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Autore: Astrid_Evans22    04/01/2024    1 recensioni
La vita di ogni adolescente viene vista come una vera e propria avventura unica nel suo genere, quando in realtà non si tratta di altro se non una triste monotonia resa interessante da piccole marachelle di poco conto, ed uno se ne rende conto solamente una volta raggiunta l'età adulta quando le responsabilità e gli obblighi morali iniziano ad aver la meglio sul cuore di una persona, che magari è stato per anni il motore che mandava avanti il corpo del giovane in questione. L'anno 2050 è ormai alle porte e dunque perché non rivedere le fasi più importanti di una tipica adolescente dei primi anni venti del 21esimo secolo, andando così a scoprire le sue prime insicurezze, le sue prime passioni, i suoi primi grandi amori e le sue prime esperienze che le permetteranno così di lasciare la giovinezza per poter entrare cosi nei suoi ultimi anni da adolescente prima che entri ufficialmente nella spaventosa età adulta
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La mente umana, che argomento estremamente affascinante e al contempo misterioso, forse erano proprio quelli i motivi che mi portarono a trattare di questo argomento durante il mio esame di maturità, nominai Leopardi, Van Gogh, i poeti di Guerra come Owen e Brooke, tutti questi personaggi storici avevano in comune una sola cosa, la follia, furono gli unici che fecero risvegliare in me una vecchia passione totalmente accantonata con il tempo, che era appunto la psicologia, li studiai, li assorbii, li stimai, li compatii, li resi totalmente miei, arrivando a provare per loro una sorta di affetto platonico che ancora ad oggi continuerei a sentire se osservassi una copia della notte stellata o leggessi i primi versi di "Dulce et Decorum est". Betty era un'altra amante di questa materia, fu l'unica della classe che decise di intraprendere questa via ancora molto incompresa tra giovani e adulti del mio tempo e soprattutto della mia nazionalità, la Dottoressa Roberta D'Aria, suona meravigliosamente, e altrettanto sensazionale fu l'orgoglio che provai durante la laurea della mia cara amica quel 21 Luglio del 2028, la mia prima amica fatta al liceo, conosciuta per puro caso, era lì difronte a me con una corona di alloro ed un sorriso che non le avevo visto mai in 10 anni di amicizia. Ricordo che spesso durante gli anni del liceo ci piaceva tentare di creare una sorta di profilo psicologico del nostro trio, e la maggior parte delle volte era alquanto chiaro che tra di noi, Betty era indubbiamente la più schematica e logica, mentre io e Lily eravamo il completo opposto, amanti del rischio, schiave delle nostre emozioni e costantemente in fuga dalla monotonia e ordinarietà, forse furono queste le ragioni che ci spinsero a scappare dalla nostra città natia portando lei nella Caput Mundi e me nel paese d'ambientazione di Amleto, proprio perché noi non volevamo vivere come chiunque, noi volevamo arrivare a 50 anni con un sorriso sul volto e la consapevolezza di non avere quasi nessun rimpianto, quasi nessuno. Eppure credetemi se vi dico che io di rimpianti ne ho innumerevoli, cose che avrei potuto fare, frasi e azioni che mi sarei potuta risparmiare, o scenari che sarebbero potuti succedere se il fato non avesse deciso il contrario, uno di questi mi piace chiamarlo l'artista. L'artista in questione si insinuò casualmente nella mia vita proprio l'ultimo anno di liceo, il suo volto mi era familiare, sicuramente prima del Marzo del 23' avrò incrociato casualmente il suo sguardo nei corridoi della mastodontica scuola, quale era L'Elio Vittorini, una delle più note ed élite del Vomero. Il nostro primo incontro avvenne esattamente come si vede nei film romantici che tanto disprezzavo, in sottofondo c'era il suono delle ruote che graffiavano le rotaie all'interno della metropolitana, e lui era lì imbarazzato almeno 5 passi distante da me, farfugliava parole con una voce roca, pulita non sporcata da alcun tipo di volgare cadenza dialettale, lo zaino poggiato su di una sola spalla a scacchi bianchi e neri, le mani congiunte tra loro, dei piccoli riccioli scuri che gli ricadevano sulla fronte imperlata di un leggero strato di sudore, come servisse a smaltire l'ansia che stava provando in quel momento, ed un particolare, ma non atipico, naso aquilino. La cosa più esilarante di quella brevissima conversazione, o meglio, confessione ammessa probabilmente o a causa di un momento di spavalderia o a causa della sicurezza trasmessa dai suoi "amici", non so se realmente potessero venir definiti tali dato che nemmeno lui era sicuro di come fosse meglio chiamarli, fu che omesse completamente il suo nome. Ricordo che un giorno, durante una delle nostre uscite, mi confessò quanto lui fosse effettivamente solo, di come per quanto uscisse spesso con quei giovani non nutrisse nei loro confronti un affetto profondo e sincero, come io nutrivo per Lily e Betty. Lui, quel ragazzo così straordinariamente ordinario, che in qualche maniera era stato in grado di stregarmi in quei pochi mesi di frequentazione, che aveva suonato per me, che mi sorrideva, che a stento riusciva a guardarmi negli occhi e con lo sguardo basso come un animaletto indifeso mi chiedeva sottovoce un bacio fugace che andava poi a tramutarsi lentamente in un qualcosa di più vivo e passionale. Non mi sentivo di poter toccare il cielo con un dito, ne credevo lui fosse l'amore della mia vita, personalmente non ho mai creduto a queste illusioni apprese per millenni attraverso romanzi e novelle, credevo che lui fosse soltanto un buon appiglio a cui tenersi durante quell'anno, un qualcuno che mi permetteva di sfuggire alla mia tremenda e temuta routine che mi fece sperimentare per la prima volta l'ebbrezza di una frequentazione a tutti gli effetti, senza sentire in alcuna maniera nessun peso sul petto che mi faceva pensare di star facendo un qualcosa di sbagliato, forse è per questo che sviluppai una sorta di suddetto "istinto da crocerossina" il quale mi portò a sentirmi quasi in dovere di proteggerlo e tenerlo stretto a me quanto più possibile, sentivo che se mi avesse abbandonato l'unica utilità che avevo quell'anno sarebbe andata in fumo. Fortunatamente, o sfortunatamente, questa è stata una caratteristica da sempre racchiusa nella mia indole, sin da quando ne ho memoria, da piccola addirittura, mio padre si diverte a rammentarmi, di come il mio sogno fosse, una volta divenuta adulta, diventare un qualcuno che potesse far del bene altrui, ad oggi risponderei alla piccola me che la scelta migliore sarebbe vivere una vita insulsa rintanata in un qualche convento a prendere i voti come suora e vivere per il resto dei miei giorni seguendo i 3 famigerati voti, obbedienza, povertà e castità, seguita da un forte amore platonico nei confronti di un'illusione, creata dagli esseri umani con l'unico scopo di potersi sempre affidare a qualcuno per paura di rimanere soli senza un dogma in cui credere, e per poter trovare un capro espiatorio nel caso in cui le cose si fossero messe male. L'ultima volta che strinsi fra le braccia quel ragazzo, estremamente più alto di me, fu il 7 Maggio del 23', ricordo bene quel giorno, sebbene io mi ritenessi e mi ritengo tutt'ora un'atea a tutti gli effetti, l'onomastico era una piccola celebrazione che noi tutti in famiglia svolgevamo ogni volta, e beccai l'artista per puro caso in mezzo alla strada, erano un paio di giorni che non parlavamo più, e la sera stessa decisi di confidare i miei dubbi a Lily che mi intimò di avere un confronto quanto prima possibile, esilarante il fatto che non servii nemmeno terminare la discussione che appena 10 minuti dopo mi ritrovai faccia a faccia con il diretto interessato, il quale molto semplicemente, disse di aver corso troppo, di come quello fosse un periodo dove la sua sanità mentale era agli sgoccioli e di come non fosse in grado di darmi ciò che io desideravo, anche se il reale quesito era, cos'è che io volevo davvero? Una relazione? Una frequentazione? Un appiglio? Un paziente? Non lo so sinceramente, in quel momento avevo molte idee confuse per la testa ed era difficile esser in grado di contraddistinguere cosa desideravo realmente o cosa credevo di desiderare a tutti i costi. L'unica cosa positiva di quella serata fu che Lily non lasciò il mio sguardo nemmeno per un instante, da lontano osservava tutta la scena, teneva d'occhio i movimenti di lui con uno sguardo pieno d'astio e fu la prima a capire di come stessi raggiungendo il mio famigerato limite di sopportazione e stessi per scoppiare davanti ad, a quanto pare, un mezzo sconosciuto; la chiamai, la pregai con lo sguardo di portarmi via il prima possibile, e così fece. Piansi tanto quella sera, fra le braccia di lily, poco abituata a vedermi in quelle condizioni essendo io nel mio gruppo colei che meno manifestava le sue emozioni negative specie quelle che riguardavano un ragazzo, e lei semplicemente mi strinse fra le braccia senza dire una parola. Continuai a piangere in mezzo alla strada, nel bar, nella macchina, nel mio comodo e caldo letto testimone di tutti i miei momenti più intimi e privati, perché ci rimasi così male? Mi stavo affezionando sempre di più? Pensavo a cosa saremmo potuti essere? Era la rabbia essendo io abituata a chiudere sempre il tutto? Non lo so, sinceramente. Nel corso degli anni, rincontrai un paio di volte questo ragazzo, le prime subito dopo aver troncato il tutto nei corridoi della scuola, poi fuori la sua università, ubicata estremamente vicina alla mia, ed infine l'ultima qualche mese fa, andando a prendere mia nipote, figlia di mia sorella minore al liceo, appena vicino l'uscita di quell'edificio riposai a distanza di anni, lo sguardo su colui che può esser definito la mia prima storia d'amore a tutti gli effetti, culminata però con un triste finale per me. Lui non era cambiato molto, portava una camicia elegante sotto un jeans normale, i capelli ricci, un tempo neri come l'ebano, si erano schiariti facendo posto a qualche capello bianco, attorno agli occhi vi era qualche rughetta e sulla mano dove stringeva uno zaino in pelle, ancora appoggiato soltanto su di una spalla, vi era una fede nuziale ormai sbiadita. Anche lui parve riconoscermi immediatamente, mi fece un caldo sorriso, si avvicinò leggermente quando poi fece il suo ingresso l'ormai adolescente che non vedeva l'ora di rincasare per potersi godere il meritato riposo, fece al suo professore di italiano e latino un breve cenno di testa andandosi a mettere il casco e sedendosi nel posto del passeggero sulla mia moto, così tutte le parole che avremmo potuto dirci sparirono in un istante, non c'era più alcun motivo per rimanere lì imbambolati, lui allora semplicemente mi diede una veloce pacca sulla spalla esclamando: "Hai visto, ho finalmente imparato a non svalutarmi più, ti auguro ogni bene ed un buon rientro a casa", si incamminò poi nuovamente per la sua strada senza mai voltarsi indietro, come se poi alla fine ce ne fosse realmente bisogno.
   
 
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