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Autore: Vallentyne    25/12/2023    12 recensioni
«Ma dimmi un po’.»
«Cosa.»
«Tu stai uscendo con qualcuna? Non ho più sentito parlare delle tue avventure, e adesso che ci penso questo è piuttosto strano. Che ti succede?»
Si ferma a un semaforo.
Si volta verso di lei.
«Questa è un’altra storia. Magari te la racconterò, ma non oggi.»
Era stato al fianco di Karl nei momenti bui così come in quelli gioiosi, la sua presenza era stata determinante nello sviluppo delle vicende raccontate ne La parte migliore. Non era però trapelato quasi nulla della sua vita privata, che sembrava voler custodire gelosamente.
È arrivato il momento di raccontarla. Questa è l’altra storia, quella di Genzo.
Note: Seguito di TRE. La ff viaggia parallela a La parte migliore, ma è la chiusura di quel percorso cominciato con la oneshot Quasi per caso. Utilizzo occasionale di linguaggio volgare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely hearts'
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      Il salto

 

Febbraio, otto mesi dopo Miami

 

È una pazzia, e ne è consapevole. Un colpo di testa, la decisione improvvisa di seguire un impulso irrazionale e farsi guidare dall’istinto. Un salto nel vuoto senza paracadute.

Lo sa che potrebbe sfracellarsi al suolo. Tutti i rischi a cui va incontro gli si sono affacciati alla mente non appena era sceso in garage e aveva messo in moto l’auto ma ha deciso di ignorarli.

Non vuole restare fermo. Non vuole ripetere gli stessi errori di una vita. Basta paranoie, ripensamenti, analisi di comportamenti e di frasi pronunciate per caso.

Ha deciso di passare all’azione, di vivere fino in fondo accettando i rischi che questo comporta.

Afferra il volante con entrambe le mani, sospira. Inserisce la retro, fa manovra, e poi si dirige verso l’uscita.

È l’una del pomeriggio, Monaco brulica di vita e risplende sotto il sole. In cielo non c’è nemmeno una nuvola. Allunga la mano a prendere gli occhiali da sole, se li infila sul naso.

Guida con prudenza, senza fretta. Non serve correre. Si allontana dal centro, e intanto cerca una stazione radio che gli possa fare compagnia. Supera l’Allianz Arena mentre punta verso nord sulla A9, il traffico è scorrevole.

Mentre viaggia cerca di non indugiare su certi pensieri, non vuole che le sue ossessioni prendano il sopravvento. Prova a distrarsi osservando il paesaggio al di là del parabrezza ma quella zona della Baviera è piuttosto noiosa, pianure con campi coltivati a perdita d’occhio e qualche zona industriale. Tamburella con le dita della mano destra sulla leva del cambio, supera alcune auto più lente. All’altezza di Ingolstadt attraversa il Danubio, i prati lasciano il posto a zone più boschive. L’autostrada continua il suo percorso, si ritrova a canticchiare il ritornello della canzone che sta passando alla radio ‘All the other kids with the pumped up kicks You better run, better run outrun my gun All the other kids with the pumped up kicks You better run, better run faster than my bullet’ e intanto scuote la testa. Si ricorda di come il ritmo lo avesse stregato al primo ascolto e poi la lettura del testo gli avesse fatto venire il mal di pancia.

Continua a guidare.

Rallenta quando ormai ha quasi raggiunto Norimberga, ha lasciato la A9 e si è spostato sulla A3, direzione ovest. Un cantiere stradale ha causato un po’ di coda, per percorrere quel tratto gli ci vogliono quindici minuti in più rispetto a quanto previsto. Alla sua destra e alla sua sinistra ci sono alberi e boschi, di fronte a sé vede solo l’asfalto che corre verso la meta.

Decide di fermarsi per una sosta dopo quasi tre ore di viaggio, ormai manca poco. Fa rifornimento all’auto, poi si sgranchisce le gambe entrando nella stazione di servizio. Ordina un caffè, dà una rapida occhiata ai titoli dei giornali. Quando si rimette in marcia non sono ancora le quattro, supera il Meno. Non ci sono altri intoppi, meno di un’ora dopo arriva a destinazione.

È il crepuscolo, il cielo si è tinto di blu cobalto.

Trova parcheggio lungo la via, quando spegne il motore viene investito da un turbine di emozioni.

Sono arrivato fin qui e non torno indietro. Posso solo andare avanti.

Chiude per un istante gli occhi, appoggia la fronte sul volante, sbuffa.

E poi si fa coraggio, ancora una volta zittisce quella voce che vorrebbe redarguirlo e metterlo in guardia, trattenerlo, elencargli le mille ragioni – tutte valide - che rendono quell’idea una pessima idea.

Ha deciso, il momento è arrivato.

Espira, si limita ad afferrare il cellulare, il portafoglio e le chiavi della macchina, esce e si incammina sul marciapiede. Casa sua dista poche centinaia di metri, sono una manciata di minuti a piedi. Quando ci arriva davanti stringe i pugni, nervoso.

Le luci sono accese, c’è qualcuno.

È una buona notizia, non ho fatto un viaggio a vuoto.

Ma non posso nemmeno aggrapparmi a questa scusa per fare dietrofront.

Vado avanti.

Deglutisce.

I citofoni non riportano i nomi, ci sono dei numeri, ma questo non è un problema perché lui è già stato qui. Una volta sola, ma ricorda tutto.

Digita 387, e poi aspetta.

Cinque secondi.

E poi sente la sua voce.

«Chi è?»

«Genzo.»

C’è un momento di silenzio, nessuno parla.

«Genzo? E cosa ci fai qui?»

Genzo sorride appena, si passa rapido la lingua sul labbro inferiore, si sente quasi sollevato adesso che ha rotto il ghiaccio.

«Sono venuto qui per parlare con te.»

«E di cosa vorresti parlare per essere venuto fin qui senza preavviso? Sei per caso impazzito?»

Fa per rispondere, adesso sorride davvero, si sente finalmente a suo agio. Fa per rispondere e chiedere di farlo salire, vuole parlare faccia a faccia, senza filtri.

Ma poi sente un’altra voce.

C’è qualcun altro in casa.

Qualcuno che sopraggiunge, che forse prima era in un’altra stanza e adesso domanda chi ci sia al citofono.

Sente rispondere.

«È solo un mio amico, passava di qui.»

Rimane interdetto.

Poi si riscuote.

«Hai compagnia?»

«Sì.»

Genzo sente una sgradevole sensazione soffocante che lo strizza proprio in mezzo alla pancia.

«Vuoi entrare comunque? Se ti va ti puoi fermare a bere qualcosa. Però non ti invito a cena. Ho un impegno, ehm, romantico.»

Annaspa.

«Ah, ok. No. No, meglio di no. Non voglio disturbare.»

«Ma dai, ti sei fatto quasi quattrocento chilometri…»

«Non importa.»

«Sicuro?»

«Certo.»

«E le cose di cui volevi parlarmi?»

Gli trema la voce.

«Lascia perdere. Sono stato un idiota a presentarmi così senza avvisare prima, io non… Non pensavo avessi compagnia. Io ho fatto uno sbaglio. Ho sbagliato, scusami.»

Sente un sospiro.

«Mi dispiace. Forse c’è stato un fraintendimento.»

«Non importa. Buona serata.»

Stringe i denti, strizza gli occhi. Si gira, volta le spalle a quel maledettissimo citofono, alla casa, a quella via. Cammina in fretta, raggiunge l’auto, si mette a sedere. Quando è lì, celato agli occhi del resto del mondo, impreca e dà un pugno al sedile del passeggero.

«Dannazione!»

Si sente un idiota. Un emerito idiota. Un ingenuo, un visionario, un pazzo.

Ha fatto una stronzata.

Non avrebbe dovuto agire d’impulso, ha rimediato solo un’umiliazione.

Mette in moto, mentre si allontana imposta il navigatore.

Arrivo previsto a Monaco di Baviera alle ore nove e quarantanove minuti.

Esce dal centro, imbocca la strada che lo porta di nuovo sulla A3.

Sente il cuore battere furioso nel petto, adesso guida in modo nervoso. Pigia il piede sull’acceleratore, vuole mettere più distanza possibile tra sé e quello che è appena accaduto. Come se allontanarsi possa servire a far sbiadire il ricordo di quello spiacevole scambio.

Si domanda per un attimo se esista la possibilità di salvare la faccia, se magari un domani potrebbe negare di essere andato fin lì per dichiararsi ricevendo in cambio un due di picche.

Ma poi si ripete che in fondo non è successo niente di irreparabile, non si è esposto più di quel tanto, non ha fatto in tempo a dire niente di compromettente. Non in modo esplicito.

Fa una smorfia e digrigna i denti.

Non sono un codardo. Non mi serve nascondermi dietro l’ambiguità.

Prova a rilassare le spalle, a respirare con più calma.

Va tutto bene. Non è successo niente.

Imbocca di nuovo l’autostrada, torna a cercare una stazione radio che possa fargli compagnia e comincia a macinare chilometri.

Per tutto il viaggio le luci delle auto che marciano in senso contrario gli sembreranno violente come schiaffi, la strada scorre nera e indifferente verso sud, non vedrà altro.

 

 

 

 

Note:

Questa è la storia che riprende le fila dei discorsi lasciati in sospeso un po’ in tutta la serie Lonely Hearts e Winners & Loser e chiude quel cerchio nato da un incontro casuale in aeroporto a Francoforte qualche anno prima.

Genzo e Kojiro in questa storia hanno delle caratteristiche diverse dal canon, ma hanno dieci anni in più del canon, e sono il frutto dei percorsi di vita che avevo tratteggiato per loro.

Pubblicherò un capitolo a settimana, di lunedì.

Ringrazio fin da subito chi dedicherà del tempo alla lettura.

P.S. Auguri di buon Natale!

   
 
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