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Autore: Eristhestrange    22/01/2024    0 recensioni
[The Sandman]
E' già passato del tempo da quando Morfeo ha riacquistato il suo potere e le cose sembrano essere tornate alla normalità. Questa tranquillità sembra però essere destinata a non durare.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PER ME SI VA NELLA CITTA' DOLENTE



 

Mi risvegliai al caldo, sotto le coperte, con la testa sotto al cuscino ad obliare il resto del mondo. 

Non sapevo nemmeno che ore fossero ma non era un problema, quella mattina non sarei dovuta andare al lavoro. 

In fondo, era domenica. 

Richiusi gli occhi e cercai di riaddormentarmi. 

'Quel sogno assurdo non mi ha fatta riposare bene per niente' pensai, mentre cercavo di riprendere sonno. 

Mi girai e rigirai per qualche minuto prima di arrendermi al fatto che non mi sarei riposata oltre per quella giornata: mi levai il cuscino dalla faccia e sospirai al pensiero di aver lasciato i piatti da lavare la sera prima che tutt’ora non avevo voglia di sistemare. 

Non ci avevo fatto caso inizialmente, ero ancora così assonnata da non rendermi conto che non mi ero risvegliata nel mio letto. 

Non mi trovavo a casa mia. 

Mi alzai di scatto e mi guardai attorno terrorizzata. 

Il letto in cui mi trovavo era davvero enorme: come avevo fatto a non accorgermi che stavo dormendo in lenzuola di raso?  

Il legno di cui era fatto, nonché la fattura pregiata, lasciavano presagire che si trattasse di un letto antico. Mi trovavo in una stanza enorme, con alti finestroni dal vetro temprato incorniciati da ampie tende di velluto che lasciavano filtrare una fioca luce giallognola. 

Anche il resto del mobilio, compresi gli armadi e un massiccio scrittoio, sembravano essere antichi, ma nonostante i miei studi di storia non avrei saputo datarli. Tutto quello che mi circondava sembrava trovarsi fuori dal tempo, tutto tranne me, che ancora indossavo il mio pigiama rosa con fantasia a coniglietti. 

Camminai sul pavimento freddo di quella grande stanza: c’era una sola porta, ma non ebbi il coraggio di aprirla tanto ero spaventata. Mi avvicinai alle finestre ma non si potevano aprire e nemmeno era possibile guardarci attraverso. 

Dopo qualche minuto, speso a vagabondare senza meta attraverso la camera, ritornai impotente in quell’enorme letto e mi ficcai sotto le coperte di nuovo.  

Chiusi gli occhi e desiderai intensamente di risvegliarmi ma niente, ero ancora lì in quella stanza. 

Ci provai molte volte, a risvegliarmi, prima di rendermi conto che ero già sveglia. 

Non avevo idea di quanto tempo fosse già passato, ma mi sembrarono secoli. 

Ripensai a tutto quello che era successo la notte precedente e cercai di ricordare le parole di 'mio padre'. 

Non aveva detto molto in effetti, se non di essere mio padre e di essere il diavolo in persona. 

'Chiamalo poco...' pensai fra me e me, quando improvvisamente sentii la porta aprirsi. Tirai fuori la testa da sotto le coperte, cercando di individuare chi o cosa fosse entrato. Anche se da lontano, riconobbi senza esitazione Lucifero. 

"Stai ancora dormendo?" la voce melliflua che lo aveva caratterizzato continuava a non darmi pace. 

"Sono sveglia da ore" risposi alzandomi dal letto "Che cosa significa tutto questo? Dove sono?" "Ti ho portata a casa, all’Inferno".  

Inizialmente non trovai parole per ribattere a quell’affermazione, ero straniata, non capivo ancora cosa mi stesse succedendo e il cuore mi stava esplodendo in petto "Vuol dire che sono morta?" mi uscì d’istinto. Lucifero ridacchiò "Assolutamente no. A meno che tu non abbia un incidente o dei brutti, brutti nemici, non puoi morire!" 

"Che significa che non posso morire?" 

"Sei stata generata da me. Anche se tua madre era umana, questo non significa che tu abbia preso tutto da lei. Avremo tempo di parlare di questa e altre faccende ma adesso ti prego vestiti, ti faccio fare un giro della casa!" mi sorrise, io invece non avevo decisamente voglia di ridere. 

"Mi hai letteralmente portata via dalla mia, di casa, non ho avuto tempo per farmi le valige" 
"I tuoi vestiti sono già negli armadi di questa stanza, quindi niente scuse". 

Avevo forse scelta? Direi di no. 

 

Dall’altro lato del tavolo esagonale, lo sguardo ammaliatore del mio ritrovato padre mi scrutava da dietro la tazza da tè, mentre io ero ancora impegnata a guardarmi attorno. 

Il 'giro della casa' era stata letteralmente una marcia forzata attraverso enormi sale che somigliavano talvolta ad antri cupi e oscuri, talvolta ad antiche cattedrali in rovina. Ovunque aleggiava un’aura di disperazione, orrore e terrore, eppure in qualche modo mi sentivo al sicuro, del resto rimanevo pur sempre la figlia di Lucifero. 

'La figlia di Lucifero...cristo santo' mi avrebbe fatto ridere, se non fosse stata l’amara verità. 

Dalle finestre non si riusciva mai a vedere nulla dell’esterno, solo quella cupa luce giallastra che avevo visto anche in camera mia.  

Solo una volta riuscii a scrutare l’esterno, mentre salivo lungo una rampa di scale a chiocciola ad arcate. Mi resi conto di essere orribilmente in alto rispetto al livello del suolo e, forse, era meglio così. 

Al di là di quelle mura non avrei voluto trovarmi. Il cielo era denso di un’aria greve, il suo colore era indefinibile. La terra era rossa e nera e brulicava di forme che non sapevo riconoscere, forme oscure e sinistre che dall’alto sembravano tante formiche in preda all’eccitazione, tutte raggruppate assieme in movimento. 

Distolsi rapidamente lo sguardo e continuai la salita. 

La Stella del Mattino sembrava percepire le mie emozioni, la mia paura e il mio disgusto, e ne sembrava quasi compiaciuto. 

 

"Non bevi?" mi chiese, interrompendo i miei pensieri. 

Sul tavolo era presente qualsiasi tipo di cibo potessi desiderare e una bella tazza di té stava proprio di fronte a me, ma non toccai nulla. 

"No, grazie" Lucifero mi sorrise, appoggiando la tazza sul piattino "Almeno non sei stupida..." gli sorrisi di rimando "La storia è cominciata con le leggende, del resto. Se mangio qualcosa negli Inferi, apparterrò per sempre ad essi, e quel che è certo è che non rimarrò qui". 

Mio padre asserì, senza lasciare la sua composta postura "Certo che no". 

Non me l’aspettavo. 

Pensavo mi avesse rapita per qualche ragione e che volesse tenermi prigioniera lì, magari farmi diventare regina dell’Inferno o qualcosa del genere. 

Sicuramente la mia espressione aveva tradito i miei pensieri, perché Lucifero li colse al volo "So che probabilmente ti aspettavi che ti avrei chiesto di rimanere qui per sempre, ma ho altri progetti per te" si alzò lentamente, camminando in direzione della finestra che dava direttamente sul nostro tavolino, si portò le mani dietro la schiena e fissò la luce con aria pensosa. 

"Sai, ho avuto molti figli dagli umani in realtà. Quasi tutti sono qui ora, all’Inferno. La cosa curiosa è che per migliaia e migliaia di anni non ho fatto che avere figli maschi. Quando conobbi tua madre, la trovai uno splendido essere umano. Emanava una meravigliosa luce. Tentai di corromperne la bontà, ma le cose hanno preso un’altra piega, la definirei un’affascinante eccezione. Immaginavo che saresti cresciuta in modo diverso, torturata dalla rabbia, dalla frustrazione, dal risentimento, speravo che prendessi la piega giusta, invece eccoti qui. Hai sogni, aspettative. Niente droga, niente alcol e..." si girò per darmi una rapida occhiata dall’alto in basso "...niente sesso, a quanto pare. Hai decisamente pochi vizi e peccati e sai perché? Perché Dio mi ha messo i bastoni fra le ruote. Di nuovo. Purtroppo per lui tu sei comunque mia figlia". 

Risi sommessamente "Dovrebbe essere una specie di...paternale?" Lucifero continuò a guardare la luce giallognola, sospirando "Alcuni tra i peggiori criminali e serial killer della storia erano figli miei, ti si potrebbe considerare un fallimento rispetto a loro. Anche l’unica figlia avuta prima di te, Lilith. Decisamente non potreste essere messe a confronto". 

"Lilith?" chiesi, alzandomi dalla sedia "Quella Lilith? La madre dei Demoni?". 

Ne avevo letto spesso: era un personaggio presente in molte religioni, ma in quella cristiana era considerata la moglie ribelle di Abramo, generatrice di mostri. 

Lo sentii sussurrare quel nome e improvvisamente lei comparve. 

Se una volta era stata umana, ora ne aveva solo le vaghe fattezze. Nessun dipinto, nessun disegno tratto da qualche satanico grimorio avrebbe potuto dare l'idea di ciò che era Lilith. La sua pelle aveva il colore delle terre dell'inferno, i suoi occhi quello di quella luce che le finestre lasciavano trasparire all'interno del palazzo; il suo corpo era completamente nudo, ma le fattezze umane erano quasi irriconoscibili. 

"Mio signore, Re degli inferi, mi avete chiamata?" Quando quelle parole uscirono dalla bocca dai denti acuminati, suonarono cupe e profonde come se provenissero da una caverna. Lucifero sorrise benevolmente "Figlia mia, ti posso presentare tua sorella?" mi indicò con lo sguardo e lei si rivolse verso di me. I suoi capelli erano neri come il mare in tempesta e arrivavano quasi a toccare il pavimento. I suoi occhi gialli sembravano volermi scrutare nell’anima. 

Avevo paura, ma sapevo che non ero in pericolo. 

"Mia sorella dite? Allora sei tu Vivian…" camminava girandomi attorno come la luna intorno alla terra, scrutandomi, il suono della sua coda nera che strusciava sul pavimento accompagnava i suoi passi "Come…come sai il mio nome?" chiesi, quasi esitando a rivolgermi a quell’essere mostruoso.  

"Il mio Signore ha avvisato tutti i più potenti demoni dell’Inferno quando sei nata. Una femmina è un evento raro. Siamo solo io e te…" si avvicinò pericolosamente a me e con una mano artigliata fece per toccarmi.  

"Ferma!" intimò Lucifero, il suo tono imperativo fece sobbalzare anche me. Lilith ritrasse la mano all’istante e gli sorrise sottilmente "Perdonatemi mio Signore, mi sono lasciata trasportare…". La sensualità che portavano con sé quelle parole mi fece trasalire "Siamo sorelle!" esclamai con disgusto, anche se non avrei mai potuto ritenere quell’essere davvero un mio parente. 

Il demone cominciò a ridere, dapprima sommessamente, fino ad arrivare ad una risata smodata e lugubre. 

"Lilith non fa molto caso ai legami di parentela. Ha avuto molti figli dai suoi fratelli" mi spiegò Lucifero, disgustandomi nuovamente "Lilith cara, sei congedata" e dette quelle parole il demone sparí, ancora in preda alla sguaiata risata.  

Mi sollevò non avere più davanti agli occhi quella figura deforme. 

"Ma ora, passiamo alle cose importanti" cominciò, guardandomi negli occhi "tu non sai niente di come funzionano le cose, come quasi ogni umano. Ci sono molte cose a cui avete dato un nome ma che ritenete 'astratti', eppure sono tangibili sensazioni che provate lungo tutto il corso della vostra breve vita. Ebbene, per sette di queste esiste un regno, ognuno governato dal suo Re. Esse sono, per la precisione: Destino, Morte, Desiderio, Disperazione, Distruzione, Delirio e…Sogno". 

Lo guardai, confusa "Mi stai dicendo che esiste, che ne so, un regno della Distruzione?" "Esattamente. Ognuno di questi regni si interfaccia con il mondo umano a modo suo, e il suo Re ne governa l’andamento. Questi Sette Re sono tutti fratelli ed entrare nei loro reami è possibile solo grazie al loro lasciapassare, così come accade qui all’Inferno. Ti starai chiedendo perché ti sto mettendo al corrente di tutto questo ed il motivo è molto semplice: il più detestabile tra i Re, Sogno, mi deve un favore. Lo feci entrare negli Inferi per recuperare uno dei suoi Strumenti, nonostante non avesse nemmeno il diritto di affacciarsi al mio Reame. Se è riuscito ad acquistare di nuovo il suo potere lo deve anche a me, e questo gli costerà qualcosa!". 

Lucifero camminava lentamente lungo la stanza, cercavo di seguirlo con gli occhi e con il pensiero, ma era tutto troppo confuso. 

Reami, Re, favori, ma io…"…io cosa c’entro con tutto questo?". 

Mi guardò, il suo sguardo benevolo si fissò su di me "Tu sposerai il Re dei Sogni! Questo è il favore che gli chiederò!". 

   
 
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