Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: La_Sakura    19/01/2024    7 recensioni
Nankatsu non è il Brasile, e se Tsubasa pare non rendersene conto, Keiko si trova a fare i conti con quella differenza. Nonostante sia giapponese, si sente un'estranea, una gaijin.
Le manca Cris, le manca il Brasile, ma soprattutto le manca la velocità, e lavorare non le basta per colmare quel vuoto che sente dentro; oltretutto, l'intesa storica con Tsubasa pare venir meno ora che lui è tornato nel suo mondo, e ciò contribuisce ad allargare la spaccatura fra di loro.
Come una ferita i cui lembi si sono rimarginati staccati l'uno dall'altro, ora che ha più bisogno di supporto si sente sola.
E, si sa, quando ci si sente soli si prendono decisioni che possono risultare discutibili.
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«Niente. Più. Gare.»
«Che c’è, hai paura che ti tolga il titolo di miglior pilota?»
«Pensi questo? Pensi che si riduca tutto a un “decretiamo chi sia il migliore tra noi”? Sai bene che non è così.»
«A me invece sembra che tu sia parecchio competitivo.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos - sequel di "Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

423-8512

Shizuoka-ken,

Nankatsu-shi,

Mizukoshi-ku,

19-8-3

Il sole di mezzogiorno illuminò l’interno dell’officina e andò a rifrangersi contro lo specchietto retrovisore di una Mazda6 parcheggiata vicino l’ingresso.

Keiko sbuffò, portandosi una mano al volto per schermarsi, salvo poi lasciar cadere la chiave inglese a terra per dirigersi verso l’auto.

«Qualche problema col motore?»

«No, ho quel cazzo di riflesso che mi infastidisce.»

Una volta sistemata l’auto in modo che non potesse più riflettere nulla, tornò alla propria occupazione, nel totale silenzio. Tsubasa le si avvicinò con cautela, e le posò una mano sulla spalla.

«Tudo bem?»

Avevano preso l’abitudine contraria al Brasile: se là dovevano usare il giapponese per estraniarsi e parlare da soli, a Nankatsu usavano il portoghese, certi che nessuno li comprendesse.

«Sì.»

La osservò chinarsi nuovamente sul motore della Yaris di Ishizaki, quindi si avvicinò.

«Hai già provato a…»

«Ohi Bas, cê não tem nada melhor pra fazer?»

Tsubasa alzò le mani a mo’ di difesa e arretrò di un passo, incrociando poi le braccia al petto mentre la osservava terminare il proprio lavoro.

I lunghi capelli corvini erano raccolti nella sua classica coda bassa, ma alcune ciocche erano sfuggite all’elastico e le si erano appiccicate al collo. L’estate incombeva pesante su Nankatsu, e l’umidità ormai la faceva da padrone da parecchi giorni. Keiko si sollevò e gli porse la chiave inglese.

«Chiama Ishizaki-san, gli ho riparato l’auto, può venire a prenderla quando vuole.»

«Ne sarà contento.»

La donna non rispose: gli voltò le spalle e a lui non rimase che osservarla mentre si allontanava, diretta alle scale a chiocciola che conducevano al piano superiore, al loro appartamento.

Si rigirò la chiave inglese tra le mani, indeciso sul da farsi: nell’ultimo periodo Keiko era più scostante, e se inizialmente aveva pensato si trattasse di una fase, col passare del tempo aveva compreso che il malumore della compagna era dovuto alla loro permanenza in Giappone.

Posò l’attrezzo sul carrello da lavoro della ragazza e si avviò verso le scale per andare a parlarle, ma il trillo del telefono lo arrestò: avrebbe dovuto rimandare la conversazione a un altro momento nella speranza che non si tramutasse in un litigio, come soleva accadere ultimamente.

«Officina Katsumoto, sono Tsubasa.»

§§

Si sentiva come un’adolescente ribelle, incazzata col mondo anche per l’unghia che si spezza mentre apri la portiera. Seduta sul divano, Keiko continuava a fissare la mappa GPS, perennemente puntata sulla regione di San Paolo, in attesa che un puntino rosso apparisse e sparisse a ritmo.

«Mi hanno chiamato i Nakazawa, sono rimasti di nuovo a piedi con la batteria.»

«Non è la quarta volta che consigli di sostituirla?»

Si chinò su di lei per un bacio sulla nuca.

«La quinta.»

Lo percepì rimanere fermo alle sue spalle, e sapeva già cosa stesse facendo.

«Kei… ne abbiamo già parlato.»

«So quello che ho visto, Bas.»

«Il GPS di Cris non può aver funzionato, lui è…»

«Meglio che ti sbrighi, non vorrei che i Nakazawa pensassero che li fai attendere.» bloccò la conversazione, alzandosi per lasciare la stanza e chiudersi in bagno.

Due settimane prima quella maledetta luce del GPS si era accesa, ne era certa: ricordava ancora lo smarrimento iniziale e lo spasmodico tentativo di mettersi in contatto con la ricetrasmittente di Cristóvão, invano.

Forse Tsubasa aveva ragione, forse Cris era davvero morto per mano del PCC, ma quella tenue luce le aveva ridato una speranza che credeva di aver perso il giorno in cui avevano lasciato definitivamente il Brasile. Non biasimava il ragazzo, Nankatsu era stata la sua casa, la percepiva ancora come tale, ma lei non c’entrava nulla con quel posto, che sentiva ormai stretto come un paio di pantaloni vecchi dimenticati in fondo all’armadio.

Scese nuovamente in officina, decisa a passare il pomeriggio con la testa in qualche motore: Yuki sarebbe rimasto con Natsuko fino all’orario di chiusura, quando anche loro li avrebbero raggiunti per cenare tutti insieme.

«Credevo che non ci fosse nessuno.»

«Puta que… Mori. Mi hai fatto letteralmente venire un infarto, ti pare il modo? Che diamine ci fai qui?»

Il ragazzo uscì dall’angolo in cui si era rintanato e le si avvicinò, sinuoso come un gatto: infilò una mano nella tasca dei pantaloni stretti per estrarne il tabacco, quindi prese cartine e Zippo da sotto il borsalino e iniziò la sua operazione.

«Vengo a controllare il mio investimento, ché ho una reputazione da difendere.» Si giustificò, allargando le braccia e guardandosi intorno.

«Fai pure, sono da sola.»

«Tsubasa non c’è?»

«I Nakawaza hanno seri problemi con le batterie delle loro auto.» sbuffò, sollevando il cofano di una vecchia Buick che era riuscita a comprare online.

«E ovviamente lui accorre come un principe azzurro.» sogghignò lo yakuza, leccando la parte finale della cartina e chiudendo la sigaretta con un unico movimento di dita.

«Dovrà rifarsi ai loro occhi, ha mollato la figlia da un giorno all’altro senza dare spiegazioni, e quando è tornato era accompagnato da un’altra donna e da un bambino che porta il suo cognome.» si chinò sul motore si lasciò sfuggire un’imprecazione «Mi ci vorrà qualche altro pezzo di ricambio.»

«Quindi mantenete la rotta?»

«Ormai i soldi per il certificato di nascita li abbiamo spesi, tanto vale. E poi Yuki ha diritto a una famiglia che si avvicini il più possibile al concetto di normale.» sganciò il cofano e lo lasciò cadere.

«Quando mi hai detto che riparavi auto da corsa, mi aspettavo che ti facessi inviare qualcosa di diverso.»

«La 8 Sedan era la preferita di mio padre.» tagliò corto, posandosi al cofano e incrociando le braccia.

«Quindi sei da sola?»

«Ripeto la domanda: che vuoi, Mori?»

«Mi serve un autista.»

«Assumine uno.»

L’uomo le si avvicinò di un passo, abbassando il tono di voce.

«Solitamente preferisco guidare da solo le mie auto, non mi fido di molti altri, ma devo fare un paio di consegne speciali, e ho bisogno di qualcuno veloce e affidabile.»

«Tsubasa non corre più, lo sai.»

«Sì, lo so: tua sorella, l’incidente, blablabla…» snocciolò lui, gesticolando e smuovendo il fumo attorno a loro «Speravo che tu potessi convincerlo, in fondo eserciti un discreto ascendente su di lui.»

Keiko distolse lo sguardo: già una volta aveva convinto Tsubasa a guidare “un’ultima volta”, e come risultato avevano perso un membro della loro família; non avrebbe giocato di nuovo quella carta.

«Non posso, mi spiace.»

«Keiko, io ho davvero necessità di qualcuno che sappia guidare: hai idea di quanto sia difficile fidarsi di un autista, qui? Sono tutti impegnati a driftare, nessuno che voglia impegnarsi in qualcosa di più serio.»

«Tutti a cercare il titolo di Drifter.» sogghignò lei. Shuzo gonfiò il petto e gongolò.

«Se lo possono sognare.»

Aspirò l’ultimo tiro di sigaretta, quindi la lasciò cadere a terra per spegnerla con la punta dell’anfibio. Kei si chinò per raccoglierla e si allontanò verso il bidone per gettarla.

«Mi spiace che tu abbia compiuto un viaggio a vuoto, Mori: se vuoi posso offrirti da bere per addolcire l’amara sconfitta.»

«Nessuna sconfitta, mi siederò qui e aspetterò Tsubasa per parlarne direttamente con lui.»

«Cosa? No, assolutamente, te lo proibisco.» Keiko spalancò gli occhi per la sorpresa.

«Te l’ho detto, ho assolutamente bisogno di un autista, e lui è il più qualificato. A meno che tu non ci ripensi e cerchi di fare il lavoro sporco al posto mio…» concluse, languido, sollevandole la spallina della salopette da officina per riportarla sulla spalla, continuando poi la sua corsa fino al collo e carezzandole infine una guancia.

«Non posso farlo.» chiuse gli occhi e arretrò di un passo, sperando che il suo interlocutore rispettasse il suo bisogno di distacco.

«Ehi, Mori-san.» la voce di Tsubasa spezzò il silenzio, e Keiko sentì il cuore ripartire, come se quella cadenza così familiare le avesse rimesso in moto l’anima «Cosa ti porta da queste parti?»

«Una proposta, Tsubasa, una proposta.» replicò l’altro, rispondendo alla stretta di mano.

«Che tipo di proposta?» l’ex calciatore incrociò le braccia al petto e mantenne un sorriso sul volto, ma Keiko lo sapeva che era di circostanza.

«Ho un lavoretto per il miglior autista di San Pa…»

«Scordatelo.» tagliò secco, superandolo. Shuzo strabuzzò gli occhi, era evidente quanto non fosse abituato a ricevere un rifiuto così netto, ma superato lo stupore iniziale, rincarò la dose.

«Non si tratta di nulla di trascendentale, devi solo…»

«Ho detto di no.» ora il tono di Tsubasa era basso e tagliente. Shuzo si fermò alle sua spalle, palesemente deciso a non demordere.

«Non farmi usare la carta della riconoscenza, Ozora. Sai bene che mi dovete un favore.»

«È così, quindi? Voi yakuza credete di guadagnarvi il rispetto della brava gente a suon di “favori”?» ora erano l’uno di fronte all’altro, e Keiko non seppe dire chi dei due avesse il piglio più ostinato, di sicuro era una bella lotta, e Tsubasa aveva vissuto in Brasile abbastanza da non farsi intimidire da un malavitoso, per quanto di alto livello.

«Ho detto che non voglio usare quella carta, consideriamolo uno scambio: io vi ho parato il culo e vi ho portati qui, e tu guidi per me un paio di volte.»

«Trova un altro modo per ottenere riconoscenza dalla mia famiglia, Mori: noi non guidiamo più per nessuno.»

Sbatté la porta dell’ufficio con una veemenza tale che Keiko temette la mandasse in frantumi: Mori non sembrò colpito più di tanto da quell’atteggiamento, anzi, ne parve quasi affascinato.

«Beh, che dire, ho fallito nel mio intento. Per ora.» aggiunse, lanciandole un’occhiata maliziosa prima di uscire dall’officina.

Osservò lo yakuza salire sulla sua RX-7 VeilSide, e ne apprezzò ogni singolo particolare mentre la vide – o meglio, la sentì – allontanarsi. Da come rombava, immaginò che avesse apportato parecchie modifiche, e che dei pezzi originali fosse rimasta solo la carrozzeria.

«Non devi farti invischiare nei suoi affari.»

Sussultò nel sentire la voce di Tsubasa, ora di nuovo calma ma comunque ancora bassa, come se stesse trattenendo la parte rabbiosa di sé.

«Cercava te, mi ha solo chiesto di convincerti.»

«E tu che gli hai risposto?»

Scrutò lo sguardo del compagno, desiderosa di leggergli dentro come in passato.

«Che non ho potere su questo.»

Lui mantenne lo sguardo, senza distoglierlo, e Keiko si chiese cosa stesse cercando dentro di lei, a sua volta: un tentennamento? Paura?

«Non potrei mai farti questo, lo sai.»

Lui annuì, continuando a scandagliarla nell’anima, quella stessa anima che lui aveva salvato più volte e di cui ora pareva dubitare.

 §§

«Mi spiace che mio fratello vi abbia importunato.» Yuzo posò la birra sul tavolino davanti a lui e incrociò le mani dietro alla testa, godendo della leggera brezza che finalmente sembrava dare tregua all’afa «Se vuoi posso parlargli.»

Tsubasa scosse il capo, deglutendo l’ennesimo sorso.

«Credo di essere stato chiaro, non dovrebbe più farsi avanti. Che cazzo…» mormorò infine, masticando l’imprecazione.

Yuzo ne sorrise, ancora non si abituava a quell’aria da bullo che Tsubasa assumeva in certe situazioni.

«Shuzo sa essere molto insistente, quando ci si mette: quello che non mi spiego è perché sia venuto a cercare voi, con lo stuolo di gente che si ritrova a comandare.»

«Credi ci sia qualcosa sotto?» Tsubasa si concentrò su di lui.

«C’è sempre qualcosa sotto, quando si tratta di Shuzo Mori.» Yuzo fece spallucce «Piuttosto, avete novità su…»

Tsubasa si lasciò andare contro la sedia, e spostò lo sguardo verso l’esterno della terrazza.

«Kei insiste nel dire di aver visto il segnale GPS della ricetrasmittente di Cris, ma non si vede più nulla da allora.»

«Hai provato a indagare? Hai ancora contatti a San Paolo?»

«Io vorrei tanto credere che Cris sia vivo, ma abbiamo visto tutti e tre come sono andate le cose: quelli gli hanno sparato addosso, e hanno trascinato il suo corpo giù dal furgone davanti ai nostri occhi. Come potete pensare che…»

Yuzo allungò una mano e la posò sul braccio di Tsubasa, costringendolo così ad alzare lo sguardo su di lui.

«Credo che Kei abbia bisogno di quel barlume di speranza, ho notato che è parecchio tesa ultimamente. Va tutto bene?» si azzardò poi ad aggiungere.

L’ex calciatore si ritrasse appena per recuperare la propria birra e berne una lunga sorsata.

«Cris era uno di famiglia, vederlo morire così ha lasciato un segno indelebile: per quanto possiamo fingere che vada tutto bene, sappiamo entrambi che non è così.» un nuovo sorso, forse per prendere fiato o per raccogliere le idee «Sento come se si fosse spezzato qualcosa, e non posso biasimarla se mi dovesse accusare di non aver fatto abbastanza.»

«Kei non lo farebbe mai, ti vuole bene.»

«Quando sua sorella è morta e ci siamo ritrovati a doverci occupare di un neonato, si è creato un legame ancora più forte tra noi: siamo diventati una squadra, eravamo affiatati, ma da quando siamo qui…»

«Non vorrai mica dirmi che volete un altro figlio?» Yuzo cercò di stemperare la situazione, capendo quanto fosse difficile per Tsubasa esporsi in quel modo, e se non avesse conosciuto quella nuova versione dell’amico avrebbe quasi detto che fosse arrossito.

«Io e Kei non… noi non…»

«Frena, frena: non devi spiegarmi nulla.» gli sorrise, lasciando poi che il silenzio cadesse tra di loro e distogliendo lo sguardo.

«Ti manca?»

La domanda di Tsubasa lo colse impreparato, ma non aveva bisogno di chiedergli di chi parlasse. Annuì, continuando a mantenere lo sguardo fisso all’orizzonte.

«È strano, perché ci siamo conosciuti davvero per poco tempo, ma…»

«Cris sapeva farsi ben volere, e poi aveva davvero un debole per te.»

Le labbra gli si incurvarono in maniera automatica, in un sorriso dal retrogusto amaro.

«Mi sarebbe piaciuto approfondire la conoscenza con lui, era davvero speciale.»

«Speciale.» ripeté Tsubasa, come a voler sottolineare la veridicità di quella parola «A Cris.» alzò la bottiglia e la allungò verso di lui. Yuzo fece tintinnare la propria e annuì.

«A Cris.»

La porta della terrazza si aprì e Yuki li raggiunse di corsa. Si gettò subito tra le braccia di Tsubasa, per poi raggiungere anche Yuzo e stringerlo con affetto.

«Ciao, Yuki-chan.»

«Yuzo-kun.» gli sorrise.

«Ah, ma che bella finestrella che abbiamo qui davanti! Abbiamo perso un dentino?»

Il bambino annuì a più riprese, con orgoglio.

«E la fada do Dente mi ha portato dei soldini!»

Yuzo mostrò la propria meraviglia aprendo la bocca a disegnare una O perfetta, e spalancando gli occhi.

«Ma è fantastico!»

«Yuki, vieni che prepariamo la merenda.» Kei era sulla porta e osservava la scena con le braccia conserte e lo sguardo pieno d’amore verso Yuki. La salutò con un piccolo cenno, a cui la giovane replicò, mantenendo il sorriso che però perse un po’ di luce.

Quando il bambino sparì in casa, Kei si avvicinò loro per recuperare i vuoti.

«Ne volete un’altra?»

«No, grazie Kei.»

«Ti fermi a cena?»

«No, ero passato solo per…» spostò lo sguardo su Tsubasa poi lo riportò a lei «Beh, so che Shuzo si è fatto vivo.»

«Ti ha mandato a convincerlo?» domandò, ma mantenendo un leggero sorriso sulle labbra, segno che sapeva che non era così.

«Mi spiace che vi abbia importunato.»

La ragazza fece spallucce, a voler sminuire l’importanza della richiesta di Mori.

«Ti ha spiegato come mai cercasse un autista?»

La domanda di Tsubasa era più che lecita, ma Yuzo si stupì del fatto che non ne avessero già discusso, segno che la tensione tra i due era vera e palpabile.

«Ha solo detto che i suoi sono troppo presi a driftare, e gli serviva qualcuno di capace. Ero quasi tentata a chiedergli dove si trovassero per le gare…»

Kei fece per rientrare ma Tsubasa scattò in piedi, facendo rovesciare la sedia su cui si trovava.

«Non dirai sul serio?»

«Che male c’è? In realtà non mi dispiacerebbe ricominciare a fare qualche gara, adesso che Yuki è più grande.»

«Avevamo detto che…»

«No, tu avevi detto che non volevi più fare gare. Io e Cris avevamo un’opinione diversa.» mormorò, mantenendo però lo sguardo fisso su di lui. Yuzo si sentì in imbarazzo, come se la tempesta fosse in arrivo, e lui non voleva trovarsi nell’occhio del ciclone.

Tsubasa serrò i pugni, ma non disse nulla: il suo evidente tentativo di smorzare la tensione funzionò, anche se era chiaro quanto le parole di Keiko lo avessero indisposto.

«Se vuoi fermarti a cena con noi, sei il benvenuto, Yuzo.» concluse infine la giovane, voltando loro le spalle.

Rimasti soli, Yuzo si avvicinò a Tsubasa, che manteneva lo sguardo nel punto in cui era svanita la compagna.

«Capisci cosa intendo?»

«Ora sì.» ammise lui «Ora sì, amico mio.»

 

 

 

 


Oh ma che bello ritrovarci su questi schermi! Ho sentito tantissimo la vostra mancanza!

Innanzitutto, grazie a chi vorrà darmi fiducia leggendo questo sequel che - devo ammetterlo - è pronto da un po', ma ho voluto aspettare di essere operativa almeno all'80% per garantire una pubblicazione assidua e fissa (certi impegni della RealLife mi stanno monopolizzando *ridacchia*). 

Sono davvero felice di riuscire a pubblicare, questo sequel è stato molto amato e sofferto per certi versi, ma sono molto orgogliosa di ciò che ne è uscito: come sempre un grazie doveroso a Melanto che ha trovato il tempo e il modo di sopportarmi e supportarmi nella stesura (sappiamo che, senza di te, questo filone narrativo non avrebbe visto la luce). 

Avremo modo di chiacchierare lungo questo percorso, intanto vi mando un grosso abbraccio e non vedo l'ora di chiacchierare con voi!

La vostra Sakura 

   
 
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