XV.
WITH LOVE. LA MIA PERSONA GIUSTA.
Sono passati esattamente tre giorni, dodici ore e
quindici minuti dall’invio della mia e-mail a Richard. Ma ancora – dopo tre giorni, dodici ore e sedici minuti –
non ho ricevuto alcuna risposta da parte sua, solo silenzio. Insomma, gli ho
aperto di nuovo il mio cuore e ho ammesso i miei errori. Ho confessato la mia
superficialità nel giudicarlo, la mia indelicatezza nell’averlo apparentemente
cancellato dalla mia vita. Ho fatto un passo avanti e mi sono offerta di
superare insieme questa situazione, per cercare nonostante tutto quello che è
successo di darci un’altra possibilità. Eppure Richard non mi ha contattata,
non è venuto a bussare alla mia porta e non si è degnato nemmeno di farmi una
delle sue solite improvvisate in ufficio.
Il giorno successivo alla trasmissione del mio
messaggio mi aspettavo quasi di trovarlo lì, seduto alla mia postazione con la
sua insopportabile nonchalance. In effetti mi immaginavo già la scena: lui
seduto sulla mia comoda poltrona girevole con le sue preziose scarpe adagiate
sul legno appena lucidato della mia scrivania, mentre Holga gli suggeriva con
apprensione di andarsene o in alternativa se proprio non voleva darle retta lo
pregava di comportarsi almeno in maniera educata. Non mi sarei sorpresa nemmeno
di vedere il fedelissimo Colin al suo fianco, magari con un’espressione
contrariata stampata sul viso e una scusa comunque pronta per giustificare il
comportamento ossessivo del suo capo.
Invece niente. Le mie aspettative e la mia
trepidazione si sono sciolte come neve al sole appena ho messo piede nel mio
studio, lasciandomi scioccamente pervadere dall’amarezza quando mi sono resa
conto dell’immobilità che regnava in giro. La mia segretaria infatti non stava
iperventilando a causa della presenza di un ospite inatteso che si era
impossessato del mio ufficio, le receptionist stavano svolgendo con perfetta
normalità il loro lavoro senza lasciarsi prendere dall’emozione di avere un vip
dal calibro di Mr Reyes in attesa di incontrare il suo consulente e Mr Micols
appariva del tutto tranquillo. Non sudaticcio e ammiccante come suo solito, in presenza
di Richard. Allora mi sono convinta, osservando la mia poltrona vuota e
rendendomi conto dei sentimenti tumultuosi che in quel momento avevano
appesantito il mio cuore, di aver sbagliato qualcosa. Di aver dato le cose per
scontato. Per colpa della mia testardaggine avevo ormai perso l’occasione di
sanare il nostro rapporto e non potevo fare nulla per rimediare al mio
comportamento, sebbene una parte di me fosse innegabilmente e profondamente
delusa da Richard per essersi arreso per primo.
In realtà non volevo nemmeno pensare ad
un’eventualità del genere, ma considerata l’assenza di reazioni da parte del
diretto interessato non potevo fare altrimenti. Lui probabilmente era già
andato avanti, senza di me, perché forse si era stancato di aspettarmi e aveva
deciso di mettere un punto definitivo alla nostra storia. Senza ombra di dubbio
tutto era finito a causa di un suo errore, ma la mia incapacità di ascoltarlo
aveva troncato ogni speranza di un nostro riavvicinamento.
La consapevolezza che potesse davvero aver deciso
di non perdere altro tempo sopportando le mie recriminazioni e assecondando la
mia infinita indecisione mi stava lentamente logorando, portandomi a dubitare
ancora di più di me stessa e delle mie scelte.
Giovedì sera, dopo aver passato ogni minuto della
giornata controllando maniacalmente il mio cellulare per scorgere un’eventuale
email di Richard e aver in questo modo trascurato non solo il mio lavoro ma in
generale tutti i miei impegni, una volta abbandonato il mio studio mi sono
ritrovata a pensare a quello che potevo fare per ottenere una risposta e
spezzare questa assurda immobilità. Mentre tornavo a casa mi sono chiesta
perciò se non fosse meglio andare a trovarlo nel suo appartamento oppure se
fosse il caso di scrivergli un altro messaggio per rimarcare la mia intenzione
di darci una nuova opportunità, però alla fine ho preferito non fare nulla
considerato che non volevo peggiorare la nostra situazione già alquanto
precaria e mostrarmi soprattutto troppo assillante.
L’incertezza mi tormentava e mi bloccava, perché in
fondo volevo agire e non aspettare il naturale evolversi degli eventi. Tuttavia
non riuscivo a capire cosa dovevo fare, quale potesse essere la mia prossima
mossa. Non volevo fallire, ma non sapevo come comportarmi. Avrei voluto avere
più pazienza e lasciare tutto in mano al destino, ma era difficile per me
accettare con impassibilità la situazione. Perché ero consapevole che in gioco
c’erano il mio cuore e il mio futuro sentimentale, quindi non potevo stare
semplicemente ferma. Non potevo attendere che il fato si decidesse a fare la
sua mossa, mentre nel frattempo mi lasciavo sopraffare dalle mie paure.
Oltretutto non riuscivo a lavorare, a dormire e
nemmeno a mangiare a causa dell’angoscia che mi stava divorando. Infatti da
quando avevo invitato quel messaggio a Rich avevo smesso addirittura di
strafogarmi di ciambelle e adesso, oltre ad essere depressa per la mancanza
della sua risposta, mi trovavo anche in astinenza da zuccheri. Pertanto venerdì
mattina in ufficio il mio umore depresso e a tratti esageratamente allegro, al
punto che mi sentivo quasi un Joker al femminile o in alternativa una Harley Quinn
in sovrappeso sotto stupefacenti, ha mandato in tilt non solo la mia segretaria
ma in pratica tutti i miei colleghi. Per il resto della giornata dunque tutto
il personale ha preferito evitarmi, perfino Mr Micols mi girava alla larga e
Holga mi disturbava soltanto in caso di estrema necessità.
Per fortuna non avevo alcun appuntamento
programmato con un nuovo possibile investitore e nemmeno con uno dei miei
clienti più fedeli, dunque nessuno ha dovuto sorbirsi i miei sbalzi emotivi e
mi sono potuta risparmiare anche il disagio di scusarmi in continuazione per la
mia mancanza di autocontrollo.
Non avevo mai raggiunto nel corso della mia vita un
punto così basso. Avevo toccato davvero il fondo e mi sentivo persa, perché
Richard mi stava ignorando.
Non avrei dovuto dipendere così tanto da un uomo e
la parte femminista dentro di me si stava oltremodo ribellando per lo stato
patetico in cui mi trovato, ricordandomi che ero una donna autonoma e di certo
non avevo bisogno di lui per vivere. Però, per quanto volessi farmi forza e
assecondare il mio lato indipendente per non rimarcare ancora la mia assurda
debolezza, non riuscivo a scollarmi di dosso il dolore di aver perso la mia persona giusta. L’unico amore,
quello più vero in assoluto, della mia esistenza.
Sabato quindi non è una novità per me svegliarmi di
nuovo con gli occhi gonfi, una scatola di fazzoletti fedelmente appoggiata sul
mio cuscino e l’umore sotto i piedi. Questa è l’ennesima mattina in cui mi
sento stanca, depressa e demoralizzata. Voglio stare tutto il giorno a letto,
immobile. In effetti contemplare il soffitto, dormire e continuare a deprimermi
non mi sembra poi un programma così pessimo. Anzi, direi tutto il contrario. In
fin dei conti impegnandomi a seguire un piano del genere potrei risparmiarmi la
fatica di affrontare il mondo, eviterei di girovagare per casa come uno zombi
alla ricerca di qualcosa da fare per occupare il mio tempo – in modo da non
soffermarmi a pensare, visto che inevitabilmente riprenderei subito a piangere
e subito dopo mi sentirei ancora più in colpa con me stessa per la mia
volubilità emotiva – e mi risparmierei perfino l’angoscia di dover mangiare.
Per alcuni il cibo in momenti del genere può
rappresentare infatti una valvola di sfogo, invece per me è l’esatto contrario.
Io non mangio mai quando sono davvero giù di morale o quando mi sento così
depressa. Nemmeno le ciambelle hanno più attrattiva per le mie papille
gustative. Effettivamente nel mio caso l’unico aspetto positivo delle pene
d’amore, come ho potuto sperimentare sin dall’adolescenza, è l’improvvisa
scomparsa di appetito. Quando ho il cuore spezzato dimagrisco senza alcuna
difficoltà, di conseguenza nell’ultimo periodo ho già perso cinque chili. Non
sto seguendo una dieta specifica, ho soltanto smesso di mangiare. Niente più
dolci, niente più pizza e niente più alimenti in generale. Nulla. Durante il
giorno consumo dunque solo lo stretto necessario, giusto per non perdere
totalmente le forze. In realtà so di stare sbagliando, così come sono
consapevole di non aver trovato il modo più salutare per perdere peso. Cosa che
tra l’altro non voglio nemmeno fare, considerato che ovviamente non considero
una mia priorità al momento pensare alla mia forma fisica. Eppure è inevitabile
per me, perché appena metto qualcosa sotto i denti mi viene la nausea.
Per questo oggi evito di fare colazione, anche se
in frigo ho una confezione intatta di donuts
che sembra quasi chiamarmi. Ma in verità non ne ho voglia. Sono troppo
triste per assaporare le mie amate ciambelle, con la loro glassa al cioccolato
e gli sprinkles colorati sparsi sopra. Mi sembrerebbe un insulto mangiare i
miei dolci preferiti con l’apatia che adesso mi scorre nelle vene, senza essere
coinvolta da nessuna sensazione di gioia ed euforia. Perché anche se di solito
hanno il compito di tirarmi su di morale, grazie alla loro pasta fragrante,
sono consapevole che in questo momento sarebbero sprecati. Ed io non spreco mai
le ciambelle. Mai. È una delle mie regole principali di vita.
Questa è indubbiamente una situazione di emergenza,
ma purtroppo neppure i miei fedelissimi donuts
ipercalorici possono cambiare le cose e allora meglio rinunciarci. Lo faccio
raramente, per questo quando succede vuol dire che la situazione è tragica.
Dunque mi alzo semplicemente per recarmi in bagno,
darmi una ripulita – dato che la mia parte razionale non gradisce molto i miei
capelli annodati, insieme ai miei occhi gonfi e alla mia pelle disidratata per
colpa di tutte le lacrime versate – e tornare alla fine a rannicchiarmi sul mio
divano. Tanto per cambiare location.
Trascorro quindi la mia giornata guardando un
programma comico alla TV, piluccando un pacco di biscotti e bevendo il latte
direttamente dal cartone. Tutto con il mio devoto pigiama addosso, i miei
Kleenex a portata di mano e il telecomando disperso sotto uno dei miei
variopinti cuscini.
Verso sera, saranno circa le sei, sento uno strano
rumore sul mio pianerottolo. Abbasso il volume della televisione fino a
renderla praticamente muta, mi raddrizzo sul sofà per ottenere una posizione
più comoda e cerco di capire se nel mio palazzo sta accadendo qualcosa di
importante.
La mia vicina ha trovato per caso suo marito in
atteggiamenti inequivocabili con la loro tata? Il ragazzo che abita alla fine
del corridoio si è finalmente deciso a sfrattare il suo coinquilino super
chiassoso e molesto, facendogli trovare magari le sue valigie fuori di casa
come succede nei film? Oppure la nonnina dell’appartamento B125 ha di nuovo
smarrito il suo gatto e ha chiamato per l’ennesima volta i pompieri? Beh,
questa non sarebbe necessariamente una cosa negativa. Potrei infatti decidere
di alzarmi dal divano e aprire la porta solo per ammirare gli strabilianti
muscoli dei vigili, anche se non credo che l’attuale confusione presente sul
mio piano sia dovuta all’eccessiva apprensione di Mrs Betty per le manie
fuggiasche della sua Lulu.
Ci vogliono comunque una manciata di minuti per
capire che i rumori provenienti dal pianerottolo non sono dovuti ad un qualche
dramma condominiale, ma sono causati da un cellulare che sta riproducendo con
le casse impostate al massimo una canzone di Ed Sheeran.
No, non una canzone qualunque.
Perfect.
«I found a love for
me, darling just dive right in and follow my
lead. Well I found a girl beautiful and sweet».
Di conseguenza mi alzo di scatto, lasciando cadere a terra la confezione
di frollini alla vaniglia che mi ha tenuta compagnia per tutto il pomeriggio, e
in un attimo raggiungo la mia porta. Appoggio poi una mano sulla maniglia, ma
prima di spalancare l’uscio per capire se i miei sospetti sono corretti mi
ritrovo ad esitare.
«Well I found a
woman, stronger than anyone I know. She
shares my dreams, I hope that someday I'll share her home. I found a love,
to carry more than just my secrets. To carry love, to carry children of our own».
C’è soltanto una persona alla quale ho confessato di voler ricevere una
dichiarazione d’amore con la canzone di Ed Sheeran come sottofondo: Richard.
Nella mia presentazione nel sito di WithLove,
nonché in una delle email che gli ho inviato quando vestiva i panni di RichieRich, ho fatto espressamente
questa richiesta. Ho sottolineato che per conquistarmi sarebbe stato utile
dedicarmi le strofe poetiche di Perfect
ed ora, fuori dal mio appartamento, il mio desiderio è stato appena esaudito.
Grazie ad una persona importante.
«Now I know I have met an angel in person and she looks
perfect».
I miei occhi si inumidiscono e mi sento quasi
sul punto di cedere, ma non apro ancora la porta. Voglio godermi il momento.
Accosto perciò la fronte contro il legno freddo del battente e chiudo le
palpebre, lasciandomi trasportare dalla melodia romantica e dalle parole dolci
del mio cantante preferito. Il tutto sapendo che fuori, ad aspettarmi, c’è
Richard.
«You look perfect tonight».
Solo quando le ultime note finiscono e nel corridoio cade di nuovo il
silenzio mi decido ad agire, spalancando l’uscio e concentrandomi subito dopo
sugli occhi chiari di Rich. I suoi occhi così espressivi, limpidi e sinceri.
Non mi interessa se sono in disordine e scompigliata, se indosso il mio pigiama
più brutto e ho qualche briciola potenzialmente incastrata tra i capelli. Non
mi importa se sono pallida, se ho le borse sotto gli occhi e sembro un relitto.
Quello che conta adesso è Richard e tutto il resto passa in secondo piano.
Conta soltanto lui.
Soltanto noi.
Ovviamente il diretto interessato appare come sempre in forma
smagliante. Indossa un paio di jeans grigi, una camicia celeste, una giacca in
pelle e con i capelli biondi tirati all’indietro sembra oltremodo attraente. Il
mio cuore sussulta al solo ammirarlo e ancora di più capendo le implicazioni
della sua presenza. Qui, di fronte a me.
«Perché ci hai messo così tanto a venire?» sussurro con voce tremante,
guardandolo con attenzione e spezzando l’immobilità generale.
«Perché questa volta volevo fare le cose per bene» mi risponde,
apparendo a sua volta insicuro.
«È per questo motivo che stai riproducendo a tutto volume Perfect di Ed Sheeran sul mio
pianerottolo?» gli domando con una punta di divertimento, osservando il
cellulare che ancora tiene in mano e adesso non produce più musica.
«Sì» ammette, sorridendomi. «E ho anche le ciambelle» aggiunge,
lasciandomi concentrare successivamente sul sacchetto di carta che sostiene con
la mano destra.
«Grazie» dico con gentilezza, prendendo il pacchetto unto per liberarlo
dal suo peso.
«Posso entrare?» mi chiede allora, indicando l’interno del mio
appartamento.
«Vieni» lo assecondo, invitandolo a seguirmi in cucina. Per prima cosa
sistemo i donuts sul bancone,
ripromettendomi di dare loro la giusta attenzione in un secondo momento, e in
subito dopo torno ad osservare Richard.
«Mi dispiace, Chris» comincia una volta aver incrociato di nuovo il mio
sguardo, apparendo seriamente mortificato. «Sono stato un idiota, un vigliacco»
confessa, insultandosi.
«Sì, lo sei stato» affermo dunque con altrettanta convinzione, evitando
di addolcirgli la pillola e fargli comprendere la gravità del suo
comportamento.
«Ma avevo paura» aggiunge successivamente lui, palesandomi le sue
insicurezze.
«Di cosa?» lo interrogo, aggrottando le sopracciglia.
Perché mi sembra ancora assurdo sentirlo parlare in questo modo.
Insomma, è Richard Reyes. Uno degli uomini più ricchi al mondo, un imprenditore
di successo e secondo la classifica di giornali dal calibro del New York Times rientra perfino nella
lista delle dieci persone più influenti negli Stati Uniti.
Ha la fortuna di essere carismatico, attraente e praticamente perfetto.
Cosa può rendere un tipo come lui incerto e spaventato? Non certo io,
una donna in sovrappeso con evidenti problemi di autocontrollo. Sia emotivo che
alimentare. Non credo che il mio carattere bisbetico, insieme alla mia
testardaggine in ambito lavorativo e alla mia irascibilità quando vado in
astinenza da ciambelle, possa averlo influenzato in modo tanto esagerato. Sì,
in alcuni casi – ad esempio quando devo trattare con un cliente particolarmente
tosto oppure effettivamente non faccio colazione con un bel donut al cioccolato – posso suscitare
timore. Ma non fino al punto da riuscire a sconvolgere anche un uomo come
Richard. Eppure a quanto pare sono riuscita in modo involontario a moderare la
sua determinazione, rendendolo dubbioso e apprensivo.
«Di non essere quello che volevi» prosegue il diretto interessato,
chiarendomi il suo ragionamento.
«Io…» provo allora a rassicurarlo, venendo prontamente interrotta.
«No, fammi finire» mi impone infatti con urgenza, alzando addirittura
una mano per bloccare sul nascere il mio discorso. «Quando ci siamo conosciuti,
quel giorno nel tuo ufficio, non pensavo di trovarmi davanti una donna come
te».
«Grassa e tremendamente ostinata?» gli suggerisco, ricordando il nostro
primo incontro.
Durante quell’appuntamento lavorativo ho dato davvero il peggio di me
stessa, nonostante il mio obiettivo fosse quello di diventare la sua promoter
finanziaria così da rendere felice il mio capo e avanzare anche di carriera.
Però quando ci siamo presentati ho sentito un’istantanea antipatia nei suoi
confronti, perché mi era parso un uomo viziato e presuntuoso. Non vado fiera
del mio atteggiamento di quella mattina, ma non avevo intenzione di farmi
mettere i piedi in testa da lui. Per questo sono stata alquanto maleducata,
inflessibile e puntigliosa.
«Magnifica e stupefacente» mi corregge tuttavia Richard, stupendomi.
«Sapevo che lavorare insieme sarebbe stato un problema, perché appena ti ho
sentita parlare…» continua, guardandomi con un’intensità tale da farmi
arrossire. «Così appassionata e convinta delle tue idee» riprende, descrivendo
il modo in cui ero apparsa ai suoi occhi quel mattino nel mio studio e
lusingandomi inevitabilmente con le sue parole. «Avevo già capito che volevo di
più».
«Oh» replico in un sussurro, lasciando aumentare la mia sorpresa.
È assurdo vedere le cose sotto il suo punto di vista. Mentre io lo
reputavo uno spocchioso milionario, Rich aveva visto in me qualcosa di diverso.
Qualcosa che per lui valeva la pena approfondire.
«Non è facile per me trovare qualcuno che riesca a tenermi testa»
prosegue il mio interlocutore, non lasciandomi il tempo di metabolizzare tutte
le informazioni che mi sta gratuitamente offrendo. «Non è presunzione, fidati,
ma un semplice dato di fatto. Appena le persone si ricordano chi sono, appena
pensano alla mia influenza e al mio denaro, tendono sempre a volermi
assecondare» mi spiega con fare amareggiato, richiamandomi alla mente una
discussione già avvenuta tra di noi durante il periodo in cui insisteva a
corteggiarmi e che aveva proprio questo tema come protagonista. «Ma tu non eri
intimidita dal mio nome, dalla mia fama e dal mio conto in banca» mi ricorda,
sorridendomi quasi con orgoglio. «Mi hai affrontato a testa alta e sei stata
una ventata di aria fresca» dichiara, avanzando di un passo e avvicinandosi
alla mia figura ferma vicino al bancone. Porta il suo corpo davanti al mio, al
punto che ci divide solo un soffio. «Era da tempo che non mi sentivo così…
bene» mi mette al corrente, scegliendo una parola all’apparenza semplice ma
ricca di significato.
«Perché allora mi hai mentito?» sussurro, tornando al centro del
problema. «Fin dall’inizio» sottolineo, ponendo l’accento sulla questione che
mi interessa maggiormente. «Perché non ti sei fidato di me?» gli chiedo con
sofferenza, rimarcando la mia delusione.
«Se avessi saputo subito che dietro l’identità fittizia di RichieRich c’ero io, il tuo altezzoso e
megalomane cliente, ti saresti comportata allo stesso modo?» mi domanda quindi
con sincera curiosità, mettendomi alla prova. «Ti saresti sentita così libera e
a tuo agio?» insiste, analizzando il mio atteggiamento rilassato durante il
nostro scambio di messaggi tramite WithLove
e comparandolo invece a quello che ho tenuto con lui di persona.
«Non lo so» confesso, apparendo comunque poco convinta.
«Io penso di no» afferma, dandomi la sua risposta. «Era più facile per
te credere di aver conosciuto una persona normalissima» prosegue, dimostrando
di aver intuito la fragilità che si nasconde dietro la mia sfrontatezza. È vero
che ogni giorno affronto gente ricca e influente, ma il lavoro è diverso dalla
vita privata. Come promoter finanziaria sono decisa, convinta delle mie
opinioni e a tratti insolente. Sono le relazioni che mi rendono insicura,
soprattutto se reputo il mio partner superiore a me. Cosa che accade quasi
sempre, perché non credo di avere tanto da offrire. Non sono bella, non sono
avvenente e di certo non sono facile da capire. «Ti sentivi tranquilla nel
messaggiare con un uomo che consideravi alla tua portata» esamina, confermando
i miei pensieri.
«Sì» ammetto, arrossendo a causa della vergogna.
«È una questione di controllo, che a te serve perché essenzialmente sei
timida» mi rassicura, evitando di giudicarmi. «Non puoi negare che fai continui
riferimento al tuo peso, provando ad esorcizzare il tuo disagio con l’ironia,
perché in fondo dubiti di te stessa» continua con serietà, facendomi capire di
aver notato anche la mia debolezza riferita al mio aspetto fisico. «Io volevo
farti capire che potevi puntare molto più in alto e non accontentarti di un
ragazzo misterioso conosciuto su un sito di incontri, perché io ero lì»
chiarisce, illustrandomi l’origine del suo riserbo nel dirmi la verità. «A
pochi passi» aggiunge, rivelandomi la sua frustrazione. «Stavi rinunciando ad
una persona in carne ed ossa per un tizio virtuale».
«Non è stato facile per me, Richard» intervengo finalmente,
ricordandogli le difficoltà che ho affrontato quando credevo di dover fare una
scelta tra lui e RichieRich.
«Lo so» dichiara, apparendo pentito.
«Mi sono iscritta a WithLove
in preda alla disperazione, dopo che il mio ultimo ragazzo mi ha mollata per il
mio aspetto» gli confido con un pizzico di imbarazzo, lasciandogli capire da
cosa derivano in fondo le mie insicurezze. Quante volte i miei compagni, chi
più e chi meno, mi hanno fatta sentire sbagliata? Quante volte mi sono sentita
dire, anche con poco garbo, che dimagrendo sarei stata di gran lunga molto
meglio? Potevo accettare commenti del genere da mia madre, seppure con
difficoltà, ma dalla persona che in teoria dovrebbe amarmi semplicemente per
quella sono è sempre un pugno nello stomaco. Perché nessuno poteva soltanto
accettarmi per quella che ero? Con i miei fianchi voluminosi, le mie cosce
paffute e la mia pancia tutt’altro che piatta. Sospiro, riprendendo il mio
discorso e tornando al presente. «Non penso di essere brutta, ma non è semplice
sentirmi ripetere continuamente quanto sarei più adeguata se soltanto perdessi
qualche chilo» confesso, esponendomi come mai prima d’ora. «Per tutta la vita mi
sono sentita imperfetta e anche se con il tempo ho imparato in parte ad
accettarmi non posso cancellare in pochi minuti le mie insicurezze o le mie
convinzioni, perché fanno parte di quella che sono» proseguo, dimostrandomi
fiera del mio percorso di crescita emotiva. «È ovvio perciò che all’inizio non
ti vedevo alla mia portata: non puoi negare che veniamo da due mondi diversi e
abbiamo gusti completamente opposti, oltretutto per me era difficile separare
la vita personale da quella professionale» gli ricordo con una certa enfasi,
pensando alla lista di pro e contro che avevo virtualmente stilato dopo la sua
dichiarazione al party in cui mi aveva trascinata con l’inganno.
Anche in quel caso avevo chiesto l’aiuto di mio padre per cercare di
mettere le cose sotto la giusta prospettiva e proprio in seguito al mio
discorso con Henry mi ero decisa a darci una possibilità, nonostante i miei
ragionamenti contorti e le mie paure.
«Però questo non ti ha fermata dal provare costruire qualcosa insieme»
mi risponde, sottolineando le mie azioni passate.
«Sì, perché volevo farlo» affermo con convinzione, non tirandomi
indietro. «Volevo tentare per la prima volta ad assecondare i miei desideri,
senza lasciarmi condizionare dai miei dubbi» ribadisco, mettendo in chiaro i
fatti. «Ho trovato il coraggio perché tu mi hai fatta sentire speciale»
sussurro infine, rivelandogli qual è stata in questo caso la mia più grande
debolezza: la convinzione che lui mi avesse vista in modo diverso dagli
altri.
«Perché lo sei, Christine» mi conferma Richard con immediatezza,
apparendo assolutamente convinto delle sue parole. «Sei bella, divertente,
gentile» continua, elencando le mie qualità. «Sono io a non essere alla tua
altezza» finisce, scuotendo il capo per esprimere la sua demoralizzazione.
«Non è vero, Rich!» esclamo allora con sicurezza, credendolo pazzo.
Come può credere ad una cosa del genere? Lui, che è Mr Perfezione.
Tutti nel mondo invidiano Richard Reyes per la sua avvenenza, il suo
carisma e la sua straordinarietà.
«Sì, invece» replica il diretto interessato, sconvolgendomi. «Sono un
miliardario superficiale, egoista e prepotente» si descrive, richiamando in
parte i termini che avevo usato nelle mie email per delineare il suo carattere.
«Come potevo battere il tuo fantastico RichieRich?»
mi chiede retoricamente, sorridendo con fare triste. «Sono entrato in
competizione con me stesso senza nemmeno volerlo» mi informa, spiegandomi i
risvolti della situazione. «Tutto è iniziato perché volevo trovare un modo per
avvicinarti e rompere il ghiaccio, ma poi le cose mi sono sfuggite di mano»
ammette con un evidente senso di colpa, fissandomi altrettanto intensamente.
«Ti stavi confidando con me e stavi imparando a conoscere delle parti del mio
essere che non è facile mostrare al mondo, però non lo sapevi».
«Richard» mormoro di nuovo, capendo il senso del suo discorso. Intuendo
la sua amarezza, il suo dispiacere e il suo rimpianto per aver reso questa
storia così complicata.
«Volevi due persone che all’apparenza erano diverse l’una dall’altra, ma
in fondo ero sempre io» conclude con sofferenza, afferrandomi la mano e
appoggiandola sul suo petto. Proprio all’altezza del cuore, che adesso batte
all’impazzata sotto le mie dita seguendo un ritmo tutto suo.
Tum tum. Tum tum.
«Vuoi sapere cosa mi ha fatto soffrire di più, Richard?» proseguo allora
dopo un attimo di silenzio, ponendogli comunque una domanda retorica. «La
consapevolezza che per l’ennesima volta, a causa di un uomo, ho disprezzato me
stessa» gli dico, abbassando per un istante lo sguardo a causa del disagio
determinato dalla mia ammissione. «Mi sono sentita una traditrice quando mi
sono innamorata di te, perché una parte del mio cuore era ancora legata a
Richie» continuo, alzando in seguito il capo per ritornare a guardarlo e
ammirare soprattutto la sua reazione. «A te potrà sembrare assurdo che sia
riuscita a fidarmi così tanto di una persona completamente estranea, però per
me era importante» ribadisco, chiarendogli i miei sentimenti. «Lo consideravo
un amico prezioso e per un momento… sì, per un momento mi ero illusa di aver
trovato un uomo in grado di capirmi e amarmi per come ero veramente» affermo,
sentendo le mie guance riscaldarsi per colpa dell’imbarazzo. Non è facile
confessare di essere presa una sbandata per un corteggiatore virtuale, perché
sono una donna di trent’anni e sicuramente dovrei mostrarmi più matura in
circostanze come queste. Avere più controllo, moderazione e soprattutto essere
più razionale. Insomma, lasciarmi abbindolare da un tizio misterioso incontrato
sul web non è stata di certo la cosa più intelligente che ho fatto. «Per questo
quando ho capito che tu e lui eravate la stessa persona ho messo tutto in
discussione» riprendo, tralasciando questi ragionamenti. «Mi hai spezzato il
cuore due volte: come Richard e come RichieRich».
«Mi dispiace» si scusa quindi il diretto interessato, lasciando
trasparire dai suoi occhi una reale afflizione. «Sono stato un codardo, perché
avevo paura che confidandoti come stavano davvero le cose tu potessi iniziare a
vedermi in maniera diversa» mi confida, ripetendomi i motivi che l’hanno spinto
ad omettere la verità. «Non volevo che mettessi in dubbio la serietà del nostro
rapporto e l’importanza di tutti i messaggi che ci siamo scambiati quando
ancora non sapevi come stavano davvero le cose, quando ancora non sapevi che
ero io il misterioso RichieRich».
«Invece hai ottenuto esattamente il contrario» lo rimprovero, sbuffando.
«Ti ho persa, Christine?» mi domanda alla fine, esprimendomi il suo
timore.
«No» lo rassicuro, sospirando. «Anche se sei più contorto di me» mi
ritrovo a dire.
Chi poteva credere che Mr Reyes fosse così complicato e complesso?
«Hai ragione» ridacchia Richard, lasciando alleggerire finalmente i
lineamenti del suo volto e rilassandosi. «Ma mi ami anche per questo, vero?» mi
domanda successivamente con una punta di insicurezza, facendomi intenerire.
«Io amo tutto di te» dichiaro, muovendo la mia mano fino a raggiungere
la sua spalla. Mi aggrappo dunque a lui con maggiore forza, appiccicandomi in
pratica al suo corpo.
«Non volevo ferirti» bisbiglia allora sulle mie labbra, abbassando il
capo per raggiungere la mia altezza. Con le braccia mi avvolge i fianchi,
tenendomi in equilibrio contro la sua figura.
«Adesso lo so» lo rassicuro, sorridendogli.
«Mi sono sentito sopraffatto» mormora, concentrandosi sui miei occhi
lucidi. «Pensavo di non essere abbastanza per te» ripete, rafforzando il
concetto.
«Mi hai conquistata nei panni di RichieRich
e in quelli del mitico Richard Reyes» affermo, ripetendo le stesse parole che
ha usato Henry per convincermi a vedere questa situazione sotto un’altra
prospettiva. «Questo mi ha portato a riflettere, sai?» proseguo con serietà,
confessandogli il motivo che mi ha portata a rivalutare il nostro rapporto.
«Su cosa?» mi chiede allora lui, manifestando la sua curiosità.
«Sul fatto che sei perfetto per me» lo metto al corrente, sfiorando con
le dita la sua nuca. «Quando ho scoperto la verità non ho considerato le cose
sotto questo punto di vista» mi ritrovo ad ammettere, sottolineando il mio
errore. «Con questo però non voglio dire che ti ho perdonato, in realtà a
malapena sono riuscita a giustificare il tuo comportamento» puntualizzo,
facendogli capire la profonda ferita che mi ha inflitto. «Ma mi sono resa conto
che questo poteva essere un nuovo punto di inizio, invece che una fine
definitiva».
«Non pretendo che ti dimentichi di tutta questa storia, Chris» dichiara
Richard, comprendendo il mio ragionamento. «Anche io vorrei solo trovare un
modo per andare avanti, insieme».
«Allora facciamolo» lo invito, preparandomi a lasciarmi il passato alle
spalle per poter costruire il nostro futuro.
Prendo quindi l’iniziativa e lo spingo contro il
bancone della cucina, alzandomi in punta di piedi e incollando successivamente
le mie labbra alle sue. I nostri corpi combaciano alla perfezione, rendendoci
quasi un’unica figura. Richard non perde tempo nel ricambiare il mio approccio
e mi coinvolge in un bacio dolce, per poi cambiare ritmo appassionato. La sua
lingua mi regala carezze sempre più profonde, mentre con le mani mi attira a
sé. Mi accarezza la schiena e le spalle, in seguito interrompe il nostro bacio
ed inizia ad esplorare con la bocca la curva morbida del mio collo. Trova un
punto che mi fa fremere e lo stuzzica dolcemente finché non mi sfuggire un
gemito, seguito da un piagnucolio quando con insistenza prosegue a tormentarmi.
Travolta dal piacere gli passo dunque le mani tra i capelli, provando una
soddisfazione immensa nel sentire le ciocche morbide che mi scivolano tra le
dita. Richard emette quindi un mormorio di incoraggiamento, il suo respiro si
fa più rapido e torna a baciarmi in modo languido. Gli rispondo di conseguenza
con trasporto, finché il calore bruciante della passione mi scombussola l’anima
e i miei pensieri si spengono.
Siamo solo lui ed io, adesso.
Lui, io e i nostri cuori sincronizzati.
La mia persona giusta.
With love.