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Autore: guiky80    18/12/2023    15 recensioni
Tsubasa e Sanae.
La vita con percorsi separati, lui il campione che tutti si aspettano, lei una ragazza che cerca di costruirsi una carriera in un mondo prettamente maschile.
Inevitabile l'incontro in Federazione calcio anni dopo.
Sarà ancora tutto come prima?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sanae spalancò la finestra e fissò la Senna scorrere due piani più sotto. Finalmente era in Francia, a una manciata di chilometri da Tsubasa. 

Prima di uscire dall’aeroporto aveva acquistato il biglietto per raggiungerlo, sarebbe partita il pomeriggio seguente.

Le avevano concesso sei giorni per sistemarsi nella nuova abitazione e visitare la zona, poi avrebbe preso servizio nell’ufficio distaccato della Federazione, aveva un appuntamento col nuovo capo quella sera stessa, poi sarebbe stata libera di andare da lui.

Sistemando le cose che si era portata dietro, si rese conto di essere nervosa, cosa sarebbe accaduto? Sarebbe riuscita a trovare Tsubasa?

Aveva l’indirizzo di casa e quello del centro sportivo dove si allenava, non sapeva dove attenderlo, era davvero molto nervosa.

Prese ampi respiri e uscì a fare due passi, si era messa in contatto con Taro tramite Jun, lui l’avrebbe aiutata essendo in Francia.

Aveva dovuto spiegare brevemente la situazione così che non parlasse con Tsubasa del suo arrivo.

 

“Manager! Da quanto tempo!”

Misaki le andò incontro a braccia aperte, ormai abituato alle usanze locali, Sanae stranita si lasciò abbracciare arrossendo appena.

Facendo un passo indietro Taro la guardò scoppiando a ridere.

“Scusa, scusa, sono talmente abituato al fatto che qui è un continuo abbracciare la gente, che dimentico sempre che chi arriva dal Giappone può non esserne felice.”

La ragazza scosse la testa: “nessun problema, credo dovrò abituarmi anch’io.”

“Direi di sì, se resterai qui. Andiamo ti offro qualcosa da bere, così mi racconti un po’ della tua vita e di questo sotterfugio col Capitano.”

Arrossendo lei annuì e lo seguì in un caffè poco lontano.

 

Venti minuti dopo, Taro la fissò scuotendo la testa.

“Santo cielo che situazione.”

Sanae aveva fatto un riassunto della sua vita, ma quando era arrivata alla parte relativa alla partenza per il Brasile si era bloccata, il ragazzo aveva sorriso raccontando di aver avuto un riassunto dal Capitano.

“Doveva essere riservato.”

“Anche tu me lo stavi dicendo.”

“Avrei evitato nomi, non ti avrei detto che tipo di scandalo e con chi.”

Taro sorrise: “non temere, non ho davvero motivo di far trapelare la notizia, in più Tsubasa è il mio migliore amico, anzi mi spiace che non si sia aperto prima con me, gli avrei suggerito di denunciare subito quanto era accaduto, quantomeno alla Federazione.”

Sanae sospirò: “posso capire la sua reticenza, io ho sbagliato a non dire nulla quando sono partita, ma volevo proteggerlo, non mi sarei mai aspettata di trovare una situazione del genere laggiù. Quell’uomo è davvero pazzo, dovevi vederlo quando inventava cose senza senso per trascinare Tsubasa nel fango.”

Rabbrividì quasi al ricordo, Misaki inclinò la testa sorridendo dolcemente.

“Lo ami davvero tanto, eh? Come quando eravamo alla Nankatsu.”

Lei scosse la testa: “no, ora è molto diverso. Ho conosciuto l’uomo che è diventato, sono uscita con lui, l’ho visto in questa situazione spinosa, come l’ha affrontata, cosa ha detto e me ne sono innamorata di nuovo, ma diversamente. Quando la Federazione mi ha detto che potevo venire all’estero e che c’erano possibilità per l'Europa, ho scelto la sede più vicina possibile alla Spagna. So che comunque non sono proprio dove c’è lui, ma è sempre meglio che stare in Giappone.”

“Decisamente!”

Stringendosi nelle spalle, l'ex manager riprese: “spero solo di essere ancora in tempo, ho ragionato tanto sulla nostra situazione, alla fine c’è solo una cosa che conta: lo amo e non riesco a immaginare una vita senza di lui.”

Misaki sorrise apertamente: “non temere sei in tempo. L’ho sentito due giorni fa, era galvanizzato dagli allenamenti, dopodomani giocherà un’amichevole e partirà come titolare, ma la sua voce ha sempre un fondo di tristezza come se mancasse qualcosa e alla fine l’ha detto: gli manchi tu. Se arriverai da lui prima della partita, il Capitano scenderà in campo e darà uno spettacolo dei suoi tutto per te.”

Arrossendo di colpo Sanae sbatté le palpebre: “non prendermi in giro!”

Taro sbottò a ridere: “non ti prendo in giro, è la verità. Vai a riprenderti il tuo ragazzo.”

“Ti terrò aggiornato.”

“Oh non serve… digli di segnare in sforbiciata e saprò che siete a posto!”

La ragazza scosse la testa sorridendo.

 

Con le gambe tremanti Sanae allacciò la cintura di sicurezza per il decollo da Parigi, mancava davvero poco all’arrivo, allo spostamento per raggiungerlo… a lui.

Sospirando ripensò alla sera prima, il suo capo sembrava una persona tranquilla e gentile, le aveva spiegato di cosa si sarebbe occupata, le aveva fatto conoscere un paio di persone della squadra di lavoro, tutto sembrava andare per il meglio fino alla frase che le gelò il sangue nelle vene.

 

“Ho sentito dire che ha creato parecchio scompiglio in Federazione nell’ultimo periodo, signorina.”

“Qualche divergenza di opinione.”

Non voleva dare spiegazioni, voleva ripartire da zero, ma si era illusa.

“Il suo capo mi ha raccontato della sua relazione con Ozora e della situazione in Brasile, ovviamente qui siamo tutti informati su quanto accade alla sede. Ho parlato anche con Katagiri però, lui ha avuto solo belle parole per lei e per il suo lavoro. Lo stimo molto e ho deciso di fidarmi. Sarò onesto, molti miei collaboratori non vedono di buon occhio la sua situazione attuale, dovrà conquistarsi la loro fiducia sul campo. -La fissò a lungo- Può farlo?”

Avrebbe voluto dire che no, non poteva farlo, ma solo perché era stanca di dover giustificare tutto, era stanca di essere guardata male solo perché donna e innamorata del Capitano della nazionale, oltretutto in quell’ufficio non si lavorava per la squadra nipponica.

Invece prese un ampio respiro, ricordando che quel lavoro era quello per cui aveva sudato sette camicie, soprattutto quello che le serviva per essere vicina a Tsubasa.

“Sì, ce la posso fare.”

“Ottimo, questo volevo sentire. Lavorerà due mesi a stretto contatto con me, poi valuteremo la posizione migliore per lei all’interno della squadra di lavoro.”

“La ringrazio.”

 

Scosse la testa, infine sorrise, dopo quella riunione Katagiri stesso l’aveva chiamata per farsi raccontare dell’incontro, anche se in Giappone era un orario non proprio consono a una telefonata. Ne fu commossa.

 

“Non temere lo conosco, ha cercato solo di prospettarti la situazione peggiore, perché tu fossi pronta, vedrai che non sarà così. Oltretutto se sarai all’altezza, e io ne sono sicuro, potrai chiedere di lavorare da remoto.”

“Perché dovrei lavorare da remoto?”
Katagiri ridacchiò: “perché, mia cara, così facendo, dovrai presenziare solo alle riunioni mensili della squadra di lavoro, per il resto del tempo potrai lavorare da dove vorrai. Il tuo appartamento a Parigi o… che so… dalla Spagna!”

 

Ricordava ancora il rossore di quel momento, mischiato alla gioia per quella prospettiva che non aveva nemmeno preso in considerazione.

Un’ora e quaranta minuti dopo, l’aereo iniziò la discesa verso Barcellona, era arrivata, finalmente.

Dopo lo sbarco si sedette su una poltroncina come se attendesse qualcuno, in realtà cercava di calmare i battiti del suo cuore.

Doveva uscire, trovare un taxi e farsi portare alla sede del centro sportivo dove si stava allenando.

Doveva alzarsi da quella sedia e prendere in mano la sua vita.

Doveva ricordarsi come respirare.

Chiuse gli occhi, cercò di isolarsi da chi la circondava, escluse i rumori poco alla volta, finché sentì solo il suo respiro. Quella tecnica, opera di un corso che l’aveva obbligata a seguire Yukari, si stava rivelando utile, si stava calmando.

Quando riaprì gli occhi sorrise, non le serviva nemmeno Anego quel giorno, le serviva solo alzarsi: fatto.

Uscire dall’aeroporto: fatto.

Individuare i taxi: fatto.

Salire e dare un indirizzo ben preciso: fatto.

Si rilassò contro la seduta e attese che l’auto la portasse a casa del Capitano. Non voleva affrontarlo durante gli allenamenti, l’avrebbe atteso a casa, voleva che fosse rilassato, voleva passare una piacevole serata con lui.

Scesa dall’auto si guardò attorno, immaginando Tsubasa in quelle vie, in quei negozi carini, in quel parco al di là della strada, al bar mentre faceva colazione.

Si rese conto di sorridere da sola, aveva davvero voglia di vederlo, prese posto su una panchina posta più o meno di fronte alla porta del palazzo dove abitava il calciatore e attese. 

 

 

Koudai mise piede in casa il più silenziosamente possibile, voleva fare una sorpresa alla moglie, era rientrato con due giorni di anticipo e voleva sfruttare quel tempo per godersi la vecchia casa ancora un po’, prima che arrivasse il camion del trasloco.

Respirò a pieni polmoni, sorrise, ogni punto dell’ingresso e del salotto era ingombro di scatole, come facesse sua moglie, incinta per giunta, a non inciampare era un mistero.

Sollevò lo sguardo notando un movimento al piano di sopra e la vide.

In piedi sullo stipite della porta della camera degli ospiti, quella che sarebbe diventata una seconda cameretta se fossero rimasti a Nankatsu.

Sentì dei bisbigli e si avvicinò lentamente, salì i primi quattro gradini poi si fermò, il quinto cigolava sempre, sorrise felice di ricordare quel particolare che poteva sembrare di poco conto, allungò il collo come per sentire meglio e colse delle parole.

“Sarebbe stata la tua cameretta, l’avrei colorata di azzurro magari o forse giallo… nella casa nuova l’ho voluta verde acqua, quella stanza mi ha subito ispirato quel colore, ma se fossimo rimasti qui, non so…”

L’uomo sorrise, scavalcò lentamente il quinto gradino e ne salì altri due prima di fermarsi ancora.

“Sarai il principino di casa perché tuo fratello abita già da solo, ma non temere lo vedrai spesso in tv, gioca a calcio, è molto bravo. Tu potrai fare ciò che vorrai, se non ti piacerà il calcio, Tsubasa se ne farà una ragione! Forse…”

A quel punto Koudai si lasciò scappare una risatina, Natsuko sussultò voltandosi con una mano al patto.

“Oddei! Lo sai che non puoi far spaventare una donna a termine gravidanza, potrei scodellare qui!” 

L’uomo rise più forte salendo gli ultimi gradini e abbracciandola di getto.

“Ciao.”

“Ciao, sei arrivato prima.”

“Sì, volevo godermi un po’ di tempo solo con te, prima che si scatenasse il putiferio del trasloco. Come stai?”

“Bene.”

Allontanandosi appena la guardò negli occhi: “con chi parlavi?”
Lei gli tirò un buffetto sul braccio: “sai benissimo con chi parlavo! Con Daichi.”

“Daichi?” Un sopracciglio scattò verso l’alto, mentre una mano scendeva ad accarezzare il pancione.

“Sì, stanotte mi sono svegliata di colpo con una strana sensazione addosso: dovevo scegliere il nome, subito! Temevo mi sarebbero venute le doglie! Invece no. Ho ripescato la lista dal cassetto, ma ero mezza addormentata e ho rovesciato l’acqua che avevo sul comodino. Per fartela breve quando sono riuscita a sistemare, l’unico nome rimasto intonso senza nemmeno una goccia d’acqua addosso era proprio Daichi! L’ho preso come un segno: se resiste alla goffaggine di sua madre…”

Koudai scoppiò a ridere abbracciandola ancora.

“Mi piace! Daichi Ozora, suona proprio bene!”

 

La coppia passò una tranquilla serata in casa, l’indomani la mamma di Ryo trovò l’uomo in giardino e lanciò un gridolino che lo fece sussultare.

“Finalmente è tornato, Capitano!”

L’uomo sorrise: “potremmo anche darci del tu, ho saputo tutto l’aiuto che hai dato a mia moglie.”

“Hai ragione! Forza allora, c’è ancora da affrontare la soffitta!”

L’uomo si pulì le mani nei pantaloni comodi e fece strada: “affrontiamola!”

Per tutta la giornata lavorarono alacremente, con Natsuko che si limitava a portare bevande e dare disposizioni sulla preparazione degli scatoloni.

Mancava davvero poco affinché tutto fosse pronto quando la moglie del Capitano si accasciò sul quinto gradino della scala, il cigolio mise in allarme il marito, non si sarebbe mai saputo spiegare nemmeno in futuro il perché, ma in quel momento gli sembrò giusto mollare l'album di foto e correre fino alla moglie che, piegata dai dolori, lo fissò: “credo che ci siamo.”

 

Tsubasa arrivò a casa correndo, il messaggio del padre l’aveva fatto iniziare a correre quando mancavano poco più di dieci minuti alla meta. Doveva preparare un borsone veloce e avvisare il mister, già preallertato che sarebbe potuta accadere una cosa del genere.

Negli ultimi metri brandì il mazzo di chiavi cercando quella giusta, il movimento alla sua destra non lo notò nemmeno, solo la voce lo bloccò mentre infilava la chiave nella toppa.

“Tsubasa.”

Si voltò stranito: non poteva essere lei… e invece… Sanae era di fronte a lui, con un sorriso timido e le mani dietro la schiena.

A bocca sgranata il Capitano scese i gradini appena saliti fissandola stralunato.

“Tsubasa? Tutto bene?”

“Sei qui…”

“Sì -sorrise la ragazza- sono qui, per te.”

Il cellulare vibrò nella tasca della tuta del ragazzo che si riscosse brandendolo allarmato, lesse veloce, rispose e sollevò di nuovo lo sguardo.

“Scusa io… ora non posso.”

La ragazza raddrizzò la testa di colpo: “ma io… volevo parlare solo un attimo con te, con calma.”

“Non posso, mi dispiace.”

Abbassando lo sguardo Sanae fece un passo indietro: “non possiamo nemmeno parlare? Vuoi chiudere senza sentire cosa ho da dire?”

Il Capitano tornò a guardarla: “chiudere? No, cosa? No! Tu… io… mia madre è in ospedale!”

“In ospedale?!”
“Esatto, sta per partorire, io devo tornare in Giappone subito, per questo non ho tempo, solo per questo!”

“Parto con te!”

“Davvero?”

“Certo, sono qui per te, torno con te, in volo ti spiegherò tutto.”

Annuendo felice il giovane entrò in casa, preparò la borsa, ma prima aprì il portatile chiedendo a Sanae di prenotare sul primo volo utile per tutti e due. Fortunatamente trovarono due posti sul volo che sarebbe partito entro tre ore.

Trafelati arrivano in aeroporto e passarono i controlli, sedendosi finalmente in aereo poco dopo.

Il sospiro del Capitano fece sorridere la ragazza che gli strinse una mano, era il primo contatto tra loro e la scarica elettrica non l’avvertì solo lei.

Il giocatore si rese conto di quanto fosse stato facile farla entrare in casa sua, farle prenotare il volo, come se fossero sempre stati insieme, come se non ci fosse bisogno di parlare, di dire nulla, di giustificare nulla.

Anche Sanae, con un sorriso appena accennato stava pensando che non aveva ancora detto nulla, che non aveva ancora chiarito la situazione e che da pazza era di nuovo seduta su un aereo per un viaggio oltreoceano, ma non le importava, non avrebbe lasciato più il suo ragazzo, per nessun motivo.

“Andrà tutto bene, Tsubasa. Quando arriveremo probabilmente sarà già nato.”

Annuendo lui fissò le loro mani intrecciate: “lo credo anch’io. Ora però abbiamo tempo, quindi vorrei capire cosa ci fai a Barcellona.”
“Sono venuta a vedere dove potrei finire a vivere.”

Inclinando la testa con sguardo serio, il ragazzo la guardò intensamente.

“Ossia?”

Prendendo un ampio respiro, Sanae gli raccontò degli ultimi avvenimenti e del suo trasferimento a Parigi, da lì in volo per la Spagna per vedere lui.

“Voglio vivere in Europa, voglio lavorare per la Federazione da qui, perché tu sei qui.”

Strinse le labbra prima di riprendere.

“Ho capito che senza di te la mia vita perde significato. Voglio riconquistarti, Capitano.”

Il sorriso di Tsubasa comparve lentamente fino a esplodere.

“Questa è la cosa più bella che potessi dirmi, manager. Non hai bisogno di riconquistarmi, sono sempre stato tuo. Anche quando in Brasile ero arrabbiato con te, anche quando avrei voluto picchiare quel tizio per tutto il male che ci stava facendo, anche quando abbiamo discusso: sono sempre stato tuo, non ho mai nemmeno per un secondo pensato che dovessimo lasciarci, te l’avevo detto.”

“Sì, è vero, me l’avevi detto, ma sono passate settimane, non ne abbiamo più parlato, ero terrorizzata e quando mi hanno parlato di lavorare all’estero, quando mi hanno confermato la possibilità di venire in Europa… non mi è sembrato vero. Volevo farti una sorpresa, magari prepararti la cena e poi stare abbracciata a te tutta la sera.”

“Solo abbracciata?”
“Capitano!”

Lui si strinse nelle spalle: “ehi, sono poco esperto, ma quando assaggi certe cose, poi le vuoi sempre.”

La ragazza arrossì prima di scoppiare a ridere: “sei senza ritegno! Smettila di parlare con Ryo, ha una pessima influenza su di te!”

Anche Tsubasa scoppiò a ridere ripensando all’amico, allungò il collo e la baciò lentamente, proprio mentre l’aereo iniziava a rullare e la hostess comunicava a tutti di restare fermi in posizione eretta sul sedile.

Tsubasa sbuffò e Sanae ridacchiò: “guastafeste!”

La ragazza scoppiò proprio a ridere.

Una volta raggiunta la quota e accesi di nuovo i cellulari, quello del Capitano vibrò.

L'immagine della madre sudata, rossa in viso con un corpicino minuscolo vicino al collo, gli bloccò il respiro per un attimo.

 

‘Ti presento tuo fratello Daichi.’

Il messaggio del padre fu breve, ma intenso, lo mostrò a Sanae che si commosse subito.

“Ha i tuoi capelli, decisamente!”

Si allungò fino a baciare lievemente la guancia del Capitano che sorrise, prima di girare il messaggio a Ryo e Taro.

Quando vide il nome della mezza Golden Combi, Sanae sghignazzò.

“Lasceremo Taro nell’ignoranza allora.”

“Cosa?”
“Se non farai un gol in sforbiciata domani, lui penserà che non mi hai perdonata!”

Annuì convinta mentre Ozora la fissava come fosse pazza.

“Che c’è? Ti fa male l’aria di Parigi?”

“No Capitano, ma avevo promesso a Taro che se ci fossimo riconciliati, tu avresti sforbiciato domani.”

Tsubasa sollevò un sopracciglio: “simpatici.”

Cercò nella cartella delle foto sorridendo, infine compose un messaggio per l’amico e invitò.

“Che gli hai scritto?”
Mostrò la chat a Sanae che scoppiò a ridere.

La foto di uno Tsubasa bambino che sforbiciava sul campo, che era stato della Nankatsu, precedeva il messaggio.

‘Sto tornando a casa per la nascita del mio fratellino, sforbicio qui perché domani non gioco, la mia ragazza è sul volo accanto a me. Te la affido a Parigi, ma tieni giù le mani!’



 

 

Angolino dell’autrice.

Ed eccoci alla fine, spero di non aver tralasciato nulla o lasciato qualcuno con domande in sospeso.

Jun è felice con Hikaru.

Tsubasa è felice con Sanae.

La famiglia Ozora ha un membro in più.

Katagiri ha di nuovo il suo capitano della nazionale.

Roberto è in Brasile e speriamo ci resti.

Insomma, abbiamo sistemato tutti direi!

Grazie infinite a chi ha letto, a chi ha recensito e un grazie immenso alla mia betuccia adorata Sanae77 che è tornata in tutto il suo splendore e ci sta regalando storie bellissime, oltre che tante risate a me, grazie anche a Ciotolina che ha sbavato in ogni capitolo in cui è apparso Jun! ahahahah

Alla prossima, che non è poi così lontana… forse… o forse no.

Ho tanta voglia di scrivere e tante cose da scrivere, ma ho anche un matrimonio che incombe… il mio… 

Buon natale a tutti.

Un bacio.

Guiky80

 
   
 
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