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Autore: GReina    22/12/2023    1 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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n.a.
Buonasera gente! Qui per informarvi che la prossima settimana pubblicherò due capitoli: giorno 27 (o alla peggio il 28) il capitolo 11 e giorno 30 il capitolo 12 nonché epilogo. Questo perché la settimana dopo non avrò accesso al pc e proprio per il capitolo finale non mi andava di fare aspettare. Quindi ci vediamo presto! E fatevi sentire nei commenti (...please).



Miya

Atsumu non si chiese come mai Kiyoomi avesse cambiato idea, né si chiese cosa quel suo gesto volesse poter dire. Si voltò e iniziò a correre. Corse a perdifiato verso un sole ormai sorto e la sua libertà appena ritrovata; corse verso Osamu, la sua famiglia e la sua vecchia vita. Corse ignorando i polmoni che dolevano e le gambe che tremavano.  

Sin da quando Atsumu avesse memoria, se dal paese nel quale era cresciuto si alzavano gli occhi verso ovest, si sarebbe potuto scorgere il castello del rione all'orizzonte. La realtà di quel maniero gli era sempre parsa tanto distante da risultargli irraggiungibile. Una volta, per scommessa (che perdipiù Atsumu aveva perso), lui e suo fratello avevano chiesto alla loro madre quante ore di cammino sarebbero occorse a un uomo per raggiungere la cima della collina, ed ella gli aveva detto che in salita sarebbe servita non meno di un'intera giornata. Adesso il biondo era in discesa e correva, ma gli parse comunque di impiegare molto più tempo. Dovette fare diverse pause per riprendere fiato, ma non si fermò mai; non finché non fu finalmente arrivato. Se si fosse girato avrebbe visto la sagoma del castello di Kiyoomi in cima al colle, come l'aveva sempre visto da bambino, ma non lo fece. Si concentrò sulla cittadina che aveva davanti, invece: le mura esigue, le case esili e modeste. Non era cambiato niente. 

Riprese a correre, spinto dalla gioia, dall'adrenalina, dalla immane voglia di riabbracciare suo fratello. 

Arrivò alla soglia della loro piccola baracca a pomeriggio inoltrato. I polmoni gli dolevano al punto da non riuscire a respirare, il collo ferito gli pulsava e faceva talmente male da confonderlo, ed il suo stomaco vuoto si contorceva e si lamentava a gran voce in cerca di cibo. Appoggiò i palmi sulle proprie ginocchia e cercò di riprendere la capacità di parlare. Adesso che era arrivato alla sua destinazione tutta l'adrenalina che l'aveva mantenuto in piedi iniziò ad abbandonarlo. Si rimise dritto in fretta, incapace di attendere un solo minuto in più, poi sospirò forte ed aprì la porta. Il forte odore della cucina di Osamu lo avvolse: tonno grasso, riso bollito, aglio e altre spezie. Atsumu ispirò a fondo più contento che mai, nonostante l'attacco di tosse con cui i suoi polmoni decisero di protestare. 

"Rin?" Sentì la voce di Osamu provenire dall'unico altro vano della casa. "Sei tu?"  

Atsumu non ebbe il tempo di trovare la voce per rispondere che i loro occhi si incontrarono. Osamu era più magro e più alto di come lo ricordasse. Indossava il suo solito grembiule da cucina ed un berretto che impediva ai suoi capelli scuri di finire nel cibo. Per alcuni secondi non si sentì altro che il fiatone del biondo. Poi, all'unisono, quasi si fossero letti nel pensiero, i due gemelli scattarono in fretta l'uno verso l'altro incontrandosi a metà in un abbraccio soffocante e bellissimo. 

Iniziarono a piangere entrambi quasi senza accorgersene e non ci fu bisogno di dire altro per un po'. Osamu tremava tra le sue braccia, eppure le sue mani erano più ferme che mai, decise a non lasciare andare suo fratello per nessuna ragione al mondo. Non ci fu bisogno di parlare perché entrambi capissero i pensieri dell'altro e rimasero così. Atsumu aveva sognato quel momento così a lungo che stentava a credere di starlo finalmente vivendo. Se il suo corpo non avesse fatto tanto male, avrebbe pensato si trattasse di un sogno. Aveva fame, e sonno, e la ferita sul suo collo lo faceva rabbrividire, ma persino usando tutta la sua forza di volontà non fu in grado di interrompere quell'abbraccio. 

Fu Osamu, dopo alcune ore, a farlo per lui. 

"Il sole...!" Esclamò. Atsumu riaprì gli occhi e notò che si era fatto buio. Gli ultimi raggi di luce stavano sparendo oltre l'orizzonte. Osamu sciolse la stretta, afferrò Atsumu per le spalle e con espressione spaventata disse: "Di notte può raggiungerti! Lui--"  

Il biondo non lo lasciò finire. "Mi ha lasciato andare." Gli disse. Poi Atsumu riprese a piangere, se fosse per la presenza di Osamu o per il gesto di Kiyoomi non lo sapeva. "Non mi seguirà, te lo garantisco." Gli colò il naso e si asciugò il muco con la manica della raffinata veste che aveva comprato a Tokyo. Se Sakusa l'avesse visto ne sarebbe rimasto oltraggiato. 

"Siamo al sicuro..." Sussurrò di nuovo, ma con la stretta di Osamu se n'era andata anche gran parte della sua forza e gli occhi – stremati – iniziarono a chiudersi. 

"Tsumu, cazzo!" Sentì la voce di suo fratello, già in parte attutita. "Il tuo collo... Hey!" Lo sorresse per impedirgli di cadere. "Stai male!?"  

Il biondo scosse il capo facendo qualche verso di diniego, poi tornò ad appoggiarsi all'altro. "Sono solo molto stanco." Sospirò mentre le braccia del castano tornavano a cingerlo. "Sono così stanco, Samu...!" Riprese a piangere. Poi cadde nell'oblio. 

 

Si svegliò infinite ore più tardi. Aveva dormito talmente a lungo e pesantemente da non avere idea di quanto tempo fosse passato, ma voltandosi a sinistra scorse alcuni raggi di sole provenire dalla finestra, quindi doveva aver dormito almeno per una notte intera. Indossava abiti puliti e – sollevando una mano – sentì che la ferita sul suo collo era stata bendata come si deve. 

Sentì anche dei rumori provenienti dall'altro vano: doveva essere Osamu. Fece per andare da lui, ma non appena provò a muoversi un gemito di dolore gli sfuggì dalle labbra. Aveva corso ininterrottamente per diverse ore, senza bere né mangiare, con del sonno arretrato e avendo perso sangue solo poco prima. I suoi muscoli dolevano e sentiva le ossa pesanti. 

Prese due ampi respiri e riprovò, ma il risultato fu lo stesso. Sentiva gli arti di pietra. 

"Tsumu?" Sentì la voce di Osamu, poi questi entrò nella stanza e lo aiutò a mettersi seduto. 

"Samu... Per quanto tempo ho dormito?" 

"Sono quasi le tre del pomeriggio." 

Come se avesse sentito le sue parole, subito il suo stomaco iniziò a brontolare. Atsumu si portò una mano alla pancia e fece una smorfia. 

"Ma certo." Disse. "Non mangio da due giorni." 

"Che dici." Controbatté Osamu. "Ieri sera ti ho fatto bere e mangiare. Hai anche protestato, e io ti ho imboccato. È stato imbarazzante." Seguì un silenzio. "Non te lo ricordi?" 

Atsumu sdrammatizzò ridacchiando. "Dovevo essere proprio andato." Ma tutto ciò che ottenne fu l'espressione preoccupata di suo fratello.  

"Ho altro cibo. Sono passate comunque quasi venti ore dall'ultima volta che hai mangiato." Si alzò dal letto e aiutò Atsumu a fare lo stesso. Arrancarono insieme fino al tavolo dove il castano fece accomodare Atsumu. Il biondo si sedette ed attese il suo piatto vagando con lo sguardo per l'ambiente. Fu allora che notò le valigie e le casse. 

"E quelle cosa sono?" Chiese ad Osamu mentre questi gli metteva davanti diversi onigiri.  

"Stamattina Rin mi ha aiutato a impacchettare un po' di roba. Gli sarebbe piaciuto salutarti, ma non volevamo svegliarti." 

Atsumu scosse il capo. "Samu, non stai rispondendo alla mia domanda." 

L'altro sospirò. "Ho deciso che ce ne andiamo." 

Il biondo rise. "E io non ho voce in capitolo? Mi piacerebbe partecipare alla decisione." 

"Che c'è da decidere!?" Urlò di punto in bianco suo fratello. "Ho capito che avremmo dovuto mettere quanta più strada tra te e quel mostro nel momento stesso in cui ti ho riavuto tra le mie braccia!" Allungò le mani, come a indicarsele. 

Atsumu sussultò, ma non seppe per cosa: poteva essere il fatto che non si aspettasse quel cambiamento improvviso; il fatto che Osamu non gli stesse permettendo di decidere della sua vita anche adesso che aveva pensato di aver riavuto la libertà; il fatto che dovesse dire addio a tutti gli amici che aveva sperato di rivedere dopo tanti anni; il fatto che quando al castello gli era capitato di ripensare a casa gli erano sempre venute in mente quelle logore, cigolanti quattro mura. O magari per il fatto che Osamu avesse chiamato Kiyoomi "mostro", o ancora per il fatto che partire avrebbe davvero voluto dire mettere più distanza tra di loro e forse – dico forse – Atsumu non voleva. 

"Cazzo, dammi un attimo, Samu! Sono appena arrivato. Voglio tornare in piazza, salutare i vecchi amici d'infanzia, dire a tutti che sto bene...!" 

"Non c'è rimasto più niente per noi qui, Tsumu." Sussurrò Osamu avvicinandosi a lui e stringendogli una mano con la sua con fare disperato. "I nostri amici sono morti nell'assalto al castello di due anni fa, oppure sono andati via dopo che i vampiri si sono trasferiti sulla collina. Io sono rimasto perché non riuscivo ad abbandonarti, e Rin è rimasto perché non riusciva ad abbandonare me. Ma non c'è nessun altro del vecchio gruppo."  

Il biondo assimilò l'informazione e sospirò forte. Quattro anni prima aveva accettato il patto con Kiyoomi unicamente per salvare Osamu e permettergli di rifarsi una vita. Adesso, però, vedeva che non era riuscito a farlo: in tutti quegli anni suo fratello era stato prigioniero di quel castello come lui, se non in maniera peggiore. 

"D'accordo." Disse. Consapevole non solo che ad Osamu servisse fuggire dall'ombra di quel maniero per andare avanti, ma anche che lui avrebbe dovuto fare lo stesso se sperava di poter dimenticare il vampiro che l'aveva fatto innamorare. 

Finì di mangiare e poi – sebbene lentamente – aiutò Osamu a fare qualche bagaglio. Sul tardi Suna fece capolino con alcune borse da caricare sul carro, così Atsumu poté salutare anche lui, ed entro sera ebbero finito.  

Il biondo fu tentato più volte e sempre con maggior forza di suggerire agli altri due di partire alle prime luci dell’alba, ma ogni volta si costrinse a tacere. Atsumu era rimasto così tanto a lungo sotto i comandi di Sakusa che gli sembrava strano, adesso, non aspettarsi che il vampiro si mostrasse per ordinargli di tornare in camera sua, eppure il ragazzo non aveva alcun dubbio che Kiyoomi non si sarebbe più fatto vedere. C'erano maggiori possibilità che fosse lui a tornare sui suoi passi, e questo lo spaventava più di qualsiasi altra cosa al mondo: più di Inubushi Higashi, più di Ryosei Kai, più dell'attacco in massa di quindici diversi vampiri. Era per questo che doveva partire, e doveva farlo il prima possibile. 

  

Si fermarono solo dopo due notti e due giorni di marcia, ed Osamu volle specificare che sarebbe stato solo per poco. Non avevano portato molta roba insieme a loro, solo viveri e vestiario che potesse stare sul carretto di famiglia. Atsumu, in ogni caso, era corso via dal castello senza nient'altro che i vestiti che aveva indosso, e prima ancora aveva lasciato ogni cosa ad Osamu credendo che non avrebbe mai più rivisto niente. Suo fratello non aveva buttato via nulla ma, a parte che per un paio di cambi d'abito, il biondo aveva deciso di lasciare quel poco di spazio che avevano sul loro mezzo a Suna ed Osamu. Lui, comunque, non aveva bisogno d'altro. 

La cittadina nella quale decisero di fermarsi per qualche giorno si chiamava Nakama. Si trovava sul mare e ad Atsumu piaceva. Lasciò che la salsedine gli accarezzasse la pelle e che lo rilassasse prima di seguire l'esempio di Osamu e Rintaro e scaricare i bagagli. Soggiornarono in un piccolo ed economico affittacamere mangiando ciò che suo fratello era in grado di cucinare con il piccolo fornetto messo a loro disposizione. 

Sebbene non si vedessero da diversi anni, nessuno di loro tre aveva parlato molto durante il viaggio e in camera non fu diverso. Fu solo quando si fece nuovamente mattina che iniziarono a sciogliersi un po'. Durante la colazione, Suna gli raccontò che Osamu aveva messo in piedi una modesta attività di cibo da asporto; aveva comprato un treruote grande abbastanza da contenere diversi chili di riso cotto e vari condimenti, ma anche piccolo al punto da poterlo spostare tranquillamente da solo. Osamu aggiunse che in quel modo era riuscito a seguire la confusione del paese e a vendere cibo lì dove la massa tendeva a comprarne di più. Dopodiché, partendo nuovamente da Suna, iniziarono a riportargli le scene più esilaranti e paradossali che avevano dovuto vivere con i clienti. Presto, la stanza fu invasa dalle loro risate, tuttavia non appena ad Atsumu veniva in mente qualcosa di simile alle loro storie vissuto con Kiyoomi che avrebbe potuto raccontare, qualcosa lo tratteneva. Osamu e Rintaro erano convinti che Sakusa fosse solo il perfido mostro che aveva rapito lui e trucidato tutti coloro che avevano provato a salvarlo, e – – il fatto era che Kiyoomi era anche quello. Per quanto ci provasse, Miya non riusciva a trovare il coraggio di parlar loro dell'altra faccia del vampiro, quasi sentendo di non averne il diritto. Si godette moltissimo i racconti degli altri due, però. Lo fecero distogliere dai suoi pensieri più ingombranti e in qualche modo ebbero il potere di riportarlo nel passato, ad ancor prima che conoscesse Sakusa. 

"Quindi quand'è che vi siete messi insieme?" Chiese a un certo punto, e la stanza crollò nel silenzio. "Perché... Adesso state insieme, vero?" Silenzio. 

Atsumu iniziò a ridere, sinceramente divertito da quanto quei due fossero idioti ed al tempo stesso esasperato proprio per questo. 

"Non posso credere che non vi frequentiate ancora!" 

"Smettila, stronzo! Non è così semplice!" Lo riprese suo fratello. 

"È semplicissimo invece!" 

"No!" 

"Sì! Siete innamorati sin da quando ricordo! Mi hai anche detto che Sunarin non è partito per rimanere con te, Samu! E siete entrambi umani, cosa può esserci di complicato!" 

I due non parlarono per un po'. Atsumu non seppe se non lo fecero perché interdetti dalle sue ultime parole – frase, comunque, che gli era sfuggita senza permesso – o perché privi di una vera e propria spiegazione. Magari fu per entrambe le cose. Il biondo seppe però che erano arrossiti entrambi, cosa che fino a quel momento Atsumu avrebbe reputato impossibile sia per l'uno che per l'altro. 

Sospirò. "Va bene, facciamo finta che finora sia stato complicato. Adesso però è semplice, non siete d'accordo?" 

Osamu e Suna si guardarono, arrossendo ancora di più. Per Atsumu stava iniziando a diventare imbarazzante. 

"Immagino di sì." Borbottò suo fratello e l'altro Miya annuì. 

"Bene, allora." Atsumu fece perno sulle proprie braccia e si alzò in piedi. "Risolvete questa cosa. Io mi tolgo dai piedi per un po'." Quasi avesse detto che andava in guerra, Osamu si sollevò spaventato. 

"Tsumu!!" 

"Samu..." Fece lui, molto più pacato. "Non puoi controllarmi per il resto della vita. È giorno, nessuno mi farà del male." Disse alzando gli occhi al cielo. "E non voglio essere qui quando inizierete a sbaciucchiarvi." Suo fratello diventò ancora più rosso, immobilizzandosi del tutto, così Atsumu poté superarlo e raggiungere la porta. Fece un occhiolino ad entrambi ed andò via. 

In realtà, quella pausa dall'apprensione di Osamu gli fece bene. Amava suo fratello ed era felice di essere lì con lui, ma c'erano tante cose che doveva dirgli e molte di più che sentiva non sarebbe mai riuscito a raccontare. Continuare ad allontanarsi da Hyogo non sarebbe servito a nulla, eppure ad ogni giro di ruota del carro Osamu gli sembrava più sereno, ed Atsumu – anche solo per questo motivo – lo era con lui.  

Girovagò per molte ore sul lungomare della piccola città, ripensando a quella volta ad Okinawa, e quell'altra a Niigata e ancora a Choshi. Il panorama era sempre stato bellissimo, e d'altronde Kiyoomi si era sempre vantato di avere buon gusto in quel genere di cose, ma in quelle occasioni fissare la superficie dell'acqua ed il riflesso della luna su di essa non era mai stata la sua attività preferita. Sakusa adesso era un vampiro, ma spesso c’erano momenti – specie quando erano soli – che ad Atsumu altro non sembrava che un semplice uomo d'altri tempi, e le notti che aveva passato con lui nei vari romantici lungomare rientravano certamente tra quelli. Una volta, persino, al commento del biondo di quanto bella fosse la vista, l'altro aveva avuto l'audacia di rispondere che non si sarebbe mai permesso di portarlo in un luogo che non avrebbe valso la sua bellezza. Atsumu, ovviamente, aveva risposto insultando la sua eccessiva arroganza, ma in fondo gli era piaciuto essere lusingato in quel modo. 

Tornò in camera da Suna e Osamu prima che il sole calasse in modo da evitare che il fratello che aveva da poco ritrovato morisse d'infarto. Non appena rientrò, nessuno dei due gli disse niente su ciò che era successo in sua assenza né lui chiese alcun dettaglio. Vide, però, sguardi rubati e tocchi veloci delle loro dita, e sorrise. 

Osamu forse non era riuscito a rifarsi una vita sapendo suo fratello prigioniero di un succhia-sangue, ma poteva rimediare adesso. 

   
 
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