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Autore: Martiverse    23/01/2024    7 recensioni
“Ti amo” pensò di dirgli, ma il suo cuore era ancora un codardo “Ti amo, ti prego resta... anche se sono l'opposto di ciò che tu sei."
Le parole continuavano a ribollirgli nel petto come lava, senza mai emergere in superficie. Avrebbe di nuovo fatto un disastro, confessandosi?
Il rifiuto dell'ultima volta ancora lo terrorizzava.
… ma Aziraphale conosceva tutte le lingue del mondo.
Il francese... non proprio. Tuttavia aveva imparato ad interpretare i silenzi di Crowley, i suoi gesti attenti, il suo linguaggio segreto.
Le sue dita si insinuarono sotto il colletto della camicia di Crowley lasciando una traccia bollente sulla sua pelle. Scese piano, carezzandogli la schiena... ticchettando sulle scapole.
"Ti andrebbe di liberare le ali?" chiese all'improvviso.
[Post-Stagione 2]
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Blackbird

Aziraphale x Crowley

Dedicata a VanCul0 che mi guarda sempre con gli occhi dell'amore, a Sof per avermi spinto nel baratro di Good Omens, e ad Ali per averla betata con pazienza <3
Raga ne ho già scritte altre quattro. Questa tecnicamente è la quinta, ma lanciamola nel web per prima. Le altre arriveranno ¯_( ◡︠ ͜ʖ ︡◡)_/¯♥
Buona lettura ~

 

 

Le dita di Aziraphale scivolarono sulla nuca di Crowley intrecciandosi tra i corti fili di capelli rossi e lui si trovò a trattenere il fiato ancor prima di sentir le labbra dell'angelo sulle sue.

Erano passati mesi, ormai. Così poco in confronto ai seimila anni trascorsi assieme e all'apparente eternità dei giorni che avevano vissuto distanti...
Aziraphale era tornato.
Nonostante tutto sarebbe rimasto.
Aveva scelto loro.
 
Crowley faticava ancora a credere che fosse vero.
 
Il bacio fu lento e dolce. Un tenue esplorarsi ancora un po' incerto, ma decisamente meno impacciato delle prime volte. Aziraphale lo trattenne vicino al proprio viso, costringendolo a chinarsi su di lui... ma, diciamocelo, costringere non era la parola più adatta se Crowley era così entusiasta di obbedire.
Il suo cuore era un incendio.
Ogni tocco sprigionava un milione di scintille sotto la pelle del demone, frammentandogli il respiro; un acciarino che scocca prima di divampare.
 
La libreria era silenziosa, la porta d'ingresso chiusa con due giri di chiave. Sulla scrivania al piano di sotto la cioccolata calda dell'angelo stava diventando fredda e le ultime, tenui, spire di fumo salivano piano accanto alle piante di Crowley. Il letto al primo piano era ancora per metà sommerso di libri ed enciclopedie; ne occupavano uno spazio ben più ampio di quello riservato a Crowley ed Aziraphale... ma tanto bastava. Non ci dormivano e non erano ancora pronti ad infilarsi sotto le coperte.
Stavano pian piano assaporando una nuova dimensione terribilmente umana: il calore avvolgente del tatto, il gusto dolce dei baci, il suono degli ansiti, e la vista... la vista...
 
Aziraphale steso sopra il copriletto beige e trinato, con le guance appena un poco arrossate ed i capelli scompigliati, chiari, come un'aureola preziosa a adornargli la fronte. Il papillon ancora perfettamente allacciato attorno al colletto... ma il gilet aperto, la camicia slacciata di qualche bottone, partendo dal basso, e le mani di Crowley sotto di essa, a cingergli i fianchi con delicatezza.
 
Era come uno di quegli angeli dei quadri rinascimentali, tutto riccioli e guance rotonde. Le palpebre pesanti e le labbra semi-schiuse nell'estasi del momento, abbandonato al tocco del demone come se fosse sicuro che tra le sue braccia non avesse nulla da temere.
 
Crowley voleva prometterglielo, ma non era mai stato bravo a dar voce ai suoi sentimenti.
 
“Io- ahem... uhh-” gracchiò, e si interruppe per deglutire. Il più delle volte le sue emozioni uscivano confuse e smozzicate tra i denti perennemente digrignati; ancora aveva difficoltà a tirarsi fuori dal cuore le parole giuste. Si bloccavano da qualche parte tra le costole e la gola, appiccicandosi alla trachea, e restavano lì in attesa del momento in cui sarebbe diventato più coraggioso.
 
Crowley era alto e spigoloso, acuminato… probabilmente non piacevole da toccare quanto Aziraphale. Indossava ancora la camicia scura, ma era sbottonata dal colletto fin al fondo, lasciandogli scoperto il petto. Non si sentiva un quadro rinascimentale, era più... una delle donne dai capelli rossi in un dipinto di Egon Schiele: le sue uniche curve morbide erano nei capelli.
 
Là, infatti, dimorava ancora la mano di Aziraphale, serrata sulla sua nuca senza stringere, solo assecondandone la forma, plasmandolo in qualcosa di molto più soffice e gentile. Le cosce morbide dell'angelo gli carezzarono i fianchi e Crowley fece scivolar una mano fuori dalla camicia chiara per stringerlo poco sopra il ginocchio e spingersi più avanti tra le sue gambe. I pantaloni strusciarono e i loro corpi si trovarono attraverso la stoffa, e menomale che c'era ancora la stoffa, perché la sensazione di dilagante piacere fu quasi troppo.
Seimila anni senza una carezza; i brividi che gli corsero sottopelle gli mozzarono il fiato e allo stesso tempo li lasciarono a desiderarne ancora...
 
"Oh, Crowley…" ansimò Aziraphale, riversando il fiato caldo sulle labbra di Crowley con la voce tenue ridotta quasi ad un sussurro. Sollevò l'altra mano e gliela posò sul petto scoperto, in mezzo ai lembi scuri della camicia slacciata, e lì rimase, come un’impronta impressa a fuoco, lasciando che il calore dilagasse da sotto le sue dita fin tra le costole di Crowley, fin nel suo cuore, incendiandogli le vene.
 
Crowley gli posò le labbra sul collo assaporandone la pelle in piccoli baci, cercando di convincerlo a ripetere il suo nome. Nella bocca dell'angelo suonava come una melodia proibita, un desiderio segreto che non osava esprimere ad alta voce per paura che non si sarebbe mai avverato... eppure, erano lì, e Aziraphale lo ripeté ancora e ancora:
 
Crowley...” dietro la conchiglia del suo orecchio, scaldandogli la pelle con il respiro.
 
Oh, Crowley...” detto con labbra lucide e rosse di baci.
 
Carezzò con delicatezza i corti capelli rossi sulla nuca del demone prima di stringere e tirare. Crowley mugolò di rimando nella sua bocca, assecondando subito il movimento e scoprendo il collo.
 
... mmmh, Crowley...
La sua voce era sublime.

Aziraphale si sporse posando baci gentili sotto la mascella del demone, scendendo piano fin al suo pomo d'Adamo ed assicurandosi di non tralasciare neanche un lembo della sua pelle esposta. Sollevò il bacino e stavolta fu lui ad andar incontro all'erezione di Crowley, strusciandovi lentamente contro la propria attraverso la stoffa tesa dei pantaloni.
 
Crowley si morse il labbro inferiore per costringersi a non gemere e piegò la testa per spingerla ancor di più nel palmo dell'angelo. Aziraphale, invece, mugolò in modo adorabile sotto di lui, ansimando forte nel suo orecchio.
 
Crowley... puoi... ti andrebbe di...” implorò, confuso ed eccitato.
 
Crowley annuì rapidamente. “Tutto quello che vuoi, angelo.”
 
“Non so neanche che cosa voglio chiederti...”
 
“Allora non chiedere. Decidi...” Crowley fece una mezza smorfia e le sue guance si tinsero di rosso “Umh, decidi tu. Ti piace tanto decidere...”
 
Aziraphale annuì. Si passò la lingua sulle labbra e poi annuì ancora, ma con più convinzione stavolta.
La sua mano si aprì sulla nuca di Crowley quando lo tirò su di sé con delicatezza.
 
“Vorrei baciarti di nuovo...” sussurrò sulla sua bocca, posandovi sopra la propria tentativamente.
 
Non era una domanda.
Aziraphale aveva letto tanti libri ed aveva ben chiare tutte le cose che voleva fare... ma non sapeva con quale ordine affrontarle. L'intimità fisica era complessa come un puzzle da mille pezzi. Sapeva quale era il disegno finale ma, per il momento, aveva tra le dita solo mille tessere rovesciate che non era del tutto sicuro di come incastrare tra loro.
Passò la lingua sul labbro inferiore di Crowley e lui subito schiuse le labbra permettendogli di assaporarlo più a fondo. Sui libri le sensazioni non erano così forti. Nessuno l'aveva avvertito del calore, del sudore, del battito troppo accelerato del cuore… e Aziraphale era affamato di tutte queste piccole emozioni. Ne voleva di più, non bastava un assaggio.
 
“Di più...” implorò tra un bacio e l'altro, serrando le dita sulla nuca di Crowley per trattenerlo vicino alla propria bocca.
 
“Di più cosa?” gracchiò Crowley, ansimando forte sulle sue labbra umide di saliva.
 
Non lo so, Crowley! Tu fa’ qualcosa!”
 
Crowley lo baciò con abbastanza enfasi da far cozzare i loro denti. Era più grezzo di Aziraphale, più rapido; correva dietro alle sensazioni come se temesse di vederle sparire in un soffio. Artigliò le cosce dell'angelo quando di nuovo si spinse contro di lui attraverso la stoffa stretta dei pantaloni.
 
“Ah, Crowley...”
 
Il fiato gli si mescolò in gola amplificando il riverbero dei gemiti. Oh, l'eccitazione era elettrizzante! Un brivido di statico piacere gli corse sottopelle e non solo... la lampada sul soffitto sfrigolò e la luce saltò all'improvviso.
Per un attimo l'ombra di Crowley svettò sull'angelica figura di Aziraphale, proiettata dai lampioni fuori dalla finestra, ed il demone trattenne il fiato. Il brivido si spense, tornò la corrente e la stanza si tinse di nuovo della sua tenue tinta arancio.
 
Tutto là dentro era caldo. Crowley spiccava come una macchia d'inchiostro rovesciato su un manoscritto antico.
Ma è ovvio, si tratta dell'inferno, siete i malvagi!
Una storia più vecchia del mondo... solo che nei suoi ricordi era raccontata con la voce di Aziraphale e, oh, bruciava più dello zolfo.
Cazzo, doveva sembrare spaventoso. Un grosso mostro piegato sulla propria preda, pronto a spolparla fino alle ossa. Non voleva che Aziraphale vedesse questo... per lui voleva essere... voleva essere... bello.
 
Qualcosa dovette trasparire dal suo sguardo perché Aziraphale schiuse appena un po' di più gli occhi e gli rivolse un'occhiata apprensiva.
 
“Tutto bene?”
 
“Mh-mh” annuì il demone bruscamente “tutto fan-fottutamente-tastico”
 
“Felice di sentirlo, mio caro, ma non c'è bisogno di usare questo linguaggio...” lo sgridò Aziraphale accigliandosi appena.
 
La sua mano scivolò delicatamente dalla nuca di Crowley alla sua guancia. Lo carezzò con estrema dolcezza, sorridendogli con gli occhi per rassicurarlo. “...è che ti vedo pensare.” insistette, cercando il suo sguardo. Nonostante il respiro corto voleva esser sicuro che il demone non fosse a disagio.
 
...cosa avesse fatto Crowley in seimila anni per meritarlo non era ancora chiaro...
Ti amo” pensò di dirgli, ma il suo cuore era ancora un codardo “Ti amo, ti prego resta... anche se sono l'opposto di ciò che tu sei."
 
Ed ancora, e ancora...
 
“Resta, ti prego. Ti amo. Ti amo. Ti amo!”
 
Le parole continuavano a ribollirgli nel petto come lava, senza mai emergere in superficie. Avrebbe di nuovo fatto un disastro, confessandosi?
 
Crowley torna qui! In paradiso... staremo insieme. ANGELI!
 
Il rifiuto dell'ultima volta ancora lo terrorizzava. Cercò di comunicargli tutto ciò che teneva nel petto baciandolo di nuovo... adagio, stavolta, assaporando la consistenza morbida delle sue labbra.
 
Aziraphale mugolò piano, stringendogli le braccia attorno al collo. Il loro fiato si mescolò quando l'angelo schiuse di più le labbra lasciando a Crowley la possibilità di esplorarlo e per un attimo non vi fu altro che calore e amore quando le parole ancora intrappolate oltre i denti di Crowley scivolarono non dette sul palato dell'angelo.
 
… e Aziraphale conosceva tutte le lingue del mondo.
Il francese... non proprio. Ma aveva imparato ad interpretare i silenzi di Crowley, i suoi gesti attenti, il suo linguaggio segreto.
Le sue dita si insinuarono sotto il colletto della camicia di Crowley lasciando una traccia bollente sulla sua pelle. Scese piano, carezzandogli la schiena... ticchettando sulle sue scapole.
 
"Ti andrebbe di liberare le ali?" chiese all'improvviso.
 
Crowley aggrottò le sopracciglia, sfuggendo al suo tocco. Raddrizzò il petto e si trovò ad esitare, senza però allontanarsi troppo da lui.
 
Un tempo, molto tempo fa, erano stati in piedi sulle mura del giardino dell'Eden con le ali baciate dagli ultimi raggi di sole, prima che si scatenasse la prima tempesta. Le piume di Aziraphale bianche come il sale, quelle di Crowley nere e sfibrate, a brandelli, bruciate...
Ancora più in principio, tra le stelle, il candore delle piume delle loro identiche ali si era tinto dei riflessi di una nuova nebulosa.
Il tempo era cambiato, lo faceva sempre. Scorreva incessante e le occasioni per liberare le ali si erano fatte sempre meno frequenti; sulla terra davano troppo nell'occhio.
Aziraphale e Crowley avevano continuato a camminare sullo stesso pianeta, ma in binari diversi... tecnicamente. Spesso si erano incontrati, nonostante entrambi giurassero che i loro percorsi fossero puramente paralleli.
 
In quel momento, dopo quella semplice domanda, Crowley si sentì come se il tempo gli stesse scivolando via dalle dita troppo in fretta...
 
"Le mie ali?" gracchiò.
 
Aziraphale annuì, teatralmente disinteressato. Come se fosse una conversazione qualunque e non gli stesse chiedendo qualcosa di terribilmente intimo.
 
"E' piuttosto stancante, no? Tenerle sempre nascoste...” disse, carezzandogli di nuovo le scapole sotto la camicia. Le sue dita scivolarono sulla stoffa nera con la stessa delicatezza con cui gliele aveva passate sulla guancia. Gli sorrise in modo complice prima di abbassare un po' la voce nel proseguire: “Sai, ti confesso che ho lasciato libere le mie diverse volte… dà un tale sollievo! Solo qui al piano di sopra, visto che c'è un po' più di spazio e non rischio di tirar giù qualche libro. Ed ovviamente dopo l'orario di chiusura! Non vorrei crear panico nel vicinato. È passato così tanto tempo da quando potevamo camminare sulla terra con le ali spiegate, ricordi? E tu, invece…"
 
"Lo so che lo fai" lo interruppe Crowley bruscamente.
 
Aziraphale posò i gomiti sul materasso e sollevò appena il busto, con la bocca spalancata e gli occhi grandi di chi nega di aver rubato l'ultimo biscotto dalla credenza ma ha ancora le labbra piene di briciole.
 
"Lo sai?" chiese, sorpreso. Di cosa si sorprendesse non era chiaro; sapeva perfettamente che il passatempo preferito di Crowley era osservarlo.
 
Il demone sbuffò tirando su con il naso. "Non sei così incospicuo come credi quando vuoi spolverare gli scaffali alti senza dover prendere la scala…" lo punzecchiò.
 
"L'ho fatto solo-" Aziraphale aprì e chiuse la bocca, scuotendo la testa "-una volta!" Era pessimo ad improvvisare le menzogne. Gli riusciva bene solo se si era preparato un copione, e allora non lo chiamava mentire ma recitare.
 
Crowley sollevò un sopracciglio.
 
"Due, forse…" confessò subito Aziraphale "va bene, un po' più di due volte."
 
"Molte di più, direi."
 
"Quella scala è pesante, Crowley!”
 
"Non ti sto chiedendo di giustificarti! Puoi far quello che vuoi con le tue ali."
 
"E tu, invece?"
 
Aziraphale si lasciò di nuovo cadere di schiena sul copriletto trinato. Affondò nel materasso con uno sbuffo leggero e si passò una mano sulla fronte per spostare qualche ciuffo ribelle di capelli chiari. Le sue labbra erano ancora rosse e lucide di saliva.
La semplicità delle sue movenze fece sentire Crowley ancor più fuori posto. Non sapeva come essere altrettanto spigliato in questa situazione. Non pensava... ancora... di meritarlo.
 
"Io cosa?" chiese.
 
"Liberi mai le tue ali?" insistette Aziraphale. L'ultima volta che le aveva viste erano a fianco di Adam, attimi prima di scongiurare l'apocalisse. "Se non le stiro ogni tanto mi viene un mal di schiena che non ti dico… e... beh, non so se ogni tanto lasci libere le tue o…"
 
Crowley fece una smorfia.
 
"Sai che non lo faccio."
 
"No che non lo so."
 
"Sì che lo sai, angelo. Due baffi dipinti e saresti il Meraviglioso Mr. Fell, te lo si legge in faccia quando menti perché sei terribilmente teatrale! Come mai ti interessa tanto, comunque? Sono solo-" si stoppò per deglutire. Non si era accorto di aver un groppo alla gola "-ali…"
 
Gli occhi di Aziraphale erano limpidi come uno specchio d'acqua. Crowley vi si riflesse e si rese conto di star tenendo le spalle rigide, il mento alto e il naso arricciato.
Era panico, forse.
Ammetterlo l'avrebbe reso reale, quindi decise che era meglio lasciare il beneficio del dubbio alla definizione.
 
Un corvo nero come il petrolio.
Una macchia scura tra i caldi colori degli spazi di Aziraphale.
Un demone, così diverso dall'angelo che era stato una volta…
 
"Vorresti lasciar libere le tue ali, adesso?" chiese ancora Aziraphale, tenue.
 
Crowley incrociò il suo sguardo e ci lesse così tanta gentilezza che fu costretto a distoglier il proprio, borbottando.
 
"E' un sì o un no?" insistette Aziraphale.
 
"Se ci tieni tanto…" gracchiò Crowley, incapace di negare all'angelo qualsiasi cosa esso gli chiedesse.
 
La voce gli uscì ancor più rauca del solito. Non erano quelle le parole che voleva dire. Ciò che voleva chiedergli era ancora incastrato nella sua gola, schegge di vulnerabile verità che volevano implorare Aziraphale di ripetergli di nuovo quello che già gli aveva confermato tornando da lui.
 
Non scappare di nuovo, ti prego. Resta con me…
 
Spiegò le ali.
Erano nere come la notte, colme di piume corrotte e sfrangiate. Ancora odoravano di zolfo.
 
Crowley si sforzò di tener lo sguardo su Aziraphale anche se qualcosa dentro di lui scalpitò nel tentativo di distoglierlo. Oh, come avrebbe voluto aver gli occhiali per potersi nascondere dietro le lenti! Aver le ali spiegate rendeva lo star inginocchiato tra le sue gambe ancora più intimo... e la cosa lo terrorizzava.
L'ultima volta che era stato così vulnerabile davanti a lui, l’angelo gli aveva detto io ti perdono ed aveva seguito Metatron in paradiso. Ricordava gli occhi di Aziraphale pieni di lacrime, dopo che l'aveva baciato... e la sua espressione distrutta, tradita, una pugnalata nel cuore che ancora non era sicuro di esser riuscito a rammendare.
Crowley non era più l'angelo con le ali tinte della luce delle prime stelle... no, Crowley era un corvo. Aveva piume nere come il carbone, resti bruciati di qualcosa che un tempo era stato puro ed ingenuo. Un promemoria che, nonostante tutto, era ancora un demone.
 
La sua espressione si contorse. Doveva parlare, aveva bisogno di dirglielo, DOVEVA parlare. Prima che fosse troppo tardi, sempre troppo tardi, non poteva perderlo di nuovo.
 
“Ti amo, ti prego resta... anche se sono l'opposto di ciò che tu sei. Anche se le mie ali sono nere e lo rimarranno per sempre...” Ma non ci riuscì. Si limitò a voltar di scatto la testa di lato ed arricciare il naso.
 
"Contento?" gracchiò, brusco "Hai chiesto ed eccole. Sempre le stesse ali. Sempre nere. Ma sia chiaro che le hai chieste tu, quindi adesso non lamentarti se-"
 
Aziraphale gli posò una mano sul braccio e strinse delicatamente. La presa dell'angelo era sempre così gentile, le sue dita così calde e rassicuranti. Crowley abbassò lo sguardo sulla sua mano come se ancora si sorprendesse di poter esser toccato da lui.

“Oh, mio caro...” sussurrò.
 
Crowley alzò gli occhi sul suo viso e trattenne il fiato per l'anticipazione.
Iridi azzurre come il cielo dopo una tempesta. La limpida promessa di un futuro sempre sereno, nonostante vi sia stata la pioggia. Loro due accanto sulle mura dell'Eden, un angelo e un demone, a dispetto di qualsiasi aspettativa.
“Ti amo. Lo sai, vero?" chiese l’angelo, soffice e delicato. "Lascia che te lo ripeta ancora, per buona misura… ti amo anche se le tue ali sono nere. Ti ho scelto perché lo sono. Lasciati guardare, caro, è te che voglio...”
 
Oh, il bastardo in qualche modo doveva esser riuscito a leggere tutte le cose che Crowley teneva gelosamente custodite in gola, tutte le sue insicurezze... ma, d'altronde, non era proprio quella la sua specialità? Leggerlo come non era mai riuscito a fare nessun altro.
 
Aziraphale non si era mai fermato alla copertina; aveva sfogliato Crowley in tutte le sue piccole sfumature, senza saltare neanche una nota a margine. Vedeva oltre le aspettative che l'inferno lo aveva costretto a soddisfare, non gli importava se il titolo del suo racconto decantava di crudeltà e miseria. Stretto tra le sue braccia e le sue cosce, con le ali spiegate, Crowley era come un libro aperto davanti ai suoi occhi.
 
Non era un corvo, era un merlo.
Qualcosa di più delicato.
Un usignolo.
 
“Lasciati guardare..." sussurrò Aziraphale dolcemente "Crowley, sei così bello...”
 
Ed il cuore di Crowley si contorse alla parola. Scoprì i denti perché aveva sempre dovuto mordere ogni parola positiva che l'angelo gli avesse mai rivolto, difendendosi, difendendo la propria reputazione...
...non più, adesso. Erano solo loro.
 
Crowley ingoiò l'abitudine di negare e gracchiò un “grazie” tutto di gola. Le sue ali erano nere ma era buono, era buono, e non trovò la forza di mentire e contraddire ciò che Aziraphale vedeva in lui perché la sincerità nella sua voce era così pura, l'adorazione nei suoi occhi così lusinghiera, che Crowley non riuscì a far altro che crederci davvero.
 
"Mi piacerebbe…" esalò, scollandosi le parole dalla bocca. Anche lui parlava tutte le lingue del mondo, anche se era più bravo di un certo angelo con il francese, ma alcune parole erano davvero complicate da pronunciare "Mi piacerebbe- ti andrebbe di baciarmi?"
 
Non gliel'aveva chiesto la prima volta… ed il ricordo del rifiuto l'aveva reso incapace di provarci ancora. Si era sentito sciocco, inadeguato, un'altra delle cose destinate a non durare per sempre. La comunicazione non era mai stata il loro forte, nonostante parlassero tutte le lingue del mondo… ma fin dal primo giorno che avevano trascorso vicini sulle mura dell'Eden, Aziraphale non aveva mai temuto le sue ali nere o i suoi occhi da serpente. Aveva steso la sua ala per proteggerlo dalla tempesta, come adesso gli aveva chiesto di mostrargli le sue ali per potergli dire che andava bene, che era così che lo voleva.
 
Crowley trovò il coraggio di essere di nuovo vulnerabile di fronte a lui sentendosi così accettato.
 
"PerchèIoVorreiBaciartiDiNuovoSeMmmmmh… se per te. Va. Bene."
 
Il sorriso di Aziraphale fu dolce quanto il suo sguardo, un raggio di sole caldo sulla pelle dopo un giorno di pioggia, la sensazione di familiarità che si prova nel tornare in un luogo e sentirsi a casa.
 
"Ne sarei più che felice, mio caro..."
 
 

   
 
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