XIV.
CONSOLAZIONE POST ROTTURA.
Ho sempre seguito un rituale ben specifico dopo aver concluso la mia
ennesima relazione disastrosa con il milionesimo uomo sbagliato e nell’ultimo
periodo, considerato il numero spropositato di rapporti falliti che per la
gioia di mia madre ho collezionato con una spaventosa facilità, le mie
abitudini si sono nettamente consolidate. Nel corso degli anni quindi ho
inevitabilmente affrontato ogni separazione allo stesso modo, aggiungendo
giusto qualche passaggio in più o diversificando l’ordine delle mie azioni in
base alle evenienze. Ma in realtà, se devo proprio essere sincera, quando vengo
mollata non faccio poi niente di speciale: indosso semplicemente il pigiama più
comodo che possiedo, accendo la televisione sintonizzandola su un qualche
canale di sitcom spagnole, consumo un intero pacco di Kleenex illudendomi di essermi commossa per le parole romantiche
che un certo Juan ha puntualmente rivolto alla sua adorata Camilla piuttosto
che ammettere di stare soffrendo per l’imbecille di turno che mi ha
irrimediabilmente ferita e per finire recupero due confezioni di ciambelle al
cioccolato – alcune volte anche tre, a seconda di come si sono svolti gli
eventi – per consumarle insieme ad una vaschetta di gelato alla vaniglia.
Magari variegato al caramello, tanto per aggiungere altro zucchero a quello già
presenta in abbondante misura nei miei donuts.
Il giorno dopo mi sveglio quindi con una nausea tremenda, con qualche
nuovo brufolo che ha meritatamente guadagnato la sua residenza sulla mia fronte
e un paio di chili in più depositati sui fianchi. Però il mio cuore è leggero,
il mio umore in miglioramento e la mia autostima ripristinata.
Perciò anche questa volta, sebbene sia stata io a lasciare Richard, non
faccio alcuna eccezione. Di conseguenza sabato sera, invece di uscire per
cercare di distrarmi e non pensare ancora al mio rapporto con Rich, mi rifugio
in casa per leccarmi le ferite e farmi una bella scorpacciata di donuts.
Sintonizzo la televisione sul mio canale di fiducia, mi procuro tutti i
fazzoletti necessari per arginare le mie lacrime e aggiungo una bella bottiglia
di vino al mio menu ipercalorico.
Non cambio il mio rituale, perché sarò anche stata io ad aver lasciato
Richard ma di certo non l’ho fatto con leggerezza. Sicuramente se la situazione
fosse stata diversa a quest’ora non avrei mai interrotto questa relazione con
il diretto interessato, però la sua bugia è stata un duro colpo per me.
Qualcosa impossibile da ignorare, una difficoltà in apparenza insormontabile.
Tuttavia domenica mattina non mi sento affatto meglio e al contrario la
tristezza sembra aver preso il pieno possesso del mio corpo, nonché della mia
mente. Un po’ come avviene nel film Inside
Out.
Tutto quello che tocco si contamina, diventa blu e mi procura
malinconia.
Le ciambelle e in generale le assurde calorie che ho ingerito appena
ieri sera non sembrano aver sortito l’effetto desiderato, dato che ho
l’impressione di essere ancora più afflitta e amareggiata rispetto alla notte
prima. Che ne è stato delle proprietà antidepressive del cioccolato? Dov’è
finita la mitica influenza benefica che i carboidrati dovrebbero avere
sull’umore? Mi sono abbuffata tutta la sera di dolci per non provare alla fine
nemmeno un minimo di conforto?
Sono talmente affranta che non ho neanche voglia di alzarmi dal letto e
il pensiero di dovermi recare a casa dei miei genitori come ogni fine settimana
per il nostro solito appuntamento domenicale, durante il quale non faremo altro
che condividere un sano pranzo dietetico e intavolare sterili discussioni sul
mio futuro, mi deprime ancora di più. Quindi senza nessuna esitazione recupero
il mio cellulare e invio un messaggio a mia madre, per spiegarle che a causa di
impegni improrogabili non potrò essere presente al nostro consueto banchetto di
famiglia. Resto sul vago e provo a non farle captare la verità, perché non ho
proprio voglia oggi di ricevere una sua telefonata e sorbirmi le sue lamentele.
Adesso voglio solo nascondere la testa sotto il cuscino, dormire come un orso
in letargo e crogiolarmi contemporaneamente nella mia autocommiserazione.
Voglio restare tutto il giorno in pigiama, gironzolare fieramente per il mio
appartamento con una morbida coperta avvolta intorno al mio corpo come una
sorta di scudo e vedere come finisce l’appassionata storia di Juan con
Camilla.
Ma i miei piani non sembrano possano realizzarsi, visto che passa appena
un’ora prima che il citofono di casa suoni e infranga l’immobilità che regna
nella mia abitazione. Mi costringo allora a reagire e mi separo con sofferenza
dalle mie calde lenzuola, sbuffando contrariata nel momento in cui i miei piedi
sfiorano il pavimento e incamminandomi poi verso l’ingresso con la stessa
grazia di un bradipo.
Quando sbircio dallo spioncino, illudendomi con un’involuta trepidazione
mascherata tuttavia da fastidio di potermi trovare davanti un Richard
determinato a tornare all’attacco, resto meravigliata nel vedere invece mia
madre e mio padre fermi sul pianerottolo. Ma in fondo dovevo aspettarmelo, mi
dico. Samantha non è il tipo da accettare la mia assenza senza alcuna
spiegazione sensata e senza prima avermi sottoposta ad un interrogatorio di
almeno venti minuti, perché con lei le cose non sono mai semplici e rifilarle
un no è un’impresa titanica. Una
fatica paragonabile a quelle di Ercole. Una missione impossibile, degna a
malapena di un esperto 007. Dove sei, Sean Connery?
Non importa se ho del lavoro arretrato, se sono rimasta bloccata nel
traffico, se ho già preso altri impegni, se ho la peste bubbonica, se sono in
procinto di morire… per lei nessuna ragione è abbastanza valida per rinunciare
ai nostri pranzi di famiglia. Forse mi darebbe la sua benedizione solo in caso
di un mio ipotetico appuntamento con un uomo, tanto per confermare le sue
priorità. Ad ogni modo, quando mi rifiuto di presentarmi per una qualsiasi
ragione che a seconda dei casi può comunque essere considerata più o meno
valida, è Samantha a venire da me. A tendermi una vera imboscata, come ha fatto
anche oggi. Nonostante il mio volere o la mia disponibilità. Trascina con sé
perfino mio padre, portando in aggiunta teglie di verdure grigliate e carne
scondita.
Apro quindi l’uscio con una certa esitazione, rendendomi conto appena
una frazione di secondo prima di scostare appunto il battente di stare davvero
dando il benvenuto a mia madre nella mia umile dimora indossando un pigiama di
flanella abbinato ad un paio di calze spesse – che sto usando al posto delle
pantofole – nonostante siano già le dieci del mattino. Oltretutto i miei
capelli sono un ammasso indistinto di ciocche crespe, ho due occhiaie che
potrebbero fare invidia ad un panda e la mia pelle è visibilmente arida come il
deserto. Se questo fosse un giorno normale o anche semplicemente una delle mie
solite domeniche a quest’ora avrei già dovuto essere truccata e pettinata alla
perfezione, nonché vestita con un completo elegante e tacchi abbinati. In effetti
non c’è differenza per me tra l’andare in ufficio e dirigermi a casa dei miei
genitori, perché in entrambi i casi devo mostrarmi al meglio: impeccabile,
perfetta e in splendida forma. I miei clienti lo pretendono, il mio capo me lo
impone e mia madre lo esige.
Si è molto più credibili quando si appare eleganti, distinti e
raffinati. È un ottimo biglietto da visita e con il tempo ho imparato anche a
sentirmi più sicura quando mi trovo al meglio della mia condizione. Mettere un
completo elegante mi fa sentire potente, indossare dei tacchi esagerati mi fa
apparire sfrontata e usare un bel rossetto per mettere in evidenza le mie
labbra mi induce a comportarmi in modo coraggioso. Avere un’immagine perfetta
in pratica aumenta la mia autostima, per quanto possa sembrare stupido. Invece
oggi sono un relitto. Sono sciatta, disordinata e arruffata. A mamma verrà un
infarto e, considerata la sua espressione, credo sia abbastanza imminente. Mio
padre è la sola persona a cui interessa più il mio benessere che il mio
aspetto. Per lui potrei andare benissimo in giro con una tuta o un vestito da
cerimonia e sarebbe esattamente la stessa cosa, perché vedrebbe soltanto me. La
sua bambina. Era lo stesso anche per Richard, per questo mi piaceva così tanto.
Rich mi apprezzava quando indossavo i miei completi eleganti, i miei abiti
sportivi e perfino i miei pigiami da nonna. Lui si concentrava solo sul mio
sorriso.
«Ciao» borbotto comunque dopo aver spalancato il battente, incrociando
per prima lo sguardo di Henry per evitare di osservare l’espressione disgustata
di mia madre.
«Buongiorno, tesoro» mi saluta papà, sorridendomi in maniera bonaria e
con un accenno di scuse.
«Sei viva» nota Samantha con immediatezza, squadrandomi dalla testa ai
piedi in modo tutt’altro che affettuoso o in alternativa preoccupato.
«Sì, mamma» annuisco, preparandomi alla sua sfuriata.
«A quanto pare non sei malata, non sembri stare attraversando nessun
momento di crisi esistenziale e non credo tu abbia un appuntamento imminente»
continua, analizzando i fatti e soprattutto le mie condizioni. «Quindi
spiegami, Christine, per quale motivo oggi non sei venuta a pranzo da noi? Cosa
te lo ha proibito?» mi domanda con un tono di rimprovero, incrociando le
braccia sotto al seno e assumendo una posa ancora più autoritaria.
«Forse è solo stanca, Sam» le fa notare mio padre, venendo in mio
soccorso e provando a trovare una scusa convincente che possa salvarmi da tutta
questa situazione.
«Già, sono stanca» ammetto, considerando che non sto affatto mentendo.
Sono stanca di fidarmi degli uomini, di cedere così velocemente e
innamorarmi sempre della persona sbagliata. Sono stanca di credere ancora di
poter trovare qualcuno adatto a me, quando poi vengo puntualmente delusa e
umiliata.
«Non è una giustificazione» afferma mia madre, allontanandomi dalla
porta per entrare subito dopo nel mio appartamento. Si dirige subito in cucina
e appoggia i vassoi con il pranzo sul bancone di marmo, vicino ad una scatola
vuota di ciambelle. Lancia allora un’occhiata di disgusto alla busta unta, che
conteneva la mia cena consolatrice, e successivamente riporta l’attenzione su
di me. «I tuoi genitori dovrebbero venire prima di ogni cosa, anche della
stanchezza».
«Sì, mamma» ripeto quindi, assecondandola e decidendo di arrendermi in
partenza invece che combattere. Devo conservare le mie energie e valutare bene
quale battaglia affrontare con lei, piuttosto che contraddire ogni sua parola.
«Hai passato di nuovo tutta la notte a mangiare schifezze e guardare la
TV?» mi accusa, osservando ancora la scatola di donuts che sembra sfidarla.
«È probabile» confesso, sentendomi arrossire a causa del disagio.
Non voglio sorbirmi una sua ennesima sfuriata sulla mia dieta, non
quando sono già così emotivamente instabile.
«Christine» si limita però a dirmi lei, con un tono più che esaustivo.
«Mamma» le rispondo, imitandola.
«Sai che non dovresti nemmeno guardarle da lontane queste ciambelle»
continua, annullando le mie speranze di aver limitato la nostra discussione
almeno per questa volta ad un semplice scambio di singole parole. «Contengono
troppi grassi e tu sei già abbastanza in carne senza aggiungere anche queste
calorie» rincara, menzionando ancora il mio fisico imperfetto.
«Sono contenta che, tanto per cambiare, ti stia tanto a cuore il mio
peso corporeo» affermo con ironia, imponendomi di non dare spazio ai miei reali
sentimenti. Finirei per urlarle contro, rinfacciarle anni di sofferenze e
mettermi a piangere. Di solito sono più forte e mi lascio scivolare le sue
frasi addosso senza alcun problema, ma oggi mi sento particolarmente fragile.
Molte mie certezze sono crollate, insieme alla consapevolezza di aver trovato
il mio uomo ideale.
«Lo dico per te, tesoro» prosegue Samantha, apparendo seriamente
preoccupata per me. Sembra anche voglia aggiungere qualcos’altro e continuare
il suo discorso con le sue solite raccomandazioni dalla dubbia importanza, ma
appena posa lo sguardo su mio padre cambia idea e si concentra invece su di
lui. «Henry, smettila di cercare le briciole delle ciambelle e dici qualcosa a
tua figlia!» lo rimprovera in modo severo, incrociando le braccia sotto il seno
e inasprendo la sua espressione.
«A che gusto erano i donuts?» mi chiede il diretto interessato,
esaminando con particolare cura i granelli di cioccolato sparsi sul bancone.
«Henry!» esclama mia madre, oltraggiandosi per non aver ricevuto il
supporto che si aspettava.
«Scusa, amore, ma così non riesco proprio a capirlo» si giustifica papà,
portandosi alle labbra le molliche che riesce a raccogliere per indagare ancora
sul gusto. Io trattengo a malapena una risata e osservo l’espressione di
Samantha, che passa in un paio di secondi dall’evidente fastidio alla
rassegnazione.
«Tu e Chris siete una causa persa» dichiara con amarezza, scuotendo il
capo e sospirando. «Tornate in salone mentre io finisco di cucinare, qua non mi
siete di nessun aiuto» ci rimprovera, concludendo il discorso e prendendo
subito dopo il controllo della mia cucina.
«Agli ordini, mamma» la assecondo, trascinando con me Henry e sfruttando
all'istante questa possibilità di evitare ulteriori rimproveri.
Porto mio padre in salotto e lo faccio accomodare sul divano, prendendo
posto accanto a lui. Mi rannicchio al suo fianco, come quando ero bambina,
cercando silenziosamente il suo conforto. Papà allora, capendo probabilmente il
mio stato d’animo, inizia ad accarezzarmi i capelli.
Ho trent’anni, sono una donna autonoma e una delle promoter finanziarie
più cazzute della città. Ma devo ammettere che, nonostante la mia età e la mia
realizzazione professionale, non vi vergogno di venire coccolata ancora adesso
da Henry. Tra le sue braccia grandi e forte tutto sembra diverso, meno
preoccupante. Mi sento protetta, amata e compresa.
In un attimo mi vengono in mente i momenti trascorsi con Richard e la
sicurezza che sapeva trasmettermi, così simile a quella che sto provando adesso
tra le braccia di mio padre. La sua vicinanza e il suo calore mi hanno sempre
fatta sentire… a casa.
In base alle mie esperienze passate sono consapevole che non è poi così
scontato stare insieme ad una persona e stabilirci subito una certa sintonia,
una particolare intimità. Sentirsi al cento per cento a proprio agio è
difficile: ci vuole tempo, pazienza e comprensione. Con Richard invece è stato
tutto naturale, semplice e automatico. Lui sembrava fatto su misura per me.
M irrigidisco e tento di nascondere l’ondata di tristezza che sta per
travolgermi, non ottenendo tuttavia alcun successo. I miei occhi si
inumidiscono, trattengo a malapena un singhiozzo e stringo i pugni con forza.
Mio padre ovviamente si rende subito conto che qualcosa non va, visto che
percepisce ogni più piccolo cambiamento del mio corpo, e mi induce a scostarmi
leggermente da lui. Scioglie dunque il nostro abbraccio e in seguito mi guarda
negli occhi con preoccupazione, mantenendo comunque una mano legata alla mia.
«Allora, dolcezza, che cosa è successo?» mi domanda, usando un tono
cauto e particolarmente dolce.
Perché Henry mi conosce e sa che in questo preciso momento, davanti al
suo sguardo colmo di affetto, sto per crollare in mille pezzi. Sto per
abbondare la mia compostezza e rinunciare all’armatura che in questi anni ho
così faticosamente costruito, pezzo dopo pezzo, tornando ad essere quella
stessa adolescente fragile che una volta rincasata da scuola voleva soltanto
nascondersi tra le sue braccia in cerca di conforto.
Accettazione.
Amore.
Per sentirmi di nuovo perfetta, bella e forte.
«Oh, papà» piagnucolo come una bambina, perdendo il controllo delle mie
emozioni.
C’è solo una cosa in questo mondo che mio padre odia con tutto se
stesso: le mie lacrime. Lo rendono impotente, triste e angosciato. Gli fanno
credere di non essere riuscito a proteggermi e di aver di conseguenza fallito
il suo ruolo di genitore, anche se in realtà sin da quando sono nata è stato
consapevole di non potermi sempre salvare dalla crudeltà della vita.
Crescendo si impara a soffrire, è inevitabile.
«Dimmi tutto» mi invita allora, preparandosi ad ascoltarmi.
«Ho lasciato Richard» ammetto, riuscendo ad articolare nonostante il mio
pianto una frase di senso compiuto.
«Per quale motivo?» mi chiede Henry, aggrottando le sopracciglia con
confusione. «È ovvio che non ne sei per niente felice» prosegue, considerando
la mia reazione e le mie lacrime in apparenza senza fine.
«Perché mi ha mentito» mormoro, asciugandomi le guance con la manica del
mio pigiama. Poi, spinta da un coraggio inaspettato, gli racconto tutta la
storia.
La mia idea di iscrivermi ad un sito di incontri, i miei messaggi con il
misterioso RichieRich, la mia
conoscenza con Richard, il suo stravagante corteggiamento e il mio interesse
per quelli che credevo fossero due uomini diversi. Gli ho spiegato in sintesi
la lotta interiore che mi sono trovata ad affrontare, insieme al mio senso di
colpa, quando ho capito che non potevo ottenere entrambi. Per scoprire
successivamente quanto fossi stata una stupida a pensare di poter essere felice
e aver trovato la mia metà, perché alla fine dei conti ero stata ingannata.
Perché il mio misterioso corteggiatore e quello reale si erano rivelati essere
la stessa persona, ma invece di esserne entusiasta mi sono sentita tradita.
Usata. Non sapevo più cosa potessi considerare vero e cosa fosse falso, ho
messo quindi in dubbio la sincerità di ogni sua singola parola e perfino i suoi
sentimenti.
In seguito ho messo al corrente mio padre dei tentativi infruttuosi di
Rich di spiegarmi la sua versione dei fatti, perché io avevo alzato un muro tra
di noi per tutelare il mio cuore e non gli avevo permesso di fare breccia al
suo interno. Per paura di cedere, perdonarlo e tornare a sperare.
«Capisco» si limita a dire mio padre una volta che ho concluso il mio
sfogo, analizzando la situazione senza esprimere alcun parere.
«Non so se posso ancora fidarmi di lui» proseguo, sottolineando il
problema principale di tutta questa storia e cercando di far valere le mie
ragioni.
«Hai provato a metterti nei suoi panni?» mi domanda Henry dopo qualche
attimo di silenzio, provando a farmi riflettere meglio sulla questione.
«No» sussurro, scuotendo il capo. «Ma sono sicura che al suo posto non
mi sarei mai comportata in modo così vile» continuo, dando spazio alla mia
rabbia.
«Davvero?» mi sfida il mio interlocutore, trattenendo il suo
scetticismo.
«Certo!» affermo con convinzione, offendendomi per la sua insinuazione.
«Sai, tesoro, all’inizio di una conoscenza è normale crearsi delle
aspettative» mi ricorda dunque mio padre, tentando di rabbonirmi. «Tu più di
tutti dovresti saperlo» dichiara, riferendomi alle mie precedenti relazioni.
«Non sei forse rimasta spesso delusa dagli uomini che hai frequentato proprio
per colpa delle tue previsioni e speranze?».
«Sì» confesso con riluttanza, ripercorrendo mentalmente tutti i miei
rapporti. Molti di loro sono finiti dopo essersi scontrati con la realtà,
mentre altri appena ho capito cosa si nascondeva davvero dietro le intenzioni
del mio partner di turno.
«E anche questa volta, quando hai cominciato questa strana conoscenza
con RichieRich, non hai forse
incominciato a fantasticare su di lui?» mi provoca Henry, dimostrando di
conoscere perfettamente il mio carattere. «Secondo me Richard ha avuto paura di
deluderti» riprendere, senza darmi il tempo di ribattere. «Ha avuto paura che
confidandoti di essere il tuo ammiratore segreto avrebbe distrutto i tuoi
sentimenti per entrambi».
«Lo ha fatto» mormoro, considerando come si è concluso il nostro
confronto su questo argomento.
«Forse ha pensato che tenendoli separati avrebbe risolto la situazione,
anche se in fondo era consapevole di stare sbagliando» continua mio padre,
cercando di dare un senso alle azioni di Richard e chiarendomi i suoi
ragionamenti. «Questo di certo non lo giustifica, ma forse lo puoi
comprendere».
«Mi ha manipolata» mi ribello, alterandomi.
«Sì, dolcezza, ma è comunque un uomo che ti ha conquistato due volte» mi
fa notare lui, sorridendomi con tenerezza. «Ti sei innamorata di lui sia nelle
vesti di Richard che in quelle di RichieRich»
prosegue, stringendomi con più forza la mano. «Questo non ti fa riflettere?».
«Su cosa?» borbotto, provando ad ignorare la verità che traspira dalle
sue parole.
«Sul fatto che probabilmente è la persona giusta per te» afferma Henry,
apparendo del tutto convinto e fiero della sua supposizione. «Hai accettato
tutte le sfumature del suo carattere e lui ha fatto la stessa cosa con le tue»
dichiara, dando a mio parere una svolta fin troppo romantica alla situazione.
«Si è innamorato delle determinata e sicura Christine, ma anche della fragile
ed ironica ChocolateDonut».
«Allora dovrei perdonarlo?» gli chiedo, interessandomi ormai al suo
parere completo.
«Non ti sto suggerendo di sorvolare su tutta questa faccenda,
soprattutto se ti fa soffrire, però non usarla come scusa per tirarti indietro»
mi invita mio padre, suggerendomi inoltre di non arrendermi subito e di
lottare. «Non usarla come scusa per nasconderti ancora nel tuo guscio e pensare
di non essere abbastanza» mi raccomanda, invitandomi a superare le mie
convinzioni e sconfiggere le mie debolezze. Anche se ormai è cementata dentro
di me, sebbene io provi a fingere – anche con una certa dimestichezza
nell’ultimo periodo – di essere una tosta.
«Questa volta ho fatto esattamente il contrario, papà» lo correggo,
valutando i miei comportamenti e il coraggio che ho scoperto in me stessa
durante la mia relazione con Rich. «Mi sono lasciata andare e non ho permesso
alle mie insicurezze di darmi un limite, ho messo a nudo i miei difetti
provando a non considerarli un problema e ho cercato di trasformare le mie
fragilità in punti di forza» confesso, ragionando su tutti i miglioramenti che
ho ottenuto una volta affrontate le mie paure. «E guarda cosa ho ottenuto in
cambio» gli faccio notare, indicando il mio aspetto sconvolto e le mie guance
ancora rigate di lacrime.
«Hai ottenuto un uomo che ti ama davvero, tesoro» mi informa Henry,
ponendomi davanti alla realtà dei fatti. «Perché puoi mettere in dubbio ogni
cosa, ma non i suoi sentimenti. Io sono sicuro che Richard ha agito in questo
modo spinto dal timore di perdere quello che avevate costruito e non aveva
alcuna intenzione di ferirti».
«Anche io lo amo» sussurro, ammettendo ad alta voce le mie emozioni. Il
mio amore non è scomparso e non si è affievolito, nonostante la delusione e le
ferite che mi porto dentro.
«Allora non mettere già la parola fine a questo rapporto» mi suggerisce
mio padre, sorridendomi con rinnovata dolcezza. «Forse tutta questa sofferenza
può assumere un senso».
La nostra discussione viene interrotta dall’arrivo di Samantha, che dopo
averci lanciato un’occhiata un po’ stranita ci invita a seguirla in cucina per
pranzare. Tanto per cambiare il menu di oggi prevede salmone grigliato, ricco
di omega-3 e vitamine, accompagnato da broccoli bolliti. Il tutto è condito con
un filo di olio extra vergine di oliva, che ho comprato al supermercato dopo
aver seguito un programma italiano gastronomico in cui si esaltavano le
proprietà di questo prodotto e ho poi sapientemente dimenticato in un angolo
sperduto della mia credenza. Mia madre tuttavia lo ha evidentemente scovato e
utilizzato per rendere il piatto più gustoso, in modo da invogliare mio padre a
mangiarlo senza sbuffare con troppo scontentezza.
Il pranzo trascorre con lentezza, con Samantha che mi informa sugli
ultimi pettegolezzi della nostra comunità e della sua nuova passione per lo
yoga. Sta cercando di convincere anche Henry a provare questa disciplina così
rilassante, ma papà preferisce di gran lunga guardare il baseball in TV
piuttosto che sdraiarsi su un tappetino dal dubbio materiale per imitare le
posizioni di una hippie moderna eccessivamente snodata. Almeno questo è quella
che ha borbottato lui sottovoce, mentre la mamma era impegnata a sistemare i
piatti nel lavandino una volta finito il nostro pasto.
Successivamente mio padre torna in salotto, sdraiandosi sul mio divano
con il chiaro obiettivo di sonnecchiare intanto che finge di guardare il
football alla televisione, ed io rimango con Sam. Allora mi offro di lavare le
stoviglie, giusto per dimostrarmi una buona padrona di casa, per lasciare poi a
lei il compito di asciugarle e riporle nei vari scaffali. Il tutto
rigorosamente in silenzio. Perché Samantha è una grande conversatrice quando si
tratta degli affari degli altri o di riempire i vuoti con chiacchiere
insensate, ciò nonostante non ha la minima capacità di intavolare una
discussione produttiva con me che vada oltre il gossip o l’ultima dieta letta
in una qualche rivista di moda. Non è mai stata brava ad ascoltarmi,
interpretare i miei atteggiamenti e i miei momenti di apparente calma.
D'altronde per lei ogni mia problematica, che fosse legata al bullismo subito a
scuola o alla mia asocialità in generale, andava obbligatoriamente collegata al
mio peso e al mio disagio di essere grassa.
Con questo non voglio dire che mia madre non mi voglia bene o sia un
pessimo genitore, però è evidente che non mi ha mai capita. Ancora oggi non ci
riesce. Siamo semplicemente troppo diverse per trovare dei punti in comune, ma
non gliene faccio una colpa.
Per questo resto davvero meravigliata quando di sua spontanea iniziativa
apre il mio freezer, recupera l’unica confezione di gelato sopravvissuta alla
mia crisi emotiva post-rottura e mi invita con un gesto ad accomodarmi accanto
a lei. Si siede quindi sullo sgabello dell’isola, affonda il suo cucchiaio nel
preparato al cioccolato con uno slancio di energia invidiabile e se ne porta
una generosa quantità alla bocca. Come se nulla fosse. Come se lo avesse sempre
fatto, anche se io non ho mai visto mia madre – la rigida Samantha, sempre
attenta a contare le calorie di ogni singola pietanza – mangiare gelato. È un
evento da scrivere sul calendario.
«Chi è lo stronzo che ti ha ridotto in questo modo?» mi chiede in
seguito, facendomi risvegliare dal mio attuale stato di shock e concentrare
invece sull’immediato evolversi degli eventi. Di conseguenza prendo posto al
suo fianco, mentre continuo a guardarla con un certo stupore pensando che prima
o poi mi sveglierò da questo strano sogno e mi preparo nel frattempo con la sua
inattesa approvazione a gustarmi il mio adorato dessert.
«Si chiama Richard» mormoro, sentendomi a disagio a parlare con lei
della mia storia e dei particolari imbarazzanti che hanno dato il via a questa
assurda faccenda. Non voglio confessarle di essermi sentita talmente insicura
da avere avuto il bisogno di iscrivermi ad un sito di incontri, in preda
all’ebbrezza causatami dal vino, per trovare la mia anima gemella. Non voglio
dirle che per un attimo ho davvero creduto di avere trovato una persona
perfetta per me, confermandole così la mia ingenuità, e non voglio ammettere
soprattutto il mio fallimento. L’ennesimo. Non voglio ammettere di essermi
guadagnata di nuovo un cuore spezzato per colpa dei miei sogni romantici.
Certo, mamma solitamente adora darmi il suo parere sugli uomini e non è
un mistero che nell’ultimo periodo abbia cercato di organizzarmi diversi
appuntamenti al buio con l’intento di vedermi sposata almeno nell’arco del
prossimo anno. Ma io non ho mai cercato per prima la sua opinione riguardo una
mia relazione, perché ho sempre cercato di vivere i miei rapporti lontano dalla
sua influenza. Perciò non mi sono mai ritrovata ad informarla di mia spontanea
volontà dell’inizio di una mia nuova frequentazione e allo stesso modo non ho
mai richiesto il suo supporto, al contrario ho sempre provato a nasconderle
ogni indizio e mi sono esposta solo al momento che ritenevo opportuno.
Dunque è strano adesso parlarle senza alcuna esitazione di Richard,
della mia iscrizione a With Love, dei
miei messaggi con RichieRich e della
mia inettitudine sentimentale. Eppure parliamo e parliamo, mentre condividiamo
un’intera confezione di gelato al cioccolato.
«Quindi il misterioso RichieRich
e il tuo Richard sono la stessa persona?» afferma Samantha con genuino
sbalordimento, fermandosi con il cucchiaio a mezz’aria.
«Sì!» esclamo, approvando il suo sbigottimento. «E mi ha mentito» le
ribadisco, sottolineando il punto più grave. «Per mesi» aggiungo con enfasi, in
modo da farle capire la gravità della situazione.
«Beh, tecnicamente non ti ha proprio mentito» mi corregge mia madre,
scuotendo il capo. «È più giusto dire che ti ha omesso la verità» prosegue,
cercando il termine adatto.
«Ma tu da che parte stai?» borbotto, lanciandole un’occhiataccia.
«Sto solo analizzando i fatti, Christine» dichiara Sam con ovvietà,
scrollando anche le spalle con noncuranza. «Richard non ti ha tradita e
riempita di bugie, si è solo nascosto dietro un nome fittizio e alquanto banale
per approcciarti su un sito di incontri online in modo da conoscerti meglio».
«Perciò secondo te ho avuto una reazione esagerata?» le domando con tono
di sfida, aspettando la sua risposta alquanto prevedibile.
«No» dichiara mia madre, spiazzandomi di nuovo. «A mio avviso sei
soltanto troppo frettolosa nel volere concludere tutto» mi mette al corrente,
esprimendo finalmente il suo giudizio.
«Se fosse per te avrei già dovuto perdonarlo» mi lamento, sbuffando.
«Non dico questo, semplicemente penso che tu lo abbia tagliato fuori
dalla tua vita troppo velocemente: d'altronde è normale avere dei problemi in
una coppia, ma dovresti imparare a risolverli invece di arrenderti subito»
ribadisce, soffermandosi sul mio errore. «Perché non vuoi affrontarlo?» mi
chiede in seguito, indagando sulle mie ragioni.
«Perché non voglio perdonarlo» ammetto, usando un tono serio. «Almeno
non ancora» aggiungo in un sussurro, smettendo per un attimo di gustarmi il mio
gelato.
«È una questione di orgoglio?» mi interroga Samantha, aggrottando le
sopracciglia con palese disapprovazione.
«No, è una questione di fiducia» le ripeto, tornando al punto
principale.
«È una cazzata» si limita allora a replicare mia madre, rischiando di
farmi strozzare mentre riprendo a mangiare il mio dessert a causa della sua
frase così fuori dalle righe. Almeno per i suoi standard estremamente rigidi,
eleganti e conservatori.
«Scusa?» le chiedo infatti, credendo di aver sentito male. Forse sto davvero
sognando e in effetti non mi sembra una possibilità tanto irrealistica,
considerata la scena: in fin dei conti mi trovo in cucina con mia madre a
mangiare gelato, parlando dei miei problemi amorosi e ascoltandola imprecare.
«Hai capito benissimo» mi dice la diretta interessata, fissandomi in
modo profondo. «È una cazzata» conferma, scandendomi la parola con lentezza.
«Stai sprecando il tuo tempo a piangerti addosso quando invece potresti
trascorrerlo in maniera molto più piacevole. Magari tra le sue braccia, oppure
insultandolo con tutte le parolacce che ti vengono in mente e considerato il
tuo livello di istruzione dovresti avere un intero vocabolario da poter
utilizzare» mi suggerisce, dandomi addirittura il permesso di essere scurrile.
«La fiducia non si ricostruisce con il silenzio e la lontananza» mi spiega,
riprendendo a parlarmi con serietà. «Tu vuoi perderlo del tutto, Christine?» mi
domanda quindi in modo preoccupazione, facendomi capire che con questo
atteggiamento non riuscirò mai a ricucire la mia relazione con Richard e di
conseguenza finirò inevitabilmente per allontanarlo.
«No» affermo dunque con inquietudine, sentendo i miei occhi inumidirsi
all’eventualità di non averlo più nella mia vita.
«Allora smettila di essere così testarda» mi consiglia Sam, allungando
una mano per appoggiarla sulla mia in segno di conforto.
«Lo dici solo perché vuoi che lo sposi e partorisca i suoi figli» la
accuso, asciugandomi inutilmente un paio di lacrime sfuggite al mio controllo e
riprendendo poi a singhiozzare.
«A me sembra un ottimo piano» dichiara mia madre, annuendo con
soddisfazione.
«Non mi serve Richard per essere felice» mi impunto, rifiutandomi di
condividere la sua idea.
«Sono sicura che hai ragione» mi asseconda quindi lei, parlandomi
tuttavia con condiscendenza. «Sei una donna forte e autonoma, sicuramente non
hai bisogno di nessuno» prosegue, facendomi sentire quasi a disagio. Perché le
sue parole non sono intese come un complimento, al contrario sembrano una
condanna alla solitudine.
«Sì, lo sono» concordo, cercando di farle capire quanto sono fiera in
realtà di aver raggiunto questi obiettivi. Sono contenta di non dover dipendere
da qualcun altro, mi ritengo soddisfatta della donna che sono diventata. Non
importa se la sera quando esco da lavoro ritorno in un appartamento vuoto e
silenzioso, non importa quello che ho sacrificato per arrivare a questo preciso
punto della mia vita.
Va bene, davvero.
«Ma per una volta ascoltami, Chris» mi invita allora Samantha, apparendo
estremamente decisa. «Non pensi che sarebbe meglio condividere la tua vita con
qualcuno? Non perché non saresti in grado di stare da sola, sono sicura che
riusciresti a farlo senza alcuna difficoltà e anzi all’inizio potrebbe anche
sembrarti gratificante, ma semplicemente per sperimentare quanto è bello essere
in due» continua, apparendo estremamente saggia. «Stare con la persona giusta»
dichiara, senza lasciarsi demoralizzare dal mio silenzio. «Perciò ti serve
Richard. Ti serve per condividere la felicità, perché essere felici da soli in
fondo è davvero inutile… non credi?».
E con questa semplice frase ogni mia singola convinzione crolla, perché
in fondo mia madre dice la verità: essere felici da soli non ha senso. Dovrei
saperlo bene. Io ho avuto l’enorme fortuna di trovare una persona con cui
condividere i miei sorrisi, le mie speranze e i miei sogni. Una persona capace
di alleggerire le mie sofferenze e capire i miei malumori. La mia anima
gemella, il mio uomo ideale. Ma invece di tenerlo stresso a me e ancorarlo per
sempre alla mia anima, l’ho lasciato andare. Come una stupida. Perché in fin
dei conti ho avuto paura: avevo raggiunto la mia personale perfezione e mi sono
lasciata prendere dal panico, perciò ho preferito tornare indietro. A quello
che conoscevo, a quello che potevo gestire. Eppure… mi manca. Tutta quella perfezione
abbagliante. Richard.
La sua bugia è stata indubbiamente un brutto colpo da assorbire, ma è
davvero un ostacolo insormontabile? È davvero impossibile per me dargli retta
per un secondo e sentire la sua versione dei fatti? Sono così insensibile da
non essere nemmeno in grado di condividere le sue debolezze, come lui invece ha
fatto con le mie?
Guardo mia madre, mentre continua a gustarsi il suo gelato al cioccolato
con un’espressione talmente serena stampata sul volto da farla apparire quasi
strana, e sospiro. Resto ferma e in silenzio a contemplare il vuoto, tenendo
saldamente il mio cucchiaio in mano per aggrapparmi alla realtà. Adesso questo
flessibile strumento di metallo è il mio unico appiglio in questo mondo confuso
o per meglio dire è il mio unico punto fermo nel groviglio caotico dei miei
pensieri, dato che sto valutando dettagli che prima avevo del tutto trascurato:
gli occhi imploranti di Rich quando mi ha pregato di ascoltarlo, la sua
esitazione nell’ammettere di essersi sentito inadeguato dopo avermi mostrato
una parte di sé tramite i messaggi di RichieRich,
la sua volontà di spigarmi tutto con il timore tuttavia di non riuscire a
ricucire la frattura che ha determinato a causa delle sue stesse insicurezze.
Non riesco neanche più a godermi il mio dessert, dato che sono troppo
concentrata a ripercorrere mentalmente ogni attimo della nostra storia. Tutto
quello che non ho capito, e in parte ho volutamente trascurato, fin
dall’inizio.
Quando i miei genitori se ne vanno, strappandomi la promessa di non
mancare al nostro prossimo pranzo domenicale, mi ritiro di nuovo in me stessa.
Torno nella mia camera, dopo aver recuperato una bottiglia di Pinot Nero
californiano e un bicchiere dalla mia credenza, per poi sdraiarmi sul letto.
Incrocio quindi le gambe sul materasso, mi verso una generosa dose di vino
tenendo il mio prezioso calice in bilico e alla fine mi guardo intorno con fare
un po’ spaesato. In verità non ho idea di cosa fare adesso, perché anche se ho
acquisito delle nuove consapevolezze riguardo al mio rapporto con Richard temo
comunque di sbagliare approccio e rovinare definitivamente ogni mia possibilità
con lui. Non voglio mandare in fumo ogni mia speranza, però non so davvero come
agire. Per questo, quando mi volto verso il mio comodino e vedo il mio computer
una strana frenesia si impossessa di me.
Certo, probabilmente l’ebbrezza datami dall’alcol non mi rende
attualmente molto lucida e di sicuro non mi aiuta nemmeno a prendere delle iniziative
logiche. In effetti perfino le mie esperienze passare dimostrano che quando
sorseggio troppo vino tendo un po’ a lasciarmi andare e a commettere qualche
pazzia, tuttavia forse è proprio questo che mi serve ora: infrangere ogni
schema razionale per dare spazio alla mia follia alcolica. Lasciarmi travolgere
da questa spinta di coraggio e ripartire dal principio. Dal momento in cui
tutto ha avuto inizio.
Perciò senza rifletterci oltre prendo il mio laptop, apro il sito di WithLove e torno sull’icona delle e-mail.
Individuo l’indirizzo di RichieRich,
l’unico che ho salvato da quando mi sono iscritta a questa pagina di incontri,
e comincio una nuova conversazione virtuale.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Ci
risentiamo
Ciao, Richie. Sono io, la solita Choco.
Stupida ed imbranata. Sono successe molte cose nell’ultimo periodo e ho bisogno
di parlare con qualcuno che possa capirmi davvero, che possa ascoltarmi e
consolarmi. Ho bisogno di te. Non tanto per ricevere un tuo parere, ma perché
mi sembrava semplicemente giusto. D'altronde in questi ultimi mesi sei rimasto
sempre al mio fianco, seguendo tutti gli appassionanti risvolti della mia vita,
e ora non voglio privarti proprio dell’evento più importante. Quindi volevo
dirtelo. Mi sono innamorata, Richie. Mi sono innamorata di quello spocchioso,
arrogante e megalomane Mr Billionaire. Già. Quel Mr Billionaire capace di
irritarmi con i suoi capricci, il suo carattere volubile e i suoi assurdi
investimenti. Eppure nasconde anche tante qualità, devo ammettere che è
piuttosto bravo a farlo e non me lo aspettavo. Però alla fine ho scoperto il
suo lato dolce, sensibile e gentile. Non mi ha ancora
dedicato nessuna canzone di Ed Sheeran, ma questo posso superarlo. Perché lui è
perfetto per me. Perché tu sei perfetto per me. E mi dispiace di non averti
ascoltato, di non averti capito. Però non posso negare che la tua omissione mi
ha ferito, sebbene in fondo io possa capire – e sì, lo posso fare davvero –
perché hai mantenuto questo segreto. Questo silenzio. Tuttavia mi sono sentita
comunque tradita quando ho scoperto, nel peggiore dei modi, come stavano le
cose. Ho pensato che tutta la nostra relazione fosse falsa, che tu ti fossi
solo preso gioco di me. Dei miei sentimenti. Quando abbiamo iniziato questa
corrispondenza telematica non pensavo di potermi invaghire con una tale
intensità di uno sconosciuto: delle sue parole tenere, spiritose, romantiche.
Perciò mi sono sentita una traditrice quando, con una semplicità sconcertante,
mi sono innamorata di Richard. Di te. Mi sembrava assurdo vedere in lui un po’
di quel Richie che ho conosciuto online, ma mi sono sentita anche sollevata.
Sì, sembrava giusto. Mi sentivo autorizzata a provare queste emozioni per un
altro uomo, uno reale, anche se ad un certo punto mi sono ritrovata a lottare
con il mio senso di colpa. Perché volevo entrambi, per motivi simili e anche
diversi. Forse è proprio questo che non posso perdonarti. Hai creato in me
delle speranze, sia nei panni di RichieRich che nei panni dell’integerrimo Mr
Reyes, e poi le hai distrutte. Ciò nonostante io per prima mi sono rifugiata
dietro l’identità di ChocolateDonut, perché dopo le mille delusioni che ho
collezionato negli ultimi anni mi sono convinta di essere sbagliata e di dover
cambiare. Essere diversa. È stato così irreale invece trovare non uno, ma ben
due persone disposte ad accettarmi. Con i miei pregi e i miei difetti. Poi però
mi sono trovata nella posizione di dover scegliere, almeno in apparenza, e ho
avuto paura. Ma alla fine, quando ho creduto di aver raggiunto la mia felicità,
ecco che vengo a sapere che tutte le mie sofferenze erano inutili: stavo
lottando per un unico uomo, che mi ha manipolata fin dall’inizio. In modo
subdolo ti sei insinuato nel mio cuore, per spingermi inevitabilmente tra le
tue braccia. A prescindere da tutto, incurante dei tuoi errori. Però mi hai
conquistata, Richard. E invece di stringermi, di proteggermi, di amarmi… mi hai
fatta piangere. Le tue bugie hanno creato cicatrici interiori, difficilmente
rimarginabili. Hai perso la mia fiducia, mi hai fatto mettere in dubbio la
nostra complicità e soprattutto il mio giudizio. E ora siamo entrambi soli,
tristi e infelici. Eppure ci amiamo: questa è l’unica cosa che non è cambiata
tra di noi, vero? Ma può bastare? Forse sì. Può ricucire le ferite e non farle
più sanguinare, anche se loro resteranno sempre là. Saranno impresse
nell’anima, a ricordarci i nostri sbagli e il nostro dolore. Sarà difficile
guardarle e ogni tanto daranno fastidio, ma ci ricorderanno questi giorni e ci
porteranno ad apprezzare ancora di più quello che abbiamo ricostruito. Perché
io non voglio perderti, Rich. Nonostante tutto voglio stare con te. Andare
avanti ed essere felici insieme. E amarti.
La tua Choco Christine