Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Sunnyfox    08/01/2024    2 recensioni
Solo quando all'improvviso Rufy cacciò un urlo animalesco, si rese conto che la squadra di Kendo del loro liceo aveva fatto il suo trionfale ingresso.
«Eccoli che arrivano!» esclamò, agitando le braccia per catturare l'attenzione di Zoro che seguiva il capitano della squadra e andavano a posizionarsi accanto agli altri kendoka.
Nami lo vide alzare lo sguardo verso di loro, come se fosse davvero riuscito a sentire il richiamo dell'amico, in mezzo a tutto il fracasso esploso all'ingresso delle squadre. Rufy si agitava così tanto che dopotutto sarebbe stato impossibile non notarlo. Zoro non fece altro che alzare lo Shinai in segno di saluto. Una conferma che li aveva scorti e aveva, a modo suo, apprezzato la loro presenza. Se non fosse stato così distante, Nami avrebbe detto di averlo persino visto sorridere.
[High School AU]
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 18

 

Nami non era riuscita a chiudere occhio, pensando a ciò che l'avrebbe attesa.

Aveva immaginato svariati esordi, svariati dialoghi, nella sua testa, per il primo incontro con un padre che non aveva mai avuto la possibilità di conoscere.

Nojiko doveva aver subito lo stesso trattamento perché le occhiaie violacee che riportava sotto agli occhi, quel sabato mattina, erano sintomo del suo stesso dilemma notturno.

Le aveva servito il caffè e dei pancakes che nessuno le aveva chiesto di cucinare.

«Devo chiederti a che ora ti sei alzata per preparare una colazione degna di Versailles?» la interrogò, prima di produrre uno sbadiglio che avrebbe potuto inghiottire un treno.

«Per mangiare come a Versailles avrei dovuto servirti della selvaggina spennata»

«Che schifo» sussurrò Nami, ringraziando tacitamente. Non era sicura di avere abbastanza fame per mangiare davvero qualcosa, ma per onorare il lavoro della sorella si servì addirittura due pancakes.

«Mamma è andata a ritirare la macchina dal meccanico. Ci accompagnerà verso le dieci, se per te va bene»

Bellmer aveva deciso di scortare entrambe all'abitazione del padre, ma si era preoccupata di comunicar loro, per la sua sanità mentale, che non lo avrebbe incontrato di persona. Un po' per non influenzare le figlie con i suoi atteggiamenti, un po' per evitare di farsi venire il fegato amaro o scendere a orribili livelli di compassione.

Zoro invece suonò il campanello proprio in quel momento. Ancora prima che Nami avesse la possibilità di assaggiare la colazione. Gli aveva chiesto se fosse davvero sicuro di accompagnarla, che non si doveva sentire obbligato, che avrebbe potuto contare del supporto della sorella e della madre. Ma lui le aveva risposto che se non era di troppo si sarebbe unito volentieri, che non aveva altri appuntamenti in programma, che, in ogni caso, si sarebbe interrogato tutto il giorno su come si sarebbe svolto quell'incontro, quindi tanto valeva.

La verità è che voleva semplicemente assicurarsi di essere presente, per qualsiasi contraccolpo emotivo avrebbe riportato quell'incontro. Nami lo aveva capito, non glielo avrebbe certo fatto pesare, anzi.

Si levò quindi in piedi per andare ad aprirgli. Il solo fatto che Zoro l'accolse con un sorriso fu in grado di sedare, in modo del tutto lieve ma grato, quel senso opprimente di ansia che non la abbandonava da giorni. Dalla decisione di conoscere un uomo che non le aveva dato la possibilità di farlo prima, fino a quando si erano accordati per un appuntamento.

«Ciao» gli disse.

E «Ciao» lui le rispose, indeciso se salutarla con un bacio, ma frenato dal fatto che stavolta fosse una visita piuttosto... formale.

«Avete intenzione di guardarvi negli occhi sull'uscio per tutta la mattina o prima o poi entrerete?»

Nemmeno l'intrusione di Nojiko si fece attendere. In linea generale Nami avrebbe temuto l'incontro dopo la scoperta di Nojiko sulla loro relazione, ma l'occasione era così particolare che l'imbarazzo passò tranquillamente in secondo piano.

«Arriviamo, arriviamo» disse, facendo a Zoro cenno di seguirla all'interno. La casa la conosceva, non era certo la prima volta che passava a trovarla, eppure ora le sembrava tutto così diverso.

«Spero tu non abbia già fatto colazione» Nojiko si rivolse al ragazzo mettendo in tavola il resto dei pancakes «Non sarà uno dei pasti da atleta a cui sei abituato ma... ne ho sfornati per un reggimento»

«Mi piacciono i pancakes» le disse con un mezzo sorriso, prima di sedersi al tavolo con loro.

Nami gli passò del succo di frutta e gli fece un occhiolino a rimarcare il fatto che apprezzava il fatto che avesse deciso di far loro compagnia.

«Ci accompagnerà mamma. Non sono sicura di aver capito dove abita quell'uomo»

Nojiko sembrava apparentemente incapace di pronunciare il suo vero nome.

Nami si limitava a pensare a lui come 'padre' e tanto bastava. Non voleva alzare all'infinito le aspettative.

Spinse verso Zoro i suoi due pancakes, pregandolo tacitamente di servirsene: improvvisamente non aveva più nemmeno un briciolo di fame.

«Dovresti mangiare» le sussurrò lui, scoccandole uno sguardo severo.

«Potrei vomitare tutto quanto»

«Potrebbe aiutarti anche quello, nel caso ti servisse una scappatoia, più tardi» le disse, mimando un conato.

Nami sbuffò una risatina leggera, in netto contrasto con il sentimento. Nojiko parve apprezzare altrettanto e gli passò del succo d'acero e della marmellata.

«Non ti sapevo anche simpatico» lo prese in giro.

«Anche?» le rispose, seguendola con lo sguardo mentre si fermava a raccogliere una tazza di té.

«Pensavo fossi solo bello e scorbutico»

Il ragazzo non rispose ma Nami si rese conto che la sorella era riuscita a metterlo in imbarazzo. Le indirizzò un'occhiata ammonitrice, alla quale Nojiko rispose con una linguaccia.

L'idea che Nojiko lo trovasse un bel ragazzo la inorgogliva nemmeno Zoro si trattasse di una sua creazione. Lei lo aveva sempre pensato. Certo, non aveva voluto ammetterlo fino a quanto non aveva realizzato che lui le piacesse in quel senso ma oggettivamente non lo si poteva negare. In realtà, la cosa che di lui apprezzava più di qualsiasi altra cosa, fisicamente beninteso, era che Zoro fosse alto. Alto e massiccio. Che lo fosse molto più di lei, che sembrasse solido, come una roccia. E le piacevano anche quelle sue mani grandi e un po' callose, a causa dei costanti allenamenti dove brandiva pesi e shinai.

Si rese conto di essere rimasta a fissarlo un po' troppo a lungo, fantasticando su questo aspetto, perché lui le indirizzò uno sguardo interrogativo, al quale Nami rispose con un mezzo sorriso. Che lo interpretasse come preferiva.

 

Finirono di far colazione proprio quando Bellmer rientrò a casa con tanto di chiavi della macchina che faceva roteare energicamente su un dito.

«Siete pronte?» esclamò con decisione. Un atteggiamento che cercava, a modo suo, di esorcizzare il momento fin troppo solenne «Buongiorno Zoro!» concluse con un guizzo sorpreso.

Probabilmente non si aspettava che venisse davvero.

Nami sentì lo stomaco sprofondare in una voragine oscura. Fino a quel momento era rimasto tutto sospeso ma adesso che sua madre si apprestava davvero ad accompagnarle, le sembrò così reale, concreto.

Non c'era più tempo per fantasticarci su. Era il momento di farla fuori, una volta per tutte.

Si mise in piedi, raccogliendo i piatti della colazione. Nojiko sembrò decidere che ci sarebbe stato tempo più tardi per sistemare casa e li lasciò nel lavello, come il residuo di una mattinata ben spesa, prima del dissesto della loro giornata.

«Siamo nate pronte» dichiararono in coro, nemmeno si fossero messe d'accordo.

Bellmer rilasciò una risata e attese che tutti fossero usciti di casa, prima di chiudersi la porta alle spalle.

 

-

 

Avevano lasciato Nami e Nojiko sul portone del palazzo in cui viveva il loro padre. A rispondere al citofono era stata una donna. Perciò, per Zoro, la presenza di quell'uomo era rimasta ancorata nell'ombra in ogni suo aspetto.

Aveva percepito la tensione nell'aria e nel modo in cui Nami aveva stretto forte la sua mano, prima di salutarlo, con la promessa che si sarebbero rivisti molto presto.

Non avrebbe voluto lasciarla ma era ovvio che non sarebbe entrato in quell'angolo assolutamente privato del loro passato. Non altrettanto scontato che si sarebbe ritrovato solo con Bellmer per il resto della mattinata. A dire il vero non ci aveva pensato davvero fino a quando la situazione non si era palesata con la proposta della donna di passare un paio di ore a una caffetteria all'angolo.

Zoro non aveva potuto certo sottrarsi all'invito.

Il locale era molto carino, una caffetteria che sembrava più una sofisticata sala da té. In realtà l'intera zona pareva residenziale. A determinare, in modo sfacciato, quanto anche il padre di Nami non dovesse passarsela poi così male, se abitava in una zona simile. Rendendo così ancora più incredibile e squallido il fatto che avesse deciso di non prendersi cura di loro, nemmeno dal punto di vista economico. Considerazioni che certo avrebbe tenuto per sé, ma che non gli facevano risultare molto più simpatica l'intera situazione.

Si sedettero a un tavolo, accanto alla vetrata che dava sull'esterno, così da tenere d'occhio ogni movimento all'altro lato della strada. Avrebbero di certo inquadrato Nami e Nojiko, quando sarebbero uscite dal loro incontro.

«Vediamo cosa ci offre questo posto tanto chic» esordì Bellmer afferrando uno dei menù, incastrati fra un vasetto decorativo e il portatovaglioli «puoi scegliere quello che vuoi, oggi offro io»

Zoro prese a sua volta un menù, rendendosi immediatamente conto che il posto non era esattamente economico.

«In realtà ho già fatto due colazioni» le rispose, un po' perché era vero, un po' per evitare di spendere un capitale.

«Alla tua età, prima di pranzo, per me c'erano almeno due colazioni e tre spuntini. Non fare il timido e scegli qualcosa. Offro io»

«Ma no, io non-»

«Io prenderò sicuramente un caffè. E mi ispira moltissimo questa torta di carote e amaretti. Tocca a te.»

Zoro sospirò, ben consapevole di non avere diritto di replica. Bellmer era una persona tanto pratica quanto ostinata; in questo aspetto gli ricordava qualcuno.

«Un succo d'arancia. E un bagel farcito» non si sbilanciò troppo, ma non aveva voglia di assumere altri zuccheri. Più stimolato dall'idea del pranzo imminente.

Pareva che le donne della famiglia di Nami non facessero altro che cercare di ingozzarlo. La cosa lo divertì.

La donna richiamò uno dei ragazzi in servizio e gli lasciò gli ordini, sistemando di nuovo i menù al loro posto.

«Allora...» esordì dopo qualche istante, intrecciando le mani sopra al tavolo.

Ci siamo, pensò Zoro, attendendosi un improvviso interrogatorio sugli sviluppi della sua relazione con sua figlia.

«Mi ha detto Nami che ti stai preparando molto duramente per il prossimo torneo interscolastico»

D'accordo, forse aveva corso troppo e no, la domanda sul kendo proprio non se l'era aspettata. Ma la accolse come un dono non richiesto.

«Ah, sì...» rispose «Tre volte a settimana a scuola e i fine settimana al dojo Shimotsuki»

«Mi sembra un piano molto impegnativo» constatò lei.

«Abbastanza. Ma non mi pesa»

«Riesci a bilanciare con lo studio?»

«Più o meno...» si strinse nelle spalle. Non era una novità che studiare non fosse esattamente la sua specialità. Non perché non fosse sveglio o altro, la verità era che studiare lo annoiava abbastanza, tolte alcune materie. Nami era esattamente il suo opposto, in questo senso.

Bellmer si sorresse il viso con una mano, lanciandogli uno sguardo valutativo.

«Questo è il vostro ultimo anno di liceo, immagino non sia facile riflettere su quello che accadrà dopo. Ci hai già pensato?»

Zoro si rese conto che quella domanda arrivava ancor più inaspettata di quanto non avesse fatto quella su kendo.

«In realtà...» non era affatto sicuro di ciò che stava per dire, ma le parole gli uscirono più rapidamente di quanto si aspettasse, di quanto il suo cervello ci mise per elaborarle per davvero «mi piacerebbe portare avanti la tradizione di famiglia. Il kendo, la palestra...»

«Ho sentito dire che l'attività del dojo Shimotsuki ha proposto nuovi corsi»

Zoro non poté far altro che sorridere.

«Già. Koshiro ha ingaggiato un nuovo insegnante. Non mi dispiacerebbe affiancarlo, in futuro.»

«So che c'è un'università molto buona in città che dà molto spazio ai club sportivi. Potrebbe essere un buon modo per portare avanti questa prospettiva»

«Sì, la conosco. Vedremo»

Bellmer annuì. Sembrava interiormente soddisfatta delle sue risposte. Non si era nemmeno posto il problema che forse un piccolo interrogatorio lo stava subendo per davvero.

Ma la verità è che forse deviare l'attenzione sul futuro, poteva trascinare via entrambi dal pensiero di ciò che stava accadendo nel palazzo a pochi metri di distanza. In una stanza dove tre persone si riunivano per la prima volta.

«Non ho avuto cuore di chiedere a Nami se abbia già un'idea. Quello che vorrei evitare è che si fossilizzi su degli studi che le impediscano di realizzare i suoi sogni» gli confessò, sbirciando oltre la vetrata.

Zoro era a conoscenza del fatto che Nojiko aveva voluto restare in città per dare una mano alla famiglia e alla fine si era accontentata di un'università con delle solide prospettive d'impiego. Ma Nami?

Nami aveva da sempre espresso il suo desiderio di evasione. Intimamente confessato ai suoi amici l'aspirazione di scappare da quella piccola città, di espandere le sue conoscenze e i suoi confini.

Guardò nella stessa direzione in cui si era perso lo sguardo di Bellmer. Era certo che Nami non avrebbe sacrificato proprio un bel niente, se fosse stata sicura di lasciare la sua famiglia in buone mani, senza questioni irrisolte. L'idea, per la prima volta, lo rattristò. Non ci aveva mai pensato, ma probabilmente quello avrebbe potuto essere il loro ultimo anno assieme. In tutti i sensi.

«Siete così giovani» sospirò Bellmer, trascinandolo fuori dalle proprie riflessioni «forse dovreste solo pensare a divertirvi il più possibile»

Nel frattempo arrivarono le loro ordinazioni e le sue parole si persero nel discorso.

«Sono molto felice che abbia trovato degli amici come voi...» riprese mentre zuccherava il suo caffè.

Zoro rialzò la testa, ancora prima di pensare a come attaccare il suo bagel.

Cosa avrebbe dovuto rispondere ad un'affermazione del genere. Grazie? Sì, lo sappiamo?

«Nami è sempre stata una ragazzina molto solitaria. Lei e Nojiko una coppia indissolubile. Si sono sempre supportate molto a vicenda» gli rivelò «Con il fatto che io abbia dovuto portare avanti due lavori alla volta per mantenerle ed ero troppo spesso fuori casa, erano fondamentali l'uno per l'altra.»

Sospirò tutto il suo disappunto che Zoro colse senza nemmeno dovercisi sforzare molto. La sua frustrazione, i suoi rimpianti, le sue preoccupazioni. Quelle di una madre che non era sicura di aver svolto un lavoro quantomeno decente.

«Poi è successo quello stupido incidente e le ragazze hanno dovuto crescere alla svelta. Nami ha cominciato a lavorare per quell'imbecille di Arlong... è stato un periodo duro. Ma nel frattempo ha conosciuto voi. Che l'avete aiutata così tanto» si strinse nelle spalle. Zoro non era sicuro di dove volesse andare a parare con quel discorso, ma rimase in silenzio ad ascoltarla, afferrando per buona creanza il bicchiere con il succo, senza osare servirsene davvero.

«E in questo ultimo periodo, per la prima volta dopo tanto tempo, finalmente sono riuscita a vederla serena» aggiunse, rialzando uno sguardo grato su di lui «è anche merito tuo, sai?» lo indicò con la forchetta da dolce, con aria sorniona.

«Io non ho fatto niente» borbottò, guardando di nuovo fuori dalla finestra.

«Il fatto che tu sia qui oggi dice proprio tutto il contrario»

Zoro si strinse nelle spalle, senza sapere cosa rispondere per davvero. Non era lì per sentirsi ringraziare, era lì per Nami. Era lì perché per prima cosa, sopra ogni altra, era amico di Nami. E lo sarebbe stato finché lei gli avrebbe concesso di esserlo. Ma ottenere l'approvazione di Bellmer gli fece comunque piacere.

«Quando suo padre mi ha contattata ero terrorizzata dal fatto che potesse incrinare la nostra famiglia. Non erano obbligate a vederlo o a conoscerlo. Spero che questa cosa possa mettere un punto definitivo a questa storia, invece di aprire altri baratri»

Zoro tornò a guardarla.

«A me siete sembrate sempre tanto compatte» le disse.

E Bellmer per la prima volta gli rivolse uno sguardo sorpreso, ma grato. Come non aspettasse altro che una misera rassicurazione. Anche se a Zoro non sembrò di aver detto niente di così sorprendente.

«Scusa» aggiunse poi, in un guizzo di lucidità «forse non sono cose che avrei dovuto dire ad alta voce. Ti prego di non parlarne con Nami»

Zoro non le rispose ma le rivolse un sorriso incoraggiante. Se c'era una cosa che aveva capito in quegli ultimi mesi, era che nessun adulto era infallibile e che, anzi, avevano esattamente le stesse paure e le stesse preoccupazioni di tutti gli altri. Lo aveva capito con Koshiro, dopo molto, troppo tempo in cui aveva frainteso e forse inconsciamente colpevolizzato i suoi atteggiamenti.

Per tutta risposta afferrò il bagel e gli diede un morso corposo. Una parte del ripieno quasi schizzò di lato, costringendolo a salvarlo in corner da una brutta caduta. Il tutto risultò così comico che Bellmer scoppiò, finalmente, a ridere.

«Guarda che non te ne prendo un altro. Costano un capitale questi cosi!»

Zoro sgranò gli occhi.

«Posso pagarlo!» esalò, cercando di non sputacchiare ovunque quello che aveva in bocca.

Bellmer rise di nuovo.

«Piantala e mangia» lo ammonì, palesando il fatto che lo stesse solo prendendo in giro «Avrai bisogno di energie, quando comincerò a farti domande sulla relazione che hai con mia figlia» aggiunse poi con un tono molto più serio. Fin troppo convincente.

E Zoro rischiò di strozzarsi veramente questa volta.

 

-

 

Nami e Nojiko erano emerse dall'appartamento del padre che era passata da un pezzo l'ora di pranzo.

Quando avevano raggiunto Zoro e la madre si erano concesse di ordinare l'intero menù pranzo, senza colpo ferire, per compensare un colloquio complesso e sfiancante. Non avevano condiviso troppo di quell'incontro ma li avevano aggiornati sul fatto che con il padre, da quel giorno in poi, avrebbero mantenuto rapporti cordiali e si sarebbero interessate della sua salute.

Nami si era resa conto degli sguardi scrutatori di sua madre, e della preoccupazione del suo sguardo, ma non era certa di voler davvero parlarle di quell'incontro o di cosa si fossero detti. O delle patetiche giustificazioni che l'uomo aveva imbastito e delle profuse scuse con cui si era cosparso il capo di cenere. Nojiko sembrava la meno propensa a perdonarlo, Nami aveva deciso che non farlo non avrebbe portato giovamenti alla sua vita più del fatto, invece, di farlo. Che non avendolo mai conosciuto, non avendo mai fatto parte, nemmeno di sfuggita, della sua vita, non aveva davvero qualcosa per cui perdonarlo. Che i loro guai familiari, probabilmente non erano nemmeno davvero colpa sua. Certo, avessero avuto un altro appoggio all'infuori di Bellmer sarebbe stato tutto più facile, ma sarebbe stato altrettanto felice? Aveva deciso, proprio nel momento in cui era uscita dalla porta di quell'appartamento, che dopotutto quelle ad avere avuto una vita semplice ma con una famiglia unita e pronta a sostenersi sempre, erano state proprio loro tre.

Compativa quell'uomo e la sua solitudine.

Però non poteva negare il fatto di essere stata a lungo curiosa di capire chi fosse, da dove venisse, cosa avessero in comune. Domande che non avevano avuto risposte in un due ore scarse di dialogo. Ma che l'avevano aiutata a capire che nemmeno quello avrebbe cambiato ciò che lei era, arrivati a quel punto.

La verità era che si sentiva più serena di quella stessa mattina e probabilmente più di quanto non lo fosse mai stata in diciotto anni di vita senza un padre.

Come avesse aggiunto un pezzo mancante al puzzle della sua esistenza. Ora che aveva trovato una collocazione, avrebbe potuto finalmente metterlo da parte e liberare la scrivania per ciò che sarebbe arrivato di nuovo, di buono.

Bellmer li aveva accompagnati tutti a casa, un viaggio in macchina dove la radio aveva colmato i silenzi di un viaggio piuttosto riflessivo.

Nami non aveva lasciato la mano di Zoro un solo istante. Non sapeva dire se per rassicurare lui sul fatto che stesse bene, o per ricordare a lei stessa che le cose concrete e davvero felici erano proprio lì, in una macchina dove riecheggiava musica buona e li stava riportando a casa.

 

Quella stessa sera, dopo cena, distesa sul letto, si era resa conto che forse le emozioni erano state un po' troppe, per una sola giornata.

E dopo aver scrutato in silenzio il suo cellulare per una buona mezz'ora aveva scritto a Zoro:

'Dormi?'

'Non proprio' era stata l'immediata, quanto sorprendente risposta.

'Mi andrebbe una passeggiata in spiaggia' aveva buttato lì, attendendosi una risposta pungente o quantomeno noiosamente da Zoro.

Quello che aveva ricevuto invece era stato:

'Ci vediamo al bar dismesso'

Nami non si era interrogata oltre. Si era vestita, preso la sua borsa, superato in silenzio Nojiko che dormiva sul divano di fronte a una serie tv ed era uscita di casa.

 

«Pensavo ci avresti messo un'infinità di tempo a trovare il bar dismesso» lo prese in giro, il momento in cui lo vide sbucare dal portico decadente.

Ma probabilmente il fatto che fosse stato lui a proporlo era perché quel posto era forse l'unico vero punto di riferimento che non avrebbe mancato. Si spiegò persino come avesse fatto a trovarli, ormai mesi fa, il giorno in cui avevano messo in piedi una serata in spiaggia per chiamare Bibi, esiliata dall'altra parte del paese.

«Hai voluto vedermi per insultarmi?» le rispose, venendole incontro con l'aria un po' assonnata.

Non era molto tardi, ma la mezzanotte incombeva. Il fatto che nessuno di loro avesse scuola, il giorno successivo aveva un certo peso su quella sconsiderata decisione.

Ma la serata era piacevole e calda, un peccato sprecarla dormendo.

«In realtà volevo solo fare due passi, e magari sederci da qualche parte a goderci l'oceano» gli andò incontro, mostrandogli la borsa da spiaggia che aveva portato con sé. Il clima ormai portava il caldo dell'estate e le serate di fine maggio erano calde e piacevoli «e magari ringraziarti per oggi. Non volevo farlo davanti a Nojiko e Bellmer, sarebbe stato... strano»

«Non ho fatto niente oggi»

Sempre quel suo modo per sminuire le cose.

«Hai saltato gli allenamenti per venire con noi. Questo non è niente

Lo vide sgranare gli occhi. Probabilmente si era augurato che lei non rammentasse quel dettaglio, ma dopo aver superato la confusione di quella mattinata del tutto insolita, Nami aveva ampiamente ricordato cosa significassero i sabati mattina per Zoro. Il fatto che le avesse detto di non avere niente di meglio da fare era una bugia bianca che non avrebbe potuto reggere a lungo.

«Recupererò domani»

Senza dire nient'altro gli si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia a mo' di ringraziamento. E poi lo prese per mano per trascinarlo lungo la battigia, per mettere in atto i suoi propositi di una passeggiata notturna.

Zoro non le avrebbe chiesto niente, questo lei lo sapeva perfettamente. Non era il tipo di persona che si impicciava degli affari altrui o che condivideva con chicchessia i suoi, di affari. Era un aspetto che apprezzava sì, ma che si ripromise di non impedirle di condividere con lui qualsiasi cosa le venisse in mente.

«Mi hanno scritto tutti oggi pomeriggio...» gli disse «Per sapere come era andata» sorrise.

Non aveva detto niente a nessuno dei loro amici, fino all'ultimo. Sapeva che, se lo avesse fatto, avrebbero voluto essere tutti con lei. Si era limitata ad avvisarli il giorno prima a scuola. E a godersi l'abbraccio collettivo che ne era seguito.

«Ho risposto loro che sto bene» proseguì e nel farlo sapeva di rispondere anche alle tacite domande che aveva letto nello sguardo di Zoro per tutto il pomeriggio «e che posso voltare pagina»

Nel dirlo, intrecciò le dita alle sue e aumentò il passo, a decretare che davvero voleva lasciarsi alle spalle tutta la malinconia di quel pomeriggio.

«Ehi! Laggiù è dove abbiamo fatto il falò la volta scorsa, te lo ricordi?» esclamò, dirigendosi esattamente in quella direzione. Era piuttosto buio ed isolato e la luce della città faceva fatica a raggiungerli. Estrasse il cellulare per usare la torcia e poi lo passò a Zoro.

«Tieni un attimo. Preparo una cosa» disse solo, lasciando che il ragazzo la guardasse con aria perplessa, prima di posare a terra la borsa e sistemare a terra un telo da spiaggia in cotone.

Si chinò di nuovo in ginocchio e dopo aver cercato sul fondo della borsa estrasse quelle che sembravano proprio due bottiglie di birra.

«Non te l'aspettavi questa, eh?» indagò, facendole tintinnare una sull'altra.

«No, per niente. Vorrei sapere dove te le sei procurate» la seguì sul telo, sedendole accanto, abbassando gradualmente l'intensità della torcia, fino a quando i loro occhi non si abituarono nuovamente all'oscurità.

«Scorte di mamma. Che non dovrà scoprirlo mai. In genere non ricorda mai quanta birra le resta in frigorifero. Sembra sempre sorpresa, quando non ne trova. La verità è che non ricorda mai quante se ne apra in automatico, al rientro da lavoro»

«Cominciano ad essere un po' troppi, i debiti che ho nei confronti di tua madre...» commentò Zoro, senza però farsi scrupoli ad aprire entrambe le bottiglie.

«In che senso, scusa?» gli rispose, con aria divertita.

«Mi ha offerto il pranzo oggi. Ora la birra.»

«Puoi sempre ripagare me. Sono della famiglia»

«Non fare la strozzina» le scoccò uno sguardo severo che lei riuscì a cogliere bene fra le ombre notturne.

«Ma dai, stavolta non ho intenzione di chiederti soldi» disse facendo cozzare la sua birra contro la sua «magari cominciamo con un brindisi. Poi vediamo in che altro modo posso chiederti di saldare il tuo debito»

Zoro scosse la testa, ma sembrò abbastanza soddisfatto all'idea di cominciare la serata con dell'alcool. Bevvero entrambi il primo, lungo sorso con estrema soddisfazione.

La brezza notturna era piacevole. Il profumo dell'oceano e il suono delle sue onde, le mettevano sempre addosso una gran calma. Il sapore della birra sul palato e la vicinanza di Zoro a completare il quadro le sembrò improvvisamente il luogo più vicino alla sua idea di paradiso.

Una piacevole sensazione di serenità. Dopo tanto tempo a rincorrerla, fermarsi per godersela sembrava una vera benedizione.

Si sentì in piena connessione con tutto. Persino con i suoi demoni interiori. Grata di tutto ciò che aveva ricevuto in quegli ultimi mesi. Era stata una giostra piuttosto movimentata di avvenimenti, di sentimenti, ma si rese conto di averli affrontati uno per uno ed esserne uscita in qualche modo vincitrice. Non così ingenua da pensare che sarebbe finita lì, certo, non così ottusa da non sapere che le sfide sarebbero state ancora molte e che la vita non le avrebbe risparmiato delle sorprese, in positivo o in negativo, ma per quanto le prospettive si affacciassero stratificate e ignote nel suo futuro il qui e ora le sembrò l'unico vero modo per affrontarle. Per accettarle.

«Zoro...» mormorò, stringendosi a lui quasi come potesse trattenerlo, per sempre, fra le sue braccia «faresti l'amore con me?»

Lo sentì irrigidirsi appena, e d'istinto lo strinse più forte. Ma durò solo un istante. Sentì il rumore della bottiglia di birra che veniva posata da qualche parte, sulla sabbia e le sue mani aggrapparsi a lei.

Si costrinse a scostarsi appena, il cuore in tumulto, l'improvvisa sensazione che potesse allontanarla e andarsene, la paura di aver rovinato tutto, di aver danneggiato quel momento perfetto.

Ma non le servì indagare troppo sui suoi movimenti o sullo sguardo sicuro che le rivolse, quando si ancorò nel suo, per ritrovare a specchio le sue stesse sensazioni, i suoi stessi, segreti desideri.

«Sei sicura?» le chiese, più per eccessiva premura che per reale paura che non fosse l'ennesima burla.

Nami si ritrovò ad annuire una sola volta. Poi si levò in ginocchio, afferrò il suo viso fra le sue mani e lo baciò.

Quando la calma tornò a farla da padrona e il tumulto del cuore fu placato, capì che non sarebbe più tornata indietro.

 

Note:

Piccolo appunto per dire che non ho trovato necessario approfondire in modo troppo complesso l'evento padre di Nami (al quale non mi sono nemmeno scomodata di dare un nome), così come tutto resterà abbastanza celato anche a Bellmer e Zoro e i suoi amici, lo sarà anche per i lettori. Non credo avrebbe dato o tolto qualcosa a ciò che volevo raccontare qui, ovvero l'accettazione di Nami e la sua volontà di voltare pagina e di impegnarsi a vivere una vita piena e felice.

Spero tutti abbiate passato delle buone feste. A presto.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Sunnyfox