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Autore: AngelikaMSunday    22/12/2023    1 recensioni
Christine ha appena compiuto trent’anni, non si è ancora sposata e nell’ultimo periodo – considerata la sua collezione di rapporti falliti – ha preferito dedicarsi esclusivamente al lavoro. Tuttavia non può ignorare le lancette del suo orologio biologico, che con il loro insistente ticchettio sembrano informarla della necessità di trovarsi definitivamente un uomo per costruirsi una famiglia, perciò dopo aver bevuto un bicchiere di troppo ed essersi lasciata trasportare da un impeto di disperazione si iscrive ad un sito di incontri. È così che inizia un scambio online con RichieRich, un uomo dal nickname assurdo e dall’ego smisurato. Un uomo che però riesce anche a farla ridere, a comprenderla e a metterla a suo agio. Per questo motivo Chris resta sorpresa quando scopre che il suo ammiratore segreto è proprio il miliardario Richard Reyes, ovvero il suo ultimo cliente e la persona più insopportabile del mondo. Un imprenditore astuto, manipolatore e purtroppo incredibilmente attraente.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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7.


COPERTINA

VII.

GLI ASSURDI CAPRICCI DI MR BILLIONAIRE.

 

Forse vi risulterà un po’ difficile da credere, considerato il mio attuale carattere e soprattutto la mia professione, ma nonostante le apparenze non sono mai stata una persona molto perspicace. Tanto per capirci, nonché per essere del tutto sincera, io ero la tipica bambina che credeva follemente a Santa Claus. Ogni vigilia di Natale, per i primi quattordici anni della mia vita, mi sono sempre premurata di preparargli un bicchiere stracolmo di latte caldo e un piatto con i migliori biscotti al cioccolato che posizionavo strategicamente vicino all’abete decorato. Aspettavo il suo arrivo con trepidazione e più di una volta ho sperato di poterlo incontrare, anche se a casa mia non c’era alcun camino dal quale potesse calarsi per poter consegnare i miei doni e mio padre chiudeva la porta di casa con almeno due serrature diverse. Sì, chiamatemi pure tonta. Non mi offendo.

Inoltre, come se tutto questo già di per sé non bastasse a chiarirvi la situazione e a darvi un quadro generale riguardo la mia sagacia, posso affermare anche con un certo imbarazzo che io ero la classica adolescente sfigata del liceo. Quella che in pratica si fidava ciecamente delle sue presunte amiche, senza capire i loro secondi fini, e si scioglieva per un patetico “Ti amo” sussurrato con vergogna da un ragazzino brufoloso con il solo intento di farsi passare i compiti. In realtà, per ovvi motivi che non starò qui ad elencarvi nel dettaglio, ero abbastanza insicura quando andavo a scuola. Vi basta sapere che non mi sentivo a mio agio per colpa del mio peso e all’epoca la mia autostima si trovava ai minimi storici, perciò le poche attenzioni che ricevevo mi facevano sentire davvero importante. Ero talmente ingenua che pensavo di aver trovato sul serio compagne sincere, dolci e altruiste. Invece erano streghe che mi prendevano palesemente in giro e si approfittavano di me senza alcuna pietà, copiando i miei perfetti appunti e sfruttandomi come loro insegnante personale. Crescendo purtroppo non sono cambiata e così, dopo essere stata la sfigatella cicciona del liceo, mi sono ritrovata a diventare la tipica stagista che ammirava con sincera stima i propri colleghi e seguiva i loro ordini con cieca obbedienza senza immaginare però che i diretti interessati potessero ostacolarmi a causa di stupide invidie o rancori immotivati. Sì, sì. So cosa state pensando. Sono stata un po’ patetica quando ero più giovane, non posso darvi torto. Adesso scommetto che vi faccio perfino tenerezza. Ma non credo sia sbagliato cercare sempre il lato positivo, sia nelle cose che nelle persone. Forse si ottengono più delusioni, però è davvero triste e alquanto deprimente aspettarsi costantemente il peggio. Non fa per me. Io poi non sono mai stata una tipa pessimista, oltretutto mio padre mi ha insegnato a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Soprattutto se era pieno di cioccolata calda. 

La mia eccessiva bontà comunque non mi ha mai aiutata a relazionarmi correttamente con gli altri e anzi molto spesso mi ha perfino penalizzata, perché mi ha resa alquanto debole e fragile. Una ragazzina facile da sfruttare, condizionare ed ingannare. È per questo che tuttora molte persone, tra cui mia madre – che ovviamente tende sempre a sottolineare i miei difetti, spingendomi quasi a farmi sentire in colpa – e in alcuni casi lo stesso Mr Micols, non perdono tempo nel farmi notare quanto a volte io possa essere ancora inopportunamente ingenua. Insomma, la classica donna credulona. Quella che può essere fregata semplicemente con qualche parolina gentile, un paio di moine e promesse vane.  

La mia cara mamma, tanto per cambiare, odia questo lato del mio carattere. Mi considera troppo gentile, troppo spontanea e troppa sempliciotta. Tutti aspetti che, sempre secondo il suo modestissimo parere, non aumentano affatto il mio sex appeal e al contrario non fanno altro che diminuire in maniera drastica il mio – a quanto pare già inesistente – fascino. In base alle sue convinzioni dovrei cercare di essere più misteriosa, mostrarmi più acuta ed apparire più furba. Invece malauguratamente non solo le è toccata una figlia tracagnotta e con assurde manie di indipendenza, ma anche stupida e sprovveduta. Per nulla maliziosa, sveglia e sagace. In sintesi sono l’esatta copia di mio padre, sia a livello fisico che caratteriale, non dovrei stupirmi dunque se non riesco a trovarmi un uomo.

Ad ogni modo questa volta, anche se mi costa davvero tanto ammetterlo, devo dare a mia madre un minimo di ragione. Effettivamente avrò pure una mente brillante, devota ai numeri e alle statistiche, però il mio intuito sinceramente non è mai stato il mio punto di forza. Sì, non posso negarlo: sono davvero una stupida credulona. In realtà con gli anni, almeno se si fa riferimento al mio lavoro, sono riuscita un po’ ad affinarlo. O meglio, sono stata costretta a farlo, perché ovviamente non potevo permettermi di essere troppo fiduciosa o ingenua nel momento in cui dovevo occuparmi di investimenti. Non quando dai miei consigli e dalle mie idee dipendevano gli interessi di persone facoltose, nonché esorbitanti somme di denaro.

In questo mondo abitato da squali, sono stata costretta a mia volta a diventare una predatrice. Se si parla di affari gli sbagli non sono assolutamente permessi e nemmeno concepiti, perché non solo si rischia di perdere credibilità ma anche la stima dei propri assistiti. È inevitabile. La gavetta quindi mi ha aiutata a capire come funzionavano le cose nella vita vera ed ora, dopo aver acquisito una certa esperienza nonché aver commesso diversi errori, posso affermare con orgoglio di essere una delle migliori promoter finanziare presenti in circolazione. Sono diventata talmente brava che il mio intuito attualmente è perfino invidiato. Se potessi imbottigliarlo e vederlo, farei un sacco di soldi. I miei sacrifici hanno dato i loro frutti.

Sinceramente è stato difficile arrivare dove sono adesso e raggiungere questo livello di consapevolezza, però alla fine sono riuscita a mettere in pratica le mie conoscenze e unendole alla mia passione per la matematica ho evitato di lasciarmi influenzare da altri fattori. In questo modo sfrutto le mie analisi di mercato per riuscire a capire subito se un affare è più o meno vantaggioso, risparmiando del tempo prezioso ed inquadrando con immediatezza la situazione. Uso la logica, mischiandola al mio fiuto per gli affari e prendendo sempre la giusta decisione. I numeri non possono mentire, al contrario delle persone. Oggi quindi molti clienti mi cercano proprio per merito delle mie capacità, come ha fatto d’altronde lo stesso Richard, ma a livello personale purtroppo le cose non sono cambiate poi molto: sono infatti ancora un po’ tonta e sciocca. Eppure questa volta, anche se in ritardo, le mie supposizioni si sono dimostrate esatte. Il mio istinto mi ha indirizzato sulla giusta strada. Sono stata davvero brava, alla faccia di mia madre e Peter! Mi stringerei addirittura la mano da sola, peccato però non averlo capito subito.

In effetti il mio incubo personale, dopo la firma del contratto con Mr Reyes e l’inizio della nostra tanto attesa collaborazione, è cominciato esattamente il giorno successivo. Avevo previsto che qualcosa sarebbe andato storto. Insomma, sembrava tutto troppo bello per essere vero. Ero consapevole perciò che dovevo prepararmi al peggio e che sarebbe arrivato il momento fatidico in cui mi sarei pentita della mia decisione di dare retta al mio capo, assecondandolo nella sua assurda richiesta di prendere in carico un cliente come Richard. Sapevo in pratica di aver venduto l’anima al diavolo.

Sì, avevo capito tutto e avevo già un quadro chiaro della situazione. Però, quando le mie intuizioni si sono avverate, io non me ne sono nemmeno accorta. Non l’ho capito. Ero così entusiasta del mio risultato che mi sono sfuggiti perfino tutti i segnali di avvertimento, quindi quelle classiche situazioni e quei tipici comportamenti che avrebbero dovuto mettermi in allarme. Di conseguenza alla fine, quando ho realizzato davvero a cosa ero andata incontro diventando la promoter finanziaria di Mr Reyes, era ormai troppo tardi. Non potevo più tornare indietro.

Avevo segnato il mio destino.

I capricci di Mr Reyes, come vi ho già anticipato, sono iniziati praticamente il mattino seguente al nostro ultimo incontro con una chiamata – avvenuta alle sei e mezza del mattino – finalizzata a redigere un programma per i nostri appuntamenti della settimana. Sì, avete capito bene, Richard praticamente mi ha disturbata all’alba. All’alba! Eppure non ho fatto la minima storia, nonostante io sia una tipa per nulla accomodante quando viene disturbata al mattino. Per me infatti il sonno è sacro, tuttavia in quel preciso istante ho evitato di arrabbiarmi. Sinceramente il suo comportamento non mi è sembrato affatto strano e ho reputato alquanto normale la sua scrupolosità, considerato che i suoi investimenti richiedono sempre una certa premeditazione.

In realtà Mr Reyes dispone di un patrimonio talmente immenso che potrebbe benissimo smetterla di preoccuparsi del suo denaro da qui al prossimo decennio, in fin dei conti perfino un crollo della borsa come quello di Wall Street avvenuto nel 1929 non lo toccherebbe. Però ho notato che nonostante la sua possibilità di vivere in modo più che spensierato il suo futuro è ugualmente molto preciso e tiene in maniera particolare ai suoi affari, al punto che se ne occupa spesso personalmente. Per questo ho reputato alquanto logico che volesse pianificare i nostri appuntamenti con un certo preavviso, inoltre mi è sembrato più che plausibile la sua premura dato che siamo entrambi molto impegnati: lui con le sue riunioni interminabili ed io con gli altri miei clienti. Se devo essere sincera mi sono anche eccitata all’idea di poter iniziare questa nuova avventura con un cliente tanto importante e facoltoso. Un cliente che ha decine e decine di aziende sparse per tutti gli Stati Uniti, nonché un conto in banca stellare. Non ho nemmeno notato l’ora e, sebbene fossero da poco passate le sei, ho cominciato la giornata con un’incredibile carica.

Ho aspettato con ansia e trepidazione il momento in cui avrei messo piede in ufficio, pregustando con altrettanta soddisfazione l’attimo in cui avrei fatto vedere i documenti siglati a Mr Micols. Ho immaginato il suo volto estasiato e ho perfino fantasticato su un suo ipotetico balletto della felicità davanti ai dirigenti, lasciandomi scappare una risata divertita.

Subito dopo mi sono concessa un bel bagno rigenerante, con tanto di schiuma e candela alla vaniglia appoggiata sul bordo della vasca. Poi ho acceso la radio, in modo da ascoltare le notizie del giorno mentre mi strofinavo la pelle con la mia spugna a forma di stella marina, e ogni tanto mi sono ritrovata a canticchiare alcuni brani famosi che trasmettevano sul canale durante le pause pubblicitarie. In seguito, trasportata da un impeto di coraggio, ho deciso addirittura di arricciarmi i capelli e successivamente – una volta spesi circa trenta minuti per gestire la mia massa ribelle – mi sono truccata con più cura del solito. Ho valorizzato infatti le mie labbra con un rossetto super lucido, ho messo in risalto i miei occhi con una perfetta linea di eyeliner e mi sono concessa addirittura un tocco di illuminante sugli zigomi. Alla fine mi sono vestita con assoluta calma, indossando un completo rosso rubino e delle magnifiche scarpe nere con un tacco di dodici centimetri, per uscire successivamente di casa praticamente saltellando. Non sentivo fastidio ai piedi, non mi importava se pioveva a dirotto e se i miei capelli stavano già diventando vaporosi a causa dell’umidità. Niente di tutto questo contava. Niente. A parte i fogli gelosamente custoditi nella mia borsa.

I veri problemi sono cominciati appena mezz’ora dopo, quando sono arrivata al locale di Maggie e Phil. Ero in procinto di gustarmi una fantastica ciambella al cioccolato, in una versione extragolosa creata appositamente per me dai miei amici per celebrare la mia vittoria professionale, quando Richard mi ha chiamata di nuovo. Sono stata bruscamente interrotta dal suono del mio cellulare proprio nell’attimo in cui stavo per addentare il mio donut con doppia glassatura, preparandomi di conseguenza a vivere un momento catartico e quasi orgasmico. Allora mi sono leggermente infastidita, anche se penso di essere del tutto giustificata, tuttavia appena ho lanciato un’occhiata allo schermo del mio telefono e mi sono resa conto che Mr Reyes mi stava di nuovo cercando la mia irritazione è scemata. Almeno all’inizio, perché credevo si trattasse qualcosa di serio. Qualcosa di davvero importante, come un’ipotetica riunione d’urgenza o una consultazione improvvisa. Invece sono stata ingannata, ma in modo abbastanza subdolo. Perché Mr Reyes mi ha fatto credere dovessimo parlare di affari, ma al contrario tutto si è dimostrato soltanto un enorme buco nell’acqua.

Richard in pratica voleva che lo raggiungessi entro dieci minuti in una pasticceria situata in Prince Street per provare i loro magnifici bignè alla crema, farmi un’idea e dargli un’opinione precisa. A quanto pare la mia presenza era assolutamente necessaria. Con molta probabilità quei dolcetti gli erano talmente piaciuti che stava considerando l’ipotesi di investire qualche centinaio di dollari nel locale e in pratica il mio compito – in quanto sua nuova promoter finanziaria, nonché fiutatrice di ottime occasioni – sarebbe stato quello di parlare con il proprietario del negozio per raccogliere alcune informazioni: i profitti netti, i costi esterni, il bilancio annuale. Insomma, ordinaria amministrazione. A quel punto, dopo che il carissimo Mr Reyes aveva concluso il suo discorso apparentemente molto sensato ed io avevo in parte compreso la situazione, ho preso un respiro profondo. Poi ho guardato con un certo rammarico la mia ciambella, esitando appena un secondo prima di prendere una decisione definitiva. Successivamente, per darmi lo slancio necessario e confermare ulteriormente la mia scelta, mi sono ripetuta che dovevo considerare una grande fortuna lavorare con un uomo del calibro di Richard. Era un imprenditore famoso, un vero genio della finanza e un esperto di marketing. La sua mente era indubbiamente geniale e se aveva trovato un progetto che lo entusiasmava, in questo caso dei bignè alla crema, era mio dovere assecondarlo. Perciò ho raccolte le mie cose, ho chiamato un taxi, ho recuperato una decina di tovaglioli per avvolgere la mia fedele ciambella e mi sono diretta alla pasticceria. Sarei arrivata di nuovo tardi a lavoro, ma Peter mi avrebbe sicuramente perdonata appena fosse venuto a conoscenza della mia grande impresa. D'altronde stavo assecondando Mr Reyes, come lui stesso mi ha suggerito di fare nei giorni passati, e di conseguenza non poteva mica rimproverarmi per aver semplicemente eseguito i suoi ordini. In fin dei conti sono sempre stata una brava dipendente.

Così alle otto e mezza, dopo un viaggio in macchina davvero estenuante nel bel mezzo del traffico newyorkese del primo mattino, mi sono trovata davanti al Little Whim. Sono scesa quindi dalla macchina, ho pagato all’autista una cifra esagerata per appena quindici chilometri di strada, mi sono inzuppata come un pulcino a causa della pioggia torrenziale che proprio in quell’istante aveva deciso di scendere dal cielo e ho raggiunto in maniera frettolosa il marciapiede. È stato in quel momento che sono inciampata e ho fatto cadere il mio donut, che come potete immaginare è andato incontro ad un destino crudele. Non è stato risparmiato ed anzi è finito direttamente dentro una pozzanghera maleodorante. Il mio dolce donut, che fine orribile!

Ho assistito alla scena con gli occhi spalancati, cercando di oppormi alla crudeltà del fato con tutte le mie forze, ma nonostante i miei sforzi di recuperare la ciambella – mi sono praticamente spalmata sull’asfalto e ho proteso il più possibile la mia mano, sperando quasi si allungasse come quella di Mr Fantastic – non ho potuto fare niente. Ormai era troppo tardi, il mio donut era già morto affogato.

Allora ho preso l’ennesimo respiro profondo, mi sono imposta di mantenere la calma, ho trattenuto la mia imminente crisi isterica e sono entrata nel locale. Richard aveva preso posto in un tavolino collocato vicino alla finestra ed era in compagnia del suo assistente, che appariva tutt’altro che soddisfatto e tranquillo.

Io mi sono subito avvicinata a loro, studiando nel frattempo il negozio che sinceramente appariva… banale. Molto banale. Per non dire anche sciatto, inospitale e al di sotto delle mediocrità.

Il pavimento era coperto da piastrelle scadenti, un po’ usurate e scolorite, mentre i muri erano dipinti con un’assurda tonalità di verde menta. Un verde menta alquanto acido. Le finestre poi erano prive di tende, sulle pareti c’erano pochissime decorazioni – a parte un paio di quadretti, un enorme foglio plastificato sul quale era scritto il menu di dolci e un orologio a forma di farfalla – e in generale l’ambiente sembrava alquanto claustrofobico. Non c’erano piante, tutte le lampade emanavo una luce bianca a neon abbastanza spettrale e i tavolini erano di plastica. Era un posto senza fascino e probabilmente il suo unico punto forte era il vasto assortimento di bignè visibile nell’espositore. I pasticcini erano belli e sembravano anche buoni, infatti erano perfettamente tondeggianti e avevano diverse farciture: alla crema pasticcera, al cioccolato, alla ricotta, alla crema al burro, alla crema chantilly, al caffè, al cocco. L’impasto di base era sempre lo stesso, cambiavano solo il ripieno e le glassature. Ma per quanto i bignè potessero sembrare invitanti, non giustificavano l’interesse di Richard per il locale. Da lui mi sarei aspettato un luogo più chic, elegante e particolare. O almeno un posto più carino, pulito e accogliente. Ma forse Mr Reyes riusciva a scorgere il diamante dietro la cenere. La bellezza nascosta tra le macerie. 

«Buongiorno, Christine» mi ha salutata il diretto interessato appena l’ho raggiunto, sorridendomi con un certo divertimento.

«Buongiorno» ho risposto, parlando quasi senza fiato. In realtà stavo cercando di trattenere le mie emozioni, anche se sembrava stessi esalando il mio ultimo respiro.

«Siediti pure» mi ha invitata, indicando il posto libero vicino al suo e facendomi capire che la nostra chiacchierata si sarebbe protratta per le lunghe. Forse Mr Micols non sarebbe stato poi così permissivo una volta che fossi tornata in ufficio, anche se mi trovavo con Richard. Perché dieci minuti di ritardo potevano pure essere giustificati, ma quaranta erano già un problema.

«Grazie» ho borbottato subito dopo, prendendo posto con tutta la dignità rimastami e facendo finta di stare perfettamente bene.

«Allora, che te ne pare del posto?» mi ha chiesto senza esitazione il mio nuovo assistito, mostrandomi con un gesto teatrale il locale.

In quel momento mi è sorto il dubbio che forse Mr Reyes mi stava mettendo alla prova. Insomma, non poteva trovare davvero affascinante la pasticceria in cui ci trovavamo. Era assurdo. Sicuramente stava testando la mia intraprendenza e la mia capacità di tenergli testa, ponendomi una domanda a trabocchetto. Sì, ero convinta di avere ragione. 

«È… orrendo» ho ammesso quindi con decisione, parlandogli con assoluta sincerità.

«Menomale» ha sospirato il suo segretario, lanciandomi un’occhiata colma di gratitudine. «Finalmente qui c’è qualcuno che ragiona» ha aggiunto, voltandosi in seguito verso il suo capo e storcendo le labbra in un’espressione disgustata.

«Sapete quant’è il profitto annuo di questo locale?» ci ha domandato allora Richard, spostando un piattino colmo di bignè nella mia direzione ed invitandomi a prenderne uno. Io ho scelto ovviamente quello al cioccolato, studiandolo in maniera critica e preparandomi poi ad analizzarne il sapore. Allora mi sono affrettata ad assaggiarlo e subito dopo ho emesso un gemito, perché quel piccolo bignè era davvero la fine del mondo. Un orgasmo racchiuso in una pasta morbida e fragrante. Il cioccolato in cui era stato intinto era leggermente amaro, ma il contrasto con il ripieno dolce era strabiliante. Era buono quasi come la mia ciambella preferita, perciò credo possiate capire il suo livello di perfezione. Ho fatto di tutto però per non mostrare il mio stupore, perché non volevo darla vinta a Mr Reyes. Lui comunque a sua volta ha preso un dolcetto alla vaniglia, mangiandolo in pochi secondi e leccandosi in seguito le dita mentre mi fissava con uno sguardo strano. Forse era una posa ammiccante, ma sinceramente non saprei dirlo con sicurezza. Insomma, è impossibile che mi abbia davvero rivolto uno sguardo sexy e malizioso. A me, la sua promoter obesa ed isterica.

Non fraintendetemi, non ho alcun complesso di inferiorità nei confronti di Mr Reyes. Sono solo consapevole delle nostre differenze e dei nostri reciproci limiti. In pratica siamo distanti anni luce, come due pianeti con la stessa orbita ma assolutamente inavvicinabili. Io non sono il suo solito tipo di donna e lui è semplicemente troppo per me. Troppo sicuro di sé, troppo ricco, troppo presuntuoso e troppo arrogante. Sì, i soldi non sarebbero poi un enorme problema in una presunta relazione. Ma il carattere di una persona non si può cambiare.

«Avrà un fatturato inferiore ai ventimila dollari» ho azzardato, facendo un calcolo approssimativo.

«Sbagliato» mi ha corretto Richard, parlando con un tono vittorioso. «Il profitto è pari a centosessantamila dollari» ci ha informato, appoggiandosi contro lo schienale della sedia e guardandoci con una certa superiorità.

«È impossibile» ho borbottato, ammirando nuovamente il posto e confermando la mia opinione.

«Perché stai giudicando il libro dalla copertina» mi ha rimproverata il mio interlocutore, usando un parallelismo per sottolineare il mio errore. «Il Little Whim è principalmente un locale d’asporto e non è progettato per accogliere i clienti, per questo l’ambiente è spoglio e un po’ trascurato» ha continuato, chiarendomi il concept di base. «Tuttavia ha un enorme successo come pasticceria take-away e ultimamente ha cominciato a collaborare con diversi servizi di catering».

«Perciò hai deciso di diventare un socio del proprietario?» mi sono interessata, ignorando il mio disagio e sorvolando sulla mia valutazione frettolosa.

«Non adesso» ha ammesso, passandosi una mano tra i capelli biondi. «Questo posto ha ancora margine di crescita, una mia intromissione potrebbe accelerare troppo i tempi e mostrarsi improduttiva» ha proseguito, analizzando la situazione. «Voglio solo dargli una piccola spinta» ha aggiunto alla fine, senza lasciarmi capire il significato della sua frase.

«Quanto piccola?» ha chiesto Colin, recuperando la sua valigetta.

«Direi venticinquemila dollari» ha risposto Richard con semplicità, come se stesse parlando del tempo e non di denaro. Denaro che tra l’altro stava regalando. Certo, per lui venticinquemila dollari non sono un problema. È come se stesse spendendo solo qualche centesimo. Mica pensa che con quella stessa cifra una persona normale potrebbe comprarsi una macchina assolutamente dignitosa, oppure dare un anticipo per un piccolo monolocale.

«Va bene» ha annuito il suo segretario, preparando l’assegno.

«Stai donando al proprietario dei soldi?» ho chiesto dunque con un certo sgomento, studiando la loro interazione ed esponendo poi i miei dubbi ad alta voce.

«La chiamerei più una donazione anonima fuori baget» ha detto Richard, scrollando le spalle con noncuranza.

«Ma allora perché mi hai chiamata?» ho proseguito, ponendogli un’altra domanda. «Insomma, è ovvio che non hai bisogno di me!» ho esclamato, alterandomi e pensando ancora alla mia ciambella. Probabilmente si era sacrificata per nulla. La sua morta era stata vana, senza alcun senso. «Non ti serve una mia consulenza su un ipotetico investimento, qui si tratta solo di un’assurda scommessa che stai facendo con te stesso».

«Non ti ho contattata per richiedere i tuoi servizi, Christine» mi ha spiegato Mr Reyes, sorridendomi con assoluta tranquillità e ignorando il mio stato d’animo. «Volevo semplicemente farti assaggiare i bignè» ha aggiunto, usando un tono noncurante e rilassato.

È stato in quel momento che ho finalmente capito come si sarebbero svolte le cose in futuro: lui mi avrebbe contattata soprattutto per idiozie, mi avrebbe trascinata in giro per la città senza alcun motivo effettivo e probabilmente mi avrebbe perfino disturbata ad orari assurdi solo per il suo puro divertimento. Ma io, a prescindere da tutto, avrei comunque dovuto raggiungerlo.

Come un bravo cagnolino.

Bau bau.

Mi sarei dovuta impegnare a soddisfare i suoi capricci, abbandonando i miei impegni per dargli retta ed eseguendo in silenzio i suoi ordini. Perché ormai ero legalmente sua. La mia supposizione si era dunque mostrata esatta e il brivido di terrore che mi aveva colpito la sera prima, proprio subito dopo la firma del nostro contratto, aveva infine assunto un senso. Sì, mi ero rovinata con le mie stesse mani. 

Quando sono uscita dal locale mi sentivo sconfitta e presa in giro, perciò mi sono affidata inevitabilmente all’unica persona che in quel preciso istante sapevo avrebbe potuto rassicurarmi. Il mio adorato RichieRich.

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto:

Bignè alla crema.

 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: …?

Ciao anche a te, tesoro.

 

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto: Non era un saluto

Non ti stavo dando un soprannome carino, Richie, anche se l’idea di chiamarti bignè alla crema potrebbe essere allettante. Volevo solo sfogarmi.

 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: Cosa è successo?

Perché? Cosa ti hanno fatto questi poveri ed innocenti bignè?

 

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto: Loro niente.

È colpa di Mr Billionaire se sono così sconvolta! 

 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: Di nuovo?

Che ha combinato questa volta?

 

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto: La lista è interminabile

Prima di tutto mi ha svegliato alle sei del mattino, poi è stato l’indiretto assassino del mio amato donuts e per concludere mi ha trascinata in un locale orrendo per darmi una pseudo lezione finanziaria facendomi soltanto perdere del tempo prezioso. 

 

Ho premuto i tasti del mio cellulare con un’energia quasi eccessiva e ho scritto il mio ultimo messaggio con una certa veemenza, apparendo anche alquanto melodrammatica. Intanto mi sono fermata in prossimità delle strisce gialle riservate ai taxi, in modo da chiamarne uno e dirigermi finalmente al lavoro. In quel momento ero molto irritata, dato che a causa di Mr Reyes sarei arrivata di nuovo in ritardo in ufficio. Inoltre avevo letteralmente sprecato la mia mattinata, non avevo nemmeno finito la mia colazione ed oltretutto ero consapevole che appena avessi varcato la porta del mio studio avrei pure dovuto sorbirmi l’ennesima scenata di Mr Micols. Perché va bene arrivare al massimo dieci minuti dopo il normale orario di ingresso, ma presentarsi con addirittura un’ora di ritardo era ovviamente abbastanza inappropriato. Anche se mi trovavo con Mr Reyes. Tuttavia nemmeno il contratto con la firma di Richard in bella mostra mi avrebbe salvata dall’ira del mio capo, perciò mi stavo già preparando psicologicamente a gestire il nervosismo di Peter. 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: Ok, ho capito il concetto…

Ma almeno i bignè erano buoni?

 

Ho letto la risposta di Richie con una punta di incredulità e successivamente sono scoppiata a ridere, ritrovandomi in mezzo alla strada a manifestare la mia ilarità e attirando così in maniera inevitabile l’attenzione dei passanti.

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto: Purtroppo sì!

Erano più che buoni. Questo però non l’ho detto a Mr Billionaire, altrimenti si vanterebbe da qui all’eternità. Preferisco assecondarlo senza dargli alcuna soddisfazione.

 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: Ottima strategia

Sì, evita di accrescere la sua megalomania. È per il bene del paese, Choco.

 

Ha continuato con sarcasmo, facendomi ridacchiare nuovamente. Subito dopo ho scosso la testa con rinnovato divertimento e mi sono affrettata a rispondere, riuscendo a fermare finalmente un taxi e a prendere posto sul sedile posteriore. Ho comunicato l’indirizzo della Cooper&Parker Investiment Companies all’autista della vettura e alla fine ho controllato ancora una volta lo schermo del mio cellulare, tornando a concentrarmi sulla mia chiacchierata virtuale con RichieRich. 

 

Da: ChocolateDonut

A: RichieRich

Oggetto: Ci sto provando

È il mio obiettivo. Adesso comunque spero di poter tralasciare i suoi capricci e concentrarmi solo sul lavoro, d'altronde non mi ha assunta per perdere tempo.

 

 

Da: RichieRich

A: ChocolateDonut

Oggetto: Sono sicuro che le cose cambieranno

Vedrai che andrà tutto bene. Devi semplicemente sopportarlo fino a quando non farà sul serio e allora potrai dimostragli quanto vali davvero.

 

Mi ha incoraggia Richie, manifestandomi la sua tenerezza. Ho adorato il modo in cui è riuscito a consolarmi, a trovare ancora le parole giuste per tirarmi su di morale e farmi sentire al sicuro.

Ha ascoltato per l’ennesima volta i miei problemi con genuino interesse, cercando poi di risolverli e allo stesso tempo provando a rassicurarmi. A starmi vicino, anche se non fisicamente. Mi ha fatta sentire speciale, in grado di cavarmela e pronta a superare ogni difficoltà.

Pure in quella occasione perciò gli ho creduto, convincendomi che le cose si sarebbero presto aggiustate. Mr Reyes prima o poi mi avrebbe coinvolta seriamente nei suoi affari, richiedendo i miei interventi per questioni importanti e analisi complesse. Dovevo solo aspettare ed essere paziente.

Sì, era la tattica giusta. 

Ma invece non sapevo che quello sarebbe stato soltanto l’inizio, perché dopo a quei buonissimi bignè è toccato ad un negozio di oggettistica in vetro. Poi ad un’azienda di trasporti specializzata in macchine di lusso, successivamente ad una fabbrica che costruiva yacht e in seguito ad un ristorante stellato che possedeva una delle più invidiate cantine di vini del paese. Eccetera, eccetera, eccetera.

Siamo andati avanti in questo modo per settimane. Richard mi ha fatta girare per New York come una trottola impazzita, portandomi in posti che non avevo mai visitato e di cui in alcuni casi ignoravo addirittura l’esistenza.

Mi ha fatto maneggiare del vetro proveniente direttamente da Venezia, spiegandomi le sue caratteristiche e facendomi spaventare appena ha nominato il prezzo di vendita. Mi ha permesso di salire su una limousine super accessoriata, facendomi godere degli agi davvero inimmaginabili – che non sapevo nemmeno potessero essere concepibili, soprattutto all’interno di un automobile – e scarrozzandomi per la città un intero pomeriggio senza avere in mente nessuna meta precisa. Voleva solo godersi gli interni, ammirare il panorama che si intravedeva dai finestrini oscurati e ascoltare musica pop ad alto volume per testare l’impianto stereo. Mi ha fatto anche provare l’ebbrezza di viaggiare su un’imbarcazione meravigliosa lunga circa centodieci metri, mentre sorseggiavamo uno champagne estremamente costoso sul ponte principale e ci godevamo il tramonto che si estendeva oltre la rocciosa Liberty Island. In pratica Mr Reyes mi ha permesso di vivere mille incredibili esperienze ed atteggiarmi da milionaria per quasi un mese, ma non ho lavorato. Non ho fatto niente per oltre tre settimane. Niente.

Perché lui non era convinto di voler comprare quel prodotto, perché si era già informato sui rischi, perché si era fatto i suoi calcoli di profitto, perché voleva solo vedere cosa le aziende avevano da offrirgli.

Sinceramente non riuscivo a capire per quale motivo mi avesse assunta. In realtà non gli servivano le mie doti, infatti lui era più che capace di cavarsela da solo e di certo la compagnia non gli mancava.

Aveva decine di assistenti al suo servizio e almeno tre segretari, oltre Colin, che potevano accompagnarlo nei suoi folli giri e fargli da cavie.

Sono arrivata quindi alla conclusione che Richard era semplicemente annoiato. Non sapeva più su cosa voleva realmente investire, non sopportava la presenza dei suoi sottoposti – a parte ovviamente quella di Mr Andrews – e soprattutto si divertiva a stuzzicarmi. Ero diventata il suo diversivo. Il suo giocattolino. Venivo pagata per intrattenerlo, quindi in pratica per non fare nulla di speciale, e lo trovavo frustrante. Forse a qualcuno potrebbe sembrare il paradiso, ma per me la situazione in generale era un vero inferno. Io volevo mettermi alla prova, volevo imparare il più possibile da Mr Reyes ed arricchire il mio curriculum. Invece, nel migliore dei casi, mi ero ridotta a fargli da accompagnatrice.

Mi ero stancata, ma Richard non era ancora soddisfatto. Lui aveva un piano ben definito in mente e me l’ha fatto capire finalmente venerdì sera, quando mi ha invitata ad una mostra d’arte con la scusa di ricevere un’altra consulenza. Quella sera ho capito l’origine dei suoi capricci, restando alquanto meravigliata. Quasi scioccata. Perché il mio cliente, quell’eccentrico milionario vanaglorioso, si era comportato in modo così strano per una sola ragione: voleva corteggiarmi. Corteggiarmi, capite? Comportarsi come un uomo normale con una donna che trova attraente, ma lui non è un uomo normale ed io non sono certo una donna così affascinante. Almeno per i suoi standard. Ad ogni modo Mr Reyes voleva essere romantico, stupirmi e catturarmi infine nella sua rete. Una rete placcata d’oro. Dunque i bignè, il giro in limousine, lo yacht, il vetro, la mostra… tutto era organizzato. Tutto era servito per un solo obiettivo. Voleva starmi vicino, conoscermi meglio e legarmi a sé. Non solo come promoter finanziaria, ma come compagna. Voleva investire in una nostra ipotetica relazione.

Ed io cosa ho fatto? Beh, mi sembra ovvio! Sono scappata.  

 

   
 
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