Chapter 4
Choices
and mistakes (pt2)
Looking
for the key to my heart-shaped lock
Se
ancora due minuti fa mi chiedevo
se, prendendo quello stupido aereo, avessi fatto la
scelta
giusta
o meno, adesso non ho più alcun dubbio: non avrei mai potuto
perdermi la sua
faccia, quell’espressione così assurda e stupita.
Sembra quasi che abbia visto
un fantasma e forse non dovrei esserne tanto contenta, ma non posso
fare a meno
di sorridere: sono tanto spaventevole? Probabilmente.
Ecco,
è proprio da me perdermi in tali
pensieri in momenti del genere. Devo avere qualche problema mentale, ma
questa
non è una novità. Forse ho detto addio
all’ultimo neurone quando mi sono fatta
accompagnare da Arianna all’aeroporto.
E
a giudicare dal mio battito
cardiaco, tra molto, molto poco, dovrò dire addio anche al
mio cuore. Niente
cuore, niente cervello. Dovrei far visita al mago di Oz appena
avrò un attimo
di tempo. Anche ad un po’ più di coraggio non
direi di no.
Si
passano minuti, ore, giorni interi
a fantasticare su come potrebbe essere un bacio, un incontro, un solo
sguardo.
Ma, chissà come, la realtà è sempre
diversa.
A
volte può deludere, a volte
stupire.
Non
è passato giorno, durante tutto
quest’anno in cui, nel sonno o nella veglia, non abbia
immaginato come sarebbe
stato rincontrarlo, sebbene fossi certa al 101 per cento che questo non
sarebbe
mai successo. Perché avevo preso una decisione, e non me la
sarei rimangiata.
Oltre
ad avere scoperto che la
fermezza nei propri propositi non è la mia principale
caratteristica, mi sono
resa conto che il ricordo non rende affatto giustizia: ero convinta di
rammentare ogni particolare del suo viso, ogni piccolo dettaglio o
imperfezione, ma non è così. La
profondità di quello sguardo, la curva di
quelle labbra, non sono immagini che un impulso nervoso possa
riprodurre senza
l’ausilio di due occhi. La sua bellezza mi lascia senza
respiro e non riesco
proprio a spiegarmi come la voce possa ancora uscire dalla mia gola.
Lascio che
una lacrima scivoli via dalle mie ciglia, sopraffatta
dall’emozione.
Allungo
una mano, per toccare il suo
volto, senza riuscire a fermarmi. Lo sento sussultare al lieve
contatto, mentre
le sue palpebre si serrano per un istante.
L’immaginazione,
in questo caso, non
può decisamente reggere il confronto con la
realtà.
D’un
tratto, non mi ricordo più
nulla. Non mi ricordo perché me ne sono andata, non mi
ricordo perché non ho
fatto marcia indietro all’istante, non mi ricordo quasi chi
sono.
Tutto
quello che sento è che, per
quanto giusto o sbagliato, sono nata per quel momento. Solo per vederlo
tremare
al mio tocco, e sentirlo vicino, e rendermi conto che i sentimenti non
sono
qualcosa che possa essere soppresso o nascosto: perché
quando sono veri, sono
molto più forti del migliore proposito, più forti
di noi stessi.
Sto
per abbassare il mio braccio, ma
Ville mi sorprende, afferrando repentinamente la mia mano con la sua e
tenendola premuta contro la sua guancia. Spalanca gli occhi,
imprigionandomi
con il suo sguardo, così dolce e incredulo, da farlo
sembrare un bambino.
Resto
immobile, a sorridere e
piangere, e vorrei dirgli tutto e nessuna parola esce dalle mie labbra.
Il
mondo esterno è perduto e sembra tutto uno strano e
improbabile film degli anni
Trenta, dove c’è lei, e c’è
lui, e tutto lo sfondo non ha senso. In bianco e
nero, ma con i suoi occhi verdi.
“Non
vorremmo disturbare, ma sareste
su un palco” Migè mette la pausa al nostro film,
avvicinandosi all’improvviso e
facendoci saltare per lo spavento “Ed è la terza
volta che suoniamo il
ritornello, quindi immagino che tutti l’abbiano
già imparato a memoria, ma
potrebbe essere carino aggiungere anche le parole” mormora a
voce bassa,
cercando di rimanere serio.
“Oh
cavolo” borbotto, mentre la
gravità della situazione mi coglie impreparata, come la
marea senza preavviso.
Rido leggermente di me stessa, arrossendo vistosamente. Ville sembra
ancora
parecchio sconvolto, non riesce nemmeno a reagire.
Continuo
a stringere le sue dita, ma
riavvicino il microfono alle labbra, aspettando il momento giusto per
attaccare
con il ritornello.
“Watch me fall
For you
My venus doom
Hide my heart
Where all dreams are entombed
My venus doom”
Il
frontman degli HIM è rimasto
davvero senza parole, per la prima volta da quando lo conosco. Da
quando è nato
probabilmente.
Approfittando
delle poche note di
intermezzo prima dell’inizio della seconda strofa, mi
appoggio piano al suo
braccio e avvicino il capo al suo, di lato, vicino
all’orecchio sinistro.
Lo
sento respirare più velocemente,
mentre il suo inconfondibile odore pizzica le mie narici: “Ti
prego, non
lasciarmi cantare da sola” bisbiglio quelle parole con
timidezza, in un
sussurro “Sai che rischiamo i pomodori marci
altrimenti”
Mentre
mi ritraggo indietro,
percepisco il suo petto sussultare, scosso da una piccola risata.
“Grieve all your hearts out as she'll arrive
enthralled
in
tragic, ecstatic agony”
Mi
fermo, incoraggiandolo con gli
occhi e aspettando fiduciosa. Ed ecco arrivare la sua voce: ho seguito
tutto il
concerto, dietro, nel backstage, sospirando ad ogni nota. Ma sentirlo
cantare
così vicino, ad un passo, cambia completamente la situazione.
“And in her flames we will die some
more
Just show me a life worth living for…”
Ripenso
alla prima canzone che
cantammo insieme, sul palco del Midnight Wish, quando, ritrovandomi a
duettare
con Ville Valo sulle note di Summer Wine, mi ero domandata come una
tale
fortuna potesse essere capitata proprio a me; me, una fan qualunque, su
un
milione di donne e ragazze. Certo, non avrei mai potuto prevedere
quello che
sarebbe successo dopo.
Ottenere
le complete attenzioni del
frontman degli HIM e lasciarselo scappare.
“Light of the dark”
Luce delle tenebre.
Penso
che il suo cognome sia
perfettamente azzeccato. Rivederlo è come ritrovare la luce
alla fine di un
tunnel buio e solitario, lungo un anno. E non importa se sono stata io
stessa a
fuggire da quella luce e a trovare rifugio nella galleria, forse troppo
spaventata dalla sua intensità.
Adesso
la luce è così attraente e
bellissima: spero soltanto di resistere più a lungo a quel
calore, senza
scottarmi. Ho paura: le bruciature pungono ancora, segnano la mia pelle
delicata e pallida. Per ora resterò
all’imboccatura del tunnel, avvolta
dall’ombra, ma abbastanza vicina per poter contemplare il mio
Sole.
Finalmente,
per quell’ultimo ritornello,
riusciamo a intonare le parole all’unisono.
Watch me fall
For you
My venus doom
Hide my heart
Where all dreams are entombed
My venus doom
[ all dreams are of you – my venus
doom ]
Mentre
i ragazzi suonano l’intermezzo
musicale, Ville torna a concentrare tutta la sua attenzione su di me:
mi scruta
minuziosamente, con una certa apprensione dipinta sul viso, forse
aspettandosi
il mio dissolvimento improvviso da un momento all’altro.
Gli
sorrido e poi abbasso subito lo
sguardo, imbarazzata, accorgendomi che le nostre dita sono ancora
allacciate.
E’
il suo turno di fare un solo passo
avanti, per coprire la poca distanza che ci divide.
“Sei
davvero qui?” mormora, il suo
respiro accelerato sull’incavo del mio collo.
Stringo
più forte la sua mano,
rispondendo con un ‘forse’ sibillino.
“O
forse è solo un sogno” aggiungo
subito dopo, prima che il cantante torni alla sua performance.
Appoggia
la mano sinistra sulla cima
del microfono, formando una piccola conca per rendere ancora
più basso
l’effetto della sua voce, ma non si azzarda a lasciare la
presa con la destra,
intorno alle mie dita.
Sono
così vicina quando canta, quasi
mi sembra di essere dentro al suo microfono. Per un istante desidero di
essere
quel microfono e il pensiero mi fa ridere di me stessa.
Hold me inside your infernal offering
Touch me as I fall
Don’t lose yourself in this suffering
yet
Hold on
Hold me inside your infernal offering
Touch me as I fall
Don’t lose yourself in this suffering
yet
Hold
on
To
me
Un
ultimo ritornello e la canzone è
finita.
Quasi
come se un incantesimo si fosse
rotto, le nostre mani sciolgono il loro nodo ed entrambi ci voltiamo
verso il
pubblico, che applaude e chiama il nome di Ville a gran voce.
Dopo
un breve saluto con la mano,
scivolo silenziosamente indietro, mentre il frontman è
occupato con gli
ultimissimi saluti.
Arrivo
rapida dietro le quinte, e
nella fretta quasi finisco addosso ad un omino della security.
“Tutto
okay?” mi domanda premuroso,
aiutandomi a recuperare l’equilibrio.
“Sì,
certo” lo rassicuro, prendendo
un respiro profondo.
“Strano
concerto” ridacchia lui,
sfiorandosi con indice e pollice il pizzetto sul mento.
Beh
sì, non è stata una gig troppo
normale.
“Spero
non sia sinonimo di terribile,
anche se quando mi ritrovo a cantare io…”
“No,
assolutamente” scuote la testa
con vigore, mettendosi una mano sul cuore “Posso giurarti che
la tua voce è--”
“Perfetta”
completa la sua frase una
voce alla nostra sinistra.
“Decisamente”
concorda il ragazzo,
irrigidendosi davanti alla comparsa del cantante degli HIM
“Beh, io devo
andare”
Si
dilegua rapido, sparendo verso la
scaletta che conduce sotto al palco.
Mi
sembra quasi di sentire
distintamente ogni passo che Ville compie, lentamente, nella mia
direzione. Ma
forse è soltanto il mio cuore che martella contro il mio
petto e rimbomba nelle
mie orecchie.
Ha
le mani nelle tasche dei jeans ed
è come se dondolasse leggermente, mentre procede. O forse
è soltanto il mio
mondo a tremare.
Quando
è appena mezzo metro a
separarci, si ferma, sistemandosi meglio il cappello di lana sulla
fronte
sudata.
“Ciao”
esordisce impacciato, gli
occhi ancora un po’ sgranati.
“Ciao”
Anche
la mia voce non è perfettamente
pulita, piuttosto uno squittio da topo.
Si
avvicina ancora ed io mi costringo
a non indietreggiare, sebbene la tentazione sia tanta.
“Niente
vestito da Venere questa
volta” osserva, cercando probabilmente di allentare un
po’ la tensione,
impostando una finta espressione contrariata.
“Non
ho avuto il tempo di cambiarmi”
“Pensavo
che le dee potessero
cambiare sembianza o ancor più facilmente abito, con un solo
schiocco delle
dita” continua, l’ombra di un sorriso a tirare gli
angoli delle sue labbra.
Alzo
le spalle, le braccia strette al
petto “Anche le divinità dell’Olimpo
hanno scoperto che non esiste alcun capo
di vestiario più comodo dei jeans”
Si
lascia scappare una piccola
risata, che però non raggiunge i suoi occhi.
“Sei
qui” sussurra, tornando serio e
grave.
Non
rispondo, rimango in silenzio a
guardarlo, stringendo più forte il bordo del top nero.
Allunga
un braccio per raggiungermi,
ma lo ritrae di scatto, quando voci rumorose ci informano che non siamo
più
soli.
“Sei
stato grande Linde! Credevo ti
si stessero per staccare le dita” commenta Burton, tirando
una pacca sulla
spalla al chitarrista.
“Qualcuno
mi passi una birra, ho
ancora una sete tremenda!” riconosco la voce di Gas
proclamare mentre si lascia
cadere su una delle poltrone sparse per il backstage.
“Avete
visto che facce? E’ stato un
live indimenticabile”
Alla
fine qualcuno si accorge della
nostra presenza: Migè mi corre incontro, abbracciandomi
prima che possa
compiere alcun movimento.
“Complimenti!
Sei stata grandissima
Liz. La tua voce ci era mancata molto. Un’altra sorpresina,
eh Valo?” ammicca
poi, rivolto nella direzione di Ville, il quale sembra però
molto preso dal
braccio che il bassista tiene ancora legato alla mia vita.
“Già”
mormora infine, accennando un
sorriso.
“Abbiamo
dovuto nasconderla qui
dietro per tutta la durata del concerto” spiega
Migè, ridacchiando sotto i
baffi “E poi quando c’è stato
l’encore si è dovuta rifugiare nel magazzino.
Spero non sia stato troppo scomodo, principessa”
“No,
affatto” mi affretto ad
informarlo, scuotendo il capo con decisione “C’era
una famiglia di topini che
si sono rivelati dei perfetti compagnoni”
Ricordo
ancora il brivido che mi ha
percorso la schiena quando il nostro ben elaborato e segretissimo piano
ha
rischiato di naufragare perché nell’ingresso del
backstage non era rimasto più
nulla da bere di non alcolico, e Ville era stato indirizzato da un
impiegato
verso la stanzetta dove mi ero nascosta proprio per la pausa dopo
Funeral.
“Topini?”
sghignazza Burton,
aprendosi una lattina di birra.
“Esatto”
confermo, guardandomi
intorno “Ma sapete dove è finita
Arianna?”
“Credo
che
Un
genuino sorriso si apre
immediatamente sulle mie labbra: “C’è
anche Olivia?”
Linde
annuisce, facendo una piccola
smorfia: “Quella bambina non dorme mai, non è vero
Ville?”
Il
darkman fa un distratto cenno del
capo, e nessuno capisce se abbia davvero inteso la domanda. I suoi
occhi sono
ancora fissi su di me, posso sentirli seguirmi in ogni istante, sebbene non abbia il coraggio di
affrontarli.
Il
rasta si avvicina, porgendomi una
Heineken: “Adesso andiamo a cercarle, solo due minuti per
riprenderci”
“Anche
dieci” replico sempre
sorridendo, rifiutando però con un gesto la bibita
“No, grazie”
Lui
mi osserva stupito per un
istante, ma poi si immerge nuovamente nei commenti a caldo del live
appena
finito ed io riesco a defilarmi per un momento, ritornando a quel
piccolo
magazzino che si era gentilmente prestato ad essere il mio rifugio
quella sera.
Nel
ritornare indietro, ritrovo Ville
isolato dal gruppo, appoggiato ad una parete con gli occhi chiusi.
“Qualcosa
di fresco?” domando piano,
facendolo sussultare. Socchiude le palpebre, dando una rapida occhiata
alla
bottiglia di coca cola che stringo nella mano destra, forse un
po’
spasmodicamente.
“Certo”
sorride, prendendola dalle
mie dita e indugiando per un lunghissimo istante sul dorso della mia
mano. E’
allora che nota che anche l’altra mano è occupata
da una bottiglia identica.
“Addirittura
due?” ridacchia “Mi hai
preso per un cammello?”
“Mh,
in effetti penso che tu e i
cammelli abbiate molto in comune” gli confido, arricciando
maliziosamente le
labbra “Ma in realtà questa l’ho presa
per me” aggiungo, sollevando la
bottiglietta e agitandola piano.
“Volevo
quasi meravigliarmi quando ho
scoperto che la mia idea di dire per un po’ no
all’alcol non fosse poi tanto
originale. Poi mi sono ricordata che noi due condividiamo un cervello e
lo
stupore è svanito immediatamente”
Ville
scoppia in una roca risata, ma
i suoi occhi sono ancora troppo seri: “L’importante
è che la tua scelta non sia
stata maturata dopo mesi di oblio e alcolismo sfrenato”
Anche
le mie labbra perdono il
sorriso, quando mi accorgo di quanto poco felice sia stata la mia
uscita. In
quelle iridi insondabili e profonde percepisco un dolore terribile e
mai
dimenticato, una sofferenza di cui sono stata la principale causa e
ragione, un
supplizio a cui probabilmente il mio non potrà mai essere
paragonato.
“Volevo
essere più padrona delle mie
scelte” torno ad esporre le mie valutazioni, cercando di
deviare la sua
attenzione dai propri tristi ricordi “O forse è
stata solo l’influenza della
mia lontana pigna gemella”
La
bibita quasi gli va di traverso
alle mie parole: “Te lo ricordi ancora?” mi
interroga curioso, mentre il suo
viso si trasfigura nuovamente in un modo dolcissimo, che mi fa
stringere il
cuore.
“Sì”
sussurro piano, arrossendo
lievemente.
Ricordo
ogni istante, ogni parola. Ma
non ho il coraggio di farglielo sapere.
“Siete
pronti?” esordisce Migè,
recuperando la sua giacca “Andiamo a cercare le donzelle in
fuga e a recuperare
le altre dolci metà!”
Io
e Ville ci scambiamo un ultimo
sguardo, prima di annuire alla richiesta del bassista.
“Devi
assolutamente conoscere
Vedrana!” continua lui, con un sorriso a trentadue denti
“Ti adorerà
sicuramente”
“E
anche Niina!” interviene Gas, con
gli occhi luccicanti, mentre decanta tutte le qualità della
sua nuova ragazza.
“L’unica
che non ci sarà è Luisa, è
rimasta a casa con la piccola Heartta” mi informa Burton,
accendendosi una
sigaretta e precedendomi già per le scale “Ma
appena torniamo a Helsinki la
devi vedere”
Continuo
a sorridere a destra e a
manca, ma dentro mi sento morire.
Solo
adesso riesco veramente a
rendermi conto di come possa sentirsi Ville, l’unico rimasto
da solo. Non posso
credere che abbia rinunciato, abbia smesso di cercare per colpa mia.
Ero
convinta di averlo lasciato tra
le braccia della persona che amava davvero, invece lo avevo abbandonato
tra le
braccia della solitudine.
Se
solo non fossi stata così stupida
ed egoista…
***
Nonostante
il concerto fosse
terminato davvero tardi, abbiamo trascorso diverse ore insieme, in un
delizioso
ristorante di Turku, costruito su una nave d’epoca ormeggiata
in mezzo alla
lunghissima striscia di mare che attraversava l’intera
città.
Io
e Arianna ci siamo reinserite
perfettamente nel gruppo, ed è quasi come se non ce ne
fossimo mai veramente
andate. Come se quello fosse stato da sempre il nostro posto. O almeno
il mio.
La
sorpresa più grande ed emozionante
è stato forse scoprire che la dolce Olivia non si era
dimenticata di me, ma
serbava ancora un ricordo del nostro primo incontro. Per lei ero ancora
l’amica
di zio Ville con i capelli da fata.
Lei
invece è davvero cambiata: l’ho
trovata cresciuta molto più di quanto potessi aspettarmi, le
ciglia più lunghe,
i tratti del viso più definiti, ma la stessa dolcezza nello
sguardo e nelle
parole. Anche il suo inglese ha fatto notevoli progressi, cosa che non
si può
dire invece del mio finlandese.
Arianna,
naturalmente, è entrata
subito nelle sue grazie. Anzi, si può dire che quando le
abbiamo finalmente
trovate alla tenda dei Sonata Arctica, la piccola fanciulla mi aveva
già
rimpiazzato con la mia best friend. Ma in fondo la capisco:
è impossibile non
innamorarsi di Arianna, appena la si conosce. Almeno, però,
la mia chioma da
fata resta la sua preferita.
E’
stata una serata, o forse dovrei
dire nottata, piacevole e divertente, ma il disagio e la tensione sono
state
mie compagne tutto il tempo.
Non
sono riuscita a rivolgere a Ville
che poche parole, troppo superficiali per avere davvero un senso, prima
di
rifugiarmi in altre conversazioni dove il numero dei partecipanti fosse
ben più
vasto.
E
lui è rimasto fermo, impotente. Ad
aspettare.
Ogni
volta che ho incrociato il suo
sguardo, mi sono sentita morire.
Ogni
volta che ho sfiorato il suo
profilo con gli occhi, mi sono sentita di nuovo in un sogno.
Così irreale. Così
stranamente famigliare, ma allo stesso tempo spaventoso.
Non
sono sicura che sia giusto
staccarmi ancora così tanto dal mondo reale. Ma forse non ho
veramente scelta.
Qualcuno
una volta ha detto che siamo
destinati a ripetere sempre gli stessi errori. E’ la nostra
natura. Chiedere di
essere l’eccezione temo sia qualcosa che va ben oltre le mie
possibilità.
Può
darsi però che l’unico vero
errore di cui un essere umano possa macchiarsi è di non
saper mettersi in gioco
al momento giusto.
“Di
cosa stai filosofeggiando?” mi
chiede Arianna, comparendo all’improvviso alle mie spalle e
sfiorandomi con
dolcezza i capelli.
Si
siede accanto a me, sul comodo
divanetto della stanza d’albergo che Linde aveva prenotato in
anticipo per noi.
La
luce dell’alba filtra già
attraverso le finestre, bagnando con un caldo e intangibile velo le
pareti
candide ed un piccolo tavolino da caffè. Il vento scuote
forte le fronde di un
albero, così vicino, che i rami toccano a intermittenza il
vetro con un sordo
ticchettio.
“Filosofeggiando?”
rispondo con
un'altra domanda, inarcando le sopracciglia.
“Sì”
conferma lei con un risolino.
Poi atteggia il suo viso in una buffa espressione, indicandola al
contempo con
l’indice “Questa è la tua faccia quando
la tua mente macchina pensieri
filosofici”
Una
risata esplode immediatamente dal
mio petto: “Non è assolutamente vero!”
“Sì
invece” mi assicura lei, ridendo
ancora più forte.
Poi ritorna seria, cercando i miei occhi per poter leggere
ciò che le parole
non possono esprimere: “Come stai Ell?”
Mi
lascio scappare un sospiro,
tentando di non abbassare lo sguardo
“E’…è molto più
difficile di quanto
potessi immaginare”
Arianna
avvolge un braccio intorno
alla mia vita, tenendomi stretta stretta: “Certo che lo
è” sussurra piano,
posando un leggero bacio sulla mia fronte “Qualunque
esperienza è molto più
difficile e piena di ostacoli di quanto possiamo mai aspettarci. Ma ci
porta
sempre qualche cosa in dono che va oltre il sogno più
fervido: per questo vale
la pena di essere vissuta”
Il
sorriso torna ad aprirsi sulle mie
labbra, mentre mi scosto un pochino da lei per poterla scrutare in
viso: “Sei
tu la vera filosofa. Lo sei sempre stata”
“Non
per niente era l’unica materia
in cui andavo bene quando ero a scuola” scherza lei,
facendomi l’occhiolino. E’
allora che mi accorgo di quanto appaiano stanchi i suoi occhi.
“Forse
sarebbe meglio dormire un po’”
le faccio notare, sebbene la fatina del sonno sembri essersi
dimenticata di
spruzzare un po’ della sua polvere magica su di me.
“Potrebbe
essere un’idea” annuisce,
raddrizzandosi sul divanetto, con indosso il suo pigiama preferito,
già pronta
per il letto “Anche se è da tanto che non
condividiamo lo stesso letto, non so
se mi lascerai dormire”
“Certo”
sbuffo, alzando gli occhi al
cielo.
Ridacchia,
scuotendo la testa e con
essa i suoi bellissimi riccioli.
“La
filosofa vuole darti solo
un’ultima perla di saggezza” le sue parole sono
ancora spiritose, ma il tono
con cui le pronuncia attira immediatamente la mia completa e sincera
attenzione
“Posso?”
“Naturalmente”
la sprono a
continuare, con un cenno del capo.
Solleva
piano le ciglia, permettendo
al riflesso delle sue pupille ancora vigili, nonostante la spossatezza,
di
penetrare piano dentro, insieme a quell’ultimo consiglio.
“Tu
sai che io non ho mai voluto
spingerti in nessuna direzione” comincia, pronunciando ogni
parola lentamente
“Ci sono sempre stata, come ci sarò sempre, ma non
ho mai cercato di forzare le
tue decisioni, anche quando pensavo che fossero sbagliate.
Perché non sono io a
vivere la tua vita, e per quanto ti possa conoscere bene, solo tu
stessa puoi
individuare davvero la risposta giusta, scritta nel tuo destino. Ma
c’è
qualcosa che non posso permettere” fa una pausa, volgendo il
suo sguardo a
terra. Io resto immobile, quasi senza respiro. Dopo pochi attimi,
riprende con
più passione “Ed è che tu ti lasci
frenare dalla paura. Guarda dietro ad essa.
Trova la tua chiave”
Mi
stringe forte la mano e poi si
solleva dal divano, lasciandomi a fissare il vaso di fiori poggiato sul
tavolino.
Avranno
forse un giorno. Sembrano
ancora freschi, ma in realtà stanno già
appassendo e appaiono così rassegnati
al loro fato. Non sperano più nella pioggia, non sperano
più in un miracolo.
Mi
alzo di scatto, come una molla.
Afferro il vaso e lo porto in bagno, dove, dopo aver aperto il
rubinetto,
cambio l’acqua ai quei fiori.
Mi
sembra quasi di udire il loro
respiro di sollievo.
Niente
pioggia, niente vita eterna o
sogno senza fine. Ma c’è ancora un po’
di speranza, ancora qualche giorno da
vivere adesso.
Ripongo
i fiori sul tavolino, con il
cuore che batte con nuova energia.
Arianna
è sdraiata sul fianco,
intenta a scrivere un messaggio con il suo piccolo cellulare argentato.
“Io
esco” la informo un po’ titubante,
appoggiata allo stipite della porta.
Quando
alza lo sguardo, non vi è
sorpresa nei suoi occhi. Tutto ciò che posso scorgere
è un sorriso sardonico e
insieme trionfante che le increspa le labbra: “Ah
sì?”
“Hai
visto quanto è bello il parco
qui fuori?” continuo a giocare “Deve essere
stupendo a quest’ora, con tutto
questo silenzio. Non pensi?”
“Niente
di più vero” replica
sfrontata, abbandonandosi poi ad un ampio sbadiglio.
“E
mi raccomando” aggiunge poi con
noncuranza “Conta i fiori del prato qui dietro. Linde
sostiene che siano 212,
ma se hai voglia di controllare…”
“Potrei
anche farlo” le regalo un
ultimo ghigno, prima di lasciarla di nuovo al suo apparecchio
telefonico e,
probabilmente, al suo eterno amore.
Fluttuo
lenta nel corridoio, come su
una piccola nuvola. Abbandono il mio terzo piano, tradendolo per quello
inferiore.
Ancora
qualche passo, e sono al mio
prato. Il mio prato nero e liscio di vernice. Con i suoi 212 fiori,
incisi in
oro.
Per
un attimo le gambe mi tremano, ma
non è il momento di perdere quel briciolo di coraggio che
sono riuscita a
racimolare.
Stringo
le dita della mano destra in
un morbido pugno e picchio più volte contro la porta del mio
destino.
E
con il cuore in gola aspetto di
scoprire se la chiave che ho scelto è quella giusta.
Heilà
^_^
Eccomi qui
tornata con la fine del quarto capitolo!
Un
ringraziamento a tutti quelli che hanno letto e soprattutto a chi ha
commentato
^_^
@Vampire666:
beh,
Linde si doveva far perdonare in fondo! E’ stato strano farli
rincontrare,
nella mia testa era passato davvero un anno XD Alla prossima!
@00glo00:
era
tutto reale XD Non sono ancora così cattiva, povero Ville!
Grazie mille! Sono
contenta che ti sia piaciuta! In fondo la loro storia ha sempre girato
molto intorno
alla musica, quindi da quando li avevo fatti lasciare ho subito pensato
che
questo fosse il modo più giusto per farli ritrovare! Temo di
avervi lasciato di
nuovo un po’ sulle spine XD Ci risentiamo tra poco, promesso!
Baci
@maricapin:
Ciaaaao
Marica! Sono davvero felice che tu sia approdata alla mia storia! Certo
che
puoi chiamarmi Mossi ^_^ Ormai il mio vero nome è un
optional XD (e lo so, il
mio nick è chilometrico). Wow, sei riuscita a leggerli
tutti? Ti ammiro per la
tua costanza! Mmm, non che i primi capitoli fossero scritti
granchè bene… XD
era tipo due anni fa sì, e avrebbero bisogno di una bella
risistemata (ma ho
troppe storie in ballo XD). Sono contenta che ci sia una persona in
più a voler
loro bene *_* Per me ormai sono come i miei vicini di casa XD Non ti
preoccupare. Finirò di postare tutta la storia! Che forza
per Funeral! E’ il
Grande Demone celeste che controlla tutto (una specie di
divinità superiore che
ha inventato una mia amica XD). Immagino che tutti conosciamo molto,
troppo
bene quel Lovely! Ahahah. A presto, baci
@eupraxia:
grazie
mille per i complimenti, sei un angelo *_* Sono davvero felice che ti
siano
piaciute! Sì, è decisamente un Ville adorabile
(quasi sempre XD) e scrivere di
questo mondo parallelo mi ha sempre aiutato a tirare avanti nei momenti
più
difficili! Sono così contenta che possa aiutare anche altri,
facendoli
appassionare. Spero di risentirti! Un bacio