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Autore: Vallentyne    01/01/2024    9 recensioni
«Ma dimmi un po’.»
«Cosa.»
«Tu stai uscendo con qualcuna? Non ho più sentito parlare delle tue avventure, e adesso che ci penso questo è piuttosto strano. Che ti succede?»
Si ferma a un semaforo.
Si volta verso di lei.
«Questa è un’altra storia. Magari te la racconterò, ma non oggi.»
Era stato al fianco di Karl nei momenti bui così come in quelli gioiosi, la sua presenza era stata determinante nello sviluppo delle vicende raccontate ne La parte migliore. Non era però trapelato quasi nulla della sua vita privata, che sembrava voler custodire gelosamente.
È arrivato il momento di raccontarla. Questa è l’altra storia, quella di Genzo.
Note: Seguito di TRE. La ff viaggia parallela a La parte migliore, ma è la chiusura di quel percorso cominciato con la oneshot Quasi per caso. Utilizzo occasionale di linguaggio volgare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely hearts'
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    Punto di origine

 

Estate, due mesi dopo Miami

 

Era stata tutta colpa di Miami. Di quella vacanza vissuta l’estate prima, lui, Karl e Kojiro, quella che avevano poi soprannominato “la becera”.

Tre calciatori di trentun anni, single da poco. Sole, spiagge, donne e locali alla moda.

A Genzo capitava spesso di ripensarci. Alle risate e alle serate sopra le righe, ma soprattutto a quella notte nella villa del rapper che avevano conosciuto a South Beach. A quella festa a cui lui nemmeno voleva andare, erano stati gli altri due a insistere e a convincerlo per sfinimento. La situazione si era presentata da subito parecchio ambigua, c’erano alcol e droga a fiumi, prostitute e spogliarelliste, gente che faceva sesso in ogni angolo. Karl li aveva mollati in fretta e senza tante cerimonie per andare a imboscarsi con una delle ragazze, e lui e Kojiro erano rimasti in quel salone, sballati dal fumo, disinibiti dallo champagne, a gustarsi lo spettacolo messo in scena davanti ai loro occhi. Donne nude, ansiti e gemiti, a un certo punto il calore si era fatto insopportabile. E poi era successo. Era stata un’idea sua, aveva approcciato la ragazza bionda, Sylvia, e le aveva proposto di fare sesso in tre. Kojiro non aveva battuto ciglio, erano saliti al piano superiore.

E le cose non erano andate esattamente come si era immaginato.

Gli ci erano voluti alcuni giorni per riprendere una parvenza di normalità e per addomesticare certe idee, era stato uno sforzo immane perché in quei giorni stavano sempre insieme. Fianco a fianco. In alcuni momenti da soli. Ma era stato bravo, aveva indossato la sua solita maschera, in qualche modo ci era riuscito.

E adesso gli capitava di domandarsi se certi pensieri sfiorassero anche l’altro, se qualche volta ci pensasse anche lui. A Miami Kojiro non gli era parso per niente turbato, superato quello stato di comprensibile shock della notte stessa la mattina dopo era tornato il solito Hyuga. Come se quella camera da letto non fosse stata testimone di certe cose, come se non gli avessero lasciato un segno. Ma Genzo quel segno lo sentiva bruciare sulla pelle.

E così si ritrovava a pensarci, gli capitava mentre era da solo. Al volante della sua auto, sotto la doccia, sdraiato a letto in attesa di prendere sonno. Pensava a Miami, e poi chissà perché pensava agli allenamenti della Nazionale, alle loro sfide, sul campo e fuori. Ci rimuginava e provava a cercare un significato che non riusciva ad afferrare.

 

Si sarebbero incrociati in campionato all’inizio di settembre. La partita era stata preceduta da varie frecciatine arrivate sottoforma di messaggi Whatsapp in orari improponibili, con Kojiro che lo stuzzicava per il gol preso in trasferta a Friburgo ‘Sì, bravi, tre successi su tre ma hai preso un gol, Adamu te l’ha infilata!’, Genzo che ribatteva con risposte piccate ‘Ma che carino che controlli le mie performance… Aspetto di vedere la tua la prossima settimana!’.

Karl era stato per lo più testimone silenzioso dei loro scambi, ma una sera, mentre cenava con il suo migliore amico dopo l’allenamento, aveva deciso di affrontare la questione.

Di sbieco.

«Venerdì prossimo incontriamo l’Eintracht di Hyuga.»

Genzo aveva annuito tamponandosi le labbra con il tovagliolo e poi allungando le gambe sotto il tavolo.

«Già. Lo so bene. Mi sta martellando quotidianamente.»

L’altro aveva sollevato un sopracciglio, incuriosito.

«Ma dai…»

«Hai voglia. È carico a molla. Continua a blaterare dell’intenzione di farmi goal da fuori area, ma ti pare?! È da quasi diciannove anni che va avanti con questa storia.»

Karl a quel punto aveva sorriso ironico, Genzo non sembrava averci fatto caso.

«È la sua ossessione da quando andavamo alle elementari, è pazzesco...» aveva continuato scuotendo la testa.

«C’è quasi qualcosa di romantico in questa vostra sfida, sai? Un’ossessione che dura da diciannove anni… Non è da tutti.» aveva commentato sardonico il tedesco.

L’altro non aveva ribattuto subito, era rimasto interdetto. Aveva sbattuto le palpebre e poi si era riscosso, contrariato.

«Ma fottiti.»

«Come siamo suscettibili! Che ho fatto, ho accidentalmente sfiorato un nervo scoperto?»  

Genzo aveva posato la forchetta, l’aria scocciata.

«Senti, piuttosto. Dovremo organizzare una cena o un’uscita noi tre qualche volta, non credi? Anche solo per ricordare le imprese di Miami.»

«Lo faremo. Sicuro. Voglio farmi raccontare com’è andata con sua madre, chissà se si è accorta della faccenda del naso rotto.» Karl lo aveva fissato negli occhi, improvvisamente serio «Comunque… Cerca di non farlo segnare, ok?»

E Genzo era scoppiato a ridere.

«Ma figurati. Non ha speranze. Hyuga non ha speranze con me.»

 

Lo scontro con l’Eintracht era andato in scena un venerdì sera all’Allianz Arena. Nonostante gli sforzi profusi da ambo le parti il risultato si era fermato su un deludente zero a zero, nessuna delle due squadre era riuscita a fare goal. Gli attacchi del Bayern non erano andati a segno; Kojiro da parte sua ci aveva provato sia da dentro che da fuori area ma non c’era stato nulla da fare: la solidità del reparto difensivo non aveva permesso la creazione di occasioni realmente pericolose, e Genzo in porta era stato una saracinesca.

Si erano salutati a bordo campo prima di rientrare negli spogliatoi, Kojiro gli si era avvicinato, quando era lì a due passi l’altro gli aveva dato una pacca sulla spalla.

«Non ci sei riuscito neanche stavolta.»

Aveva sbuffato e poi gli era scappato un ghigno.

«Stasera eri in uno stato di grazia.»

Un sorriso serafico.

«Già. Chissà, magari prima o poi arriverà anche il tuo momento.»

«Ma vaffanculo.»

«Ehi! Dai, non fare il permaloso. Permettimi di sfotterti, mi hai stressato per quindici giorni…»

Kojiro aveva scosso la testa.

«Arriverà il mio momento, e ci rimarrai di merda. Te lo posso assicurare.»

«Ok… Senti…» aveva provato a proporglielo mentre intanto si incamminavano «Momento o non momento, io stavo pensando che dovremmo rivederci, una sera. Io, te e Karl. Che ne dici?»

«Sì. Certo, volentieri.» aveva sospirato e distolto lo sguardo «Non è semplicissimo da organizzare ma ci possiamo provare.»

«Ok.» aveva annuito «Magari un pomeriggio, la prossima settimana? Domenica?»

«Questa domenica sono già impegnato. Quella dopo?»

«No. Quella dopo giochiamo. Tra tre domeniche.»

Kojiro si era fermato, si era toccato il mento, pensieroso.

«Sì. Sì, magari tra tre domeniche può andare.»

Genzo aveva sorriso.

«Bene. Allora… ci sentiamo.»

«Sì, Wakabayashi. Ci sentiamo.»

Gli aveva strizzato appena un braccio e poi si era allontanato a passo svelto.

Genzo era rimasto per alcuni istanti a guardarlo entrare nel tunnel.

   
 
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