VII.
GLI ASSURDI CAPRICCI DI MR
BILLIONAIRE.
Inoltre, come se tutto questo già di per sé non
bastasse a chiarirvi la situazione e a darvi un quadro generale riguardo la mia
sagacia, posso affermare anche con un certo imbarazzo che io ero la classica
adolescente sfigata del liceo. Quella che in pratica si fidava ciecamente delle
sue presunte amiche, senza capire i loro secondi fini, e si scioglieva per un
patetico “Ti amo” sussurrato con
vergogna da un ragazzino brufoloso con il solo intento di farsi passare i
compiti. In realtà, per ovvi motivi che non starò qui ad elencarvi nel
dettaglio, ero abbastanza insicura quando andavo a scuola. Vi basta sapere che
non mi sentivo a mio agio per colpa del mio peso e all’epoca la mia autostima
si trovava ai minimi storici, perciò le poche attenzioni che ricevevo mi
facevano sentire davvero importante. Ero talmente ingenua che pensavo di aver
trovato sul serio compagne sincere, dolci e altruiste. Invece erano streghe che
mi prendevano palesemente in giro e si approfittavano di me senza alcuna pietà,
copiando i miei perfetti appunti e sfruttandomi come loro insegnante personale.
Crescendo purtroppo non sono cambiata e così, dopo essere stata la sfigatella
cicciona del liceo, mi sono ritrovata a diventare la tipica stagista che
ammirava con sincera stima i propri colleghi e seguiva i loro ordini con cieca
obbedienza senza immaginare però che i diretti interessati potessero
ostacolarmi a causa di stupide invidie o rancori immotivati. Sì, sì. So cosa
state pensando. Sono stata un po’ patetica quando ero più giovane, non posso
darvi torto. Adesso scommetto che vi faccio perfino tenerezza. Ma non credo sia
sbagliato cercare sempre il lato positivo, sia nelle cose che nelle persone.
Forse si ottengono più delusioni, però è davvero triste e alquanto deprimente
aspettarsi costantemente il peggio. Non fa per me. Io poi non sono mai stata
una tipa pessimista, oltretutto mio padre mi ha insegnato a vedere sempre il
bicchiere mezzo pieno. Soprattutto se era pieno di cioccolata calda.
La mia eccessiva bontà comunque non mi ha mai
aiutata a relazionarmi correttamente con gli altri e anzi molto spesso mi ha
perfino penalizzata, perché mi ha resa alquanto debole e fragile. Una ragazzina
facile da sfruttare, condizionare ed ingannare. È per questo che tuttora molte
persone, tra cui mia madre – che ovviamente tende sempre a sottolineare i miei
difetti, spingendomi quasi a farmi sentire in colpa – e in alcuni casi lo
stesso Mr Micols, non perdono tempo nel farmi notare quanto a volte io possa essere
ancora inopportunamente ingenua. Insomma, la classica donna credulona. Quella
che può essere fregata semplicemente con qualche parolina gentile, un paio di
moine e promesse vane.
La mia cara mamma, tanto per cambiare, odia questo
lato del mio carattere. Mi considera troppo gentile, troppo spontanea e troppa
sempliciotta. Tutti aspetti che, sempre secondo il suo modestissimo parere, non
aumentano affatto il mio sex appeal e
al contrario non fanno altro che diminuire in maniera drastica il mio – a
quanto pare già inesistente – fascino. In base alle sue convinzioni dovrei
cercare di essere più misteriosa, mostrarmi più acuta ed apparire più furba.
Invece malauguratamente non solo le è toccata una figlia tracagnotta e con
assurde manie di indipendenza, ma anche stupida e sprovveduta. Per nulla
maliziosa, sveglia e sagace. In sintesi sono l’esatta copia di mio padre, sia a
livello fisico che caratteriale, non dovrei stupirmi dunque se non riesco a
trovarmi un uomo.
Ad ogni modo questa volta, anche se mi costa davvero
tanto ammetterlo, devo dare a mia madre un minimo di ragione. Effettivamente
avrò pure una mente brillante, devota ai numeri e alle statistiche, però il mio
intuito sinceramente non è mai stato il mio punto di forza. Sì, non posso
negarlo: sono davvero una stupida credulona. In realtà con gli anni, almeno se
si fa riferimento al mio lavoro, sono riuscita un po’ ad affinarlo. O meglio,
sono stata costretta a farlo, perché ovviamente non potevo permettermi di
essere troppo fiduciosa o ingenua nel momento in cui dovevo occuparmi di
investimenti. Non quando dai miei consigli e dalle mie idee dipendevano gli
interessi di persone facoltose, nonché esorbitanti somme di denaro.
In questo mondo abitato da squali, sono stata
costretta a mia volta a diventare una predatrice. Se si parla di affari gli
sbagli non sono assolutamente permessi e nemmeno concepiti, perché non solo si
rischia di perdere credibilità ma anche la stima dei propri assistiti. È
inevitabile. La gavetta quindi mi ha aiutata a capire come funzionavano le cose
nella vita vera ed ora, dopo aver acquisito una certa esperienza nonché aver
commesso diversi errori, posso affermare con orgoglio di essere una delle migliori
promoter finanziare presenti in circolazione. Sono diventata talmente brava che
il mio intuito attualmente è perfino invidiato. Se potessi imbottigliarlo e
vederlo, farei un sacco di soldi. I miei sacrifici hanno dato i loro frutti.
Sinceramente è stato difficile arrivare dove sono
adesso e raggiungere questo livello di consapevolezza, però alla fine sono
riuscita a mettere in pratica le mie conoscenze e unendole alla mia passione
per la matematica ho evitato di lasciarmi influenzare da altri fattori. In
questo modo sfrutto le mie analisi di mercato per riuscire a capire subito se
un affare è più o meno vantaggioso, risparmiando del tempo prezioso ed
inquadrando con immediatezza la situazione. Uso la logica, mischiandola al mio
fiuto per gli affari e prendendo sempre la giusta decisione. I numeri non
possono mentire, al contrario delle persone. Oggi quindi molti clienti mi
cercano proprio per merito delle mie capacità, come ha fatto d’altronde lo
stesso Richard, ma a livello personale purtroppo le cose non sono cambiate poi
molto: sono infatti ancora un po’ tonta e sciocca. Eppure questa volta, anche
se in ritardo, le mie supposizioni si sono dimostrate esatte. Il mio istinto mi
ha indirizzato sulla giusta strada. Sono stata davvero brava, alla faccia di
mia madre e Peter! Mi stringerei addirittura la mano da sola, peccato però non
averlo capito subito.
In effetti il mio incubo personale, dopo la firma
del contratto con Mr Reyes e l’inizio della nostra tanto attesa collaborazione,
è cominciato esattamente il giorno successivo. Avevo previsto che qualcosa
sarebbe andato storto. Insomma, sembrava tutto troppo bello per essere vero.
Ero consapevole perciò che dovevo prepararmi al peggio e che sarebbe arrivato
il momento fatidico in cui mi sarei pentita della mia decisione di dare retta
al mio capo, assecondandolo nella sua assurda richiesta di prendere in carico
un cliente come Richard. Sapevo in pratica di aver venduto l’anima al diavolo.
Sì, avevo capito tutto e avevo già un quadro chiaro
della situazione. Però, quando le mie intuizioni si sono avverate, io non me ne
sono nemmeno accorta. Non l’ho capito. Ero così entusiasta del mio risultato
che mi sono sfuggiti perfino tutti i segnali di avvertimento, quindi quelle
classiche situazioni e quei tipici comportamenti che avrebbero dovuto mettermi
in allarme. Di conseguenza alla fine, quando ho realizzato davvero a cosa ero
andata incontro diventando la promoter finanziaria di Mr Reyes, era ormai
troppo tardi. Non potevo più tornare indietro.
Avevo segnato il mio destino.
I capricci di Mr Reyes, come vi ho già anticipato,
sono iniziati praticamente il mattino seguente al nostro ultimo incontro con
una chiamata – avvenuta alle sei e mezza del mattino – finalizzata a redigere
un programma per i nostri appuntamenti della settimana. Sì, avete capito bene,
Richard praticamente mi ha disturbata all’alba. All’alba! Eppure non ho fatto
la minima storia, nonostante io sia una tipa per nulla accomodante quando viene
disturbata al mattino. Per me infatti il sonno è sacro, tuttavia in quel
preciso istante ho evitato di arrabbiarmi. Sinceramente il suo comportamento
non mi è sembrato affatto strano e ho reputato alquanto normale la sua
scrupolosità, considerato che i suoi investimenti richiedono sempre una certa
premeditazione.
In realtà Mr Reyes dispone di un patrimonio
talmente immenso che potrebbe benissimo smetterla di preoccuparsi del suo
denaro da qui al prossimo decennio, in fin dei conti perfino un crollo della
borsa come quello di Wall Street avvenuto nel 1929 non lo toccherebbe. Però ho
notato che nonostante la sua possibilità di vivere in modo più che spensierato
il suo futuro è ugualmente molto preciso e tiene in maniera particolare ai suoi
affari, al punto che se ne occupa spesso personalmente. Per questo ho reputato alquanto
logico che volesse pianificare i nostri appuntamenti con un certo preavviso,
inoltre mi è sembrato più che plausibile la sua premura dato che siamo entrambi
molto impegnati: lui con le sue riunioni interminabili ed io con gli altri miei
clienti. Se devo essere sincera mi sono anche eccitata all’idea di poter
iniziare questa nuova avventura con un cliente tanto importante e facoltoso. Un
cliente che ha decine e decine di aziende sparse per tutti gli Stati Uniti,
nonché un conto in banca stellare. Non ho nemmeno notato l’ora e, sebbene
fossero da poco passate le sei, ho cominciato la giornata con un’incredibile
carica.
Ho aspettato con ansia e trepidazione il momento in
cui avrei messo piede in ufficio, pregustando con altrettanta soddisfazione
l’attimo in cui avrei fatto vedere i documenti siglati a Mr Micols. Ho
immaginato il suo volto estasiato e ho perfino fantasticato su un suo ipotetico
balletto della felicità davanti ai dirigenti, lasciandomi scappare una risata
divertita.
Subito dopo mi sono concessa un bel bagno
rigenerante, con tanto di schiuma e candela alla vaniglia appoggiata sul bordo
della vasca. Poi ho acceso la radio, in modo da ascoltare le notizie del giorno
mentre mi strofinavo la pelle con la mia spugna a forma di stella marina, e
ogni tanto mi sono ritrovata a canticchiare alcuni brani famosi che
trasmettevano sul canale durante le pause pubblicitarie. In seguito,
trasportata da un impeto di coraggio, ho deciso addirittura di arricciarmi i
capelli e successivamente – una volta spesi circa trenta minuti per gestire la
mia massa ribelle – mi sono truccata con più cura del solito. Ho valorizzato
infatti le mie labbra con un rossetto super lucido, ho messo in risalto i miei
occhi con una perfetta linea di eyeliner e mi sono concessa addirittura un
tocco di illuminante sugli zigomi. Alla fine mi sono vestita con assoluta
calma, indossando un completo rosso rubino e delle magnifiche scarpe nere con
un tacco di dodici centimetri, per uscire successivamente di casa praticamente
saltellando. Non sentivo fastidio ai piedi, non mi importava se pioveva a dirotto
e se i miei capelli stavano già diventando vaporosi a causa dell’umidità.
Niente di tutto questo contava. Niente. A parte i fogli gelosamente custoditi
nella mia borsa.
I veri problemi sono cominciati appena mezz’ora
dopo, quando sono arrivata al locale di Maggie e Phil. Ero in procinto di
gustarmi una fantastica ciambella al cioccolato, in una versione extragolosa
creata appositamente per me dai miei amici per celebrare la mia vittoria
professionale, quando Richard mi ha chiamata di nuovo. Sono stata bruscamente
interrotta dal suono del mio cellulare proprio nell’attimo in cui stavo per
addentare il mio donut con doppia
glassatura, preparandomi di conseguenza a vivere un momento catartico e quasi
orgasmico. Allora mi sono leggermente infastidita, anche se penso di essere del
tutto giustificata, tuttavia appena ho lanciato un’occhiata allo schermo del
mio telefono e mi sono resa conto che Mr Reyes mi stava di nuovo cercando la
mia irritazione è scemata. Almeno all’inizio, perché credevo si trattasse
qualcosa di serio. Qualcosa di davvero importante, come un’ipotetica riunione
d’urgenza o una consultazione improvvisa. Invece sono stata ingannata, ma in
modo abbastanza subdolo. Perché Mr Reyes mi ha fatto credere dovessimo parlare
di affari, ma al contrario tutto si è dimostrato soltanto un enorme buco
nell’acqua.
Richard in pratica voleva che lo raggiungessi entro
dieci minuti in una pasticceria situata in Prince
Street per provare i loro magnifici bignè alla crema, farmi un’idea e dargli
un’opinione precisa. A quanto pare la mia presenza era assolutamente
necessaria. Con molta probabilità quei dolcetti gli erano talmente piaciuti che
stava considerando l’ipotesi di investire qualche centinaio di dollari nel
locale e in pratica il mio compito – in quanto sua nuova promoter finanziaria,
nonché fiutatrice di ottime occasioni
– sarebbe stato quello di parlare con il proprietario del negozio per
raccogliere alcune informazioni: i profitti netti, i costi esterni, il bilancio
annuale. Insomma, ordinaria amministrazione. A quel punto, dopo che il
carissimo Mr Reyes aveva concluso il suo discorso apparentemente molto sensato
ed io avevo in parte compreso la situazione, ho preso un respiro profondo. Poi
ho guardato con un certo rammarico la mia ciambella, esitando appena un secondo
prima di prendere una decisione definitiva. Successivamente, per darmi lo
slancio necessario e confermare ulteriormente la mia scelta, mi sono ripetuta
che dovevo considerare una grande fortuna lavorare con un uomo del calibro di
Richard. Era un imprenditore famoso, un vero genio della finanza e un esperto
di marketing. La sua mente era indubbiamente geniale e se aveva trovato un
progetto che lo entusiasmava, in questo caso dei bignè alla crema, era mio
dovere assecondarlo. Perciò ho raccolte le mie cose, ho chiamato un taxi, ho
recuperato una decina di tovaglioli per avvolgere la mia fedele ciambella e mi
sono diretta alla pasticceria. Sarei arrivata di nuovo tardi a lavoro, ma Peter
mi avrebbe sicuramente perdonata appena fosse venuto a conoscenza della mia
grande impresa. D'altronde stavo assecondando Mr Reyes, come lui stesso mi ha
suggerito di fare nei giorni passati, e di conseguenza non poteva mica
rimproverarmi per aver semplicemente eseguito i suoi ordini. In fin dei conti
sono sempre stata una brava dipendente.
Così alle otto e mezza, dopo un viaggio in macchina
davvero estenuante nel bel mezzo del traffico newyorkese del primo mattino, mi
sono trovata davanti al Little Whim.
Sono scesa quindi dalla macchina, ho pagato all’autista una cifra esagerata per
appena quindici chilometri di strada, mi sono inzuppata come un pulcino a causa
della pioggia torrenziale che proprio in quell’istante aveva deciso di scendere
dal cielo e ho raggiunto in maniera frettolosa il marciapiede. È stato in quel
momento che sono inciampata e ho fatto cadere il mio donut, che come potete immaginare è andato incontro ad un destino
crudele. Non è stato risparmiato ed anzi è finito direttamente dentro una
pozzanghera maleodorante. Il mio dolce donut,
che fine orribile!
Ho assistito alla scena con gli occhi spalancati,
cercando di oppormi alla crudeltà del fato con tutte le mie forze, ma
nonostante i miei sforzi di recuperare la ciambella – mi sono praticamente
spalmata sull’asfalto e ho proteso il più possibile la mia mano, sperando quasi
si allungasse come quella di Mr Fantastic
– non ho potuto fare niente. Ormai era troppo tardi, il mio donut era già morto affogato.
Allora ho preso l’ennesimo respiro profondo, mi
sono imposta di mantenere la calma, ho trattenuto la mia imminente crisi
isterica e sono entrata nel locale. Richard aveva preso posto in un tavolino
collocato vicino alla finestra ed era in compagnia del suo assistente, che
appariva tutt’altro che soddisfatto e tranquillo.
Io mi sono subito avvicinata a loro, studiando nel
frattempo il negozio che sinceramente appariva… banale. Molto banale. Per non
dire anche sciatto, inospitale e al di sotto delle mediocrità.
Il pavimento era coperto da piastrelle scadenti, un
po’ usurate e scolorite, mentre i muri erano dipinti con un’assurda tonalità di
verde menta. Un verde menta alquanto acido. Le finestre poi erano prive di
tende, sulle pareti c’erano pochissime decorazioni – a parte un paio di
quadretti, un enorme foglio plastificato sul quale era scritto il menu di dolci
e un orologio a forma di farfalla – e in generale l’ambiente sembrava alquanto
claustrofobico. Non c’erano piante, tutte le lampade emanavo una luce bianca a
neon abbastanza spettrale e i tavolini erano di plastica. Era un posto senza
fascino e probabilmente il suo unico punto forte era il vasto assortimento di
bignè visibile nell’espositore. I pasticcini erano belli e sembravano anche
buoni, infatti erano perfettamente tondeggianti e avevano diverse farciture:
alla crema pasticcera, al cioccolato, alla ricotta, alla crema al burro, alla
crema chantilly, al caffè, al cocco. L’impasto di base era sempre lo stesso,
cambiavano solo il ripieno e le glassature. Ma per quanto i bignè potessero
sembrare invitanti, non giustificavano l’interesse di Richard per il locale. Da
lui mi sarei aspettato un luogo più chic,
elegante e particolare. O almeno un posto più carino, pulito e accogliente. Ma
forse Mr Reyes riusciva a scorgere il diamante dietro la cenere. La bellezza
nascosta tra le macerie.
«Buongiorno, Christine» mi ha salutata il diretto
interessato appena l’ho raggiunto, sorridendomi con un certo divertimento.
«Buongiorno» ho risposto, parlando quasi senza
fiato. In realtà stavo cercando di trattenere le mie emozioni, anche se
sembrava stessi esalando il mio ultimo respiro.
«Siediti pure» mi ha invitata, indicando il posto
libero vicino al suo e facendomi capire che la nostra chiacchierata si sarebbe
protratta per le lunghe. Forse Mr Micols non sarebbe stato poi così permissivo
una volta che fossi tornata in ufficio, anche se mi trovavo con Richard. Perché
dieci minuti di ritardo potevano pure essere giustificati, ma quaranta erano
già un problema.
«Grazie» ho borbottato subito dopo, prendendo posto
con tutta la dignità rimastami e facendo finta di stare perfettamente bene.
«Allora, che te ne pare del posto?» mi ha chiesto
senza esitazione il mio nuovo assistito, mostrandomi con un gesto teatrale il
locale.
In quel momento mi è sorto il dubbio che forse Mr
Reyes mi stava mettendo alla prova. Insomma, non poteva trovare davvero
affascinante la pasticceria in cui ci trovavamo. Era assurdo. Sicuramente stava
testando la mia intraprendenza e la mia capacità di tenergli testa, ponendomi
una domanda a trabocchetto. Sì, ero convinta di avere ragione.
«È… orrendo» ho ammesso quindi con decisione,
parlandogli con assoluta sincerità.
«Menomale» ha sospirato il suo segretario,
lanciandomi un’occhiata colma di gratitudine. «Finalmente qui c’è qualcuno che
ragiona» ha aggiunto, voltandosi in seguito verso il suo capo e storcendo le
labbra in un’espressione disgustata.
«Sapete quant’è il profitto annuo di questo
locale?» ci ha domandato allora Richard, spostando un piattino colmo di bignè
nella mia direzione ed invitandomi a prenderne uno. Io ho scelto ovviamente
quello al cioccolato, studiandolo in maniera critica e preparandomi poi ad
analizzarne il sapore. Allora mi sono affrettata ad assaggiarlo e subito dopo
ho emesso un gemito, perché quel piccolo bignè era davvero la fine del mondo.
Un orgasmo racchiuso in una pasta morbida e fragrante. Il cioccolato in cui era
stato intinto era leggermente amaro, ma il contrasto con il ripieno dolce era
strabiliante. Era buono quasi come la mia ciambella preferita, perciò credo
possiate capire il suo livello di perfezione. Ho fatto di tutto però per non
mostrare il mio stupore, perché non volevo darla vinta a Mr Reyes. Lui comunque
a sua volta ha preso un dolcetto alla vaniglia, mangiandolo in pochi secondi e
leccandosi in seguito le dita mentre mi fissava con uno sguardo strano. Forse
era una posa ammiccante, ma sinceramente non saprei dirlo con sicurezza.
Insomma, è impossibile che mi abbia davvero rivolto uno sguardo sexy e
malizioso. A me, la sua promoter obesa ed isterica.
Non fraintendetemi, non ho alcun complesso di
inferiorità nei confronti di Mr Reyes. Sono solo consapevole delle nostre
differenze e dei nostri reciproci limiti. In pratica siamo distanti anni luce,
come due pianeti con la stessa orbita ma assolutamente inavvicinabili. Io non
sono il suo solito tipo di donna e lui è semplicemente troppo per me. Troppo
sicuro di sé, troppo ricco, troppo presuntuoso e troppo arrogante. Sì, i soldi
non sarebbero poi un enorme problema in una presunta relazione. Ma il carattere
di una persona non si può cambiare.
«Avrà un fatturato inferiore ai ventimila dollari»
ho azzardato, facendo un calcolo approssimativo.
«Sbagliato» mi ha corretto Richard, parlando con un
tono vittorioso. «Il profitto è pari a centosessantamila dollari» ci ha
informato, appoggiandosi contro lo schienale della sedia e guardandoci con una
certa superiorità.
«È impossibile» ho borbottato, ammirando nuovamente
il posto e confermando la mia opinione.
«Perché stai giudicando il libro dalla copertina»
mi ha rimproverata il mio interlocutore, usando un parallelismo per
sottolineare il mio errore. «Il Little
Whim è principalmente un locale d’asporto e non è progettato per accogliere
i clienti, per questo l’ambiente è spoglio e un po’ trascurato» ha continuato,
chiarendomi il concept di base.
«Tuttavia ha un enorme successo come pasticceria take-away e ultimamente ha
cominciato a collaborare con diversi servizi di catering».
«Perciò hai deciso di diventare un socio del
proprietario?» mi sono interessata, ignorando il mio disagio e sorvolando sulla
mia valutazione frettolosa.
«Non adesso» ha ammesso, passandosi una mano tra i
capelli biondi. «Questo posto ha ancora margine di crescita, una mia
intromissione potrebbe accelerare troppo i tempi e mostrarsi improduttiva» ha
proseguito, analizzando la situazione. «Voglio solo dargli una piccola spinta»
ha aggiunto alla fine, senza lasciarmi capire il significato della sua frase.
«Quanto piccola?» ha chiesto Colin, recuperando la
sua valigetta.
«Direi venticinquemila dollari» ha risposto Richard
con semplicità, come se stesse parlando del tempo e non di denaro. Denaro che
tra l’altro stava regalando. Certo, per lui venticinquemila dollari non sono un
problema. È come se stesse spendendo solo
qualche centesimo. Mica pensa che con quella stessa cifra una persona normale
potrebbe comprarsi una macchina assolutamente dignitosa, oppure dare un
anticipo per un piccolo monolocale.
«Va bene» ha annuito il suo segretario, preparando
l’assegno.
«Stai donando al proprietario dei soldi?» ho
chiesto dunque con un certo sgomento, studiando la loro interazione ed
esponendo poi i miei dubbi ad alta voce.
«La chiamerei più una donazione anonima fuori
baget» ha detto Richard, scrollando le spalle con noncuranza.
«Ma allora perché mi hai chiamata?» ho proseguito,
ponendogli un’altra domanda. «Insomma, è ovvio che non hai bisogno di me!» ho
esclamato, alterandomi e pensando ancora alla mia ciambella. Probabilmente si
era sacrificata per nulla. La sua morta era stata vana, senza alcun senso. «Non
ti serve una mia consulenza su un ipotetico investimento, qui si tratta solo di
un’assurda scommessa che stai facendo con te stesso».
«Non ti ho contattata per richiedere i tuoi
servizi, Christine» mi ha spiegato Mr Reyes, sorridendomi con assoluta
tranquillità e ignorando il mio stato d’animo. «Volevo semplicemente farti
assaggiare i bignè» ha aggiunto, usando un tono noncurante e rilassato.
È stato in quel momento che ho finalmente capito
come si sarebbero svolte le cose in futuro: lui mi avrebbe contattata
soprattutto per idiozie, mi avrebbe trascinata in giro per la città senza alcun
motivo effettivo e probabilmente mi avrebbe perfino disturbata ad orari assurdi
solo per il suo puro divertimento. Ma io, a prescindere da tutto, avrei
comunque dovuto raggiungerlo.
Come un bravo cagnolino.
Bau bau.
Mi sarei dovuta impegnare a soddisfare i suoi
capricci, abbandonando i miei impegni per dargli retta ed eseguendo in silenzio
i suoi ordini. Perché ormai ero legalmente sua. La mia supposizione si era
dunque mostrata esatta e il brivido di terrore che mi aveva colpito la sera
prima, proprio subito dopo la firma del nostro contratto, aveva infine assunto
un senso. Sì, mi ero rovinata con le mie stesse mani.
Quando sono uscita dal locale mi sentivo sconfitta
e presa in giro, perciò mi sono affidata inevitabilmente all’unica persona che
in quel preciso istante sapevo avrebbe potuto rassicurarmi. Il mio adorato RichieRich.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: …
Bignè alla crema.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: …?
Ciao anche a te,
tesoro.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Non era un
saluto
Non
ti stavo dando un soprannome carino, Richie, anche se l’idea di chiamarti bignè
alla crema potrebbe essere allettante. Volevo solo sfogarmi.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Cosa è
successo?
Perché? Cosa ti
hanno fatto questi poveri ed innocenti bignè?
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Loro niente.
È colpa di Mr
Billionaire se sono così sconvolta!
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Di nuovo?
Che ha combinato
questa volta?
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: La lista è
interminabile
Prima di tutto mi ha
svegliato alle sei del mattino, poi è stato l’indiretto assassino del mio amato
donuts e per concludere mi ha trascinata in un locale orrendo per darmi una
pseudo lezione finanziaria facendomi soltanto perdere del tempo prezioso.
Ho premuto i tasti del mio cellulare con un’energia
quasi eccessiva e ho scritto il mio ultimo messaggio con una certa veemenza,
apparendo anche alquanto melodrammatica. Intanto mi sono fermata in prossimità
delle strisce gialle riservate ai taxi, in modo da chiamarne uno e dirigermi
finalmente al lavoro. In quel momento ero molto irritata, dato che a causa di
Mr Reyes sarei arrivata di nuovo in ritardo in ufficio. Inoltre avevo
letteralmente sprecato la mia mattinata, non avevo nemmeno finito la mia colazione
ed oltretutto ero consapevole che appena avessi varcato la porta del mio studio
avrei pure dovuto sorbirmi l’ennesima scenata di Mr Micols. Perché va bene
arrivare al massimo dieci minuti dopo il normale orario di ingresso, ma
presentarsi con addirittura un’ora di ritardo era ovviamente abbastanza
inappropriato. Anche se mi trovavo con Mr Reyes. Tuttavia nemmeno il contratto
con la firma di Richard in bella mostra mi avrebbe salvata dall’ira del mio
capo, perciò mi stavo già preparando psicologicamente a gestire il nervosismo
di Peter.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Ok, ho
capito il concetto…
Ma almeno i bignè
erano buoni?
Ho letto la risposta di Richie con una punta di
incredulità e successivamente sono scoppiata a ridere, ritrovandomi in mezzo
alla strada a manifestare la mia ilarità e attirando così in maniera
inevitabile l’attenzione dei passanti.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Purtroppo
sì!
Erano più che buoni.
Questo però non l’ho detto a Mr Billionaire, altrimenti si vanterebbe da qui
all’eternità. Preferisco assecondarlo senza dargli alcuna soddisfazione.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Ottima
strategia
Sì, evita di
accrescere la sua megalomania. È per il bene del paese, Choco.
Ha continuato con sarcasmo, facendomi ridacchiare
nuovamente. Subito dopo ho scosso la testa con rinnovato divertimento e mi sono
affrettata a rispondere, riuscendo a fermare finalmente un taxi e a prendere
posto sul sedile posteriore. Ho comunicato l’indirizzo della Cooper&Parker Investiment Companies
all’autista della vettura e alla fine ho controllato ancora una volta lo
schermo del mio cellulare, tornando a concentrarmi sulla mia chiacchierata
virtuale con RichieRich.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Ci sto
provando
È il mio obiettivo.
Adesso comunque spero di poter tralasciare i suoi capricci e concentrarmi solo
sul lavoro, d'altronde non mi ha assunta per perdere tempo.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Sono sicuro
che le cose cambieranno
Vedrai che andrà
tutto bene. Devi semplicemente sopportarlo fino a quando non farà sul serio e
allora potrai dimostragli quanto vali davvero.
Mi ha incoraggia Richie, manifestandomi la sua
tenerezza. Ho adorato il modo in cui è riuscito a consolarmi, a trovare ancora
le parole giuste per tirarmi su di morale e farmi sentire al sicuro.
Ha ascoltato per l’ennesima volta i miei problemi
con genuino interesse, cercando poi di risolverli e allo stesso tempo provando
a rassicurarmi. A starmi vicino, anche se non fisicamente. Mi ha fatta sentire
speciale, in grado di cavarmela e pronta a superare ogni difficoltà.
Pure in quella occasione perciò gli ho creduto,
convincendomi che le cose si sarebbero presto aggiustate. Mr Reyes prima o poi
mi avrebbe coinvolta seriamente nei suoi affari, richiedendo i miei interventi
per questioni importanti e analisi complesse. Dovevo solo aspettare ed essere
paziente.
Sì, era la tattica giusta.
Ma invece non sapevo che quello sarebbe stato
soltanto l’inizio, perché dopo a quei buonissimi bignè è toccato ad un negozio
di oggettistica in vetro. Poi ad un’azienda di trasporti specializzata in
macchine di lusso, successivamente ad una fabbrica che costruiva yacht e in
seguito ad un ristorante stellato che possedeva una delle più invidiate cantine
di vini del paese. Eccetera, eccetera, eccetera.
Siamo andati avanti in questo modo per settimane.
Richard mi ha fatta girare per New York come una trottola impazzita, portandomi
in posti che non avevo mai visitato e di cui in alcuni casi ignoravo
addirittura l’esistenza.
Mi ha fatto maneggiare del vetro proveniente
direttamente da Venezia, spiegandomi le sue caratteristiche e facendomi
spaventare appena ha nominato il prezzo di vendita. Mi ha permesso di salire su
una limousine super accessoriata, facendomi godere degli agi davvero
inimmaginabili – che non sapevo nemmeno potessero essere concepibili,
soprattutto all’interno di un automobile – e scarrozzandomi per la città un
intero pomeriggio senza avere in mente nessuna meta precisa. Voleva solo
godersi gli interni, ammirare il panorama che si intravedeva dai finestrini
oscurati e ascoltare musica pop ad alto volume per testare l’impianto stereo.
Mi ha fatto anche provare l’ebbrezza di viaggiare su un’imbarcazione
meravigliosa lunga circa centodieci metri, mentre sorseggiavamo uno champagne
estremamente costoso sul ponte principale e ci godevamo il tramonto che si
estendeva oltre la rocciosa Liberty
Island. In pratica Mr Reyes mi ha permesso di vivere mille incredibili
esperienze ed atteggiarmi da milionaria per quasi un mese, ma non ho lavorato.
Non ho fatto niente per oltre tre settimane. Niente.
Perché lui non era convinto di voler comprare quel
prodotto, perché si era già informato sui rischi, perché si era fatto i suoi
calcoli di profitto, perché voleva solo vedere cosa le aziende avevano da
offrirgli.
Sinceramente non riuscivo a capire per quale motivo
mi avesse assunta. In realtà non gli servivano le mie doti, infatti lui era più
che capace di cavarsela da solo e di certo la compagnia non gli mancava.
Aveva decine di assistenti al suo servizio e almeno
tre segretari, oltre Colin, che potevano accompagnarlo nei suoi folli giri e
fargli da cavie.
Sono arrivata quindi alla conclusione che Richard
era semplicemente annoiato. Non sapeva più su cosa voleva realmente investire,
non sopportava la presenza dei suoi sottoposti – a parte ovviamente quella di
Mr Andrews – e soprattutto si divertiva a stuzzicarmi. Ero diventata il suo
diversivo. Il suo giocattolino. Venivo pagata per intrattenerlo, quindi in
pratica per non fare nulla di speciale, e lo trovavo frustrante. Forse a
qualcuno potrebbe sembrare il paradiso, ma per me la situazione in generale era
un vero inferno. Io volevo mettermi alla prova, volevo imparare il più
possibile da Mr Reyes ed arricchire il mio curriculum. Invece, nel migliore dei
casi, mi ero ridotta a fargli da accompagnatrice.
Mi ero stancata, ma Richard non era ancora
soddisfatto. Lui aveva un piano ben definito in mente e me l’ha fatto capire
finalmente venerdì sera, quando mi ha invitata ad una mostra d’arte con la
scusa di ricevere un’altra consulenza. Quella sera ho capito l’origine dei suoi
capricci, restando alquanto meravigliata. Quasi scioccata. Perché il mio
cliente, quell’eccentrico milionario vanaglorioso, si era comportato in modo
così strano per una sola ragione: voleva corteggiarmi. Corteggiarmi, capite?
Comportarsi come un uomo normale con una donna che trova attraente, ma lui non
è un uomo normale ed io non sono certo una donna così affascinante. Almeno per
i suoi standard. Ad ogni modo Mr Reyes voleva essere romantico, stupirmi e
catturarmi infine nella sua rete. Una rete placcata d’oro. Dunque i bignè, il
giro in limousine, lo yacht, il vetro, la mostra… tutto era organizzato. Tutto
era servito per un solo obiettivo. Voleva starmi vicino, conoscermi meglio e
legarmi a sé. Non solo come promoter finanziaria, ma come compagna. Voleva
investire in una nostra ipotetica relazione.
Ed io cosa ho fatto? Beh, mi sembra ovvio! Sono
scappata.