Libri > Good Omens
Segui la storia  |       
Autore: Neamh Moonstar    14/01/2024    4 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Crowley guardò prima il pezzo di carta che aveva tra le dita, poi il pavimento, poi di nuovo gli appunti, passandosi una mano tra i capelli.

Aveva fatto tutto come ordinato, segnando attentamente le parole di Aziraphale. Dopodiché era praticamente volato al piano di sopra, dove aveva spostato tutto lo spostabile con fare nervoso. Alla fine si era ritrovato davanti al parquet libero da oggetti e polvere. Con uno schiocco di dita aveva fatto comparire un gessetto e qualche candela, poi si era messo all'opera, tracciando linee e circonferenze con una lentezza ed una precisione che non gli si addicevano nemmeno per sbaglio.

Il risultato se ne stava ora davanti ai suoi occhi: un cerchio simile a quello che l'angelo nascondeva sotto al tappeto, ma con all'interno dei simboli totalmente diversi.

Alcuni di essi, Crowley li aveva già visti: erano contraddistinti da linee spezzate, dure e ben marcate. Altri erano invece morbidi, tondeggianti come un corsivo.

Aveva poggiato le candele in punti ben specifici, rabbrividendo al pensiero di ciò che era accaduto l'ultima volta che una candela era rimasta accesa in libreria. Decise di lasciar perdere quei brutti ricordi, concentrandosi sul fare attenzione a ciò che stava facendo.

Le aveva accese tutte e aveva preso la piuma. Kathatiel non era rimasta sorpresa nello scoprire che Lily gliel'aveva lasciata. La cacciatrice era una tipa pratica che raramente conservava ciò che non le serviva - glielo aveva detto, e il ricordo di quella voce tanto sensuale quanto fastidiosa gli faceva sanguinare le orecchie.

Poggiò la piuma in mezzo al cerchio come se fosse fatta di vetro, e tanto bastò a far illuminare lievemente la circonferenza e tutti i suoi simboli. Gli venne automatico fare tre passi indietro, ansioso.

Per alcuni lunghi secondi non accadde nulla. Crowley si ritrovò a pregare silenziosamente: un mantra di "fa' che funzioni, ti prego. Fa' che funzioni" gli vorticava per la testa.

Quando una luce investì il centro del cerchio, si pentì di essersi tolto gli occhiali una volta entrato in casa. Si mise un braccio sugli occhi, schermandosi dal bagliore accecante. Quando li riaprì, il respiro gli si bloccò in gola.

Il suo angelo se ne stava al centro del cerchio, un po' spaesato ma tutto intero. Pareva una visione, o un riflesso debole ed incerto sulla superficie di un lago. Si copriva quanto poteva il corpo nudo con le ali, ma fu l'ultima delle preoccupazioni del rosso. Gli fece molto più male notare l'evidente buco sull'ala destra dell'altro, laddove una volta stava la stessa piuma che ora giaceva sul pavimento.

    Quando i loro sguardi si incrociarono, Aziraphale gli sorrise e Crowley combatté contro l'istinto che lo avrebbe altrimenti portato ad afferrarlo e stringerlo così forte da far male. Le lacrime gli salirono agli occhi, inarrestabili e cocenti. «Angelo...» fu tutto ciò che riuscì a mormorare.

    Questi spostò un po' il peso da una gamba all'altra, anche lui costretto dalla barriera invisibile che li divideva. «Ciao, caro» ricambiò, i cerulei occhi lucidi. Scacciò la tristezza con un moto di gioia - lo stesso che adottava quando Crowley lo invitava a cena in uno dei suoi luoghi preferiti. «Hai visto? Ha funzionato.»

    Il rosso si ritrovò a sorridere, nonostante tutto. La felicità di Aziraphale era sempre contagiosa. «Già» mormorò, passandosi le dita sotto gli occhi. «Come accidenti vi è venuto in mente? Pensavo che riprodurre il cerchio di Lily fosse difficile.»

    Aziraphale sospirò. «Difficile, non impossibile: Kathatiel era preoccupata perché, per farci entrare entrambi, Lily ha modificato il disegno originale. Fortunatamente, abbiamo fin troppo tempo da perdere; tempo in cui abbiamo capito il funzionamento dei cerchi, bene o male. Sia io che lei abbiamo già conoscenze parziali a riguardo. Alla fine è bastato un po' di ragionamento per capire come fare.»

Avevano fin troppe cose di cui parlare e decisamente troppo poco tempo per farlo. L'angelo aveva già messo il rosso al corrente del fatto che Lily lo aveva richiamato nel cerchio in camera sua: quello che il demone avrebbe dovuto distruggere. Sicuramente, sarebbe stato interessante capire nei dettagli il ragionamento che aveva portato i due angeli a bypassare i disegni che la famiglia Queen aveva approntato, ma quel discorso doveva attendere.

    «Dobbiamo stare attenti, allora, o quella stronza scoprirà il vostro piccolo trucchetto» affermò infatti Crowley, così nervoso da dover fare avanti e indietro tra la circonferenza e una sedia che aveva spostato in mezzo alla stanza per fare spazio. Guardò il suo angelo con apprensione, quasi come se avesse paura di vederlo sparire in una nuvola di fumo. «Dove ti ha ferito? Stai bene?»

L'altro fece per ribattere, probabilmente dicendogli che non era niente di troppo preoccupante, che sarebbe stato bene. Ma Aziraphale conosceva il suo demone abbastanza da sapere che travisare avrebbe solo peggiorato la situazione, mettendolo ancora più in ansia. Così, con lo sguardo mesto e lontano, scostò appena le ali, scoprendosi il ventre. Lì, sulla pancia, una cicatrice gli rompeva la pelle pallida e morbida. A Crowley parve un crepaccio che tagliava una lastra di ghiaccio altrimenti liscia e perfetta.

Strinse i pugni, frenando la cascata di insulti che avrebbe volentieri riversato addosso a quella bastarda. Poteva fargli quello che voleva: poteva sbatterlo contro un muro e baciarlo fino a togliergli il respiro, ma non doveva permettersi di allungare un altro dito verso l'angelo. Il suo angelo.

    «È solo un po' fastidiosa» lo rassicurò Aziraphale, tornando a coprirsi. «Sto bene. Che mi dici di te? Non avrei mai voluto lasciarti solo con quella donna.»

Lo sguardo affranto dell'angelo provocò un rimescolamento ben poco piacevole nell'aura di Crowley. Per un attimo rivalutò l'idea di dirgli tutto, confessare in che modo stava cercando di infinocchiare Lily e di quanto non vedesse l'ora di tornare a baciare lui: il suo unico, indivisibile e insostituibile amore.

Ma non lo fece.

Aziraphale aveva già abbastanza problemi a cui pensare. Era solo - senza contare Kathatiel - lontano da tutto ciò che conosceva, ferito e tenuto sotto scacco dalla più grande, furba, crudele e pericolosa Cacciatrice di angeli della Terra. No, non poteva infierire in quel modo. Non così, non ora.

    Il rosso si limitò a fare un sorriso amaro. «La detesto. È identica a Chrysanthemum: una sottona sbavante che passerebbe il tempo a rimirarmi se potesse. È talmente persa nella sua adorazione che è impossibile levarle qualsivoglia informazione dalla bocca.»

    Aziraphale aggrottò la fronte ed incrociò le braccia. Se Lily fosse stata davanti a lui in quel momento, l'avrebbe demolita a parole - e Crowley avrebbe pagato pur di vedere una cosa del genere. «Da come la descrive Kathatiel, sembra davvero testarda» commentò. «Pensavo che i seguaci del Tentatore fossero più che felici di farsi, beh, tentare.»

    Al rosso scappò un sorriso sincero e divertito. Il suo angelo era un altro tipo di seguace, ed era sempre più che lieto di farsi "tentare". «Lily crede di essere una spanna sopra chiunque altro» disse poi. «Ma non preoccuparti: la rimetterò in riga, così la prossima volta ci pensa due volte prima di toccarti.»

    Il sorriso intenerito dell'altro fu abbastanza da alleggerire la situazione. «Sono sicuro che ci riuscirai» disse, il tono morbido ma sicuro. Aveva una fede spropositata nelle capacità di Crowley, constatazione che rese il rosso ancor più frustrato dall'idea che avrebbe dovuto continuare a lavorarsi Lily se non voleva contraddire a quella convinzione.

La voglia di buttarsi oltre il cerchio per afferrare Aziraphale e riportarlo a casa si fece più bruciante. Il poterlo vedere ma non toccare era una specie di tortura e, a giudicare dalle micro espressioni e le occhiate, anche per l'angelo doveva essere così.

    Il che portò Crowley a pensare ad un'altra cosa. «Devo ancora fare quattro chiacchiere con quel bastardo di Gabriel» sibilò, pensando che sarebbe stato liberatorio sfogarsi un po' sull'arcangelo impiccione. «Forse, lui sa qualcosa in più di noi.»

Ne dubitava, ma tentar non nuoce. La sua visita in Paradiso sarebbe stata proficua in ogni caso: pur non sapendo dove viveva Lily, Gabe sarebbe stato costretto a tenere due corpi pronti per quando Aziraphale e Kathatiel sarebbero usciti dal cerchio. D'altronde, Crowley già immaginava le facce di tutto il Paradiso intanto che entrava tranquillo, come il posto fosse suo. Lo aveva fatto una volta, poteva farlo di nuovo.

    «Quello può aspettare» affermò l'angelo, ora più determinato. «Intanto che tu provi a capire come raggiungere casa di Lily e rompere il cerchio da fuori, io e Kathatiel cercheremo di capire come farlo da dentro.»

    Il rosso aggrottò le sopracciglia. «Sei proprio testardo. La scricciola non ha detto che-»

    Venne interrotto da uno sbuffo. «Che non si può, lo so. Ma guarda cosa siamo riusciti a fare» protestò l'altro, accennando con il capo alla circonferenza in cui era confinato. «Katathiel aveva dubbi anche sulla riproduzione, o sbaglio?»

    Oh, quel tono che ostentava sicurezza, quel fare impettito, quello sguardo serio. Tutte le cose che, nel corso del tempo, Crowley aveva sempre cercato di attirare su di sé. Il motivo era chiaro: amava quando Aziraphale si impuntava - tranne quando lo faceva per le cose stupide, in quel caso cambiava tutto. «Scommetto che riuscireste a trovarne anche tre di modi per agire dall'interno, ma preferirei che non lo faceste. Non sei nelle condizioni, angelo. E lo sai benissimo» disse allora, cercando di celare la preoccupazione sotto un velo di serietà e monito.

Aziraphale parve deluso, ma non disse niente. Sapeva benissimo dove Crowley voleva andare a parare.

    «Ricordi quella sera?» Riprese infatti il rosso. «Quando sono tornato dall'incontro con Chrys e famiglia?»

Era una domanda retorica: lo ricordavano entrambi come fosse ieri. Crowley aveva fatto una fatica immane a teletrasportarsi laddove Aziraphale aveva preso dimora in quegli anni. Tremava come una foglia, tanto che l'angelo lo aveva dovuto sostenere affinché arrivasse davanti al caminetto senza crollare a terra. Gli ci erano voluti tempo, calore e premura affinché riuscisse a raccontare cosa gli fosse successo. L'unico ricordo positivo di quella giornataccia era Aziraphale che si prendeva cura di lui.

    Rimasero in silenzio entrambi per un attimo, poi gli occhi di Aziraphale si fecero lucidi, tanto da riflettere la tenue luce del cerchio. «Ma io voglio aiutarti, una volta tanto» lamentò. Adottava spesso quel tono di protesta quando le cose non andavano come diceva lui: un miscuglio di pianto trattenuto, capriccio e frustrazione. «È colpa mia se sei costretto a vedertela con quella donna. Avrei dovuto fare attenzione, e invece eccomi incastrato qui, costretto per l'ennesima volta a chiederti di salvarmi.»

    Crowley si avvicinò tanto da sfiorare le linee di gesso con la punta delle scarpe. Zittì dolcemente il suo angelo, cercando comunque di apparire serio intanto che tutta la sua aura gli urlava di fare qualcosa per fermare il pianto imminente dell'altro. «Sei riuscito per ben due volte a trovare il modo di comunicare con me. Sarei impazzito se non lo avessi fatto. Lily mi ha fatto credere di averti perso per sempre, e invece siamo già un passo avanti a lei» affermò, il tono fermo e sicuro. «Stai facendo più di quanto credi.»

Aveva fatto bene a non scendere nei dettagli: Aziraphale non lo avrebbe sopportato. Dire dei baci che era costretto a scambiarsi con la Cacciatrice avrebbe peggiorato la già difficile situazione. No, avrebbe atteso, anche a costo di soffrire per il tradimento.

    L'angelo tirò su con il naso, affranto. Rimase fermo a fissare il vuoto per un po', ragionando. Poi chiese: «Quando la rivedrai?»

    Crowley controllò il suo vistoso orologio da polso. Era mezzanotte passata. «Oggi. Proverò a farla cedere.»

    «E se non dovesse funzionare?»

    «Troverò il modo di pedinarla.»

    Aziraphale non pareva per niente convinto. «Qualcosa mi dice che non sarà così facile.»

    «Non lo è mai» affermò il rosso con amarezza. «Non può farmi niente, in ogni caso.»

A parte farmi sentire uno schifo totale.

    «Non puoi saperlo» rispose infatti l'angelo, preoccupato. Non c'era molto che potesse fare, e ne era perfettamente cosciente. Era quella consapevolezza a buttarlo giù.

    «Ehi, fidati di me» lo incitò allora Crowley con un ghigno divertito. «Riesco sempre nel mio intento quando si parla di te, no?»

    Quello parve smuovere un po' l'ombra dal viso di Aziraphale. Era vero, da sempre. «Lo so, è questo che mi preoccupa.»

Il rosso avrebbe tanto voluto allungare una mano verso quella guancia morbida che adesso pareva quasi quella di un fantasma, una mera ombra destinata a sparire, lasciandolo di nuovo solo.

    Ingoiò il magone. «Mi manchi» sussurrò, straziato dall'idea che il loro tempo stava per scadere. Presto sarebbe dovuto tornare al silenzio della libreria e ai baci di Lily.

    «Anche tu... Ascolta, continuerò a chiamare in libreria. Ci metteremo d'accordo e ci rivedremo qui appena possibile, va bene?»

    Il tono rassicurante, seppur rotto, di Aziraphale riuscì ad allietare un po' i pensieri di Crowley, che annuì. «Presto» affermò.

Non era un saluto: era una certezza. Si sarebbero rivisti e presto toccati, baciati ed abbracciati di nuovo. Era anche una promessa, un giuramento che rese la loro separazione un po' meno dolorosa.


Quando Aziraphale se ne andò, facendo spegnere sia il cerchio che le candele attorno ad esso, Crowley percepì un brivido lungo l'ipotetica spina dorsale.

Doveva mettere fine a quella storia.


**


Si sarebbe dato ancora qualche giorno, nulla di più. Il ricordo della cicatrice sul ventre di Aziraphale lo riempiva di rabbia e determinazione. Odiava quello che stava facendo, odiava Lily, ma non aveva altra scelta.

La raggiunse all'interno della caffetteria, sciarpa cremisi al collo e mani ben infilate nelle tasche. Il semplice vederla gli fece rivoltare l'aura come un calzino. Si era sciolta i capelli, lasciando che le ricadessero sinuosi lungo la schiena. Aveva un maglioncino a collo alto che le aderiva lungo il corpo, un filo di mascara e le labbra un po' più lucide. Si era laccata le unghie di rosso.

    «Come stai oggi?» Gli chiese lei non appena si fu accomodato sulla sedia di fronte alla sua, il tono languido. Aveva messo giù il cellulare, mostrando una pagina che parlava del modo migliore per curare alcuni tipi di delicati fiori da vasetto.

    «Sempre meglio quando ti vedo» ringhiò lui con amaro sarcasmo.

Quello era il gioco e così doveva andare avanti.

    Lei ridacchiò, fermando un cameriere di passaggio e ordinando al volo un caffè ad entrambi. «So come tirarti su il morale.»

    «Ah, davvero?» Spero che il tuo piano implichi l'invitarmi a casa tua.

    Lily annuì. «Ho deciso di tenere chiuso per oggi. Faremo una passeggiata, ovunque tu voglia andare.»

Quell'ultima frase colpì Crowley dritto al cuore. Erano le cose che solitamente diceva ad Aziraphale. La Cacciatrice non poteva saperlo, però... Giusto?

    Non lasciarti incantare. Sta solo giocando. «E va bene, se proprio vuoi» concesse lui, fissandola diritto negli occhi.

Ovviamente, lei reagì ammorbidendosi. Si sciolse contro lo schienale della sedia, accettando la sua tazza fumante con un vago ringraziamento.

Bevvero in silenzio. Il rosso continuava a sentire lo sguardo serio della Cacciatrice addosso, tanto da non riuscire nemmeno a pensare a dove sarebbero potuti andare.

Non che facesse poi così tanta differenza: qualsiasi posto con Lily diventava orribile.


Alla fine andarono al parco.

Lei continuava a far rimbalzare la spalla contro quella di Crowley intanto che camminavano, esattamente come la prima volta. Canticchiava di tanto in tanto, rivolgendogli qualche domanda casuale. Chiese che musica ascoltasse, quale pianta fosse la sua preferita, come fosse il primo appuntamento dopo un veloce scambio di messaggi.

Il rosso rispose sempre seccamente e vagamente. Il più delle volte mentì.

    Lily, intanto che passavano accanto ad un corso d'acqua pieno di anatre, ridacchiò. «So che non stai rispondendo sinceramente» disse, sedendosi alla prima panchina libera e intimandogli a fare altrettanto con la mano.

    Lui sbuffò. «E allora perché continui a fare domande?»

    «Perchè è divertente. Anzi: è ancora meglio sapere che non stai dicendo la verità. Aggiunge un non so che di misterioso.»

Crowley si costrinse ad affiancarla, standole il più lontano possibile. Qualsiasi cosa con lei pareva un gioco, uno di quelli di strategia silenziosa - come gli scacchi. Stavano cercando l'uno di far cedere l'altra un pezzettino minuscolo alla volta.

    Non ricevendo risposta, lei sospirò e accorciò un po' le distanze, sguardo fisso davanti a sé. «Vi siete mai dati un bacio su una di queste panchine?»

    Il demone la fissò di sottecchi. Sapeva tante, troppe cose. «Forse» disse solo.

Lily se l'era studiata davvero bene la sua preda. Il solo pensiero bastò ed avanzò a fargli scendere una cocente punta di rabbia fino ai polpastrelli. Se solo avesse potuto fulminarla lì ed ora, lo avrebbe fatto.

La piuma di Kathatiel fece capolino dal cappotto mezzo sbottonato della Cacciatrice, quasi a prenderlo in giro.

    Lily gli poggiò una mano sul ginocchio, facendolo trasalire. «In effetti, non è il più romantico dei luoghi. Ma spesso l'amore non guarda a queste cose.»

    «E tu che ne sai?» Ringhiò Crowley, quasi d'istinto. La reazione non portò che a far arrossire le guance pallide dell'altra.

    Lei fece spallucce. «So solo che a me non importerebbe in questo momento.»

    «Sono davvero poche le cose di cui ti importa.»

Neanche il tempo di finire la frase che il rosso si ritrovò le mani della Cacciatrice ben strette ai baveri della giacca, esattamente come lui stesso faceva con Aziraphale durante i loro scambi più infervorati. Che sapesse anche quello?

Cercò di ignorare la sua aura in rivolta intanto che Lily lo baciava. Solo allora si accorse che persino i loro posti erano giusti: lei a destra, lui a sinistra della panchina. Sembrava tutto stranamente calcolato: una serie di mosse subdole, fatte apposta per farlo sentire sempre più in colpa nei confronti del suo angelo.

Schiuse le labbra con riluttanza, di nuovo. Si chiese quante altre volte ancora avrebbe dovuto farlo nei pochi giorni che si era concesso. Lily era una brava manipolatrice, poco ma sicuro. Se non faceva attenzione, sarebbe stata lei a vincere il gioco.

Ma non glielo avrebbe permesso.


Andarono a pranzare in un ristorantino qualsiasi che Crowley fece finta di conoscere giusto per non continuare a camminare accanto a Lily. Ad un certo punto, lei lo aveva preso a braccetto e la sua prima reazione era stato scrollarsela di dosso. Ciò lo aveva portato a cercare un tavolo con cui distanziarla.

    Aveva provato a fare domande a sua volta intanto che scorrevano il menù - lui per finta. «Non hai ancora detto niente alla tua famiglia? Di tutti i tuoi bei successi, dico.»

    Lei parve sorpresa. «Sai che cosa succederebbe se mia madre o i miei nonni venissero a sapere di te o di Aziraphale, vero?» Chiese, ora sorridendo. «Non ti lascerebbero stare neanche per un secondo. Costringerebbero il tuo angioletto a sbucare da un cerchio solo per rimirarlo come fosse un trofeo. Probabilmente troverebbero persino il modo di torturarlo in tuo nome.»

Come immaginavo, si disse il rosso quasi accartocciando la carta tra le sue dita. Per loro siamo solo mere conquiste.

Per un attimo, la sua mente volò a Chrysanthemum, facendolo rabbrividire. Mai più.

    «E poi,» riprese Lily, «io non sono ancora pronta a condividerti.»

Gli fece l'occhiolino.

Lui fece una smorfia.


L'idea delle domande, in realtà, era buona.

Crowley decise di provare a rispondere sinceramente a Lily ogni qualvolta gli chiedesse le cose più innocue. Intanto, sorseggiava un bicchiere di vino - l'unica cosa che aveva ordinato - offrendone anche un po' alla Cacciatrice. Forse, l'alcool l'avrebbe indotta a stare meno attenta a ciò che diceva quando toccava a lui chiedere.

Conosceva Londra come il palmo della sua mano. Forse, chiedendo a Lily cose come il suo ristorante preferito o dov'era solita passeggiare, avrebbe capito dove viveva.

Lei, però, fu vaga esattamente quanto lui. Riusciva sempre a non dare luoghi precisi, come se sapesse dove Crowley volesse andare a parare. L'unica cosa di cui il demone era certo, era che Lily faceva almeno un tratto a piedi per andare a lavoro. Che fosse perché prendeva i mezzi pubblici o perché fosse abbastanza vicina da camminare, il rosso non lo sapeva.


Conclusero il pranzo con un nulla di fatto. Crowley si costrinse a tenersi la Cacciatrice vicina per tutto il tempo, nonostante la frustrazione. Quando non seppe più dove portarla, le diede carta bianca sulla loro prossima destinazione.

Lei parlava del più e del meno, senza far mai pesare niente di ciò che diceva. Gli stringeva la mano mentre camminavano, si ancorava al braccio del demone, gli rubava un bacio sulla guancia che lui accettava solo perché non poteva scostarsi.

Sembravano la classica coppietta. Lily si fermava davanti a qualche vetrina, entrava in qualche negozio, si trascinava dietro un Crowley decisamente riluttante intanto che parlottava.

Nonostante tutto, lui cercava di tenere a mente anche la più futile delle conversazioni. Qualsiasi informazione poteva essere importante, persino il fiore preferito della bastarda.

Girovagarono senza meta, senza seguire una strada precisa. Il perché era chiaro: Lily si teneva ben stretta la posizione della sua dimora - forse inconsciamente, forse no.


Alla fine, si ritrovarono davanti all'ingresso del negozio di lei. La scusa fu che alcune piantine avevano bisogno di essere annaffiate più volte al giorno, ma Crowley sapeva bene in cosa la situazione sarebbe sfociata.

Non fece che in tempo ad entrare nell'ora buio ambiente fornito di vasetti colorati e fiorellini sull'attenti. Nel giro di un secondo, Lily aveva chiuso la porta a chiave e gli aveva sfilato la sciarpa con un unico, fluido movimento del braccio, gettandola a terra.

    Il rosso si tolse gli occhiali prima che potesse farlo lei, fissandola senza sbattere le palpebre nemmeno una volta. «Scordatelo» disse solo. Sapeva che ci avrebbe provato, prima o poi. Ma quello era un limite che nessuno avrebbe mai superato. Non lo aveva mai fatto con Aziraphale, il che la diceva lunga.

    La Cacciatrice sbuffò. «Come vuoi» concesse, mettendogli una mano sul petto e spingendolo contro la porta di ingresso.

Lo baciò con un fervore e una passione irrisolti. Quel che era peggio, però, era che con la testa ora premuta contro la superficie solida alle sue spalle, Crowley non poteva nemmeno provare a scostarsi.

Ora più che mai si sentiva in trappola, ma non poteva fare altrimenti.


Andarono avanti, baciandosi per secondi infiniti in cui il rosso pensò svariate volte a cosa sarebbe successo se avesse potuto mordere Lily e farla finita.

    Quando lei si scostò, fu solo per prendergli il viso tra le dita. «Ti conviene stare attento a quello che fai» sussurrò, la punta del naso che sfiorava quella del demone.

    A Crowley venne automatico rabbrividire. Quel tono sapeva di minaccia. «Cosa vuoi dire?» Chiese infatti, il tono forzatamente duro e inflessibile.

    «Posso fare tante cose con quei cerchi, Crowley. Il tuo angioletto, così come l'ho fatto entrare, così posso farlo uscire, spostarlo o farlo sparire per sempre.»

Non sapeva di minaccia, quella era in tutto e per tutto una minaccia.

    «E privarti così del tuo trofeo migliore?» Ringhiò lui. «Non lo faresti mai.»

    Lei, in tutta risposta, si mise a ridere. Soffocò parte della sua risata in un altro rapido e disperato bacio, poi tornò a mormorare. «Sei tu il mio trofeo migliore. Non ho bisogno di altro.»

Non era vero, ma faceva un certo effetto. Lily teneva ad Aziraphale come si tiene ad un oggetto di valore, non lo avrebbe lasciato andare tanto facilmente.

Vuole solo distruggerti dall'interno come tu hai distrutto il cerchio di Chrysanthemum, si disse, annegando in un altro di quei baci forzati.

Accolse ogni tocco con l'ormai familiare moto di repulsione. La cicatrice sul ventre di Aziraphale gli balenò davanti agli occhi, convincendolo a resistere.


Ancora qualche giorno, si ripeté.  

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Neamh Moonstar