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Autore: AngelikaMSunday    22/12/2023    1 recensioni
Christine ha appena compiuto trent’anni, non si è ancora sposata e nell’ultimo periodo – considerata la sua collezione di rapporti falliti – ha preferito dedicarsi esclusivamente al lavoro. Tuttavia non può ignorare le lancette del suo orologio biologico, che con il loro insistente ticchettio sembrano informarla della necessità di trovarsi definitivamente un uomo per costruirsi una famiglia, perciò dopo aver bevuto un bicchiere di troppo ed essersi lasciata trasportare da un impeto di disperazione si iscrive ad un sito di incontri. È così che inizia un scambio online con RichieRich, un uomo dal nickname assurdo e dall’ego smisurato. Un uomo che però riesce anche a farla ridere, a comprenderla e a metterla a suo agio. Per questo motivo Chris resta sorpresa quando scopre che il suo ammiratore segreto è proprio il miliardario Richard Reyes, ovvero il suo ultimo cliente e la persona più insopportabile del mondo. Un imprenditore astuto, manipolatore e purtroppo incredibilmente attraente.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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8.

COPERTINA

VIII.

LE TECNICHE DI CORTEGGIAMENTO DI UN MILIARDARIO. 

 

Dring. Dring. Dring.

Gli squilli del mio cellulare interrompono la calma che regna nel mio ufficio, distogliendo per una frazione di secondo la mia attenzione dallo schermo del computer e dai documenti che sto finendo di analizzare. Ad ogni modo, prima ancora di lanciare un’occhiata demoralizzata allo schermo del mio telefono, mi ritrovo a sospirare con fare scoraggiato. Il motivo? È alquanto semplice. In effetti, grazie alla suoneria personalizzata che ho impostato nei giorni passati, sono già a conoscenza dell’identità del mio – purtroppo non tanto ipotetico e misterioso – disturbatore. Si tratta semplicemente di Mr Reyes, che mi starà contattando per qualche altra assurda e stupida richiesta da esaudire. Manco fossi il suo personale genio della lampada o in alternativa la sua entusiasta fata madrina, pronta a scuotere la sua bacchetta e a comparire di fronte a lui al minimo accenno di bisogno. Richard d’altronde ricopre perfettamente il ruolo di principessa, visto che sembra incapace di fare qualsiasi cosa senza un aiuto. Ad ogni modo è facile intuire come ormai, dopo circa tre settimane passate ad assecondare i suoi inutili capricci, io non sia più tanto ansiosa di rispondergli. Al contrario, temo il momento in cui il cellulare suonerà di nuovo. Dunque tutta l’esaltazione che ho provato dopo la firma del nostro contratto, nonché al pensiero di poter sfruttare questa nostra collaborazione per imparare qualcosa da lui, è svanita come neve sciolta al sole.  In realtà Mr Reyes nell’ultimo periodo si sta comportando in maniera molto strana e davvero poco professionale, proponendomi giri assurdi per valutare diverse proposte e non concludendo alla fine nessun affare. Quando l’ho conosciuto, considerando anche la sua nomina, credevo fosse un tipo serio e diligente. Un tipo tosto, intelligente e bravo nel suo lavoro. Insomma, un mago degli investimenti. Invece ultimamente sembra quasi un bambino che ha saccheggiato un negozio di caramelle: davvero ingestibile, eccessivamente euforico e un po’ pazzo. Per questo non ho intenzione di rispondergli e dargli retta, ma al contrario continuerò ad evitarlo. Forse vorrà propormi un’altra gita in barca, oppure un’altra visita in qualche cantina vinicola di Manhattan o ancora un’ennesima degustazione di dolci super golosi e ipercalorici. In ogni caso oggi non ho proprio voglia di assecondarlo, perché è venerdì pomeriggio e tra poche ore inizierà ufficialmente il mio fine settimana. Il mio tanto atteso week-end, che trascorrerò strafogandomi di ciambelle al cioccolato e guardando serie TV strappalacrime. Starò seduta sul divano in compagnia della mia fedele scatola di donuts e di una bella vaschetta di gelato alla vaniglia, tenendo nel frattempo a portata di mano una confezione di fazzolettini e il telecomando. Insomma, la mia parola d’ordine per questi due giorni sarà pura pigrizia. Niente lavoro, niente capricci di Mr Reyes e niente passeggiate senza senso per New York.

Dring. Dring. Dring.

Ignoro quindi con rinnovata convinzione il suono insistente del mio telefonino e continuo a farlo vibrare, riprendendo oltretutto a leggere gli ultimi dati statistici riguardanti le azioni di un’azienda specializzata nel campo delle telecomunicazioni che ultimamente ha catturato il mio interesse. Tuttavia, proprio nel momento in cui sto per ricominciare ad esaminare i vari documenti che ho raccolto appena questa mattina dopo una riunione con Mr Micols e gli altri direttori dei vari uffici finanziari, un lieve bussare alla porta mi distrae dal mio studio minuzioso. Sbuffo di conseguenza con fare poco signorile, visto che di questo passo non riuscirò a concludere la mia analisi entro la fine della giornata, e dirigo il mio sguardo verso l’ingresso del mio ufficio. Come sempre l’uscio è già aperto, dato che odio segregarmi in questa stanza e non sapere cosa accade fuori, perciò noto subito la figura della mia segretaria ferma sulla soglia. Al momento sembra abbastanza pallida e sconvolta, allora mi metto sull’attenti e cerco di capire cosa possa averla spaventata in questo modo.

La mia assistente d'altronde non è una tipa facilmente condizionabile, perciò sono abbastanza preoccupata e cerco di indagare con discrezione per non intimorirla maggiormente. 

«Holga, tutto bene?» le domando dunque, usando un tono dolce e remissivo.  

«Miss Thompson, potrebbe cortesemente rispondere al cellulare?» mi chiede lei invece con voce tremante, inducendomi ad aggrottare le sopracciglia per la confusione. Possibile che la mia segretaria sia in combutta con Richard? È tutta una tattica per farmi sottostare ai suoi capricci e per avere il controllo su di me anche a distanza? Mi sembra davvero assurdo e allora scuoto la testa con energia, smettendo di lasciarmi condizionare dalle mie paranoie e da questi ragionamenti assurdi. 

«Scusami, non volevo disturbarti» affermo, allungandomi verso il telefono e chiudendo la chiamata da parte di Mr Reyes. È inutile specificare che dopo qualche secondo il cellulare riprende a suonare, facendo sobbalzare la mia assistente e lasciando accrescere la mia esasperazione. Imposto dunque il silenzioso, sperando così di arginare momentaneamente il problema, e torno ad osservare Holga. Adesso ha ripreso un po’ di colore sulle guance e non sembra più tanto atterrita, però mi sta fissando in maniera strana. Quasi… compassionevole. 

«In realtà non disturba, Miss Thompson, ma devo ammettere che è a dir poco inquietante camminare per il corridoio e sentire all’improvviso la colonna sonora dell’Esorcista sparata a tutto volume» mi confessa, indicando il mio cellulare e spiegandomi la ragione del suo terrore.

«Oh» sussurro quindi con stupore, arrossendo furiosamente e capendo l’origine del suo strano comportamento. Sì, la suoneria che ho impostato per Richard è la colonna sonora di un film horror. Ora comprendete il mio livello di disperazione? La situazione mi sta sfuggendo di mano e sta andando davvero troppo oltre. Non ci sono più limiti e sto per impazzire, però non posso semplicemente ignorare Mr Reyes e fare finta che non esiste. È pur sempre un mio assistito. Abbiamo firmato un contratto di collaborazione e sono vincolata, non mi è permesso rinunciare a tutto con tanta facilità e senza pensare alle conseguenze delle mie azioni. Tanto per iniziare Peter finirebbe probabilmente con il licenziarmi e se questo non dovesse accadere risulterei comunque poco affidabile, nonché non capace di gestire un milionario. «Mi dispiace» ripeto, riportando la mia attenzione sul presente e rinnovandole dunque le mie scuse.

«Non importa» minimizza la mia segretaria, sospirando con tranquillità e apparendo anche più controllata. «Adesso che so come stanno le cose sono più serena» dichiara, confermando la mia impressione. «Anzi, è meglio che lo dica anche alle altre» aggiunge subito dopo, trattenendo una risata divertita. «Sempre se lei è d’accordo» si corregge, aspettando un mio cenno di assenso e parlandomi con la sua solita formalità. «Sa, Jessica era pronta a chiamare la polizia e Mrs Bomblood stava cercando con disperazione il suo rosario mentre blaterava frasi senza senso» mi spiega in seguito, lasciandomi comprendere il panico che ho fatto inconsapevolmente scoppiare in tutto l’ufficio a causa della mia splendida idea di utilizzare la canzone dell’Esorcista per abbinarla alle telefonate di Mr Reyes. Mi ritrovo allora a ridere in modo forzato per alleggerire l’atmosfera, coinvolgendo nella mia esternazione impregnata di genuino imbarazzo anche la povera Holga.  

«Puoi dire a Mrs Bomblood che fortunatamente non è ancora giunta la sua ora, quindi non è necessario che si metta a pregare in latino in mezzo alla reception» dichiaro, scuotendo il capo con aria desolata e pensando alla povera Annabeth in preda ad un principio di infarto. «E, per favore, non fare arrivare gli agenti» proseguo con fare altrettanto sconsolato, impallidendo all’idea di veder entrare in ufficio un paio di uomini in uniforme e armati fino ai denti alla ricerca di un pericolo inesistente. Finirei per diventare lo zimbello della Cooper&Parker Investiment Companies, nonché il pettegolezzo più succulento di tutta la stazione di polizia e del centro operativo del 911. «Sarebbe davvero spiacevole» aggiungo, pensando appunto alla brutta figura che farei con il mio capo e gli altri colleghi. In effetti al momento ho già abbastanza problemi e l’ultima cosa di cui ho bisogno è quella di inimicare ulteriormente Mr Micols, nonché la sua combriccola di leccapiedi.

«Certo, Miss Thompson» si affretta a concordare la mia assistente, rivolgendomi un’ultima occhiata indulgente prima di lasciare il mio studio e tornare al suo lavoro. 

Appena resto sola appoggio la fronte contro la scrivania con fare arrendevole e reprimo in aggiunta un urlo di frustrazione, perché questa situazione mi sta davvero facendo impazzire e mi sta cambiando. Io non sono mai stata una fifona, a parte da bambino quando praticamente avevo paura perfino della mia ombra e temevo che i miei giocattoli potessero animarsi come in Toy Story. Ad ogni modo non mi sono mai tirata indietro e non ho mai causato alcun problema a lavoro, eppure adesso mi sono ridotta a far squillare il mio cellulare in eterno – con una suoneria che in effetti è tutt’altro che rassicurante – pur di non rispondere ed affrontare il problema. Un problema che in pratica sarebbe facilmente risolvibile, perché dovrei soltanto avere il coraggio di premere il pulsante verde per accettare la telefonata e rimproverare questo miliardario megalomane. Invece esito, mi nascondo dietro assurde musichette e provo a tenermi occupata per sorvolare su tutta questa assurda faccenda. Ma adesso basta, devo smetterla di temere così tanto Mr Reyes. Non può licenziarmi e se anche dovesse avanzare una proposta del genere a causa di una mia ipotetica scenata ben venga, mi libererei della sua asfissiante presenza e delle sue insensate richieste in meno tempo del previsto. Allora rianimata da un impeto di spavalderia mi accingo a recuperare il mio telefonino, che sta ancora vibrando, e mi decido a confrontarmi con Richard.

«P-pronto» mi ritrovo però a balbettare, mandando in fumo la mia strepitosa rivincita.

«Buon pomeriggio, Christine» afferma lui con assoluta calma, facendomi tuttavia irritare. «Stavo per perdere le speranze di poterti sentire» mi riferisce, riferendosi non tanto velatamente alla mia lentezza nel rispondergli.

«Sto lavorando, Mr Reyes» mi giustifico, trattenendo la mia voglia di gridargli contro e manifestargli tutta la mia insoddisfazione. «Cosa posso fare per lei?» gli domando in seguito, provando a mostrarmi remissiva e preparando in realtà il mio imminente attacco.

«Intanto smettila di essere così formale» mi ammonisce, sbuffando. «Mi fai sentire come uno di quei vecchi signori che fumano la pipa mentre parlano di affari, indossano quegli accappatoi rossi in stile Hugh Hefner e magari hanno anche problemi con la prostata» mi ripete per l’ennesima volta, rimproverandomi per il mio tono e offrendomi un’immagine quasi poetica del suo futuro. Intanto nomina il fondatore di Playboy, elogiandolo come icona di stile per gli over ottanta. 

«Non era mia intenzione» ammetto, trattenendo una risata divertita.

«Ad ogni modo tieniti pronta per le otto, passo a prenderti a casa» mi mette al corrente subito dopo con tranquillità, senza tener conto dei miei impegni e dei miei desideri. «Andiamo ad una mostra d’arte» continua, spiegandomi le sue intenzioni.

«Cosa?» borbotto con disapprovazione, pensando alla sua mancanza di considerazione nei miei confronti e al suo modo scontato di comandarmi. Va bene che sono una sua dipendente, ma questo non lo autorizza a trattarmi come la sua schiavetta personale. Io ho una vita. Certo, i miei piani per la serata attualmente consistono nel guardarmi le ultime puntate di The Vampire Diaries e ingozzarmi con cibo spazzatura. Però questo lui non lo sa e quindi potrebbe benissimo credere che io abbia degli impegni seri, magari perfino un appuntamento romantico, tuttavia sembra non importargliene. Vuole impormi i suoi programmi, disinteressandosi al contempo dei miei propositi.

«Una mostra d’arte» mi ripete Richard, confermando le mie riflessioni e trattandomi poi come una stupida. «Sai, dove solitamente vengono esposti i quadri di un pittore più o meno emergente per far aumentare la sua fama» sintetizza, chiarendomi il concetto.

«So cos’è una mostra d’arte» mugugno, sentendomi alquanto offesa per la sua scarsa stima delle mie conoscenze. Non farò parte dei suoi stessi circoli, ma sono molta informata sulle abitudini dei miliardari e dei ricchi in generale. Alcuni miei clienti sono appassionati di pittura e scultura, tanto che spesso mi ritrovo a dover stare attenta alle loro spese e ai loro investimenti artistici. Se devo essere sincera la maggior parte dei miei assistiti in realtà non ci capisce niente di arte e spesso mi chiedono consigli su questo settore solo per seguire la moda, sentirsi importanti e considerarsi dei veri intenditori. Sta di fatto che non saprebbero distinguere un quadro originale da un’imitazione, così come non sarebbero in grado di riconoscere nemmeno i vari stili di pittura. Loro sono i clienti peggiori e i più difficili da gestire, perché sarebbero in grado di comprare perfino la spazzatura se qualcuno riuscisse a convincerli di trovarsi di fronte ad un qualcosa di straordinario. Un riccone ignorante è l’incubo di ogni promoter finanziario. Un po’ come Mrs McQueen, che voleva investire migliaia di dollari sulle torte erotiche. Certa gente spende davvero somme assurde per aggiudicarsi pezzi originali creati da autori più o meno famosi, quindi il mio compito è quello di contenere i miei assistiti e valutare con loro i lavori veramente significativi. Quelli incomparabili, particolari e originali. Il mio obiettivo in pratica è capire quali opere tra dieci anni quadruplicheranno il loro valore, verranno considerate uniche nel loro genere e saranno ricercate da collezionisti altrettanto ossessionati. Perciò, anche se non sono mai andata ad una mostra, ho già una certa familiarità con l’arte. Mi sono documentata abbastanza sull’argomento, in modo da poter sempre offrire ai miei clienti un parere oggettivo e professionale.

«Bene» si complimenta lui, rallegrandosi più del necessario per la mia affermazione. «Allora non ci sono problemi, ci divertiremo di sicuro» prosegue, apparendo di nuovo esaltato. «Ci vediamo dopo, Christine» mi saluta quindi velocemente, senza darmi neanche il tempo di ribattere e contraddirlo.

«Aspetta!» provo infatti ad oppormi, però Mr Reyes chiude in fretta la chiamata e in questa maniera mi impedisce di controbattere. «Maledizione» mi ritrovo a sussurrare, fissando lo schermo del mio cellulare con fare un po’ sbigottito e gettandolo subito dopo sulla scrivania con un gesto stizzito.

Purtroppo, per l’ennesima volta, non mi resta altro che obbedirgli. È così che mi ritrovo alle sette di sera nella mia camera da letto, precisamente davanti allo specchio collocato vicino all’armadio, alla ricerca di un look che possa apparire sofisticato e allo stesso tempo modesto. Non voglio esagerare, rischiando di sembrare una meringa a causa di un vestito troppo vaporoso o un salsicciotto schiacciato in un panino per colpa di un abito esageratamente aderente, però non voglio nemmeno apparire sciatta e trasandata. In sintesi desidero semplicemente fare bella figura accanto a Richard, in modo da non farlo sfigurare. Tuttavia è innegabile che il mio seno prosperoso e i miei fianchi abbondanti non possono essere nascosti, a meno che io non decida di utilizzare un lenzuolo matrimoniale oppure in alternativa il tendone di una mongolfiera per coprirmi. Perciò, invece di vergognarmi o considerarli un problema, decido di metterli in mostra e considerarli i miei punti di forza. È per questo che alla fine opto per un tubino nero, che fascia perfettamente le mie curve, abbinato a delle scarpe dorate con un tacco al limite della legalità e degli accessori altrettanto vistosi: orecchini con pendenti in Swarovski, una lunga collana di perle e braccialetti tintinnanti. Decido poi di tenere i capelli legati in un comodo chignon alto, lasciando libero di conseguenza il mio collo da cigno e mettendo anche in evidenza il mio viso, per poi concludere la mia preparazione con un trucco naturale. Solo le labbra sono ricoperte di gloss, in modo da farle apparire più carnose e lucide. Alle otto meno venti quindi sono già pronta per uscire, determinando un vero record di puntualità per l’universo femminile, ma è ancora troppo presto per il mio incontro con Richard e mentre aspetto non ho niente con cui distrarmi. I miei pensieri perciò volano, soffermandosi sul mio stomaco che brontola ormai da un paio di minuti. In effetti appena sono arrivata a casa mi sono subita fatta un bagno e poi ho svuotato il mio armadio, ammucchiando tutti i miei vestiti eleganti sul letto per dare inizio alla mia selezione, dunque non mi sono concessa neppure uno spuntino e adesso sto letteralmente morendo di fame. Al momento mi accontenterei perfino di un’insalata scondita, tuttavia se non voglio rovinare il mio duro lavoro e rovinare il mio aspetto devo contenermi. Ma in cucina, all’interno della seconda anta del mobiletto posizionato in alto, c’è una scatola ancora miracolosamente intatta di ciambelle. Sono quelle alla vaniglia, rivestite di glassa alla fragola e praline ripiene di cioccolato bianco. Le ho comprate giusto ieri sera dopo aver lasciato l’ufficio, ma alla fine non le ho mangiate perché sono stata costretta ad ascoltare per tutta la notte via telefono le lamentele di mia madre e in seguito alla conclusione della nostra chiacchierata – o per meglio dire, in seguito alla conclusione del suo monologo – mi sono direttamente messa a letto con lo scopo di addormentarmi il prima possibile in modo da anestetizzare la sofferenza provocatami dai suoi soliti insulti. Ieri ci è andata giù pesante, visto che aveva appena ricevuto la notizia che Philippa si era ufficialmente fidanzata. Pippa è la figlia di una delle sue più care amiche, nonché vecchie compagne di scuola con cui è sempre stata in competizione. Io non l’ho mai conosciuta, ma so che è una ragazza molto dolce e bella. Lavora come assistente di un dentista e ha tre anni, come pure tre taglie, meno di me. A quanto pare è riuscita a conquistare il Dottor Eriksen, generando in sua madre un orgoglio non indifferente e provocando alla mia una crisi isterica in piena regola. Samantha ha trascorso dunque quaranta minuti a farmi sentire in colpa per le mie mancanze, concentrandosi soprattutto sui miei difetti fisici, e per la mia incapacità di tenermi stretto un uomo. O anche una donna, per lei non farebbe differenza. Basta che io sia sposata, sistemata e in attesa di un figlio. Dopo, come se tutto questo già di per sé non fosse bastato per deprimermi, mi ha rimproverata con eccessiva veemenza per averle fatto fare una figura tanto meschina con la sua carissima amica. Come se trovarsi un marito fosse una gara e non un normale momento da vivere con tranquillità. Ad ogni modo è stato talmente estenuante darle retta e ascoltare le sue recriminazioni che alla fine, nonostante mi sia costato un certo sforzo, ho evitato di mangiare i miei donuts per rifugiarmi con immediatezza sotto le coperte. Mi sono augurata poi di dimenticare in maniera altrettanto veloce l’ultima ora della mia esistenza, chiudendo gli occhi e concentrandomi su un mio irrealizzabile viaggio ai confini del mondo. Là, in un posto sperduto. Dove non esistono madri insensibili, capi nevrotici e miliardari megalomani. Adesso però che sono consapevole della presenza in casa delle mie adorate ciambelle non posso fare a meno di fantasticare sul loro gusto, la loro consistenza e il loro profumo. È un’ossessione, quasi una malattia. Però non posso farci niente, sono troppo debole per resistere. Allora entro in cucina, recupero la confezione e afferro un donut. Lancio successivamente un’occhiata all’orologio, notando che mancano circa dieci minuti all’arrivo di Mr Reyes, e animata da una rinnovata convinzione mi decido ad addentare il mio dolce. Addio lucidalabbra, benvenuti orgasmo alla vaniglia e dita unte di glassa rosa. Altro che uomini e matrimonio, preferisco di gran lunga il cibo. Lui non tradisce, non è mai assente e mi regala una gioia infinita.

Vengo distratta dai miei pensieri quando sento il suono del campanello, che oltre ad anticiparmi la comparsa di Richard mi provoca anche un sussulto. Osservo quindi quello che resta della mia ciambella con rammarico e dopo aver valutato le mie uniche due opzioni, in effetti adesso le mie alternative si racchiudono essenzialmente nella scelta di finire il mio donut oppure andare ad aprire al mio ospite, mi decido ad agire. In realtà non voglio rinunciare di nuovo al mio dolce, considerato che l’unica volta che l’ho messo al secondo posto ho causato indirettamente la sua dipartita, allora mi incammino verso la porta mentre continuo a mangiarlo e apro l’uscio proprio nell’attimo in cui mi ritrovo a gustarmi il mio ultimo boccone. Mi porto di conseguenza i polpastrelli alle labbra, leccando la glassa zuccherata che è rimasta sulle mie dita, e in seguito alzo lo sguardo verso Mr Reyes. Lo trovo intento a fissarmi in modo quasi… vorace. Avrà fame anche lui? Peccato, non gli offrirò mai le mie preziose ciambelle. Sono sacre e non ho intenzione di sprecare la mia scorta per lui, che con assoluta sicurezza non mostrerà nemmeno la giusta gratitudine per il mio immenso sacrificio e molto probabilmente non apprezzerà nemmeno i miei innocenti donuts. 

«Buonasera, Richard» lo saluto con cortesia, ricomponendomi e controllando che non ci siano macchie sospette sul mio vestito. Mi scrollo di dosso alcune briciole, tornando poi ad osservare il mio cliente. Il diretto interessato ha scelto per la serata un completo elegante di colore grigio, abbinato ad una camicia bianca e ad una cravatta scura. I suoi capelli biondi sono tirati indietro con un po’ di gel, tanto per dargli un aspetto ordinato ma al contempo sbarazzino. Come sempre è impeccabile, attraente e davvero abbagliante. Mi sembra di poter restare accecata soltanto guardandolo, sebbene sappia sia solo un’impressione. Mr Reyes non è il sole, anche se scommetto di essere l’unica a pensarlo.

«Buonasera, Christine» mi saluta comunque quest’ultimo dopo essersi schiarito la voce, apparendo alquanto turbato. «Sei… sei meravigliosa» continua, squadrandomi da capo a piedi. Non sembra mi stia prendendo in giro, ma al contrario appare tremendamente serio e sicuro. Allora arrossisco con forza, imbarazzandomi. Perché non mi sono mai considerata una vera bellezza, però le sue parole mi stanno quasi convincendo del contrario. Quasi. 

«Grazie» sussurro di conseguenza con un certo tentennamento, lanciandogli un’occhiata cauta. «Io comunque sono pronta, devo solo prendere la giacca e la borsa» lo informo, cambiando argomento e rompendo questa strana atmosfera che si è creata tra di noi.

«Ti aspetto» mi informa, facendomi cenno di andare.

Torno allora in cucina per lavarmi le mani e dopo recupero le mie cose, raggiungendolo in fretta all’ingresso. Chiudo la porta a chiave e in seguito lo seguo in ascensore, ignorando i ripetuti sguardi che lancia al mio seno. Dovrei sentirmi infastidita e a disagio a causa delle sue occhiate abbastanza palesi, invece devo ammettere che sono lusingata dalle sue attenzioni. Non sono lascive, non mi danno l’impressione di essere considerata un oggetto e non mi provocano vergogna. Al contrario mi sento eccitata, felice e soddisfatta. Come non succedeva da tempo. Poi dopo le parole di mia madre e le mie ultime delusioni è davvero incoraggiante catturare l’interesse di un uomo al pari di Mr Reyes, così affascinante e carismatico. Un uomo quasi intoccabile per una comune mortale come me. Un uomo che di certo ha goduto della compagnia di donne meravigliose.

«Hai mangiato?» mi chiede il mio accompagnatore una volta che abbiamo preso posto sui sedili posteriori della sua auto, porgendomi intanto un bicchiere di champagne.

«Diciamo di sì» lo metto al corrente, accogliendo il suo gesto con gratitudine. 

«Quella ciambella era forse la tua cena?» si accerta quindi successivamente, intuendo la verità.

«La migliore in assoluto» dichiaro, difendendo i miei poveri donuts. 

«Ma non era al cioccolato» mi corregge, lasciandomi alquanto meravigliata. Come fa a conoscere la mia fissazione per il cioccolato? Certo, non ne ho mai fatto un mistero e ogni volta che ci siamo trovati a consumare un pasto insieme ho scelto sempre un dolce al cacao. Però non pensavo se ne fosse accorto e avesse addirittura studiato le mie abitudini. Forse Richard è davvero un osservatore più attento di quanto potessi mai immaginare, anche se non dovrei restare tanto sorpresa visto il suo immenso patrimonio e la fortuna che si è creato con le sue sole forze.

«Posso accontentarmi» ribatto, riprendendomi dal mio momento di stupore.

«Ma chi si accontenta gode solo a metà» mi avverte, parlandomi con un tono tra il serio e il divertito.

«Questa da dove l’hai copiata?» lo prendo in giro, trattenendo a stento una risata. «Da una cartolina del Walmart?» proseguo, nominando la famosa catena di negozi.

«Spiritosa» si complimenta con fare bonario, arcuando le labbra nell’accenno un sorriso.

«È una delle mie tante qualità» mi vanto, lasciando aumentare la sua ilarità. «Ad ogni modo, parliamo di cose serie, sai come si chiama l’artista che esporrà questa sera?» mi interesso, cercando di raccogliere alcune informazioni sulla mostra d’arte a cui stiamo per partecipare.

«Victor Volkov» mi mette al corrente, nominando il pittore emergente. «Suo padre è russo e sua madre americana» mi spiega, chiarendomi le sue origini. «I suoi genitori hanno divorziato quando lui aveva appena dieci anni, quindi Victor e sua madre si sono trasferiti qui negli Stati Uniti per avvicinarsi alla famiglia materna» continua, sintetizzando un po’ la sua storia personale.

«Ma per caso stai parlando di quel Victor Volkov?» mi accerto, strabuzzando gli occhi. «Il prodigio dell’arte? Il bambino che veniva chiamato il piccolo Mozart della pittura?» dichiaro, riferendomi ad un articolo uscito qualche anno fa sulla prima pagina del New York Times in cui alcuni critici elogiavano proprio questo giovane artista. Adesso, in base ai miei calcoli, il caro Victor dovrebbe essere un adolescente turbolento e brufoloso. Tuttavia, nonostante la sua giovane età, guadagna quattro volte il mio stipendio mensile e oltretutto le sue opere sono quotate milioni di dollari. Capite? Milioni. Di. Dollari. Questo ragazzino di appena quindici anni in pratica possiede un patrimonio pari, se non addirittura superiore, a quello del mio insopportabile compagno di viaggio. Ad ogni modo la sua sproporzionata ricchezza non dovrebbe sorprendermi così tanto, visto che Victor è stato ospitato dalle gallerie più prestigiose e ricercato dai musei più famosi. Inoltre ha organizzato diverse mostre private che gli hanno fruttato fior fiori di quattrini, permettendogli di accrescere la sua fama e ricevere offerte importanti dalle più importanti scuole d’arte europee. Si è recato perfino in Inghilterra per dedicare un’esposizione alla Regina Elisabetta II, riscuotendo i complimenti dalla stessa sovrana e ottenendo addirittura alcune commissioni dalla casa reale.

Victor non è solo un prodigio. No, lui è anche uno degli artisti più importanti del ventunesimo secolo. Un artista che verrà nominato nei libri di storia, che verrà studiato nelle aule universitarie e ricordato per l’eternità. Il suo stile di pittura influenzerà le prossime generazioni, che lo prenderanno come esempio e si ispireranno a lui per creare le loro opere. Per tutti sarà ricordato con il mitico Vitya, come ama firmarsi.

«Esattamente» ammette Mr Reyes, confermando i miei dubbi e mandandomi in iperventilazione.

«Quindi non stiamo andando ad una semplice mostra per nuovi talenti, vero?» gli domando in maniera retorica e con fare accusatorio, lanciandogli in aggiunta un’occhiataccia.  

«No» borbotta lui, riprendendo a bere il suo champagne per evitare di guardarmi.

«Allora dove mi stai portando di preciso, Richard?» lo interpello, irrigidendomi. Perché in base alle sue parole alquanto criptiche credo di aver capito come stanno davvero le cose e questi nuovi sviluppi non mi piacciono per niente, dato che sono un’imbranata cronica e una donna per nulla abituata all’alta società. Con i ricconi ci lavoro, ma non ci socializzo. Non vado ai loro party esclusivi, non li frequento al di fuori del lavoro e cerco di mantenere le distanze. Non perché non siano simpatici, se devo essere sincera quei pochi che ho conosciuto – a parte Mr Reyes, che rientra in una categoria particolare – mi sono risultati abbastanza tollerabili, ma semplicemente non ho niente in comune con loro. A parte un indiscusso interesse per i soldi, gli investimenti di mercato ed i profitti bancari. 

«Ad un evento di beneficenza» minimizza il diretto interessato, scrollando le spalle con apparente nonchalance e rifiutandosi di ammettere la verità.

«Mi stai trascinando ad un galà!» lo correggo, arrabbiandomi e rischiando di versarmi addosso il contenuto del mio bicchiere. «Per di più vestita in questo modo!» continuo con enfasi, indicando il mio abito modesto. Mi sentivo così carina appena siamo usciti di casa e invece adesso sono a disagio, perché quando mi troverò in mezzo a tutte le signore benestanti che questa sera parteciperanno all’evento sembrerò scialba e insignificante. Perderò il confronto. Sarò la solita Christine, quella cicciottella e sfigata. La stessa Christine del liceo, che non è andata al ballo di fine anno perché essenzialmente temeva il giudizio degli altri e sapeva che avrebbe perso già in partenza qualsiasi paragone. Quella che non è andata al ballo di fine anno perché con quel vestito vaporoso sembrava una meringa e odiava doversi sorbire per tutta la nottata le risatine maligne delle compagne, insieme ai loro commenti perfidi e alle loro occhiate sprezzanti. Quella che non è andata al ballo di fine anno perché in realtà, a parte tutti questi motivi sui quali si poteva comunque sorvolare anche se con una certa difficoltà, non era stata invitata. Sì, perché nessuno voleva essere associato alla grassottella nerd e venire etichettato automaticamente come un perdente.

«Cosa c’è di sbagliato nel tuo vestito?» mi domanda il mio accompagnatore, lasciando vagare di nuovo il suo sguardo lungo la mia figura. «Io ti trovo elegante e molto sexy» ammette, indicando le mie curve e in generale il mio corpo avvolto dal tessuto scuro.

«Non prendermi in giro» mormoro, arrossendo fino alla punta dei capelli e sentendo il mio cuore accelerare i battiti. Sembra estremamente serio e non posso fare a meno di emozionarmi, perché in fondo non mi sono mai sentita bella e gli uomini che ho frequentato non me l’hanno mai detto con tanta convinzione. Sì, io mi reputo graziosa e adesso mi sono accettata per quella che sono. Una donna in carne, con curve che non passano inosservate e rotondità non indifferenti. In realtà quando mi metto in tiro mi trovo anche attraente e mi piace il mio corpo, anche quei punti morbidi che prima detestavo. Quelli che al liceo consideravo imperfezioni. Però ricevere complimenti del genere da parte di Richard, che è stato fotografato accanto ad alcune delle donne più affascinanti del mondo, è davvero gratificante. È… emozionante. 

«Chris, in questo momento sono assolutamente sincero» ribadisce lui, fissandomi con intensità e parlandomi con confidenza. «Per me sei una donna bellissima e sono onorato di essere il tuo accompagnatore questa sera» confessa, facendomi emozionare. «Perciò non devi sentirti inferiore o inadeguata, perché non lo sei e non ti permetterò nemmeno per un attimo di credere il contrario» conclude con un tono severo, rimproverandomi e scuotendo il capo con disapprovazione.

«G-grazie» balbetto dunque subito dopo, distogliendo lo sguardo e diventando scarlatta.

«È solo la verità» conferma, appoggiando la mano sul mio ginocchio nudo per rassicurarmi e facendomi tuttavia rabbrividire. Perché, mai come adesso, sono consapevole della sua presenza al mio fianco. Della sua presenza come uomo. E questo mi spaventa, perché Richard non può iniziare a piacermi. Non posso provare attrazione nei suoi confronti, non posso desiderare di trovarmi nuda nel suo letto e non posso nemmeno sognare di divorarlo come uno dei miei donuts. No, in questo modo complicherei soltanto la nostra relazione e attualmente non posso davvero permettermelo. Perché metterei a rischio il mio lavoro e la mia stabilità, per non parlare poi del mio rapporto con RichieRich. Mi sembrerebbe quasi di tradirlo e di mancargli di rispetto se dovesse succedere qualcosa con Mr Reyes, anche se probabilmente mi sto creando problemi inutili. Non credo infatti che il mio cliente possa provare quel tipo di interesse per me, sarebbe veramente assurdo. Irreale. Strano. «Ma ora andiamo, siamo arrivati» mi informa, risvegliandomi dai miei pensieri e indicando intanto il panorama immobile fuori dal finestrino. In effetti ci siamo appena fermati e non posso fare a meno di fissare in maniera spaurita l’enorme scalinata del Metropolitan Museum of Art, che è stata abbellita per l’occasione con un lungo tappeto blu. Alcune transenne delineano il percorso per raggiungere l’ingresso del Met Museum e servono anche a contenere la folla – composta soprattutto da fotografi e paparazzi – che occupa l’area, rendendo l’ambiente più caotico.  All’improvviso l’agitazione prende il sopravvento sui miei sentimenti e appena mi rendo davvero conto dell’enormità della situazione in cui mi ritrovo credo quasi di potere svenire, tuttavia non ho il tempo di sentirmi male o vomitare sulle preziose scarpe di Mr Reyes perché il suo autista senza alcun preavviso viene ad aprirci lo sportello per permetterci di scendere dalla vettura. Mi ritrovo costretta così a dover riprendere velocemente il controllo delle mie emozioni, ignorando dunque il mio smarrimento unito al mio senso di disagio, in modo da evitate brutte figure e circostanze imbarazzanti. Vengo catapultata quindi in maniera del tutto inaspettata e frettolosa in mezzo alla mischia, ma anni e anni di pratica gestendo i malumori di Mr Micols mi hanno preparata proprio per questo istante. Allora resto un attimo immobile, poi sorrido con gentilezza e indosso una maschera di impassibilità. Se devo essere sincera dentro di me sto tremando come una bambina durante la sua prima visita dal dentista e devo ammettere di provare anche la stessa agghiacciante paura, perché non ho idea di cosa aspettarmi e quello che mi circonda mi spaventa. Certo, in questo caso non mi trovo davanti un tavolino con strani arnesi di tortura e di fronte a me non c’è un uomo in camice pronto a trapanarmi i molari mentre mi sorride con finto fare incoraggiante. Tuttavia venire accecata da migliaia di flash ed essere costantemente studiata dall’occhio virtuale di una macchina fotografica mi trasmette il medesimo terrore, in fondo non mi sono mai ritrovata in una situazione del genere. Questo non è il mio ambiente, la mia quotidianità. Però la presenza di Mr Reyes mi rassicura. In effetti con lui accanto non sono intimidita o terrorizzata, ma al contrario grazie alla sua mano dolcemente appoggiata sulla mia vita mi sento protetta e a mio agio.   

Ad ogni modo, nel momento esatto in cui io e Richard mettiamo piede sul marciapiede, tutti i giornalisti concentrano il loro interesse su di noi. Nonostante tutto il mio accompagnatore sembra perfettamente a suo agio e saluta i vari reporter con gentilezza, evitando comunque di rispondere alle loro domande quasi incomprensibili. Le loro voci infatti si sovrappongono e creano un caos non indifferente, impedendoci di capire con esattezza quello che vogliono chiederci. Mr Reyes perciò non perde tempo cercando di interpretare le loro richieste e piuttosto mi accompagna gentilmente verso l’ingresso del museo, dove ci attendono due bodyguard – muniti di auricolari e vestiti con degli eleganti completi neri – pronti a scortarci fino al salone principale dell’evento. Qui veniamo accolti da una signora davvero affascinante, che ha un sorriso affettuoso stampato sulle labbra e un aspetto vagamente familiare. È alta, ha un fisico minuto ed è magra come un grissino. Inoltre ha i capelli biondi, anche se alcune ciocche hanno delle sfumature più scure, e gli occhi grigi. Per la serata ha scelto un sofisticato abito blu notte, impreziosito da strass argentati che decorano soprattutto la gonna e maniche velate.

«Ciao, tesoro, finalmente sei arrivato» saluta la donna, rivolgendosi a Richard e stringendolo subito dopo in un abbraccio amorevole.

«Ciao, mamma» risponde allora il diretto interessato, dando una risposta ai miei dubbi e facendomi successivamente irrigidire. Perché, santissima divinità delle ciambelle, ho appena incontrato sua madre! La mitica Mrs Reyes: un’imprenditrice di successo, una party planner innovativa, la paladina della beneficenza e la fondatrice di diverse organizzazioni no-profit. Altro che moglie trofeo, altro che stereotipata riccona viziata e permalosa. Come quelle che si vedono nei film, disposte a tutto pur di mantenere la propria posizione. Lei è un vero esempio da seguire. Una donna, madre e lavoratrice esemplare. Ha iniziato dal nulla e poi si è costruita un vero impero, come ha fatto suo figlio. Senza aiuti, senza raccomandazioni e senza spinte. Nonostante il suo matrimonio prestigioso, la fama di suo marito e l’agiatezza della sua famiglia. Ha scalato le vette del successo solo grazie al duro lavoro, alla perseveranza e all’impegno. «Questa è Miss Thompson, la mia nuova collaboratrice» mi presenta il suo primogenito, permettendomi in questo modo di farmi risvegliare dalla mia contemplazione. 

«È un onore fare la sua conoscenza» ammetto, sentendomi quasi intimidita nel momento in cui le stringo la mano. D'altronde Emily Reyes è una leggenda, perciò trovarmela davanti è uno shock. Vorrei farle mille domande, tuttavia devo contenermi. Non voglio apparire come una sempliciotta isterica ed esaltata, piuttosto spero di poterla impressionare grazie alla mia intelligenza e alle mie competenze. 

«È un piacere anche per me» replica, parlandomi con dolcezza e lanciando successivamente una strana occhiata al figlio. «Richie di solito non porta mai le sue assistenti a questo genere di eventi, ma immagino che oggi abbia fatto un’eccezione per l’enorme stima che prova nei confronti delle sue capacità» prosegue, usando un tono alquanto malizioso. Di conseguenza mi ritrovo inevitabilmente ad arrossire, pensando che Mrs Reyes abbia appena frainteso il mio rapporto con suo figlio. Sono così imbarazzata da non notare neppure il soprannome che ha usato Emily per rivolgersi a Richard, anche se una parte della mia mente mi sta imponendo di prestare attenzione proprio a questo scambio di battute. Perché è importante. Eppure lo ignoro, concentrandomi su altro. 

«Christine è un’ottima promoter finanziaria e nell’ultimo mese i suoi consigli mi sono stati molto utili» si complimenta il mio cliente, spiegando la nostra relazione puramente professionale. «Quindi questa sera l’ho invitata soprattutto per esporle alcune mie idee riguardo i prossimi investimenti artistici che ho intenzione di portare a termine» chiarisce, giustificando la mia presenza al suo fianco.

«Certo» lo asseconda sua madre, ridacchiando con divertimento. «Allora è meglio che io vada, non voglio assolutamente distrarvi dai vostri impegni» continua, congedandosi senza ulteriori indugi e andando ad accogliere gli altri ospiti.

«Devi scusarla, mia madre è una romanticona» dichiara Mr Reyes, apparendo abbastanza a disagio. Si passa una mano tra i capelli biondi e cerca in tutti i modi di non guardarmi, anche se dopo pochi secondi fallisce miseramente e io mi ritrovo ad ammirare le sue guance un po’ arrossate.

«Non preoccuparti» lo rassicuro, trattenendo un sorriso ed intenerendomi. «Mia mamma non è poi tanto diversa» ammetto con sincerità, provando a rassicurarlo. Samantha però non è mai stata tanto delicata nelle sue manifestazioni di sentimentalismo e non ha mai espresso le sue congetture con lo stesso tatto usato da Emily, anzi quando cerca di impersonare Cupido diventa davvero imbarazzante.

«Mi dispiace se le sue supposizioni ti hanno infastidita o messa a disagio» continua Richard, giocando con il nodo della sua cravatta e allentandolo leggermente.

«Ho sopportato di peggio» minimizzo, scrollando le spalle con noncuranza.

Ascoltare le critiche di Samantha e tollerare i suoi assurdi tentativi di accoppiarmi con il primo uomo disponibile è sicuramente più sgradevole di essere scambiata per la nuova fiamma di un tipo come Mr Reyes, perciò mi sento tutt’altro che offesa.

«Andiamo, adesso, voglio presentarti alcune persone» continua il mio interlocutore, appoggiando di nuovo la sua mano sulla mia vita e guidandomi verso il fondo della sala.

Per l’ora successiva Richard mi fa conoscere tantissima gente, che ovviamente appartiene tutta all’élite di New York. È così che vengo introdotta al sindaco, a diversi imprenditori di Manhattan, ad artisti di fama mondiale e perfino ad alcune celebrità americane. Con mia grande sorpresa non mi ritrovo mai a corto di argomenti e per fortuna non mi lascio nemmeno sopraffare da imbarazzanti balbettii, ma anzi mi sento straordinariamente socievole e per la prima volta non mi dispiace trovarmi al centro dell’attenzione. Sono sicura di me, stranamente soddisfatta e compiaciuta.

Alla fine, dopo innumerevoli chiacchiere con diversi personaggi illustri, mi fermo in un angolo della stanza con un bicchiere di champagne in mano. Sto riprendendo un attimo fiato, mentre Richard sta intrattenendo una discussione con i suoi genitori. Emily ed Edward sono una coppia ben assortita. Lei è dolce, gentile e delicata. Lui è simpatico, energico ed eccentrico. Mr Reyes è un architetto, specializzato soprattutto nel design di spazi verdi. Ultimamente sta lavorando ad un progetto che comprende l’utilizzo di una zona di Central Park, quindi sta collaborando con gli uffici comunali newyorkesi e con il vicesindaco. Edward è un uomo molto affascinante: ha i capelli di un indefinibile color castano chiaro, leggermente spruzzati di grigio ai lati, nonché dei meravigliosi occhi azzurri. Inoltre ha un fisico sottile, magro e slanciato. Questa sera indossa uno smoking elegante, ma il suo look è reso particolare da uno stravagante papillon scuro con i pois rossi.

«Ti stai divertendo?» mi domanda Richard, raggiungendomi e fermandosi al mio fianco. Si appoggia contro la parete e sorseggia il suo drink, osservando con scarsa partecipazione il resto del salone e lanciandomi subito dopo un’occhiata distratta.

«Moltissimo» ammetto, sorridendogli con genuina felicità. «Però non abbiamo ancora parlato di affari» gli faccio notare, ripensando alla nostra serata e alla sua iniziale proposta di affiancarlo semplicemente per adempiere il mio ruolo di promoter finanziario. Tuttavia abbiamo incontrato diversi pittori e molti collezionisti mentre ammiravamo le opere di Victor, che mi hanno lasciata davvero senza fiato considerato l’utilizzo audace dei colori unito alle pennellate decise predilette dallo stesso Volkov, eppure Mr Reyes non ha intavolato nessuna discussione con loro riguardante eventuali investimenti artistici. Si è solo limitato a commenti banali e complimenti generici, senza entrare mai nel dettaglio.

«Non volevo rovinare il nostro appuntamento discutendo di statistiche e valori di mercato» mi confessa, rivolgendomi finalmente la sua piena attenzione e osservandomi con eccessività serietà.

«Ma questo non è un appuntamento» gli ricordo, contraddicendolo e ritrovandomi poi ad arrossire a causa dell’imbarazzo. «È un incontro di lavoro, no?» continuo in seguito, specificando la natura della nostra uscita e cercando la sua conferma. Lo ha detto perfino a sua madre, quindi perché adesso si sta contraddicendo?

«Vuoi la verità, Christine?» sussurra allora Richard, allungando una mano e accarezzandomi teneramente una guancia. «Non ho mai avuto l’intenzione di portarti qui con me per discutere di investimenti e percentuali di guadagno, ma ti ho trascinata a questo party per ottenere una possibilità: tu mi piaci e voglio di più» dichiara poi con sicurezza, mettendomi al corrente dei suoi pensieri. I suoi occhi sono limpidi e profondi, ma sono le sue parole ad impressionarmi e a lasciarmi senza fiato. Perché sembrano spaventosamente vere. 

«C-cosa?» balbetto, indietreggiando di un passo e fissandolo in maniera sbigottita. Insomma, non può dire sul serio. Non può bloccarmi in un angolo, guardandomi in questo modo e toccarmi con tanta dolcezza. No, non è possibile. Non posso credergli. «Tu… hai bevuto troppo» affermo dopo un piccolo tentennamento, considerando la sua assurda frase soltanto un effetto collaterale dell’alcol che ha consumato da quando abbiamo messo piede nel museo. Anche se questo è solo il suo secondo bicchiere di champagne.

«Non sono ubriaco» mi fa notare infatti, aggrottando le sopracciglia con disapprovazione. «Ti trovo davvero una donna eccezionale e in queste settimane, mentre mi accompagnavi in giro per New York, ho cercato in tutti i modi di fartelo capire. Di avvicinarti a me».

«Allora mi stavi corteggiando?» gli chiedo con un tono incredulo, pensando ai nostri giri in città e ai segnali che lui reputa di avermi inviato. Sì, mi ha toccata più spesso del solito – sempre in modo rispettoso e la maggior parte delle volte con apparentemente casualità – così come mi ha rivolto molti complimenti. Ma queste semplici interazioni possono considerarsi dimostrazioni romantiche? Possono considerarsi messaggi chiari e infraintendibili? No, perché io mica l’avevo capito che stava provando a conquistarmi. Ho passato giornate intere cercando di dare una spiegazione al suo strano comportamento nei miei confronti, ma non può spuntarsene adesso con una dichiarazione del genere. La mia stabilità mentale è già abbastanza compromessa senza che lui offra il suo contributo, tra l’altro non richiesto.

«Sì, anche se a quanto pare con scarsi risultati» risponde Richard con schiettezza, apparendo deciso e per nulla turbato dalla mia reazione. 

Sembra impassibile, mentre per me questa situazione sembra quasi irreale. Mi sta forse prendendo in giro? Oppure mi sta mettendo alla prova, valutando la mia serietà professionale e il mio grado di realismo? No, perché non potrei sopportarlo. Non questo.  Maledizione, sono così confusa! Adesso avrei soltanto bisogno di andare via, mettere una certa distanza tra di noi e schiarirmi le idee. Sono consapevole che è impossibile ignorare le sue parole, ma ora non ho la forza di affrontarlo. Devo dare la precedenza al nostro rapporto lavorativo, devo pensare a Mr Micols e poi… e poi a RichieRich.

«Non lo avevo capito, d'altronde non sei stato poi così chiaro» lo rimprovero, trattenendomi dal lanciargli perfino un’occhiata indispettita. «Ma, nonostante tutto, io… non posso» sussurro, scuotendo il capo e sentendo il panico sopraffarmi. Non posso accettare questa situazione, non posso starti accanto, non posso soffermarmi su pensieri irrealizzabili. Rifletto, senza esternare ad alta voce le mie emozioni.  

«Chris» prova a bloccarmi lui, notando la mia confusione e intuendo la mia voglia di scappare.

«No, Richard» lo imploro, sentendo il controllo abbandonarmi e percependo le lacrime inumidire i miei occhi. «Per favore» continuo, porgendogli il mio bicchiere e incamminandomi subito dopo verso l’ingresso del museo. O meglio, correndo verso l’entrata del Met. Recupero frettolosamente le mie cose ed esco da una delle porte laterali, in modo da non dover affrontare di nuovo i fotografi e i giornalisti. Per fortuna i bodyguard non mi fermano e anzi con molta discrezione, probabilmente perché notano il mio sguardo sconvolto unito ai miei occhi lucidi, mi aiutano ad uscire incolume dall’edificio. Riesco a fermare un taxi dopo un paio di minuti, in apparenza interminabili, e nel frattempo penso a Mr Reyes. L’ho lasciato da solo, in mezzo ad un salone affollato, con il mio flûte di champagne in mano e nessuna risposta sensata da dare alla sua dichiarazione. L’ho semplicemente ignorato, come se niente fosse. Anche se il mio cuore batteva all’impazzata, anche se volevo soltanto rifugiarmi tra le sue braccia. Anche se, per una frazione di secondo, volevo soltanto offrirgli il mio cuore in cambio del suo. Così, quando salgo sul taxi e mi lascio alle spalle la mia unica possibilità di stare con Richard, inizio a piangere. Non in maniera elegante o con qualche singhiozzo appena trattenuto, ma copiosamente. Come una bambina. Rovino il mio trucco, faccio spaventare l’autista e in pratica combino un vero pasticcio. Tuttavia, incurante di tutto, continuo a piangere. Per tutto quello che desidero, ma in fondo non potrò mai avere. Sebbene si trovi solo a pochi passi da me.

 

   
 
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