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Autore: GReina    28/12/2023    1 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Miya 

Come promesso, lasciarono la cittadina di Nakama dopo appena due dì e proseguirono verso ovest. Viaggiarono per qualche altro giorno, finché davanti a loro non ci fu altro che mare. Osamu iniziò a fissare l'orizzonte con fare desolato, forse persino ponderando di imbarcarsi su una nave, ma Atsumu fermò quel pensiero prima ancora che suo fratello potesse decidersi. 

"Staremo bene qui, Samu. Ormai siamo abbastanza lontani da Hyogo." Rintaro aiutò nella persuasione del suo compagno ed iniziarono a cercare una casa da affittare a lungo termine. Spesero tutto ciò che avevano, ma ottenendo in cambio un locale abbastanza grande per tutti e tre con due piani, nel primo dei quali Osamu avrebbe potuto imbastire una piccola locanda specializzata nella preparazione di onigiri. Non fu facile ricostruire le loro vite da zero, ma aiutandosi a vicenda riuscirono a farcela. Le ferite sul collo di Atsumu iniziarono a schiarirsi fino a diventare di un pallido bianco; i suoi capelli tornarono castani; e solo un anno più tardi – specie grazie a Osamu – "Onigiri Miya" aprì i battenti. Rintaro e Atsumu aiutarono con piacere, ma se uno sembrava soddisfatto di poter aiutare il proprio compagno con gli affari, l'altro sentiva che la ristorazione non era la sua strada. Vedeva Osamu e Suna andare avanti, felici di dov'erano arrivati, e non riusciva a capirli. Atsumu aveva passato tutta la sua vita prima nel suo paese natale e poi al castello, e solo durante l'ultimo anno vissuto con Kiyoomi aveva visitato un po' il mondo. In tutti quei luoghi, in qualche modo, si era sentito a casa, ma non lì ai confini del Giappone, fuggito da un pericolo che in realtà non esisteva. Si disse che per eliminare quella grande insoddisfazione che si sentiva dentro avrebbe dovuto trovarsi un lavoro tutto suo che rispecchiasse i suoi interessi, così iniziò a chiedere nei suoi luoghi preferiti se cercassero personale. Ebbe fortuna in uno dei club più prestigiosi della zona. Atsumu, ovviamente, non aveva la classe sociale né il denaro sufficiente per frequentare quel posto, ma aveva saputo che cercavano un pianista, così aveva fatto domanda, ripescando – con l'occasione – gli abiti con i quali era fuggito dal castello e che Osamu non sapeva avesse portato con sé. 

Suo fratello era rimasto più perplesso di quanto l'altro non aveva immaginato quando gli diede la notizia che aveva ottenuto il lavoro, ma proprio mentre Atsumu stava per chiedergli perché stesse reagendo in quel modo, suo fratello disse: "Non sapevo suonassi il piano." 

"Oh." Pensò Atsumu, ormai abituato ad avere a che fare con quello. In tutti quei mesi, la sua permanenza al castello era rimasta un argomento tabù. Ogni volta che Atsumu tentava di raccontare qualcosa, Osamu si impietosiva, e ancora prima di sentire alcunché iniziava a consolare il fratello, assicurandogli che non era costretto a raccontare nulla, se non voleva. Ma il fatto era che Atsumu voleva raccontare quelle cose, e provava rabbia verso Osamu ogni volta (quindi tutte) che lo trattava come una vittima. Capitava, quindi, che venissero fuori novità come quella del pianoforte, che invece di trovare interessanti suo fratello screditava. 

"Ti costringeva anche a fare questo." 

Atsumu respirò a fondo nel tentativo di calmarsi. 

"Non è così. Passavamo il tempo a suonare perché ci divertiva." Come sempre, Osamu aggrottò la fronte, quasi l'immagine che Atsumu stesse tentando di descrivere fosse impossibile da immaginare, ma l'altro non gli permise di fare commenti ed iniziò a raccontare della sua prima lezione, del Cristofori e di quanto dannatamente Kiyoomi tenesse a quel pianoforte italiano. 

La storia durò poco, però, perché fu interrotta da un'emergenza di lavoro a Onigiri Miya che Atsumu preferì non andare a verificare. Sapeva quanto fosse difficile per Osamu comprendere tutte le sfaccettature di grigio delle esperienze di cui Atsumu avrebbe voluto parlargli, e lo frustrava non riuscire a farlo, ma non avrebbe rincorso suo fratello, almeno non su quello. 

Riprendere a suonare il pianoforte fu bello. Scoprì che senza accorgersene era diventato davvero bravo e che il suo repertorio musicale – prima di Sakusa completamente inesistente – era anche piuttosto ampio. Tuttavia, il lavoro lo aiutò solo in parte e forse – al contrario – ebbe l'effetto collaterale di fargli mancare quel tenore di vita a cui il vampiro lo aveva abituato. E gli mancava lui, soprattutto; gli mancava come l'aria. La presenza di Kiyoomi accanto a lui nello sgabello, le sue risate, le sue dita fredde che non mancavano occasione per toccare quelle del ragazzo sopra i tasti bianchi e neri. Il modo in cui Osamu e Rintaro fossero restii ad ascoltare anche la più banale delle sue storie faceva sentire Atsumu in difetto, come se rimpiangere la presenza di Sakusa accanto a lui fosse sbagliato. Non che la sua famiglia non si sforzasse di provare a capire, ma più Atsumu faceva scorrere i suoi pensieri ad alta voce, più gli altri due lo guardavano con espressioni strane, lugubri, di biasimo, che Atsumu odiava con tutto se stesso e che voleva evitare. Una cosa che avrebbe dovuto aiutarlo ad aprirsi di più, quindi, iniziò a farlo chiudere maggiormente in se stesso, e più suo fratello e il suo migliore amico andavano avanti con le loro vite, più Atsumu si rendeva conto di essere rimasto bloccato nel passato. 

"Devo partire." Disse agli altri due durante la cena. Tutti smisero di mangiare, bloccando persino i bocconi a metà. Atsumu fece un sorriso mesto e continuò: "Amo stare qui con voi, ragazzi, ma mi sento di troppo." 

"Non dire cazzate!" Si arrabbiò subito Osamu. "Come potresti essere di troppo!?" L'altro Miya fu felice di sentire quelle parole, ma ciò non cambiò come si sentiva. 

"Devo trovare il mio posto, Samu. Siamo qui da quasi tre anni e ancora non sono riuscito ad ambientarmi. Sai a che punto ero con Omi dopo tre anni dal mio arrivo al castello??"  

Osamu voltò il capo con stizza, distogliendo lo sguardo dal suo con uno scocco di lingua. 

"No, infatti." Continuò Atsumu. "Non lo sai perché non vuoi saperlo." 

Poi Osamu tornò a guardarlo, stavolta con più ansia. "Non puoi tornare da lui, Tsumu! Non capisci quello che ti ha fatto. Sei confuso, non puoi davvero volere--" 

"Non tornerò da lui, cazzo. E non c'è bisogno che me lo dica tu che la mia testa è incasinata, grazie tante. Ma questo non toglie il fatto che devo partire!" Ci fu un forte silenzio per un po', interrotto infine da Rintaro. 

"Samu..." Chiamò piano, quasi sussurrando. "Non puoi impedirgli di partire, o non sarai migliore di quel vampiro." Quelle parole colpirono in profondità entrambi i Miya per ragioni diverse. Il comportamento degli ultimi due anni di Sakusa era stato tanto diverso da quello di Osamu dopo la sua fuga? 

Ad Osamu tremò il labbro, ma trattenne le lacrime.  

"Questo non vuol dire che non ci rivedremo, Samu. Siamo entrambi adulti, ormai. Tu ti sei creato una vita con la persona che ami, ora io devo provare a fare lo stesso."  

Suo fratello sospirò forte. "Prometti che non farai cazzate?"  

Atsumu ci pensò. Non voleva mentire a suo fratello. "Prometto che prima di farle passerò da qui per darti la possibilità di fermarmi." Osamu annuì facendosi andare bene quella risposta, ed Atsumu poté tirare un sospiro di sollievo. Tornarono a mangiare e a parlare d'altro, tentando – in quel modo – di non pensare agli addii. Dopo cena, Atsumu decise di prendersi tempo per preparare tutto senza ansie: avvertì il club che non avrebbe più suonato per loro, ritirò la sua ultima busta paga, infagottò alcuni vestiti e molto cibo pronto di Osamu e – tre giorni più tardi dal suo annuncio – fu pronto a partire. 

Né l'uno né l'altro Miya, né tantomeno Suna, erano pratici con quel genere di cose. Le circostanze li avevano spesso portati ad essere più sentimentali del normale, ma cedere a quel tipo di romanticismo veniva difficile a tutti e tre. Atsumu decise quindi di abbracciare prima il fratello, poi l'amico, concedendo ad entrambi giusto qualche pacca sulla spalla. Quello non era un addio, tuttavia decise comunque di sussurrare a Suna la preghiera di prendersi cura di Osamu. Sapeva che l'avrebbe fatto, ma ricordargli che ora avrebbe dovuto lavorare anche lui non avrebbe guastato. 

Si issò sul carretto dando un'ultima occhiata a ciò che si stava lasciando alle spalle: una casa sicura, Onigiri Miya, un amico prezioso e un fratello che stranamente amava più di ogni altra cosa al mondo. Una vita sulla carta perfetta, ma che per lui non lo era, perlomeno non per la persona che era diventato. Scoccò le redini ed il ronzino partì. 

Si diresse ad est, perché solo ad est avrebbe potuto dirigersi, marciando verso l'alba; la stessa, in effetti, che gli aveva fatto da panorama il giorno in cui aveva lasciato il castello di Kiyoomi diversi anni prima. 

Non avendo una meta precisa, l'uomo decise di godersi il viaggio, fermandosi solo quando era ispirato e vivendo alla giornata. Si guadagnò da vivere facendo quello che gli piaceva fare; conobbe gente nuova e riuscì – in alcune occasioni – persino a legare con qualcuno. Furono mesi ricchi ed educativi: non sapere quali avventure avrebbe vissuto il giorno dopo lo eccitava e distoglieva la sua mente dai pensieri più logorroici, e presto ritrovò una parvenza di pace. Poi, però, il suo carro arrivò ad Osaka. Atsumu tentò di autoconvincersi di esserci capitato per caso semplicemente perché aveva fatto poca attenzione alle strade che prendeva, ma la consapevolezza di aver raggiunto quella città con uno scopo ben preciso era troppo forte per poter essere raggirata. 

Quando fu in pieno centro si era fatto ormai tardi, quindi lasciò il proprio cavallo nell'unico deposito aperto a quell'ora e girovagò per le strade di Osaka per il resto della notte.  

Visitò luoghi bellissimi, come il teatro, il quartiere Minami, il tempio Shitenno-ji e quello Hozen-ji, ma si vide bene dall'evirarne accuratamente altri, come la spiaggia e – soprattutto – il giardino Nishinomaru. 

Quando stette per albeggiare, smise di tergiversare e si voltò per raggiungere la sua prossima meta. Arrivò davanti alla villa di Bokuto qualche minuto prima che il sole sorgesse; guardò ad est ed aspettò. Quando finalmente scorse i primi raggi di luce, si fece coraggio ed avanzò fino all'ingresso suonando il campanello. Passarono alcuni attimi, poi Akaashi gli aprì. 

"Miya-san!" Lo salutò, piacevolmente sorpreso. Si inchinò appena e lo accolse meglio: "Che piacere rivederti. Accomodati." Atsumu esitò guardando oltre le spalle del corvino, da dove provenne la voce di Bokuto che chiedeva chi fosse alla porta. Keiji non gli rispose, forse pensando che presto il vampiro l'avrebbe visto con i propri occhi, ma Atsumu non fece cenno di muoversi. 

"Potremmo andare a parlare fuori, invece?"  

Se Akaashi fu sorpreso da quella richiesta, non lo diede a vedere. Invece, a Miya parse quasi che il sorriso che gli fece di rimando fosse uno di quelli comprensivi.  

"Ma certo." Rispose. 

"Allora chi è??" Si sentì di nuovo Bokuto, e di nuovo Akaashi lo ignorò. 

"Io esco, Kou." Disse invece, senza preoccuparsi di sforzare la voce, visto l'udito dell'altro.  

"Uffa! Torna presto! Divertiti con Tsum-Tsum!"  

Miya ridacchiò, invidiando i sensi acuti dei succhia-sangue. 

"Ciao anche a te, Bokuto-san." 

"Togli quel san--!" Fu l'ultima cosa che gli sentirono urlare dall'ombra prima che Akaashi chiudesse la porta dietro di sé. 

Passeggiarono per un po', andando al mercato e mangiando cibo di strada senza fretta. Infine, si sedettero su una panchina e rimasero in silenzio. Keiji non gli fece nessuna pressione, ma l'altro fu comunque già in grado di percepire la differenza tra lui e Suna ed Osamu. 

"Avete rivisto Kiyoomi, dall'ultima volte che sono venuto qui con lui?" Chiese come prima cosa. 

"No." Akaashi scosse il capo. "Quella è stata la prima e l'ultima volta che ho avuto il piacere di incontrarlo." 

"Mh-Mh." Mormorò Atsumu, tornando silenzioso. 

"Lui ti piace." Affermò il corvino dopo un altro po'. Miya rizzò la schiena e prese a fissarlo, colpito e colpevole. L'altro rise della sua reazione. "Sì, è chiaro solo a vederti." Continuò, ma questo non faceva sentire meglio Atsumu, che tornò ad incurvare le spalle e a fissare davanti a sé. 

"Non dovrei. È stato un pezzo di merda con me." 

"Ma ti piace comunque. E questo ti fa sentire in colpa." Miya si voltò nuovamente verso l'altro e sorrise, tremendamente contento di aver trovato qualcuno così capace di comprenderlo. 

"Sono rimasto con Omi per quattro anni. All'inizio è stato un inferno, ma poi..." Sospirò. "Il suo unico errore è stato impedirmi di scegliere. Se l'avesse fatto a quest'ora non avrei avuto dubbi." 

"Non sai se tornare da lui?" Cercò di capire Akaashi. Atsumu abbassò il capo e se lo afferrò tra le mani, disperato. 

"La testa mi dice di non farlo, ma il cuore..." Sentì una fitta al petto mentre lo diceva. "Omi mi ha lasciato andare tre anni fa. Mi sono allontanato da lui più che ho potuto, e ho provato a ricominciare, ma non riesco ad andare avanti. È come se fossi bloccato!" Deglutì il groppo che aveva in gola, poi con più calma riprese a parlare. 

"Mi dispiace essere venuto a darti fastidio, è che non sapevo che altro fare. Sei l'unico che conosca che possa capirmi."  

"Nessun disturbo, Miya-san. Se posso esserti utile mi fa piacere, ma non conosco Sakusa-san abbastanza bene da poter parlare per la vostra situazione. Posso solo raccontarti la mia." 

Atsumu annuì con foga, smanioso di sentire il suo punto di vista.  

"Come Sakusa-san ha fatto con te, anche Koutaro all'inizio mi ha sequestrato senza il mio consenso. La mia famiglia era facoltosa e non mi aveva mai fatto mancare nulla, ma erano anche avidi e poco affettuosi, e mi stavano costringendo in un matrimonio combinato che non volevo. Avevo conosciuto Koutaro qualche mese prima, ma fino ad allora si era sempre mantenuto in disparte. In effetti, mi faceva tenerezza il modo in cui mi guardava."  

Atsumu sbuffò una risata. Sakusa l'aveva guardato in tantissimi modi differenti, ma certamente l'umano non si sarebbe mai sognato di dire che ispiravano tenerezza. 

"Quando ha scoperto del mio matrimonio non si è fatto scrupoli a rapirmi. Mi ha afferrato e mi ha portato qui ad Osaka. Dal suo punto di vista l'ha fatto per aiutarmi, ma non ho mancato di spiegargli che non ha usato il metodo giusto. È rimasto depresso per settimane, da quella discussione." Atsumu sorrise al pensiero del potente vampiro rannicchiato sotto un tavolo con i capelli flosci ed il labbro sporgente. 

"Il fatto è," continuò il corvino, "che Koutaro non aveva idea di avermi fatto un torto." Miya annuì. 

"Ho avuto una conversazione simile con il cugino di Kiyoomi, riguardo al fatto che i vampiri tendono a dimenticare quali fossero le regole degli esseri umani. Ma Omi mi ha costretto a rimanere con lui minacciando di uccidere mio fratello." Scosse la testa, arrabbiato e frustrato. "Non posso perdonarlo!" 

"Ma non devi." Fu la risposta. Atsumu tornò a guardare Akaashi. "Qualsiasi cosa deciderai di fare, non sei costretto a perdonare Sakusa-san per quello che ti ha fatto. Tornare da lui non vuol dire dimenticare tutto." 

"Ma come potrei mai tornare da lui senza dimenticare?" 

"Sakusa è cambiato mentre era insieme a te, non è così? Correggimi se sbaglio, ma penso che adesso non minaccerebbe mai tuo fratello per tenerti con sé. È cambiato grazie a te o per te. In entrambi i casi, può voler dire solo che è stato disposto a metterti al primo posto."  

Quelle parole fecero sussultare il castano. Pochi giorni prima che Kiyoomi lo lasciasse andare Atsumu gli aveva proprio rinfacciato che non era mai riuscito a metterlo al primo posto. 

“Hai detto che sei stato con lui per quattro anni.” Continuò il corvino. “Quattro anni non sono niente per gli immortali. Magari tu credi che avrebbe dovuto lasciarti andare via prima, ma per un vampiro il fatto che abbia cambiato atteggiamento in soli quattro anni vuol dire davvero molto. È giusto volere che loro si adattino alla nostra natura umana, ma per far sì che le cose funzionino dobbiamo anche noi comprendere la loro, di natura."  

Atsumu cercò di assimilare quella nuova prospettiva, cercando di convertire i quattro anni vissuti da lui nel castello da umano negli stessi quattro anni ma vissuti da vampiro. Se fino a quel momento il problema principale era stato che Sakusa ci aveva messo troppo tempo a decidere di lasciarlo libero, adesso l'intervento di Akaashi gli stava facendo rivalutare il suo punto di vista. 

Ridacchiò quando gli venne in mente una cosa: "La prima volta che ti ho visto mi hai fatto paura." Raccontò Atsumu ad Akaashi. "Non volevo rivolgerti la parola, perché la tua connessione con Bokuto era chiara. Avevo paura che confrontandomi con te avrei definitivamente ceduto al fascino di Kiyoomi. Lo amavo già all’epoca, ma riuscivo ancora a negarlo a me stesso." 

"Pensi ancora che parlandomi di queste cose quando ci siamo conosciuti avresti ceduto?" Gli chiese. 

"No, non lo penso. Lo so per certo." Rise. "Un anno dopo la nostra visita di Osaka, Omi ha detto di amarmi, e io ho dato di matto. Se noi due avessimo parlato prima, probabilmente avrei solo ricambiato." Scese un silenzio confortevole tra loro, durante il quale Miya provò ad immaginarsi come sarebbe stata la sua vita se avesse corrisposto la dichiarazione del vampiro. 

"Sono felice che sia andata così." Decise alla fine. "In questi tre anni ho vissuto con mio fratello, ho cercato di farmi una vita, e ho capito qual è il mio posto. L'avevo già trovato, ma non lo sapevo, e negli ultimi anni non ho fatto altro che tentare di tornare lì, anche se non sempre me ne rendevo conto."  

Akaashi sorrise. "Hai deciso cosa fare?" 

"Sì, ho deciso. Tornerò da mio fratello." Sospirò Atsumu. "Gli ho promesso che prima di fare una cazzata sarei tornato da lui per dargli la possibilità di farmi cambiare idea."  

"Capisco." 

Atsumu sorrise a quella risposta. "Lo so." Gli disse. Infine si alzarono; Miya passò la notte nella villa di Bokuto e Akaashi, ma ripartì di buon'ora non appena arrivò la mattina. 

   
 
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