"Ho solo trent'anni Lady Sapphire." Ironizzò il banchiere.
"Ci sto!" Disse ancora mio padre.
"Non servirebbe a nulla se tu continuerai a indebitarti." Intervenne mia madre. Che razza di finanziamenti faceva papà per continuare ad andare ancora più in declino?
"Mi farò consigliare. Così però non perderemo la casa a Londra, ne il palazzetto del Surrey. E inoltre nostra figlia farà un buon matrimonio." Rispose papà.
Mi stava vendendo, mio padre mi stava vendendo come un sacco di farina. "Quando preferite ci sia il matrimonio?" Chiese ancora ai banchieri.
Andrew Davis sorrise avvicinandosi a me. Mi prese una ciocca di capelli guardandomi lascivo, un conato mi salì alla gola. "Sarà bellissima con un vestito che dia valore alle sue forme. Direi all'inizio dell'estate, pubblicheremo il matrimonio in primavera.
Stavano facendo tutto senza il mio consenso. Ma non avevo firmato, avevo ancora i miei soldi, la mia proprietà. Potevo rifiutare quell'accordo.
"Ovviamente come garanzia geleremo il conto di Sapphire e metteremo i sigilli anche alla sua proprietà." Disse Andrew. "Diciamo che è una garanzia perché lei non si lasci andare al suo vizietto visconte. Pagherò io per i preparatovi del matrimonio e per il vestito di Sapphire, ho già in mente come dovrà essere." Concluse Davis.
I miei genitori parlavano senza che io potessi dire nulla, avevano deciso e nessuno sembrava tener conto della mia opinione.
L'unica che sembrava dispiaciuta da tutto ciò era sembrata mia madre. Ma adesso anche lei contrattava. Sarebbero andati a stare nel Surray lontano dalle tentazioni, avrebbero ridotto tutte le loro spese. Era importante che non perdessero la faccia e il titolo e le loro tante amare proprietà.
Eppure potevano perdere la loro unica figlia!
Rincasata quella stessa sera mi disperai, chiesi ai miei di ripensarci, avevano le mie priorità e i miei soldi in garanzia.
"Tu non capisci. Sei un'ingrata, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per te." Mi urlò contro mio padre.
"Mi stai vendendo padre! Ha diciassette anni più di me, è un uomo." Lo supplicai.
"Un buon partito. Vedrai che starai bene." Concluse.
"Madre ti prego. Non puoi farmi questo..." provai ancora in lacrime.
"Sai che ci è precluso piangere Sapphire." Mi disse rigida mia madre. "Adesso vai a dormire, domani conosceremo Andrew e i suoi genitori in un pranzo al Hilton organizzato dal tuo sposo. Dovrai essere bella." Concluse anch'ella.
Mi accorsi che non c'era via di uscita. Tutto questo perché mio padre non faceva i giusti investimenti, poi cosa doveva investire un golfista professionista non lo sapevo.
Il giorno dopo come promesso fummo a cena con i Davis, la signora Davis mi guardava con pietà. Sapeva a cosa andavo incontro? Non lo so.
Ma iniziò a frequentare casa nostra per preparare il matrimonio, fino a quando un giorno non restammo solo io, mia madre e lei in casa.
La donna mi passò una busta, non sapevo cosa conteneva. Furono però le sue parole a sorprendimi. "Mio figlio ha seguito gli insegnamenti di mio marito, si è cercato un buon partito per i suoi affari. Ma non sono bravi, ne mio marito a tenere i conti, ne Andrew a investire su ciò che ha. Ciò che prenderà da te avrà valore immobiliare e non solo, sei una nobile. Ciò che posso consigliarti è di vivere la tua gioventù finché non sarai sua moglie. In quella busta avrai qualcosa con cui vivere, quando lo finirai tornerai per sposarti, sta a tua madre inventare una scusa plausibile per la tua scomparsa." Disse la donna con distacco. "Non è giusto che tu paghi per i debiti di gioco di tuo padre, ma spesso e volentieri si riservano sempre sui figli e me ne dispiace. Quando sarai sposata comportati bene con Andrew e dopo aver avuto il tuo corpo fresco ti farò vedere che si stancherà e ti lascerà in pace." Concluse mettendosi il girocollo di pelliccia intorno al collo. "Ci rivediamo alle pubblicazioni del matrimonio allora, buon viaggio."
Gelai, non riuscii neanche a ringraziarla. Debiti di gioco? Era così che tutta la nostra eredità era andata via? Per dei debiti di gioco? E io dovevo sacrificarmi?
Mia madre aveva chiuso la porta e mi stava guardando. "Dirò a tuo padre e a Andrew che raggiungi mia zia nel Sussex. Tu vai via per un po', hai ragione quando dici che sei giovane e meriti di amare, trova il tuo amore quindi. Se riuscirai a trovare un lavoro, potrai vivere lì fuori per molto più tempo di ciò che pensa Elisabeth Davis."
"Perché resti con lui... tj ha portato in rovina?" Le chiesi.
"Perché nonostante tutto lo amo ancora." Mi rispose. "Ha detto si farà aiutare, andremo da uno psicologo, vedremo come muoverci." Concluse.
Piansi, scossi la testa e una volta in camera mia piansi. Preparai la mia borsa con poche cose, tanto per la primavera sarei dovuta rientrare, e mi addormentai. Quanto avevo di libertà? Era inizio dicembre, sarei dovuta tornare per marzo. Per la prima volta aprii la busta che mi aveva lasciato Mrs Davis, al suo interno c'erano mille sterline. Avrei potuto farcela con un lavoro, perché effettivamente preferivo essere povera che farmi toccare da lui, il suo sguardo mi aveva già schifato abbastanza.
Il giorno dopo andai via al mattino presto, non ebbi il coraggio di guardare in viso mio padre. Non dopo avere scoperto ciò che egli aveva fatto alla nostra famiglia.
Sarebbe stato il caso di cercarmi un posto dove stare, sicuro non nei pressi della zona antica di Londra. Probabilmente se mi fossi inserita nella city avrei potuto trovare un lavoro.
Ci pensai fino a quando non arrivai, la metropolitana mi portò nel cuore pulsante dell'economia del nostro paese. Donne e uomini in completi firmati e valigette in pelle trafficavano sui marciapiedi.
In confronto, nonostante i miei abiti di buona fattura, ero un insetto. Non avrei trovato un lavoro lì, non senza una laurea. Sconsolata mi sedetti ad un tavolino del primo bar che adocchiai e poggiando la valigia ai miei piedi sbuffai.
"Nessuna bella ragazza che si siede qui può sbuffare." La voce di una ragazza attirò la mia attenzione. Dovevamo avere la stessa età, ma lei indossava una camicia bianca, dei pantaloni a sigaretta neri e un grembiule nero appoggiato sui fianchi col logo del bar. "Cosa ti porto cara?"
Feci una smorfia. "Qualcosa di economico e un lavoro." Ironizzai divertita. "Scusa, un bicchiere d'acqua va bene."
La cameriere mi fissò. "L'acqua la offro io, prendi qualcosa da mangiare no? Per il lavoro invece so che al Library and snack più avanti cercano personale."
Ricambiai il suo sguardo. "Veramente?" Estasiata sospirai. "Prendo un panino al prosciutto e mi chiamo Sapphire." Le dissi presentandomi.
"Io sono Ebony piacere Saph. Se inizierai a lavorare qui ci incontreremo spesso. Vado a prendere il tuo panino."
"Grazie." Le dissi prendendo dalla borsa una banconota per pagare.
Quando Ebony ritornò col panino e l'acqua mi indicò il locale. "Il capo offre il panino, dice che sei carina e che puoi provare anche adesso a lavorare per loro. Tra un ora usciranno dagli uffici e come sempre ci sarà il pienone." Mi spiegò.
"Lavorare qui?" Chiesi sorpresa. Guardai lei e poi me. "Ho un jeans nero, può andare bene lo stesso?" Le chiesi indicandole la valigia.
Lei mi sorrise. "Mangia, avverto il capo nel frattempo e dopo ti faccio vedere il ripostiglio dove cambiarti."
Iniziai così. "Dopo il panino mi infilai i jeans, rimisi le mie scarpe da ginnastica e una camicia bianca e col grembiule datomi da Ebony iniziai a lavorare. Imparai presto, tutto stava nel prendere gli ordini e portali a tavola, sempre con un sorriso sulle labbra e una filosofia: il cliente ha sempre ragione. Il tempo di ridare e imparai subito e velocemente. Feci tutto il turno con Ebony e quando andò via chiesi al capo se potevo restare per il secondo turno. In realtà non sapevo dove andare e quello per ora era l'unico tetto che conoscevo.
Lui ovviamente non si fece pregare, così ripresi a lavorare.
Alle diciassette ci fu il secondo boom della giornata. I dipendenti degli uffici stavano lasciando le sedi e si riservavano per una cena veloce prima di tornare a casa. E fu così che conobbi Thomas.
Fu che lui ci provò con me spudoratamente. "La mia vita fa schifo, ma dopo aver trovato il mio angelo devo dire che è migliorata." Gli sorrisi accomodante, come con tutti i clienti.
Se non fosse stato per il suo sguardo scuro e magnetico che mi fece avvertire per la prima volta le farfalle nello stomaco.
"L'angelo è felice se gli lasci una bella mancia." Gli risposi.
"Questo è un problema. Sto cercando di avviare la mia società e non posso lasciare laute mance per il momento." Disse. "Si può dire società quando non si hanno soci?" Mi chiese.
"Decisamente no, anche se ne capisco proprio." Dissi posando sul tavolo il suo panino e il boccale di birra che mi aveva chiesto.
"Saph puoi staccare con lui." Mi disse il mio capo. "Domani vieni alle undici così potrai fare sempre doppio turno."
"Ok grazie Jack." Urlai lasciando anche il conto al bel tenebroso.
"Ehi! Se hai finito siediti con me. Ti offro la cena..." mi guardò supplichevole. "Ti prego ho bisogno di parlare con qualcuno." 
Lo fissai. Va bene, aspettami qui. "Gli dissi andando nel ripostiglio. Sostituii la camicia e il jeans con i pantaloni in velluto e il maglione e uscii prendendo un panino e un the caldo. "Va sul conto del moro al tavolo 14." Dissi alla mia collega.
"Oh il bel tenebroso! Ti ha invitato a cena con lui? Io e un po' che ci provo ma niente." Disse Molly l'altra ragazza.
"Forse non gli piacciono le rosse, ignora anche me che ho un bel davanzale." Scherzò l'altra.
Io risi. "Io vado, lascio qui la mia borsa, dopo vengo a prenderla ragazze." Dissi loro e raggiunsi il bel tenebroso come lo chiamarono le altre. "Eccomi. Scusami se non faccio cerimonie ma ho fame." Dissi addentando il panino con la salsiccia, decisamente molto calorico e poco dagli standard della mia famiglia.
"Fai fai! Mi fa piacere che mangi, credevo fossi a dieta per il tuo fisico." Disse lui sorseggiando la birra.
"Metabolismo rapido." Risposi col morso in bocca, se mi avesse vista mamma sarebbe rimasta inorridita. Era anche vero che prima di allora non avevo mai lavorato e diamine, avevo una fame senza freni. "Non chiedermi di diventare tua socia, uno non ho soldi, due non saprei cosa fare con i numeri."
Lui rise. "Il mio unico socio potrebbe essere solo mio fratello." Rispose.
"Strano, non mi sembra di vederlo qui." Gli dissi bevendo il the finché caldo.
"Non c'è! È rimasto in Germania con la sua ragazza." Disse.
Lo fissai. È rimasto, quindi veniva dalla Germania. "E perché non sei lì con lui."
Lui sembrò arrossire. Abbassò lo sguardo e parlò velocemente. "Sono andato a letto con la ragazza che amava e abbiamo litigato."
Restai col panino all'altezza della bocca, che era spalancata dalla sorpresa.
"Cioè... hai tradito tuo fratello?"
Lui sospirò. "Non proprio. È che lui si è innamorato di lei, sembrava che fosse ricambiate e qualcosa è scattato... poverina Inga, l'ho ingannata dicendole che mio fratello è gay."
Gli lanciai il tovagliolo in viso. "Sei pessimo." Gli dissi. "Spero tu abbia chiesto scusa e entrambi."
"Mio fratello mi ha preso a pugni." Rispose lui.
"Spero anche questa Inga!"
"No lei si è fatta bastare uno schiaffo." Concluse lui.
Lo fissai e risi di gusto. "Ha fatto bene, anzi tutti e due. Comunque scappare non era la soluzione."
Lui scosse la testa incrociando le braccia al petto. Cavolo se era muscoloso al punto giusto. "Lui invece che fidanzarsi con lei sarebbe dovuto venire qui con me. Avremo aperto insieme la nostra società."
"Invece adesso sei solo, senza soci e senza ragazza." Riassunsi.
"No, senza soldi. La ragazza non ci tenevo tanto, era più una sfida..." mise le mani davanti vedendo che stavo prendendo un altro tovagliolo furente.
"Ma quanti anni hai? Dovresti crescere sai? Le donne non sono oggetti." Anche se i padri ancora ti vendevano come merce di scambio. Pensai.
"Hai ragione, soprattutto perché lui ci tiene. Avrei dovuto scusarmi." Capitolò lui.
"Sei ancora in tempo." Gli ricordai.
"Ma mi hanno picchiato... no, prima gli dimostro che valgo qualcosa. Avvio la società per bene poi lo chiamo e mi scuso." Mi disse. "Ti va di farmi da socia? Niente soldi, mi serve solo un secondo nome." Mi propose.
"Sei serio?" Chiesi accartocciando la carta del panino.
Lui annuì. "Mi chiamo Thomas e ho aperto la T- KCG. Qui nel palazzo Callaghan." Disse indicando oltre la vetrata del bar.
Assurdo! Scossi la testa e bevendo l'ultimo sorso di the mi alzai. "Non dovevi bere la birra Thomas. Grazie per la cena." Conclusi sparecchiando e portando i vassoi al bancone.
"Grazie Saph. Ma avremo fatto noi." Disse Molly.
"Tranquille. A domani." Le salutai prendendo la valigia e uscendo all'aperto.
La notte era fredda, nevicava e io indossavo solo un cappotto di lana, avrei dovuto prendere qualcosa di più pesante. Raggiunsi le panchine intorno alla fontana del centro finanziario, l'acqua era chiusa. Aprii la valigia e ne tirai fuori cappello e guanti. Poi me la misi sotto le gambe e mi stesi, assurdo. Mi ero ridotta ad essere una barbona. Pensai osservando i fiocchi di neve che cadevano.
"Ma cosa stai facendo qui?" Irruppe la voce di un uomo.
La riconobbi subito, la prova era lo sfarfallio allo stomaco. Mi sollevai e lo fissai. "Hai bisogno?" Gli chiesi scocciata, non eravamo più cliente e cameriera.
"Neanche i barboni dormono sulle panche con la neve." Mi ammonì.
"Non vedo ostelli o alberghi qui." Gli dissi.
"Senza offesa, ma sei a Londra e un albergo anche a due stelle ti succhierebbe lo stipendio." Mi disse sedendosi al mio fianco.
"Non per dirtelo, ma ci eri arrivata." Gli dissi con una smorfia.
Lui rise guardandomi. "Sei acida."
"Ma smettila." Gli risposi.
Al che Thomas si alzò e mi tese la mano. "Vieni con me."
Era serio, non sarei andata a casa sua. "Dove?"
"Nel mio ufficio. Così ti convinco a diventare socia." Mi disse.
"Tu sei fuori." Dissi ridendo mentre mi tiravo su e prendevo la valigia. "Andiamo." In fondo non c'era nulla da temere, semmai fosse accaduto qualcosa sapevo dove trovarlo.
Camminammo per un altro paio di metri fino a fermarci di fronte ad un palazzo alto venti piani circa. Entrammo in un ascensore e selezionò il terzo piano.
Arrivammo in un appartamento che sembrava abbastanza spazioso, dopo l'entrata trovammo una stanza con due scrivanie e un computer portatile, una lavagna e dei grafici sulle pareti, un paio di poltrone e un divano per gli ospiti. "Questo è il mio mondo." Disse orgoglioso.
Io mi guardai intorno. "Pensavo ci fossero più uffici."
"Ci... saranno." Ammise lui grattandosi la testa. "Per ora basta questo che sono solo, le altre stanze visto che ho chiesto un finanziamento per i locali,  li sto usando personalmente. Tu se non vuoi dormire sotto la neve, puoi usare il divano che ha il letto dentro." Mi guardò facendo un colpo di tosse. "Anzi no! Ci dormo io, tu puoi andare dentro e dormi nel mio letto." Mi disse prendendo una chiave dal cassetto della scrivania . "Con questa si accede alle stanze."
"Quindi potrei restare qui e non temere che mi tocchi?" Chiesi sospetta.
"Se non vuoi, no." Rispose sincero.
"Come se non voglio!" Esclamai sorpresa.
"Beh io ci provo. Appena ti ho vista sono rimasto affascinato." Disse mettendo le mani davanti. "Però fidati, non ho mai obbligato nessuna a stare con me. Dammi il tempo..." Disse aprendo una delle due porte laterali. "Prendo il cambio per domani e ti lascio in pace. Puoi chiuderti dentro."
"Senza niente in cambio!" Gli urlai dietro.
"Una firma ... una società... siamo nella stessa barca no!" Rispose lui.
"Non direi."
Lui tornò con un paio di pantaloni puliti e una camicia grigia. Un sorriso spavaldo sul bel viso. "Hai ragione. Io ho un tetto." Concluse sornione.
Lo guardai minacciosa. "Dove trovo il bagno." Gli chiesi.
"All'entrata, prima stanza a destra." Rispose.
Iniziò così la nostra strana convivenza. C'erano delle regole, al mattino alle sette e trenta le porte della camera dovevano essere chiuse.
Thomas scendeva a fare colazione al library and snack,  presi anch'io quell'abitudine poiché li avevo modo di leggere gratuitamente i quotidiani, lui leggeva la pagina economica e internazionale, io quella politica e locale.
Alle 8.00 in punto l'agenzia apriva e iniziavano ad arrivare i clienti.
Alcuni li intrattenevo io, nell'attesa che Thomas si liberasse. Alle undici salutavo il mio coinquilino e mi dirigevo al lavoro.
Ci trovavamo come sempre alle 18.30 al Times with friend, per cenare insieme alla fine del mio turno.
Come promesso Thomas non mi toccava, ma mi chiedeva sempre la firma come socia. Probabilmente era importante ai fini legali, le sue continue insistenze mi portavano a chiedergli perché io e perché fare una società. Mi spiegò subito che la società aveva più valore di una ditta agli occhi di una papabile clientela, mentre invece aveva scelto me perché ad istinto gli avevo subito ispirato fiducia.
"Non ti dirò mai il mio nome completo." Gli dissi.
"Nemmeno tu conosci il mio cognome, se ci tieni tanto possiamo vidimare il contratto separatamente. Ti farò parlare con lo studio legale e darai i tuoi estremi. Il capitale sarà fittizio, ripeto mi serve un nome non i soldi." Mi ripeteva e alla fine cedetti, prima di Natale divenni sua socia.
"Posso darti mille sterline. Se non le prendi non si fa nulla." Dissi quando capitolai. Erano i soldi di Elisabeth Davis, non li avevo usati alla fine. Thomas mi ospitava gratis, mentre per il cibo era tutto compreso nel lavoro, dove comunque guadagnavo 150 sterline a settimana senza contare le mance e tanto mi bastava a sopravvivere.  L'unico vizio che ci eravamo concessi io e Thomas era infatti la lavanderia, o meglio lo era stata poiché Molly, la mia collega, quando glielo aveva detto si era offerta di fare lei per noi. A casa sua avevano la lavatrice, cosa che a noi due mancava, ma di cui non sentivamo la mancanza. Molly per incrementare le entrate in vista del secondo anno di università, faceva con piacere lavoro di lava e stira, così riusciva a conservare più  soldi.
Alla fine io e Thomas avevamo un bel rapporto, eravamo amici e ci prendevamo in giro, ammetto che mi ero innamorata di lui, era la sensazione più bella che mi fosse mai capitata.
La settimana  prima di Natale, dal momento che non ci concordavamo alcun capriccio gli chiesi di fare un alberello piccolino. "Per i clienti." Gli ricordai.
Lui acconsentì, così insieme la domenica andammo a scegliere l'albero e le decorazioni. "Aspetta che rientro per addobbarlo." Gli dissi lasciandolo al portone.
"Si signora. Lo lascio sopra e ti raggiungo al bar." Mi disse.
"Meglio di no. Non farti vedere che ormai ci chiamano coppietta." Gli dissi andandomene per non fargli vedere il rossore. Non sentii la sua risposta e una volta al lavoro io ed Ebony ci dividemmo come al solito i tavoli.
Dopo l'ora di punta del pranzo ecco che arrivò come sempre Thomas. Salutò Ebony e Mike, il mio capo e mi raggiunse. Sorprendendomi mi strinse tra le braccia e mi baciò sulle labbra.
"Ebbene si! Siamo una coppia bellissima." Mi disse raggiante.
Sorpresa annuì. Eravamo una bellissima coppia.
Come sempre alla domenica Thomas restava in un angolo del bar fino a quando non finivo il turno, eppure quella volta ero nervosa, mi aveva baciata di fronte a tutti anche se sembrava tranquillo mentre chiacchierava con Drake, il ragazzo di Ebony e successivamente quando lei andò via con Julio, il compagno di Mike, il mio capo. Dopo cena salutammo tutti e una volta a casa per nulla imbarazzato Thomas si arrotolò le maniche e indicò l'albero. "Dove lo mettiamo, come vuoi farlo?" Mi chiese.
Eccitata mi posi dietro la sua scrivania. "Qui, facciamolo qui."
"'Mm allettante." Disse lui allusivo trasportando il piccolo abete. "Facemmo l'albero in totale armonia e una volta finito Tom mi prese tra le braccia e iniziò a baciarmi.
Non gli dissi di no, anzi ricambiai i suoi baci meno casti di quello al bar. Lo volevo, lo amavo e volevo godermi quel momento  con lui.
"Ti amo!" Gli sussurrai in lacrime. Ed era così bello e non sarei potuta essere sua.
"Anche io angelo mio, ed è bellissimo. Adesso mi è tutto più chiaro." Mi disse lui riprendendo a baciarmi. "I nostri figli avranno i nomi degli angeli, ho deciso." Restai sorpresa ed emozionata al tempo stesso. Noi non avremo potuto avere dei figli, non con la spada di Damocle che pendeva sulla mia testa e sulla mia famiglia.
Tom gentilissimo mi asciugò le lacrime. Non mi chiese nulla, al contrario mi strinse a se cullandomi. Non facemmo l'amore quella notte, ma dormiamo insieme abbracciati e fu unico.
La vigilia di Natale andai prima al lavoro così che potessi chiamare casa prima di prendere servizio. Dissi a mamma che stavo lavorando e che la vita che stavo facendo mi piaceva, avevo delle amiche e anche un ragazzo che amavo. Piansi quando raccontai a mamma di Thomas. Lei mi disse e mi ricordò che dovevo vivere tutta quella storia a senza barriere, non precludermi nulla ed essere felice.
-Usali i soldi, comprati qualcosa di sexy e dimostra a Tom quanto lo ami. Vedrai, così il sesso sarà splendido.- Mi disse incitandomi a concedermi a Thomas.
Eppure nel mio piccolo temevo che dandogli il mio corpo lui poi si sarebbe stancato, come diceva Elisabeth di Andrew, e mi avrebbe lasciata.
Però se non lo avessi fatto con Thomas che amavo con chi sennò? Andrew? No mai. Seguii il consiglio di mamma e mi concessi alle spese folli, entrai in un negozio di intimo giocandomi tutta la settimana di lavoro in un completo bianco in pizzo, sperando che a Thomas piacesse come regalo di Natale.
Quella sera dopo il  brindisi fuori il coffee with friends, io e Thomas ci dirigemmo a casa stretti l'uno all'altra.
"Sei arrivato tardi." Gli dissi.
"Ero a preparare una cosa per te." Mi rispose sornione.
Una volta in casa gli feci una smorfia e posando il cappotto corsi in stanza. "Vado a fare una doccia. Poi scelgo cosa mangiare, anche se potevamo prendere qualcosa al take away più avanti." Gli dissi impertinente. Mi chiusi nel bagno lavandino e provando la famosa crema depilatoria consigliatami da Bethany.
-vedrai i peli e la crema verranno via con l'acqua.- aveva detto.
Ed effettivamente il risultato fu eccellente. Indossai il mio sexy completino e ci misi un vestito di sopra, dopodiché uscii e... la stanza era illuminata solo dall'albero e tante candele accese in giro. Una delle due scrivanie era apparecchiata con piatti e bicchieri di carta e vassoi di cibo, una candela e una rosa al centro.
"Buon Natale amore." Mi disse Thomas arrivando alle mie spalle.
"È stupendo." Gli dissi commossa.
"È il tuo regalo di Natale. Vieni?" Mi disse facendomi accomodare, nel piatto poggiato su un tovagliolo c'era un piccolo cofanetto.
"Ti va se mangiamo prima, altrimenti si fredda." Mi chiese Tom.
Assentii, mangiammo anche se ero talmente nervosa che non gustai tutto. C'era anche il dolce, Thomas aveva preparato tutto nei minimi particolari.
Io al contrario non avevo nulla di particolare per lui. A fine serata quando finalmente finimmo, lui mi fece aprire il pacchetto. Al suo interno c'era un anello senza tante pretese, con un piccolo zaffiro centrale. Lo apprezzai molto più di un diamante sapendo quanto lui amasse i miei occhi.
"Ti piace?" Mi chiese timido.
Se mi piaceva? Lo adoravo e glielo dimostrati baciandolo con passione. Lui ricambiò il bacio che in un attimo ci accese, lentamente lo trascinai verso la nostra stanza, lui si fermò guardandomi.
"Anche io ho un regalo per te." Gli dissi sfilandomi il vestito.
Mi fissò stupito ed estasiato, fino a prendermi tra le braccia e portami in camera per fare l'amore per la prima volta.
Fu splendido, quella volta e le successive. Eravamo innamorati e felici con poco e tanto mi bastava.
Col nuovo anno sembrava che Thomas aveva più clienti, fortunatamente andando a lavorare alle undici riuscivo a gestire chi era in sala d'attesa. Avevamo infatti messo delle sedie all'entrata e fatto una sorta di abbonamento con Mike per avere le bevande da offrire ai nostri clienti.
Ad un certo punto, a inizio febbraio mi sorprese vedere Drake in ufficio. Thomas lo aveva assunto come consulente poiché aveva bisogno di un aiuto. Ne ero doppiamente contenta, uno perché la società si stava bene avviando, due perché Drake era il ragazzo della mia amica Ebony.
A metà febbraio per San Valentino regalai a Thomas un nuovo completo intimo, inoltre avevo messo da parte abbastanza soldi per ricambiare il regalo che lui mi aveva fatto a Natale. Un bracciale in argento con una medaglia incisa. - Per sempre tua Sapphire.-
Poi arrivò la lettera di Inga Meyer, la presi io. Aiutando Thomas ero sempre io a raccogliere la posta, sapevo che Inga era la 'ragazza' del fratello. Chissà perché vedere quel nome mi diede una terribile morsa allo stomaco. In fondo non si erano mai amati.
Thomas aprì la lettera in mia presenza, la lesse più volte e solo quando fu certo di aver capito mi guardò.
"Inga aspetta un bambino. Da parte mia." Mi disse. "Mio fratello l'ha sposata e vuole riconoscere lui il bambino, ma no! È mio figlio." Disse.
"E te lo fanno sapere dopo quasi tre mesi?" Gli chiesi. "Sicuro che non sia di tuo fratello?"
Lui assentì. "La letttera è scritta da Tad. Mi ha assicurato che lui e Inga non hanno ancora scuro rapporti. Saph, cresciamo il bambino noi due, possiamo farlo. Ci amiamo e vogliamo una famiglia." Mi disse con un sorriso che iniziava ad albergare sul suo viso.
Io invece più parlava, più mi amareggiavo. "Pensa, se togliessi la pillola potremo avere anche noi un bambino e crescerebbero insieme."
Scossi la testa, io non avevo mai preso la pillola. "N-no... non posso tuo figlio e no...non prendo la pillola." Balbettai.
Thomas si avvicinò a me. "Come no? Credevo di si."
Ancora scossi la testa allontanandomi. "Ti amo Tom."  Sognavo, desideravo essere sua moglie e la madre dei suoi figli.
"Anche io angelo, vedrai che andrà tutto bene. Scriverò a Tad, gli dirò che sono pronto a prendermi le mie responsabilità, non ti sforzerò col figlio che avrò con Inga, ho fiducia in te.
Credo che quelle siano state le ultime parole famose nei miei confronti. Facemmo l'amore quella notte, e anche le successive a venire. Il tempo che Mike trovasse qualcuno che mi sostituisse poiché il giorno dopo la lettera andai a presentare le mie dimissioni. "Mi dispiace non posso più lavorare qui." Gli dissi.
Dopo una settimana dal fatidico annuncio affrontai Thomas,  lo allontanai i suoi baci erano una distrazione. "Non posso sposarti. Purtroppo la mia famiglia ha già disposto un matrimonio per me,  mi hanno concesso un ultimo periodo di libertà, sei stata la mia splendida evasione Thomas. Ma non posso sposarti."
Lui scosse la testa. "No! No Sapphire non puoi dirmi così, non puoi lasciarmi." Mi disse indicandomi. "Potresti essere incinta." Tentò in ultimo.
"Andrew stroncherebbe la tua società in un attimo. Anche se fossi incinta abortirei il nostro bambino." Gli dissi raggiungendo la porta. "Ti prego non seguirmi. Non informarti sul mio nome, me lo hai giurato. Se mi ami mantieni le tue promesse, sappi che io ti amerò sempre." Conclusi uscendo dalla porta e chiudendola a chiave, avevo tempo prima che Thomas prendeva la seconda chiave. Lo sentivo battere contro l'anta e chiamarmi, implorandomi.
Dovevo andare, prima che mi pentissi e tornassi da lui. Corsi in strada e mi incamminai rapida verso il taxi che mi aspettava da un bel po'. Presi posto accanto alla mia valigia e chiesi di partire verso il Surray. La mia bellissima libertà era andata.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MelaniaTs