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Autore: Marc25    18/01/2024    1 recensioni
Ispirato da una storia vera, purtroppo ciò che succederà nella stazione in tale storia è successo nella realtà.
Trama: Luca e Francesco sono due ragazzi innamorati. Un uomo, un tale Carlo è un omofobo e insulta i ragazzi, uno di loro però deve partire, così Carlo se la prende con l'altro. Caso vuole che lo stesso ragazzo che era stato insultato quella mattina lo rincontra la sera. Un incontro che cambierà in qualche modo la vita di tutti e 3 i protagonisti. E nulla sarà più come prima
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Cap 4 – Sguardo analitico
La squadra del cuore
Mentre guardava quell’uomo uscire strinse il bicchiere tra le sue mani con forza, per fortuna la pressione non era tale da romperlo.
Dopo qualche minuto si ricompose, voleva sapere qualcosa in più su quell’uomo.
Si tolse il cappello mostrando i suoi corti capelli neri mentre si avvicinava al barista. Sicuramente i suoi occhi colpivano chiunque.
<< Salve >> disse Luca timidamente
<< Buona sera, vuole per caso un altro drink? >>
<< No, solo un bicchiere d’acqua. >>
<< Ah, beh, è una richiesta insolita. >>
<< Già, lo capisco, anche se per alcuni dovrebbe essere obbligatorio. >> Disse Luca riferendosi in maniera poco velata a quello che ormai considerava l’assassino di Francesco.
<< Capisco a chi si riferisce. Ha ragione, da quando ho aperto questo bar, ogni domenica, lui è sempre cliente fisso, talvolta il sabato, insomma quando gioca il Milan che è la sua squadra del cuore. Purtroppo non ha pochi difetti e capirei se per colpa sua lei non volesse più venire. >>
<< No, invece credo che mi vedrà più spesso. >>
<< Davvero? Nonostante le assurdità che ha detto? >>
<< Proprio per quello. >> Disse Luca con una inflessione della voce differente, tra il divertito e il freddo.
Il barista pensò fosse solo una sua impressione e non gli diede peso. Dopo che Luca ebbe bevuto il suo bicchiere d’acqua si salutarono. Luca pensava che il barista fosse un bel tipo ma in quel momento pensava principalmente a ben altro.
 
Nelle settimane successive faceva come sempre avanti e indietro tra Milano e Pavia. Nei week end era sempre a Pavia e frequentemente era al bar di sera o il sabato o la domenica, sempre quando giocava il Milan. Puntualmente era presente quell’omofobo che scoprì chiamarsi Carlo, non sapeva ancora il cognome.
Carlo non era attento a chi lo circondava, quando era al bar pensava solo al Milan, non faceva caso al ragazzo che lo osservava e ascoltava tutto quello che diceva come se stesse ascoltando una lezione universitaria.
 
Luca imparava in fretta, oramai sapeva quale era la formazione titolare della squadra, sapeva quale era il modulo che l’allenatore usava di solito, aveva visto tutti i ruoli che i giocatori ricoprivano, sia i titolari che i panchinari e li aveva imparati a memoria. Sul suo PC ormai le ricerche principali che faceva erano due e una di queste era il Milan, l’altra riguardava per lo più erbe e sostanze chimiche.
Contestualmente alla sua ricerca aveva capito i moduli preferiti di Carlo, i giocatori che apprezzava di più e quali di meno. Aveva una piccola agenda su cui aveva segnato tutto, volta per volta. Ma soprattutto quell’uomo odiava l’attaccante principale della squadra, Giroud.
 
Una sera Carlo era seduto come al solito sullo sgabello vicino al bancone del barista. Luca che di solito si sedeva ad un tavolo abbastanza isolato, quella volta, si era seduto anch’egli su uno sgabello ma vicino a quei supporti in legno aderenti al muro. Era proprio dietro Carlo e non distolse mai lo sguardo da quell’uomo, finché lui non pagò, allora Luca si girò di spalle e dava l’impressione di stare bevendo qualcosa. Poco dopo Carlo uscì, Luca lo seguì.
 
In quel momento Luca malediceva sé stesso per avere una macchina vistosa, una Peugeot rossa. Quello che stava facendo era seguire a debita distanza il principale colpevole della morte del suo Francesco.
La macchina nera dell’uomo aveva come targa FX567IG, non avrebbe fatto nessuna fatica a riconoscerla, per qualunque evenienza.
Era sollevato: Carlo non poteva sospettare che qualcuno lo stesse seguendo. Quando la nuova Fiat 600 nera di Carlo, che era quasi paragonabile ad un SUV, parcheggiò, Luca fu lesto a parcheggiare dove c’era un passo carrabile a una distanza sicura ma vicina. Pregò che non passassero i vigili in quel momento, mentre osservava i passi di Carlo, che usò la chiave per aprire un portone a pochi passi da dove aveva parcheggiato la macchina. Prima di entrare Carlo girò la testa verso la sua direzione, era una casualità ma Luca per precauzione si abbassò per non farsi vedere, vide chiaramente che Carlo entrò subito dopo quel movimento involontario di girare la testa verso un punto alla propria destra o sinistra.
 
Notò un’altra cosa, quell’essere spregevole non aveva chiuso il portone. Uscì dalla propria autovettura, sperando ancora una volta che non passassero i vigili, ma non sapeva quante altre volte avrebbe avuto quell’occasione, se l’avrebbe avuta.
Quando entrò nell’androne del palazzo vide una grande scalinata piuttosto antica e quasi artistica, non era presente un usciere. Lo colpirono le cassette delle lettere, erano abbastanza classiche. Grigie e sottili e ognuna di esse aveva, come normale che fosse, i cognomi dei proprietari.
Decise di salire piano per piano per vedere se ci fosse in corrispondenza del campanello scritto il cognome e il nome di quel farabutto. C’erano i cognomi con scritto solo le inziali del nome e di C. ne trovò ben cinque sui cinque piani del palazzo. Si segnò sul proprio cellulare tutti i cognomi.
Poi scese e uscì, ritrovò la macchina dove l’aveva lasciata e come l’aveva lasciata. Partì subito, pronto a studiare le successive mosse.
 
Gli erano bastati pochi minuti e su internet aveva trovato persino la foto di quello che al momento era un disoccupato, si chiamava Carlo Gastani. Il problema ora era solo avvicinarlo, sapeva che era improbabile che lui si potesse ricordare di lui, in fondo lo aveva visto solo pochi secondi, quasi sempre di spalle ma aveva pensato anche a quello.
 
La settimana successiva, appena tornato da Milano, il venerdì sera aveva un appuntamento col parrucchiere. Si fece biondo. La madre non capì quella scelta, lui che era molto particolare, bruno con gli occhi azzurri, le disse che gli andava di cambiare, ma il motivo era un altro, in quel modo era quasi impossibile che quell’uomo lo avrebbe riconosciuto.
Quella stessa sera gli arrivò un pacco, aveva ordinato da internet una bomboletta spray pochi giorni prima.
Stava rischiando, ne era consapevole, ma aveva preso quante più precauzioni possibili. Di notte uscì di casa senza farsi sentire dalla madre, aveva una felpa nera col cappuccio sopra la testa, erano le 4, andò con la macchina nella zona di Carlo Gastani e con la bomboletta di colore rosa scrisse a caratteri cubitali sull’automobile dell’uomo la parola “ Frocio “.
Nessuno lo aveva visto. Con un coltellino bucò la ruota anteriore sinistra della nuova Fiat 600, in maniera tale da sembrare che fosse stato un chiodo o qualcosa del genere.
Tornò a casa per poche ore e dicendo alla madre che aveva delle cose da fare per la tesi, tornò di mattina sul “ luogo del delitto “ pronto a godersi la scena.
 
Quando Carlo vide la sua macchina ridotto in quello stato andò in bestia. A lui, a lui avevano scritto Frocio sulla macchina. Lui sapeva chi era stato, suo fratello, gli aveva prestato 1000 euro mesi prima e ora ne pretendeva 1300, erano gli interessi, in fondo la banca ne avrebbe chieste altrettanti probabilmente. Lo aveva chiamato strozzino e se glielo avesse scritto sulla macchina si sarebbe incazzato ma suo fratello sapeva l’insulto che lui usava di frequente e che non avrebbe tollerato rivolto a lui.
Ma l’avrebbe pagata cara questa, pensò Carlo. Ma quel giorno la sfiga lo tormentava, dopo qualche km diretto alla stazione di servizio la macchina iniziò a sbandare, come se avesse bucato una ruota. Dopo aver imprecato in vari modi, accostò e scese dalla macchina, passò una motocicletta e i passeggeri: << Frocione! >>
Giurò che li avrebbe ammazzati se avesse potuto. Mentre guardava in direzione dei motocilisti sentì una voce: << Ha bisogno di una mano? >>
Si girò, vide un ragazzo su una Peugeot rossa. Lui non sapeva da dove partire per sostituire una ruota e voleva farlo al più presto, per cui gli chiese subito: << Tu sai sostituire una ruota? >>
<< Si, il tempo di trovare un posto nelle vicinanze e la aiuto. >>
<< Si, ma fai in fretta. >>
Carlo si pentì sul momento, probabilmente il ragazzo non lo avrebbe aiutato. Ma inaspettatamente il ragazzo tornò, lui si scusò: << Scusa, sono stato un po’ scorbutico. >>
<< Non lo avevo notato. >> disse Luca con un velato sarcasmo che lo stupido uomo non colse.
<< Sai, ero in direzione di una stazione di servizio per l’autolavaggio sperando che questa oscena scritta si cancelli, ci mancava solamente la ruota bucata. >>
<< Già, non deve essere bello essere additati come froci. >> disse Luca aspettando la reazione dell’uomo.
<< No, no, chi se lo merita, lo merita, ma proprio a me! Che se potessi li sparirei tutto e ti assicuro che non sto scherzando. >>
Luca strinse il pugno e mise tutta la sua forza di volontà per dire: << Sono pienamente d’accordo con lei. >>
Carlo rimase impressionato di come per quel ragazzo fosse semplice sostituire una ruota, era come se lo avesse fatto mille volte.
<< Ecco fatto. >> disse il ragazzo fiero di sé stesso.
<< Gr…grazie, sono senza parole. Come posso sdebitarmi? >>
<< Non c’è bisogno. >>
Luca stava per andare, avrebbe preso la macchina e sarebbe andato a casa se l’uomo non l’avesse fermato come aveva previsto.
<< Aspetta. >>
Il ragazzo fece un leggero sorriso e si girò
<< MI è venuta un’idea. >> disse l’uomo che continuò: << Conosco un bar dove trasmettono la partita del Milan, se vieni alle 18 ti offro un drink. >>
<< Va bene, accetto. Le do il numero, così mi manda la posizione del bar, ok? >>
<< Ah, già, certo. >>
Dopo, mentre si stavano salutando l’uomo lo fermò: << Non è che ci siamo già visti prima? >>
<< Non credo proprio. Non mi sembra di averla mai vista prima. >>
Quelle ultime 8 parole provocarono un brivido di freddo a Carlo ma l’uomo diede la colpa al vento abbastanza forte in quella giornata.
Non poteva immaginare ciò che avrebbe portato quell’invito al bar.   
   
 
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