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Autore: AngelikaMSunday    28/12/2023    1 recensioni
Christine ha appena compiuto trent’anni, non si è ancora sposata e nell’ultimo periodo – considerata la sua collezione di rapporti falliti – ha preferito dedicarsi esclusivamente al lavoro. Tuttavia non può ignorare le lancette del suo orologio biologico, che con il loro insistente ticchettio sembrano informarla della necessità di trovarsi definitivamente un uomo per costruirsi una famiglia, perciò dopo aver bevuto un bicchiere di troppo ed essersi lasciata trasportare da un impeto di disperazione si iscrive ad un sito di incontri. È così che inizia un scambio online con RichieRich, un uomo dal nickname assurdo e dall’ego smisurato. Un uomo che però riesce anche a farla ridere, a comprenderla e a metterla a suo agio. Per questo motivo Chris resta sorpresa quando scopre che il suo ammiratore segreto è proprio il miliardario Richard Reyes, ovvero il suo ultimo cliente e la persona più insopportabile del mondo. Un imprenditore astuto, manipolatore e purtroppo incredibilmente attraente.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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copertina

XIII.

UN INVESTIMENTO SBAGLIATO.

 

Qual è la cura per un cuore spezzato? Come si può andare avanti quando il proprio mondo sembra cadere a pezzi? Quando tutto ciò in cui si credeva risulta essere solo un’enorme bugia? Come si può tornare alla vita di prima, facendo semplicemente finta di nulla, quando si scopre davvero cos’è l’amore e cosa significa essere finalmente felici?

Forse sembrerò esagerata e alquanto melodrammatica, ma da quando ho chiuso ogni rapporto con Richard mi sembra quasi di non riuscire a respirare. Mi sento vuota, sola e confusa. Come se avessi perso la voglia di andare avanti, come se mi trovassi ferma ad un punto senza avere la minima idea di quale direzione prendere adesso. Non so cosa fare, come superare questa situazione e ritrovare la mia bussola interiore. Eppure mi sono sempre vantata di essere una donna indipendente e capace di affrontare ogni circostanza, però in questo caso mi sto dimostrando davvero una pappamolle. A mia discolpa posso dire di non aver mai provato certi sentimenti e non credevo possibile che potessero influenzare così tanto la mia esistenza, tuttavia dopo la delusione che ho provato a causa di Richard non riesco a scrollarmi di dosso questa sofferenza mista ad apatia che sta condizionando in pratica ogni istante delle mie giornate. Non riesco a fare finta di niente, riprendendo a godermi la mia quotidianità archiviando semplicemente questi mesi in un angolo sperduto della mia mente. Non ho nemmeno quella magica pistola usata dai Men in Black – ovvero il neuralizzatore – per sparaflasharmi e cancellarmi la memoria, dimenticando non solo i miei migliori momenti con Richard ma soprattutto la vergogna che ho provato dopo la sua forzata confessione. Mi sento spaesata, stupida e imbarazzata. Mi sono ridotta come la protagonista di un’assurda commedia romantica di seconda categoria, che dimostra in generale la sua scarsa caratterizzazione e si comporta in ogni caso come un’idiota. Oppure in alternativa potrei assomigliare all’eroina di uno di quei romanzetti rosa eccessivamente smielati, che passa il tempo a deprimersi e a farsi mille ragionamenti mentali di dubbia intelligenza. In pratica sono patetica, piagnucolante e capace soltanto di strafogarmi con le mie amate ciambelle per reprimere il marasma di sensazioni che si arrovellano nel mio cervello: rabbia, disperazione, tristezza, vergogna, depressione.

Perché permettiamo agli uomini di ridurci così? Perché permettiamo alle nostre delusioni amorose di diminuire tanto drasticamente la nostra autostima e farci sentire sbagliate? Perché dobbiamo dare tutte noi stesse alla nostra ipotetica anima gemella di turno per poi ricevere in cambio solamente bugie e insoddisfazioni?

Io mi sono sempre reputata una persona logica e matura, capace di ragionare lucidamente in ogni circostanza e ponderare le proprie azioni in base alle evenienze. Ciò nonostante adesso con gli occhi arrossati a causa del pianto, con i capelli aggrovigliata in una massa indistinta e con un pigiama di flanella trasformatosi ormai nella mia personalissima armatura sembro tutt’altro che una donna forte e determinata. Una donna sicura di sé, razionale e pragmatica. No, sono uno straccio. Mi mancano solo i bigodini e una vaschetta di gelato in mano per completare questa immagine poetica di me stessa, questa versione così assurda della donna che mi sono sempre ripromessa di non diventare e puntualmente mi ritrovo ad essere dopo l’ennesimo fallimento collezionato nella mia vita.

Sono passati esattamente tre giorni, diciotto ore e ventisei minuti da quando sono scappata dall’appartamento di Richard. Ma durante tutto questo tempo – tre giorni, diciotto ore e ventisette minuti appena scoccati – non è cambiato niente: sono ridotta sempre uno schifo, non ho ancora esaurito tutte le mie lacrime e le mie ciocche castane sono talmente attorcigliate da assomigliare ad una brutta balla di fieno. Ho toccato il picco, raggiungendo livelli catastrofici.

Dopo aver scoperto la sconvolgente verità su RichieRich non ho potuto fare a meno di rinchiudermi nella mia casa, dando fondo alla mia riserva segreta di ciambelle e isolandomi dal mondo. Ho ignorato le chiamate di mia madre e perfino quelle di mio padre, non sono andata in pasticceria a fare rifornimento di donuts e cosa più importante ho trascurato il lavoro. Lunedì mattina infatti ero talmente distrutta, sia nel fisico che nell’animo, al punto da chiamare in ufficio per buttarmi malata. Durante tutti i miei anni di carriera non mi sono mai assentata a causa di una rottura e una brutta batosta sentimentale, eppure questa volta non ho potuto evitare di ritagliarmi del tempo per me se stessa con l’intento di riprendere almeno in parte il controllo delle mie emozioni. Ho mandato dunque un’e-mail ad Holga per farle riprogrammare i miei appuntamenti e un banalissimo messaggio di scuse a Mr Micols, tornando poi a crogiolarmi nella mia autocommiserazione.

Richard si è piantato fuori dal mio appartamento la mattina successiva alla mia fuga dal suo mega attico, pregandomi di dargli retta almeno per un minuto e ascoltare per intero la sua versione dei fatti. Io invece l’ho beatamente ignorato, perché non avevo bisogno delle sue stupide scuse o di scontate giustificazioni offertemi solo con lo scopo di rabbonirmi, e sono rimasta seduta con una certa soddisfazione sul mio sofà fingendo di non sentire la sua voce. Ho stretto forte un cuscino contro al petto, cercando conforto, e mi sono obbligata di non ascoltarlo.

Nemmeno una parola, anche se avevano senso e stavano facendo germogliare nel mio cuore il seme della speranza.

Nemmeno una frase, anche se lui era così convincente da farmi quasi credere di stare dicendo la verità.

Allora poco dopo, in un attimo di debolezza causato probabilmente dall’eccessiva presenza di zuccheri nel mio sangue determinata a sua volta dalla mia scorpacciata di ciambelle consolatrici, l’ho guardato dallo spioncino della porta. Non avevo intenzione di fidarmi di Richard e non volevo farlo entrare nel mio appartamento, soprattutto considerato il mio stato disastroso, ma avevo bisogno di vederlo. Avevo bisogno di capire. Poi la sua ostinazione mi aveva alquanto colpita, anche se lavorando con lui sapevo già che quando voleva ottenere qualcosa sapeva diventare davvero fastidioso. Ovviamente il diretto interessato appariva impeccabile nel suo completo elegante di alta sartoria, eppure non emanava più quell’aria di comando che mi aveva tanto colpita durante il nostro primo incontro. Non mi dava più l’impressione di essere carismatico, determinato e inflessibile.

Sembrava… spento. I suoi occhi infatti mancavano di lucentezza, la sua mascella era particolarmente rigida e la sua spensieratezza – quella che in alcuni casi lo faceva apparire uno snob antipatico, mentre in altri un bambino intento ancora ad esplorare il mondo – si era eclissata. Il suo aspetto era perfetto, ma era rotto. Come un bel vaso con una crepa. Possibile che fosse davvero così sconvolto dalla nostra rottura? Possibile che stesse davvero così male al punto da restare piantato per ore sul mio pianerottolo ad implorarmi di ascoltarlo?

Mi stavo quasi convincendo ad aprirgli la porta, trasportata dalla tenerezza, quando mi sono ricordata delle sue incredibili doti di attore. Per mesi interi aveva finto di non conoscere le mie conversazioni con RichieRich, anche se molto spesso parlavamo proprio di lui e della sua megalomania. Per mesi interi mi aveva preso in giro facendo finta di nulla ogni volta che ci incontravamo e nel frattempo continuava a scrivermi messaggi usando uno stupido pseudonimo, che a pensarci bene adesso era anche alquanto banale. E nell’ultimo periodo, quando stavo vivendo una lotta interiore tra i sentimenti che provavo per lui e quelli che sentivo per una persona che in realtà non esisteva realmente, mi ha indirettamente portato perfino a farmi sentirmi in colpa. Perché volevo entrambi, eppure mi sembrava di tradirli con il mio comportamento all’apparenza scorretto.

Maledizione, sono arrivata al punto da chiedere a RichieRich il consenso per uscire con Richard! Quanto avrà riso alle mie spalle, pensandomi una stupida. 

Perciò alla fine ho fatto un passo indietro e mi sono rifugiata di nuovo in me stessa, imponendomi di non lasciarmi sopraffare dalla mia parte romantica così attaccata ad uno lieto fine. Non ci trovavamo in un film, dove tutto si poteva risolvere con una dichiarazione strappalacrime e super commovente. Una dichiarazione da fare magari sotto la pioggia, come in una tipica scena tratta dai libri di Nicolas Sparks, oppure in mezzo ad una strada affollata per imitare le più belle pellicole hollywoodiane. Tanto per aumentare l’effetto poetico di tutta la situazione.

L’amore qui non vinceva su tutto. Non vinceva sulla verità e sul rispetto. Questa era la vita reale, la mia vita, e non potevo farmi prendere in giro con tanta facilità. Non potevo dimenticare la mia sofferenza e il mio imbarazzo così velocemente, dandogli una seconda occasione per rimediare ai suoi sbagli senza prima pensare a me stessa. Non potevo archiviare le mie emozioni in un angolo della mia mente per ottenere un forzato “vissero per sempre felici e contenti”, tralasciando però il suo tradimento e facendolo passare quasi in secondo piano. Come se non fosse importante.

Per me la sincerità si trovava al primo posto in un rapporto e lui non solo mi aveva mentito nel peggiore dei modi fingendosi un altro uomo e conquistando nel frattempo la mia fiducia, ma mi aveva anche fatta sentire un’idiota. Mi ha fatto vergognare delle mie azioni, delle mie parole e dei miei sentimenti. Non potevo perdonalo, non potevo andare avanti senza considerare la situazione nella sua interezza. Quindi mi sono arresa e l’ho lasciato andare, tuttavia quando mi ha davvero voltato le spalle per poi scomparire nell’ascensore del mio palazzo – dopo un’intera giornata di appostamento che mi aveva sinceramente colpita – ho pianto come una bambina e ho singhiozzato talmente tante volte da stabilire quasi con certezza un record mondiale.

Il mio intento era mandarlo via con un ostinato silenzio, ma nel profondo volevo solo rifugiarmi tra le sue braccia. Perché ero debole e in fondo… in fondo l’amavo. 

In realtà questa non è la prima volta che concludo una relazione, in effetti alle spalle ho un numero considerevole di rapporti falliti. Ma mentre alcune rotture sono state più facili, altre lo sono state un po’ meno. Non posso negare che in alcuni casi mi sono sentita offesa, altre volte invece sono stata sollevata di aver messo un punto ad un rapporto che non avrebbe portato da nessuna parte e in certe circostanze al contrario ho provato davvero amarezza mista a fallimento nel dovermi tirare indietro dopo aver investito una grossa parte emotiva di me stessa. Però la fine di questo rapporto è stata davvero devastante, d’altronde con Richard era tutto diverso: mi sentivo finalmente completa, accettata e compresa. A lui non interessavano le mie assurde manie, la mia passione per le serie TV e la mia predilezione per i dolci. Non prestava attenzione alle mie stranezze, al mio peso e ai miei difetti. Mi sentivo perfetta quando mi guardava, mi sentivo protetta quando mi difendeva dalle mie stesse insicurezze e mi sentivo amata quando faceva di tutto per rendermi felice.

Pensavo fosse l’uomo della mia vita, ma come sempre mi sbagliavo.

Martedì mattina la mia sveglia suona con la solita puntualità e quando apro gli occhi mi sembra quasi che gli ultimi giorni siano stati un incubo, in realtà quasi me lo auguro, ma appena metto piede fuori dal letto mi rendo conto che è tutto vero: ho lasciato Richard, ho finito le mie ciambelle e ieri sera ho consumato l’ennesima scatola di Kleenex. In effetti decine di fazzoletti sono disseminati per la stanza e impregnati probabilmente dalle mie lacrime, dandomi la conferma di aver trascorso un’altra notte piangendo come una disperata. I miei occhi di conseguenza sono gonfi e secchi, riesco difatti a percepire la loro pessima condizione, inoltre sono sicura che appena mi vedrò allo specchio appariranno anche particolarmente arrossati. Oggi tuttavia non posso restare ancora a casa e quindi per nasconderli dovrò usare chili di correttore, in modo da potermi recare in ufficio senza destare domandi e dar voce ad infiniti pettegolezzi. Come prima cosa quindi mi dirigo in bagno per farmi una doccia, applico circa una boccetta di balsamo per districare i nodi dei miei capelli e subito dopo mi cospargo di bagnoschiuma. Poi mi dedico al trucco, mascherando le mie occhiaie e il mio aspetto cadaverico usando quasi tutti i prodotti del mio beautycase, per passare alla fine a domare le mie ciocche con la piastra. Riservo anche particolare cura al mio abbigliamento, pescando dall’armadio un vestito verde bottiglia da abbinare ad una giacca nera e ad un paio di stivaletti dello stesso colore. Un paio di orecchini pendenti e diversi bracciali tintinnanti completano il look, facendomi sembrare alla moda e sofisticata. Recupero successivamente la mia borsa, alcuni documenti e il mio telefono – senza controllare eventuali messaggi o chiamate perse – prima di uscire dal mio appartamento in modo da recarmi in ufficio per riprendere finalmente in mano il controllo della mia quotidianità.

Oggi penserò solo agli affari, mi dedicherò completamente ai miei clienti e mi aggiornerò sulle ultime novità di mercato. Niente Richard, niente tradimento e niente WithLove con la sua stupida politica sulla privacy che tuttavia non fa rispettare ai finanziatori. 

Quando arrivo allo studio dunque sono determinata, decisa e sicura. Saluto i miei colleghi con assoluta tranquillità, mi fermo a chiacchierare con le addette alla receptionist per un paio di minuti e nel momento in cui mi trovo davanti Mr Micols gli rivolgo un sorriso talmente abbagliante da fare invidia alla migliore attrice di Hollywood. Premio Oscar, eccomi.

«Buongiorno, Christine» mi saluta con cautela, rivolgendomi anche un’occhiata indagatrice. «Tutto bene?» si interessa in seguito, mentre Mrs Bomblood origlia apertamente la nostra discussione.

La nonchalance non è proprio il suo forte.

«Certo, Peter» lo rassicuro con un tono sereno, stringendo però con forza il manico della mia valigetta per mascherare il mio disagio. Sono consapevole infatti che l’attenzione dell’ufficio è interamente su di me, considerato che il mio rapporto con Mr Reyes non è certo rimasto un segreto e tutti si stanno solo chiedendo come andrà a finire tra di noi. All’inizio io e Rich abbiamo creato un certo scalpore tra i miei colleghi, che adesso sono avidi di gossip e aggiornamenti. In realtà fingono di non essere interessati, ma in fondo vale esattamente il contrario e stanno sempre attenti a captare le novità. La mia recente assenza quindi deve averli incuriositi più del necessario e so già che molti avranno fatto delle congetture più o meno giuste riguardo la mia mancanza dall’ufficio, ma non voglio dare a nessuno la soddisfazione di sapere davvero come stanno andando le cose tra me e Richard. Non voglio vedere i loro sguardi carichi di pietà e commiserazione nel momento in cui sapranno che ci siamo lasciati, perché immagino penseranno fosse alquanto ovvio che questo rapporto non aveva speranze di durare. In fondo io sono solo una promoter finanziaria, perciò è ovvio che non posso stare davvero con una persona dal calibro di Mr Reyes. Siamo troppo diversi per trovare un equilibrio e per quanto mi costi ammetterlo, perché di base non voglio dare alcuna soddisfazione ai pettegoli di questa società, adesso so che c’è del vero in questa affermazione.

Richard è abituato ad avere tutto, con ogni mezzo, mentre io sono più diplomatica e predisposta al compromesso. Lui cammina dritto per la sua strada, senza interessarsi degli altri e pensare ai loro sentimenti, mentre io non mi preoccupo di fare qualche deviazione. Dovevo saperlo, dall’alto delle capacità analitiche che mi vanto di avere, che non c’erano i predisposti per far durare questa relazione.

So comunque che la maggior parte dei miei colleghi è preoccupata per me e questo mi rincuora, anche se non li giustifica dal mettere il naso nei miei affari. Mr Micols invece sembra essere l’unico ad apparire più angosciato per i risvolti che questa storia potrebbe avere sulla sua carriera e sulla reputazione del nostro ufficio piuttosto che sulla mia eventuale sofferenza, per questo nelle ultime settimane ha più volte espresso il suo dissenso e si è mostrato fin da subito sfavorevole al mio rapporto con Richard. Tuttavia, dato che non abbiamo firmato alcun accordo riguardante un ipotetico avvicinamento sentimentale e non c’è nessun regolamento che stabilisce le relazioni da mantenere con i propri clienti, non mi ha potuto imporre la sua opinione. Secondo lui dovevamo affidarci semplicemente alla nostra morale e adesso, visto come si sono evolute le cose, mi rendo conto che avrei dovuto davvero prestargli ascolto. Avere ancora Richard come cliente in effetti mi inquieta e mi terrorizza, perché sono consapevole di non poterlo evitare per sempre e allo stesso tempo rischio di complicare ancora di più la nostra situazione.

Corro il pericolo di perdere la stima dei miei superiori, di diventare lo zimbello di tutto lo studio e compromettere anche la mia credibilità.  

«Sono contento» afferma il mio capo, rilassandosi visibilmente.

«È stato solo un malessere passeggero» continuo, senza dargli ulteriori spiegazioni. «Ora sono pronta a rimettermi a lavoro» concludo, con più determinazione di prima.

«Bene» annuisce Mr Micols, dandomi una pacca sulla spalla per esprimermi il suo incoraggiamento e tornando poi nel suo ufficio.

Io resto un po’ interdetta dalla sua manifestazione di affetto e aggrotto le sopracciglia con confusione, ricevendo un’occhiata altrettanto perplessa da Mrs Bomblood. Non perdo comunque altri minuti preziosi interrogandomi sull’inusuale comportamento di Peter e mi dirigo nel mio studio, fermandomi prima da Holga per recuperare la lista dei miei appuntamenti giornalieri. Ho la mattinata piena e di conseguenza non esito un istante nel prendere posto alla mia scrivania, aprendo il mio computer e concentrandomi finalmente sul mio lavoro.

Mi lascio distrarre dunque dai miei adorati numeri e dalle statistiche, in modo da trovarmi del tutto preparata nel momento in cui incontrerò il mio primo cliente. 

Alle undici, dopo aver già incontrato tre dei miei abituali assistiti, sono carica di adrenalina e caffeina. Nel mio corpo infatti c’è in circolo una dose spropositata di caffè, mentre non ho ancora assunto carboidrati dato che questa mattina non sono passata da Maggie e Phil per la mia consueta ciambella al cioccolato. Accolgo quindi Mrs McQueen con una certa irrequietezza e spero non mi parli di nuovo di torte erotiche, perché ora come ora considerata la mia fame potrei benissimo darle il mio assenso e farle investire una somma assurda in dolci con forme falliche.

L’ultima volta che ci siamo incontrate aveva nettamente superato questa sua assurda idea di investire una quantità spropositata di denaro in una pasticceria dalla dubbia morale ed era passata invece ai cosmetici biologici, considerato che nell’ultimo periodo negli Stati Uniti la comunità del makeup si sta concentrando sui prodotti naturali e giustamente non testati sugli animali.

Ma sono consapevole che Mrs McQueen ama spendere soldi, restare sempre aggiornata sugli ultimi sviluppi del mercato e cercare novità più o meno bizzarre su cui capitalizzare qualche migliaio di dollari. È il suo passatempo: così come io adoro guardare le serie TV mangiando ciambelle e bevendo vino, a lei piace investire denaro in proposte assurde e spesso al limite della decenza.

«Costumi di Halloween per animali?» chiedo alla mia cliente durante il nostro colloquio, apparendo confusa dalla sua ennesima iniziativa strampalata.

«Sì, costumi di Halloween per animali» ripete con convinzione, confermandomi la sua recente idea di investimento. «Hanno aperto un nuovo negozio in centro e le vendite stando davvero andando alla grande» mi chiarisce, apparendo elettrizzata. «Anche io ho comprato due adorabili tutine per la mia Stacy e perfino mio marito quando le ha viste ne è rimasto colpito» prosegue, iniziandomi a parlare poi della sua amata gattina.

Dubito che Mr McQueen sia rimasto davvero meravigliato dai costumi, probabilmente super costosi, acquistati dalla moglie per la loro micetta. È più probabile che l’abbia scandalizzato il prezzo delle tutine, piuttosto che la loro eccentrica bellezza. Tuttavia evito di commentare e continua ad ascoltare la mia assistita con pacata rassegnazione, riflettendo sul fatto che dovrò informarmi accuratamente su questo nuovo negozio e stabilire se davvero può rappresentare un buon investimento. Tuttavia nel ben mezzo della nostra appassionante discussione, proprio mentre Mrs McQueen sta per elencarmi tutti i collari di Swarovski che ha commissionato per Stacy dopo i suoi ultimi acquisti in modo da abbinarli correttamente ai nuovi vestiti in tema Halloween, sento uno strano trambusto fuori dal mio ufficio. Non ho comunque il tempo di chiamare la mia segretaria per informarmi sull’origine di tutta quella confusione perché la porta del mio studio si spalanca, rivelando la figura di Richard e del suo assistente.

«Mr Reyes, per favore, venga fuori!» lo prega Holga con un tono agitato, entrando a sua volta nella stanza e provando a farlo collaborare. «Le avevo detto che Miss Thompson era già impegnata in un altro appuntamento» rimarca, facendogli notare la situazione e la presenza della mia cliente.

«Ultimamente non è molto collaborante» lo giustifica Colin, scusandosi con la mia segretaria e rivolgendomi poi un’occhiata complice. 

«Cosa sta succedendo?» intervengo allora, irrigidendomi.

«Christine» sussurra Richard, fissandomi in modo intenso. «Abbiamo bisogno di parlare» dice con eccessiva serietà, comportandosi come se ogni persona presente in questa stanza dovesse sottostare semplicemente ai suoi ordini e soddisfare ogni sua esigenza.

Si sente il padrone del mondo e per un po’ anche io ho pensato che tutto girasse intorno a lui, che fosse il mio baricentro e una parte fondamentale della mia vita, ma a quando pare mi sbagliavo. Richard è presuntuoso e prepotente, non tiene conto dei sentimenti altrui e pur di ottenere quello che vuole è disposto a tutto. Perfino a mentire, come se nulla fosse.

«Ovviamente» concordo, tentando di frenare la mia rabbia. «Perciò ti sei sentito in dovere di piombare qui senza alcun invito, giusto?» continuo, rimarcando il suo pessimo comportamento per cercare di metterlo in imbarazzo. «Non importa se stai interrompendo il mio lavoro e spaventando la mia segretaria, no?» finisco in maniera retorica, lasciandogli notare quindi le conseguenze delle sue azioni.

«A quanto pare questo è l’unico modo in cui posso vederti» mi rimprovera, riferendosi alla mia mania di evitarlo e di negarmi al momento opportuno.

«Forse è meglio che io vada» borbotta all’improvviso la mia assistita, percependo l’atmosfera tesa che regna nel mio ufficio e recuperando dunque la sua borsa.

«No, Mrs McQueen!» la blocco con immediatezza, alzandomi dalla sedia per sembrare più incisiva. «Io e Mr Reyes non abbiamo nulla da dirci, inoltre non abbiamo in programma nessun appuntamento lavorativo» dichiaro con ostinazione, provando a rimandare ancora il mio scontro con Richard e sentendomi in imbarazzo per questa scenetta assurda che sta condizionando la mia professionalità.

«Non sembrerebbe» commenta allora lei con dolcezza, scuotendo il capo.

«Invece è così» mi intestardisco, ritrovandomi ad arrossire con un misto di vergogna e irritazione per l’inopportuna circostanza che mi sta coinvolgendo in prima persona. Non mi sono mai sentita tanto a disagio nella mia vita, nemmeno durante gli incontri al buio organizzati da mia madre. Nemmeno quando ero un’adolescente sfigata e paffutella, che veniva ignorata da tutti e presa in giro. Nemmeno quando il mio ultimo fidanzato si è messo ad elencare tutti i miei difetti fisici, suggerendomi gli esercizi opportuni per dimagrire e parlandomi dei vantaggi della liposuzione per eliminare un po’ di grasso.

No, ho toccato il fondo proprio adesso.

Qui, nel mio ufficio, in presenza di gente più o meno sconosciuta che da oggi in poi quasi con certezza avrebbe associato il mio nome a questa situazione fuori dal normale.

Avevo impiegato anni a crearmi una reputazione nel mondo degli affari e a combattere per far capire quanto le mie competenze fossero uguali, se non migliori, rispetto a quelle di qualsiasi altro mio collega. Eppure in pochi secondi stavo perdendo la mia credibilità, il mio orgoglio e potenzialmente una mia cliente. Tutto per colpa di Richard.   

«Devo ammettere che mi piacerebbe assistere alla vostra schermaglia amorosa, d’altronde sono una grande appassionata di drammi sentimentali, ma sono particolarmente sensibile in questo periodo» prosegue Mrs McQueen, blaterando poi sugli ultimi consigli datele della sua terapeuta e sull’instabilità attuale dei suoi chakra emotivi. «Perciò è meglio che io vada, spero comunque che voi due avrete un lieto fine» ci augura, uscendo dall’ufficio in compagnia di Holga per prenotare un altro incontro.

Prima di lasciare la stanza ci lancia un’occhiata sognante, sospira e alla fine scuote il capo. Forse considerandoci due completi idioti, troppo orgogliosi per trovare un punto di incontro.

Colin successivamente segue le due donne senza alcuna esitazione, lasciandomi sola con il suo capo e permettendoci così di godere di un minimo di privacy.

Aspetto appena pochi secondi prima di parlare, perché non voglio fare una scenata isterica e attirare ancora di più l’attenzione su di me. 

«Non puoi risolvere i nostri problemi venendo sempre a disturbarmi nel mio ufficio» lo ammonisco, ricordandogli in maniera sottointesa anche diversi episodi del passato. Non è la prima volta infatti che si presenta nel mio studio all’improvviso per richiedere un confronto, perché magari io mi sono rifiutata di vederlo o rispondere ai suoi messaggi. Da parte mia sarò anche immatura, preferendo nascondermi tra queste quattro mura piuttosto che dargli retta, ma non ha diritto di invadere sempre i miei spazi.

«E tu non puoi tagliarmi fuori a prescindere senza prima darmi la possibilità di spiegarti come stanno davvero le cose» ribatte, manifestandomi il suo fastidio.

«In questo caso non c’è niente da chiarire» dichiaro, restando dietro la scrivania per mantenere una certa distanza tra me e Richard. «Mi hai mentito, mi hai presa in giro e se non ti avessi scoperto avresti mantenuto questo segreto per l’eternità!» concludo, alzando all’ultimo il tono della voce.

«È così difficile per te accettare che io e RichieRich siamo la stessa persona?» mi domanda allora con frustrazione, passandosi una mano tra i capelli con fare nervoso. 

«No» ammetto, spiegandogli subito dopo da cosa deriva la mia sofferenza. «È difficile accettare che per mesi ho parlato virtualmente con un uomo che in realtà mi conosceva e mi stava vicino ogni giorno. Un uomo che ho iniziato a desiderare e senza saperlo si trovava a pochi metri da me, ma non ha avuto il coraggio di dirmi nemmeno una parola a riguardo» affermo con amarezza, trattenendo le mie lacrime. Penso alle volte in cui ho desiderato vedere Richie, abbracciarlo e avere un contatto concreto con lui. Perché le parole ad un certo punto non erano sufficienti, perché la nostra distanza in alcuni casi sembrava davvero insormontabile. «È difficile venire a patti con me stessa, perché non ho capito nulla fino a quando la verità non mi si è parata davanti agli occhi e una volta scoperto come stavano davvero le cose mi sono lasciata spezzare il cuore come una stupida» mormoro con genuina sofferenza, evitando il suo sguardo.

«Christine» cerca di intervenire, però non glielo permetto e proseguo con la mia confessione.

«È difficile realizzare che c’erano dei segnali evidenti ed io non gli ho dato importanza, nonostante la mia mania di analizzare tutto, perché mi fidavo di te» continuo, ragionando sui diversi momenti che mi avevano lasciata perplessa e adesso assumono un senso.

Richard in effetti sapeva che mi piacevano i dolci, che avevo una fissazione per il cioccolato e amavo le ciambelle. Io però non gli avevo detto niente di tutto questo durante il periodo della nostra reciproca conoscenza, ma al contrario lo avevo scritto a RichieRich. Per non parlare poi dei suoi discorsi strani, quando sembrava sapere cosa pensavo e quello che volevo. Oppure la sua mania di farmi sempre i complimenti, perché in fondo conosceva le mie insicurezze e le sfruttava a suo favore. 

«Lo so che ti ho delusa, ma…» prova a difendersi ancora il diretto interessato, venendo tuttavia di nuovo interrotto dalla sottoscritta. 

«Mi sono sentita una stronza e una traditrice, quando invece eri tu il bugiardo» rimarco, lanciandogli un’occhiata carica di astio. «E ho investito tutto quello che avevo… la mia carriera, i miei sogni, le mie speranze, il mio amore… per un uomo che a quanto pare non ne valeva assolutamente la pena» stabilisco con sofferenza, decretando il mio errore.

Richard resta in silenzio, colpito e forse anche un po’ ferito dalle mie parole. Poi mi guarda, sospira con fare afflitto e fa un passo avanti. Rassicurato dalla mia immobilità prova ad avvicinarsi un altro po’ e alla fine quando mi raggiunge dietro la scrivania mi avvolge senza alcuna esitazione tra le sue braccia, stringendomi con forza. Io non mi oppongo, perché in fondo sono una debole, e mi godo il nostro contatto. Solo un attimo. Solo un altro po’.   

«Io ti amo, Christine» mi sussurra all’orecchio, lasciandomi percepire il tremore nella sua voce. «Ti amo e ho avuto paura» dichiara, iniziando ad accarezzarmi i capelli. «Sono un uomo ricco e potente, ma questa volta sapevo che la mia fama e il mio denaro non sarebbero serviti a nulla. Sapevo che se ti avessi detto che ero RichieRich ti avrei persa a prescindere dalle mie intenzioni e non potevo permetterlo, perché in questi mesi sei diventata la persona più importante della mia vita» ammette, riproponendo la stessa spiegazione che mi ha dato durante il nostro primo litigio riguardante proprio questo argomento.

«Allora perché non ti sei fidato di me?» lo metto alla prova, staccandomi leggermente dal suo corpo per poterlo guardare negli occhi e rimarcando un punto fondamentale.

«Perché temevo di non essere abbastanza» mi confessa, apparendo stranamente fragile. «Perché temevo che ad un certo punto avresti scelto lui a me, anche se quel lui ero sempre io».

«Il problema è stato proprio questo, Richard: mi hai fatto scegliere, quando la risposta in entrambi i casi sarebbe stata la stessa» gli faccio notare, lasciandogli capire che fin da subito ho amato tutte le sue parti. Ho amato la sua spavalderia, la sua sicurezza, il suo lato ironico e quello megalomane. Ho amato la sua gentilezza, la sua sensibilità e la sua sagacia. Ho amato la sua capacità di farmi sentire speciale, bella e unica. Ma poi mi sono ritrovata a odiare le sue menzogne, le sue strategie e la sua falsità più di quanto ho amato tutto il resto. «Domani chiederò a Mr Micols di rescindere il nostro contratto di collaborazione» riprendo, allontanandomi definitivamente da lui.

«Cosa?» mi chiede con evidente panico, tentando di riaccogliermi tra le sue braccia.

«Non voglio più essere la tua promoter finanziaria» ammetto, considerando questa situazione troppo complicata per aggiungerci anche un coinvolgimento lavorativo e un conseguente sovraccarico di stress derivato proprio dal nostro rapporto professionale. Inoltre non credo di poter dare il massimo e offrirgli la giusta assistenza, dato i nostri trascorsi. Non sarei in grado di gestire riunioni, incontri e meeting con la consapevolezza di doverlo trattare con riguardo. Perché lui sarebbe un mio assistito e di conseguenza dovrei fare di tutto per esaudire le sue richieste, affiancandolo nelle decisioni importanti e in generale vedendolo più spesso del previsto. Ma non posso ricascare nella sua trappola, permettergli di riavvicinarsi di nuovo a me e stare nel frattempo costantemente all’erta. Finirei per cedere e per credergli, perché sono debole. Perché lo amo. «Posso consigliarti alcuni colleghi davvero capaci che potrebbero sostituirmi senza alcun problema e…».

«Non voglio nessun altro, Christine» si intestardisce Richard, apparendo anche infastidito. «Io voglio te» ribadisce, parlando con veemenza. «Vorrò sempre te» conclude, facendomi capire che non si sta riferendo solo alla nostra collaborazione professionale.

«Sono io che devo fare un passo indietro» confesso, mostrandomi amareggiata. «In questo momento ho bisogno di starti lontana» proseguo, evitando di guardarlo per non scorgere la sua espressione ferita. Non voglio sentirmi in colpa, perché adesso ho tutte le ragioni per chiedergli – o addirittura imporgli – di rispettare i miei spazi e i miei tempi.

«Va bene» acconsente lui con malcontento, indietreggiando. «Farò come vuoi, Chris» ripete in modo altrettanto insoddisfatto, passandosi una mano tra i corti capelli biondi e continuando a retrocedere. 

Mi rivolge poi un’ultima occhiata carica di tristezza e alla fine esce silenziosamente dal mio ufficio, chiudendosi la porta alle spalle con un leggero tonfo. Un tonfo che avverto fino al cuore e che metaforicamente rappresenta il nostro definitivo allontanamento, allora mi appoggio contro il bordo della scrivania e mi sostengo con le mani per evitare di scivolare a terra. Vorrei rannicchiarmi su me stessa e lasciare sfogare questa sofferenza, ma non posso farlo. Non qui. Non nel mio studio, con il rischio che la mia segretaria – oppure, ancora peggio, un infuriato Mr Micols – entri all’improvviso. Sono già abbastanza patetica ridotta in questo modo: con le guance umide a causa delle lacrime incontrollabili che sgorgano dai miei occhi, la pelle tremendamente pallida e il gelo che ha immobilizzato il mio corpo. Non desidero proprio che Holga o Peter assistano a questo mio crollo emotivo, sarebbe la mia rovina e la mia più grande vergogna. Perderei la loro stima e mi mostrerei debole, non il solito squalo della finanza che sono abituati a vedere.

Nonostante tutto il mio contegno di questa mattina è evaporato con l’uscita di Richard da questo ufficio e dalla mia vita, perciò attualmente mi ritrovo a dover gestire la distruzione di tutti i miei sogni e delle mie speranze. Adesso mi resta soltanto la responsabilità di dover spiegare al mio capo la mia decisione di abbondare un cliente del calibro di Richard Reyes, per il quale all’inizio avevo tanto combattuto al punto da passare su tutti i miei principi, e la malinconia di aver rinunciato per motivi assolutamente giustificabili al mio uomo ideale.

Al mio grande amore.

Al mio più serio e vero investimento sentimentale, dimostratosi però maledettamente sbagliato. 

Questa volta, a prescindere dalle mie analisi accurate, ho perso. Ma in gioco non c’era il solito denaro sterile e freddo. No, c’era il mio cuore.

 

   
 
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