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Autore: Placebogirl_Black Stones    30/01/2024    1 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 47: Le nozze del Taiko Meijin
 
 
 
Guardò la sua immagine riflessa allo specchio e si passò sulle labbra un velo di rossetto non troppo vistoso, per poi completare il tutto con degli orecchini pendenti e una catenina abbinata. Era arrivato il grande giorno e per l’occasione aveva scelto di indossare un vestito rosso a sirena, con uno spacco laterale fin sopra al ginocchio e le spalline che circondavano il collo scendendo poi dietro a creare un intreccio sulla schiena, mentre tre rose le poggiavano sulle spalle. Ai piedi aveva optato per dei sandali color argento con il tacco alto e sottile, che rendevano la sua figura ancora più slanciata.
Si girò per osservare a che punto fosse Shuichi e lo trovò intento a sistemarsi il papillon. Era più bello del solito in quello smoking nero con panciotto senza l’inseparabile cappello a coprirgli i capelli mossi.
Si avvicinò a lui e con un dolce sorriso lo aiutò a sistemare il colletto della camicia e della giacca.
 
- Te l’ha mai detto nessuno che sei sexy con la camicia bianca e i completi a giacca?- scherzò.
 
Il suo bel principe tenebroso non rispose, ma capì dal modo intenso in cui la stava guardando con quel sorrisetto abbozzato che era soddisfatto di piacerle e che anche lei gli piaceva parecchio con quell’abito dello stesso colore del suo cognome. Non glielo diceva quasi mai che era bellissima, ma lei aveva imparato a comprendere i suoi pensieri dal solo sguardo.
 
- Sei nervoso?- gli chiese.
- Dovrei esserlo?-
- Beh, si sposa tuo fratello e tu sei il testimone. Ti chiederanno di fare un discorso per gli sposi, ma a te non piace parlare. Quindi sì, dovresti essere nervoso- concluse.
- Mi spiace deluderti ma sono calmo-
- Ovvio, perché dovresti mostrare qualsiasi genere di emozione umana?- gli picchiettò l’indice sul naso.
- Tu sei nervosa?-
- È naturale!-
- Davvero sei ancora intimorita da mia madre?- ghignò divertito.
- Mary non c’entra, sono nervosa perché è una giornata importante e non conosco nessuno a parte la tua famiglia. Sono un’agente dell’FBI in mezzo alla polizia giapponese e ad altre facce sconosciute-
- Non credo che ti arresteranno-
- Sei diventato spiritoso all’improvviso?-
- Hai conosciuto anche la sposa, vedrai che nessuno ti guarderà male perché sei straniera. E poi tu non sei una che fatica a socializzare-
- Già, bel primo incontro quello con la sposa- ironizzò.
 
Le tornò alla mente quella vicenda accaduta un paio di giorni prima, quando Shukichi li aveva invitati fuori a pranzo per fargli conoscere la sua futura moglie. Quando erano arrivati al tranquillo locale designato come luogo dell’appuntamento, lui e Yumi li stavano già attendendo.
Yumi le era parsa da subito una ragazza molto carina, forse a tratti dall’aria un po’ snob. Non appena l’aveva vista, aveva salutato Shuichi e poi si era rivolta a lei parlando un inglese davvero terribile, cercando di presentarsi mentre gesticolava per farsi comprendere meglio.
 
- My name is Yumi. Y-U-M-I, ok? I nice meet you-
 
Non era riuscita a vedersi riflessa nel vetro dell’entrata del locale, ma sapeva per certo di aver assunto un’espressione da ebete di fronte a quella scena che sembrava copiata e incollata da quella che aveva vissuto con Shukichi. Aveva persino pensato che fosse uno scherzo, tanto da girarsi verso Shuichi e chiederglielo.
 
- Ma parlarmi in inglese come se fossi svampita è una gag ricorrente della vostra famiglia?-
- Così sembra- le aveva risposto lui, evidentemente divertito dalla situazione.
 
Shukichi si era immediatamente scusato con lei, dicendo che si era scordato di dire alla sua fidanzata che la ragazza di suo fratello maggiore parlava e comprendeva perfettamente il giapponese.
Yumi si era arrabbiata con Shukichi per la figuraccia che le aveva fatto fare e lei aveva ribadito più volte che non c’era nessun problema. Insomma, un bellissimo e perfetto primo incontro da film.
 
- Terrai gli occhiali anche oggi?- le chiese, facendola tornare alla realtà.
- Perché me lo chiedi? Sai che li indosso sempre-
- Appunto, credevo che oggi avresti fatto uno strappo alla regola. Con questo aspetto così elegante staresti meglio senza-
- Me lo hanno sempre detto tutti che starei meglio senza- abbozzò un sorriso malinconico - Ma sai cosa significano per me-
- Non ti sto dicendo di buttarli o di non metterli più, dico solo che qualche volta potresti cambiare. Qualcuno tempo fa mi ha detto che dovevo smetterla di restare attaccato al passato e che dovevo andare avanti: non pensi che rinunciare ad indossare gli occhiali di tuo padre possa essere un modo per lasciarti alle spalle ricordi dolorosi?-
 
Si soffermò un istante a riflettere su quelle parole, pronunciate con molta calma e tatto per non risultare troppo dure o insensibili. Per anni aveva indossato quegli occhiali di cui non aveva assolutamente bisogno, sui quali aveva fatto montare delle finte lenti, il tutto per poter avere sempre con sé l’ultima cosa che gli restava di quel padre che le avevano portato via troppo presto. Da bambina li aveva considerati a lungo il suo tesoro e anche quando era cresciuta aveva continuato a vederli come tali. Pensare di non indossarli più era come rinunciare ad una parte di se stessa, ma comprendeva il discorso di Shuichi e non poteva dargli tutti i torti.
 
- Mi hai convinta, per oggi non li indosserò. Ma non posso prometterti di non indossarli mai più, non adesso per lo meno- gli sorrise, togliendosi gli occhiali e ripiegandoli con cura, per poi infilarli nella loro custodia che lasciò sul comodino.
- Piccoli passi- le rispose, fiero del suo tentativo di andare avanti.
 
Una volta vestiti e agghindati, scesero le scale lentamente e al piano di sotto trovarono Shinichi che si stava allacciando le scarpe. Si guardarono tutti quanti a vicenda, sorpresi: si conoscevano da parecchio ma non avevano mai avuto occasione di vedersi in abiti da cerimonia.
 
- Questo look ti dona molto, Cool Guy! Farai una strage di cuori!- gli fece l’occhiolino.
 
Il giovane detective s’imbarazzò, come sempre, sia per il complimento sia per il fatto che l’occhio gli era inevitabilmente caduto sullo spacco del suo vestito. Sperò che Shuichi non avesse notato questo particolare o perlomeno che lo perdonasse, data la sua giovane età e gli ormoni che si facevano sentire. Da come si parlarono amichevolmente l’uno con l’altro, capì che poteva stare tranquilla.
Uscirono dalla villa e raggiunsero l’abitazione a fianco, dove Agasa e Shiho li stavano aspettando per andare tutti insieme al matrimonio. Lo scienziato indossava un classico vestito a giacca grigio scuro, mentre la giovane donna un abito blu sopra al ginocchio, con una sola grande spallina a sinistra e una sorta di breve strascico che svolazzava dietro di essa. Si era anche truccata (quel tanto che bastava per i suoi vent’anni) e questo la rendeva ancora più bella.
Shiho notò immediatamente l’assenza degli occhiali e ne chiese la motivazione, per poi farle presente che stava benissimo anche senza.
Dopo essersi complimentate l’una con l’altra, notando i dettagli come tipico di tutte le donne, salirono in macchina e si avviarono verso l’hotel Hilton Tokyo Odaiba, dove si sarebbe tenuta la cerimonia.
 
Una volti giunti al luogo prestabilito, la prima cosa che li colpì fu il lusso che trasudava da ogni centimetro della superficie. Era uno dei migliori hotel a Tokyo e forse uno dei migliori di tutto il Giappone. Avevano voluto fare le cose in grande stile, forse perché Shukichi era famoso, forse perché voleva che quel momento tanto desiderato fosse perfetto. Lei non aveva mai fatto progetti così grandi o fantasticato sul suo eventuale matrimonio, la vita non le aveva permesso di arrivare a tanto, ma quelle poche volte in cui il pensiero le aveva sfiorato la mente si era immaginata una cerimonia sobria, per pochi intimi.
 
- Certo che non hanno badato a spese- commentò Shiho, che come sempre faceva da portavoce ai pensieri che altri non osavano esprimere apertamente.
- In teoria ci si dovrebbe sposare una volta sola nella vita, quindi è giusto viziarsi un po’-
 
Si avvicinarono al bancone della reception per chiedere in quale sala dovessero andare per raggiungere lo sposo e la sua famiglia, ma ancor prima di ricevere una riposta sentirono la voce di Shukichi alle loro spalle che chiamava il fratello maggiore. Si voltarono e lo videro scendere dall’elegante scalinata bianca che portava al piano superiore. Indossava uno smoking quasi uguale a quello di Shuichi, ma di colore bianco, con una rosa dello stesso colore che gli fuoriusciva dal taschino superiore della giacca. Si era rasato con cura la barbetta incolta e non indossava gli occhiali. Notò subito delle minuscole goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte e il fatto che si stesse torturando le mani rigirandosi le dita: era visibilmente agitato e nervoso, come probabilmente ogni persona nel giorno del suo matrimonio.
 
- Che onore essere accolti direttamente dallo sposo!- gli sorrise, cercando di metterlo a suo agio.
 
Shukichi si prese qualche secondo per guardarla meravigliato, come se avesse visto una dea. Era divertente come, ogni volta che la vedeva con un abito corto, un po’ scollato o che mettesse in qualche modo in mostra le sue forme senza essere volgare, la sua reazione fosse sempre la stessa.
 
- Benvenuti!- li salutò infine - Stavo facendo una passeggiata per distrarmi ma visto che siete arrivati torniamo al piano di sopra- li invitò a seguirlo.
- Sei nervoso?- gli chiese.
- Parecchio- ammise, grattandosi la nuca imbarazzato.
- Fatti un bel drink- scherzò, dandogli una pacca sulla spalla e facendolo ridere.
 
Salirono la scalinata e camminarono fino alla stanza che avevano dedicato per lui e i familiari stretti, dove potevano cambiarsi d’abito, sistemare acconciatura e trucco e ingannare l’attesa. Lì trovarono Mary, Tsutomu e Masumi, che per l’occasione si era resa più femminile indossando un abito rosa scuro e delle scarpe color carne con un tacco piccolo e basso. Tra i suoi capelli ribelli come quelli del fratello primogenito sbucava un fiore che le conferiva un’aria ancora più graziosa.
Si salutarono gli uni con gli altri, scambiando qualche chiacchiera e qualche battuta. Shiho rimproverò la cugina di non essersi truccata nemmeno un minimo e Jodie intervenne in sua difesa, approfittando della trousse che aveva portato Mary per metterle quel velo di trucco che bastava. Le strane espressioni che Masumi fece mentre cercava di metterle ombretto, mascara e rossetto furono motivo di divertimento per alcuni dei presenti.
Restarono lì fino a quando non giunse il momento di spostarsi nella sala dove si sarebbe tenuta la cerimonia, un grande salone con lussuosi lampadari a cono dalla luce calda che scendevano dal soffitto. Da un lato e dall’altro, disposte in fila, vi erano delle sedie bianche simili a poltroncine, con un fiore e un velo attaccati dietro ciascuna di esse, mentre al centro era stato lasciato lo spazio necessario perché gli sposi potessero fare la camminata. Alcune persone erano già sedute, fra le quali riconobbe l’ispettore Megure e l’agente Takagi.
Tsutomu, Masumi e Shiho presero posto nella prima fila a destra, mentre Agasa e Shinichi si misero in seconda fila in quanto conoscenti di famiglia ma non parenti stretti. Lei tentennò su dove sedersi, non sapendo come potesse essere classificata la “fidanzata ma non promessa sposa del fratello dello sposo”. Non volendo sembrare indelicata, fece per sedersi di fianco a Shinichi, ma Shiho la fermò.
 
- Perché ti siedi lì dietro?-
- Perché i posti davanti sono per i parenti stretti- si giustificò.
- Appunto- intervenne Tsutomu - La futura cognata dello sposo dovrebbe sedersi con la famiglia-
 
Gli sorrise, grata per quelle parole che suonavano un po’ come un augurio per il futuro e andò a sedersi accanto a Shiho.
Shuichi si mise seduto sulla sedia subito dietro a quella destinata allo sposo, in quanto suo testimone. Pian piano la sala si riempì e rimasero solo due posti vuoti: quello di Mary e quello del padre di Yumi, che avrebbero accompagnato all’altare i rispettivi figli.
Una nota solitaria si levò dal pianoforte all’angolo della grande stanza e annunciò che lo sposo stava facendo la sua entrata. Tutti gli invitati girarono il capo verso la porta d’ingesso e Shukichi iniziò ad avanzare lentamente accompagnato da Mary, che lo teneva sottobraccio. Quando giunsero davanti al banchetto con il cerimoniere, lo lasciò andare e andò a sedersi al fianco di Tsutomu. I due fratelli si scambiarono un’occhiata e Shuichi fece un piccolo cenno di incoraggiamento a Shukichi.
La pianista terminò di suonare quella melodia e iniziò subito a suonarne un’altra, segno che ora era il turno della sposa. Yumi varcò la porta accompagnata dal padre, avvolta in un vaporoso abito bianco con decorazioni in pizzo, tulle e qualche rosa di stoffa qua e là. Aveva raccolto i lunghi capelli in uno chignon completato da una coroncina dalla quale partiva il classico velo da sposa. Il trucco era molto delicato, quasi impercettibile, per non risultare troppo appariscente in quell’apparenza candida.
Avanzò fino a raggiungere il suo quasi marito e abbracciò il padre prima che quest’ultimo andasse a sedersi. Al suo fianco vi era la damigella d’onore, che altri non era che la compagna dell’agente Tagaki.
Shukichi l’aveva guardata estasiato per tutto il tempo, impaziente di poterle infilare l’anello al dito e farla così diventare la Signora Haneda.
Il brusio nella stanza si fermò e nel silenzio generale il cerimoniere diede inizio al rito. La prima parte fu abbastanza piatta, a tratti quasi noiosa, con la lettura di documenti ufficiali com’era la prassi. Poi venne il momento dei voti e dello scambio delle fedi, che iniziò a scaldare i cuori. Infine ci fu lo scambio delle promesse, la parte che tutti aspettavano e che sciolse completamente gli animi di quasi tutti i presenti. Lacrime e fazzoletti furono i protagonisti di quella scena, lei stessa dovette asciugarsi gli occhi più di una volta stando attenta a non far colare il mascara. Giurò di aver visto persino Mary con gli occhi lucidi.
Per tutto il tempo in cui i due sposi si dedicarono parole e promesse di amore eterno tenne gli occhi fissi su Shuichi, probabilmente l’unico in sala a non aver versato nemmeno una lacrima. Non lasciava trasparire alcuna emozione, come suo solito, ma immaginò che fosse felice per il fratello minore.
Una frase in particolare nel discorso di Shukichi la colpì nel profondo, poiché sembrava fatta su misura per descrivere una situazione che si era ritrovata a vivere in prima persona:
 
“Gli scacchi sono una questione di tempismo. Non è sufficiente giocare la mossa giusta, devi anche giocarla al momento giusto. Sapersi contenere è una delle cose più difficili da imparare per il giocatore medio di scacchi.”
 
Nel momento in cui le pronunciò vide Shuichi girarsi verso di lei, probabilmente smosso dallo stesso sentimento. Lui aveva fatto la sua mossa al momento giusto per riaverla, mentre lei aveva imparato, con il tempo, a contenere i suoi sentimenti per lui. Erano stati due abili giocatori negli scacchi dell’amore e per questo avevano vinto.
Il rito matrimoniale si concluse con il bacio che sugellava quell’unione e gli sposi, mano nella mano, camminarono fino alla porta fra gli applausi dei presenti.
Lentamente si spostarono tutti nella sala che avevano allestito per il buffet, dove avevano preparato tavoli rotondi (apparecchiati di bianco) con relative sedie. Su tre lunghi tavoli rettangolari erano state disposte diverse pietanze e ciascuno poteva servirsi autonomamente. Vini e alcolici vari venivano serviti da un gentile barman in un angolo della stanza.
I novelli sposi si erano assentati per il set fotografico nella zona esterna, resa più suggestiva dal panorama di Tokyo che faceva da sfondo, mentre tutti loro ne stavano approfittando per bere e mettere qualcosa sotto i denti.
Shuichi si era fermato a parlare con Mary, Tsutomu e Masumi, lei invece aveva seguito Shiho, il Dottor Agasa e Shinichi ai tavoli del buffet per dare un’occhiata e mettere qualcosina sotto i denti.
 
- Quante prelibatezze!- si lasciò sfuggire lo scienziato, i cui occhi erano lucenti come stelle di fronte a tutto quel cibo.
- Effettivamente hanno un aspetto invitante- gli diede ragione.
- Tenga giù le mani da tutto ciò che è fonte di grassi e carboidrati, inclusi i dolci- lo fulminò Ai.
- Oh, andiamo! Siamo ad un matrimonio, fallo mangiare!-
- Se lo lascio fare ingrasserà a dismisura!-
- Vorrà dire che domani uscirete a fare una corsa- scosse la mano - Mangi pure tutto ciò che vuole, è gratis- fece l’occhiolino ad Agasa.
 
Shiho assunse un’aria contrariata e per dispetto si sfogò mettendo nel piattino di Shinichi una tartina con sopra le uova di salmone, consapevole che il giovane detective le odiava.
 
- Hey, ma che fai?! Non la voglio!- si lamentò, guardando quasi schifato quel quadratino di pane morbido con sopra le minuscole palline ambrate.
- Sei davvero dispettosa come una scimmietta!- la rimproverò, ma in tono scherzoso - Dallo a me Cool Guy, lo mangio io-
- Che succede qui?- li interruppe Shuichi, che nel frattempo li aveva raggiunti insieme al resto della famiglia Akai.
- La tua fidanzata flirta con il tuo ex socio- sentenziò Shiho.
- Non è affatto vero!- si lamentò Shinichi.
- Oggi la nostra principessina ha deciso di fare i capricci- la prese in giro - Coraggio, i matrimoni dovrebbero mettere di buon umore!-
- Il concetto di buon umore non fa parte del suo vocabolario- l’accusò il detective, desideroso di vendicarsi del torto subito poco prima.
- Su, non litigate- intervenne Agasa, che nel frattempo aveva riempito per bene il suo piatto.
- Quanta roba ha preso?!- si scandalizzò la giovane scienziata.
- Forza, vieni con me- la prese sotto braccio, cercando di trascinarla con sé.
- Dove?-
- Facciamo un bel giretto fino a quando il tuo demone interiore che si manifesta sottoforma di un dietologo non torna a nanna- sorrise.
 
Tsutomu rise di gusto a quella battuta, mentre gli altri fissarono la scenetta divertiti. Si scusò con loro dicendo che sarebbero tornate a breve, poi la portò via con sé per finire il giro dei tavoli.
Pian piano la ragazza si calmò, complice anche il fatto che passare un po’ di tempo sola con lei la rendesse felice. Riuscì persino a convincerla a riempirsi per bene un piatto con qualsiasi cosa le piacesse.
 
- Va meglio?- le chiese - Possiamo tornare dagli altri senza rischiare che tu uccida qualcuno?-
- Che spiritosa- storse le labbra - Guarda che le malattie cardiovascolari causate dall’obesità sono in crescita, non voglio che al Dottore venga un infarto a causa della sua golosità-
- Un pranzo di matrimonio non ha mai ucciso nessuno, lo metterai a dieta da domani. Ora andiamo, non vorrei sembrare scortese nei confronti di Mary e Tsutomu-
- Vuoi giocare alla nuora perfetta così gli piacerai più di Yumi?- la provocò.
- Io non devo competere proprio con nessuno e a differenza di Yumi non sono ufficialmente una nuora-
- Certo, perché il pettina-bambole sta perdendo tempo come suo solito. Se lasci fare a lui ti chiederà di sposarlo quando andrete in pensione-
- Calma, siamo tornati insieme da nemmeno un anno! Per ora ci viviamo la cosa come deve andare, poi si vedrà-
- Ma se l’hai mangiato con gli occhi durante tutta la cerimonia! Non so nemmeno se li hai visti gli sposi, ascoltavi le loro promesse e lo guardavi piangendo come una fontana! Scommetto che se ti chiedesse di sposarlo domani diresti di sì senza pensarci due volte-
- Volevo solo vedere se si commuoveva!- si giustificò, mal celando l’imbarazzo.
- Come no!-
 
Continuarono a punzecchiarsi fino a quando non raggiunsero gli altri e poi si unirono ai loro discorsi. Shuichi e Shinichi stavano parlando di casi da risolvere, come di consueto, mentre Tsutomu e Masumi li ascoltavano interessati e Mary origliava in silenzio. Agasa fingeva di ascoltare, ma in realtà si stava godendo i manicaretti.
Tsutomu si complimentò con lei su quanto stesse bene senza occhiali e Masumi gli diede man forte, ribadendo che avrebbe dovuto usare più spesso le lenti a contatto. Svelò loro il suo segreto, ovvero che ci vedeva benissimo e che gli occhiali avevano lenti finte, unitamente al fatto che li portava solo perché erano l’ultimo ricordo rimasto di suo padre. Shiho intervenne dicendo che non importava se li portasse o meno: tanto era bella in ogni caso.
L’entrata in sala degli sposi, che avevano finalmente terminato lo shooting fotografico, interruppe le chiacchiere generali e tutti i presenti li accolsero con un caloroso applauso. Shukichi e Yumi iniziarono a fare il giro degli ospiti per salutarli come si doveva e ringraziarli di essere venuti a festeggiarli nel loro giorno più importante. Iniziarono dai genitori di Yumi, con i quali rimasero a chiacchierare per circa una decina di minuti, poi passarono a loro.
 
- Scusateci, oggi siamo un po’ latitanti- esordì lo sposo.
- È più che normale- gli posò una mano sulla spalla Tsutomu - L’importante è che siate felici-
- Grazie a tutti di essere venuti- fece un inchino Yumi - Specialmente a voi, che avete attraversato l’Oceano per essere qui- si rivolse a lei e Shuichi.
- Non ce lo saremmo perso per niente al mondo- sorrise, parlando a nome di tutti e due in quanto consapevole che Shuichi non sarebbe riuscito ad esprimere a pieno la sua gratitudine - Sei davvero una sposa bellissima-
- Grazie Jodie, anche tu sei magnifica. Tieniti alla larga dai miei colleghi, se li conosco bene inizieranno a ronzarti intorno come le mosche-
- Ma cosa dici Yumi-tan!-
- Ora che Sato fa coppia fissa con Takagi hanno perso interesse nel correrle dietro, perciò devono trovare un’alternativa. Jodie è effettivamente la prima della lista, se ci guardiamo intorno-
- Così la metti in imbarazzo!- intervenne in suo aiuto Shukichi.
- Oh, tranquillo! Ormai sono diventata il bersaglio delle gag di questa famiglia, se vuoi puoi parlarmi di nuovo in inglese e farò finta di non capire cosa state dicendo-
 
Tsutomu e Shinichi non riuscirono a trattenere una risata mentre Shuichi si contenne, ma quel sorrisetto stampato sulle labbra tradì il suo divertimento.
Shukichi si stupì di vederla senza occhiali e, come tutti gli altri, le disse che stava benissimo. Sembrava l’argomento del giorno, tanto che alla fine promise di toglierli più spesso.
Gli sposi li salutarono e andarono a finire il giro dei saluti, passando da amici e colleghi.
 
- Anche io vorrei salutare l’ispettore Megure e l’agente Takagi, ma non so come la possano prendere- si dispiacque.
- Come due poliziotti giapponesi che hanno scoperto che l’FBI è venuta in Giappone senza permesso e portando delle armi- rispose secco Shuichi, seppur senza cattiveria e con tutta la calma del mondo.
- Grazie tesoro, sei davvero confortante- ribatté.
- Magari se si avvicina, li saluta e si scusa potrebbe essere un inizio- suggerì Shinichi.
- Mi sono già scusata, ma ricordo ancora le loro facce arrabbiate- sospirò.
- Perché non l’accompagni?- Shiho si rivolse a Shinichi - Tu sei una specie di divinità per loro, se la vedono insieme a te può darsi che siano più comprensivi-
- Oh, che bella idea!- le si illuminarono gli occhi - Ti prego, Cool Guy! Fallo per me- gli fece gli occhioni da cucciolo.
- Beh…ecco…io…-
- Sei un’adulta, dovresti affrontarli da sola invece di nasconderti dietro a un ragazzino- intervenne il suo fidanzato.
- Sei un adulto, dovresti metterle un anello al dito invece di guardare gli altri farlo- lo fulminò Shiho.
- Tu- indicò Shiho - Piantala con questa storia e tu- si rivolse a Shuichi - Sei cattivo!-
 
Si girò nuovamente verso il giovane detective liceale e cercò di assumere l’espressione più convincente che poteva, implorandolo nuovamente di accompagnarla da Megure e Takagi. Shinichi sospirò e alla fine non poté fare a meno di accettare.
Con sua grande gioia, lo prese a braccetto e si incamminarono verso i due agenti di polizia, che quando li videro avvicinarsi si sorpresero della sua presenza.
 
- Signorina Jodie, ma lei cosa ci fa qui?- le chiese l’agente Takagi.
- Beh, mi sembra ovvio: sono venuta per il matrimonio- sorrise, cercando di apparire il più naturale possibile.
- Conosce gli sposi?-
- Lo sposo in particolar modo-
- Non mi dica che è di nuovo qui sotto copertura per conto dell’FBI- si rabbuiò Megure.
- Oh, no no- scosse le mani - Niente lavoro-
- Ne è sicura?-
- Sicurissima. Anzi, mi scuso ancora per quella faccenda, spero che non siate troppo arrabbiati con me- chinò il capo.
- Perché non ci lasciamo alle spalle questa storia? Oggi dovremmo festeggiare- intervenne Shinichi a sciogliere il ghiaccio.
- Hai ragione- intervenne la compagna dell’agente Takagi, che nel frattempo si era avvicinata a loro incuriosita.
- Come conosce lo sposo, Signorina Jodie? Per il caso il Meijin è famoso anche negli Stati Uniti?-
- Purtroppo no, io lo conosco perché è il fratello minore del mio fidanzato-
- Che cosa?!- esclamarono in coro i due agenti di polizia, scioccati da quella rivelazione.
- Questo non è affatto possibile!- si insospettì l’ispettore Megure - Come può il Meijin essere il fratello dell’agente Camel?! Sono di nazionalità completamente differenti! Lei sta mentendo, agente Jodie!-
- Eh?! Camel?!- rispose lei, non comprendendo.
- Ha detto che lo sposo è il fratello del suo fidanzato e il suo fidanzato è l’agente Camel- spiegò Takagi - Ce lo aveva detto lei stessa tempo fa durante quel caso in cui era rimasto coinvolto-
 
Sgranò gli occhi e un brivido freddo le percorse la schiena: si era completamente dimenticata di quella vecchia storia, una piccola e innocente bugia bianca che ora era tornata a galla a presentarle il conto. Si chiese cosa avrebbe potuto dire per uscirne illesa, ma qualsiasi cosa diversa dalla realtà sarebbe stata solamente l’ennesima bugia che le si sarebbe ritorta contro. Quel castello di menzogne che avevano costruito non era più in grado di ergersi. Così scelse di fare ciò che era più giusto e confessò la verità ai due poliziotti.
 
- Ecco…io potrei…aver detto una piccola bugia quella volta- si morse il labbro inferiore.
- Lo sapevo!- esclamò Megure - Non ci ho mai creduto!-
- Quindi non era vero nemmeno questo?- sospirò Takagi.
- Cercate di capire, non potevo dirvi la verità e quella è l’unica scusa che mi era venuta sul momento-
- Ma allora chi sarebbe il suo fidanzato?-
- Il testimone dello sposo-
- Significa che è tornata a vivere qui in Giappone?- la fissò serio Megure.
- No, viviamo in America- lo tranquillizzò.
- Quindi il fratello del Meijin si è trasferito?-
- Sì, già da parecchi anni. Quando ci siamo conosciuti lui viveva in America già da un pezzo-
- E come vi siete conosciuti?- intervenne la fidanzata dell’agente Takagi, di cui non riusciva proprio a ricordare il nome.
- Beh…noi…- esitò, temendo che quella rivelazione fosse anche peggio della precedente.
 
I tre poliziotti la fissavano intensamente, curiosi di sapere, mentre Shinichi era imbarazzato forse quanto lei. In quel momento lo invidiò, perché lui poteva ancora continuare a nascondere di essere stato Conan Edogawa per un anno intero e si sarebbe portato quel segreto nella tomba.
 
- Allora?- la invitò a proseguire la ragazza dai corti capelli castano scuro.
- Ci siamo conosciuti all’FBI- sospirò.
- Il fratello del Meijin è un agente dell’FBI?!- esclamò scioccato Takagi.
- Sì, ma la prego di abbassare la voce-
- Era anche lui nella squadra venuta in Giappone tempo fa?- chiese Megure, sempre più sospettoso.
- Sì…-
- Ma che coincidenza!- ironizzò l’ispettore - Entrambi eravate qui senza permesso della polizia giapponese ed entrambi tornate più di un anno e mezzo dopo infilandovi al matrimonio di una celebrità dello shogi. Vuole davvero farmi credere che non siete di nuovo qui per indagare su qualcosa?-
- Glielo giuro su ciò che ho di più caro, il lavoro stavolta non c’entra- si giustificò - Shukichi è davvero il fratello del mio fidanzato-
- L’agente Jodie ha ragione, ispettore- intervenne Shinichi - Io conosco bene tutti e posso assicurarle che lei e l’agente Akai sono qui solo per festeggiare il Signor Haneda-
- Akai? Haneda?- ripetè Takagi, non convinto - Se sono fratelli perché hanno cognomi diversi?-
- È una lunga storia, faccende private di famiglia- tagliò corto - Ora devo tornare dagli altri ma mi ha fatto davvero piacere rivedervi-
 
Prima che la diffidenza e i sospetti crescessero ulteriormente, si congedò da loro con un sorriso e con la consapevolezza che sarebbero serviti anni per riacquistare la fiducia dei due poliziotti, o forse nemmeno quelli. Certi rapporti, una volta incrinati, non tornano mai come prima.
Sconsolata per quella conversazione andata non proprio come voleva, si avvicinò ad uno dei tavoli del buffet per trovare conforto nel cibo. Osservò con attenzione tutte le prelibatezze esposte, con l’intento di scegliere quelle che più la ispiravano. Concentrata com’era e assorta nei suoi pensieri, non si accorse del gruppetto di poliziotti che l’avevano circondata e affiancata al tavolo. Quando si voltò per andare a prendere un piattino e riempirlo con ciò che aveva adocchiato, gli uomini in questione le si pararono davanti, ciascuno con in mano un piattino pieno di qualsiasi cosa o un bicchiere di vino che tenevano tesi verso di lei, in segno di offerta. Incapace di comprendere cosa stesse succedendo, sgranò gli occhi e li guardò uno ad uno, con la bocca semiaperta, come se fosse imbalsamata.
I poliziotti la fissavano a loro volta con delle facce da pesci lessi, rivolgendole sorrisi che le parevano inquietanti più che gentili. Poi iniziarono a litigare fra di loro su chi le avesse offerto per prima il proprio “dono”, mentre qualcuno cercò di presentarsi e conversare con lei. A quanto pare Yumi conosceva bene i suoi colleghi e aveva predetto le loro mosse.
Non volendo dare corda a quei poverini e spettacolo al matrimonio del suo quasi cognato, decise di adottare la vecchia strategia di cui si era servita più volte quando aveva impersonato la professoressa Jodie Saintemillion: fingere di non comprendere il giapponese. In quei giorni era stata vittima della scenetta ricorrente in cui le parlavano in inglese convinti che non capisse la lingua del paese ed ora la situazione si era capovolta ed era lei a fingere di non comprendere qualcosa che invece capiva benissimo.
 
- Sorry, can you please speak in English? Non parlo bene vostra lingua- sbiascicò, metà in inglese e metà in un giapponese maccheronico.
- Ma prima ti ho sentita parlare con l’ispettore Megure!- intervenne uno dei poliziotti.
- Già, anche io- lo appoggiò un altro.
 
Si rese conto che il suo piano era fallito sul nascere: non si era accorta che la stavano tenendo d’occhio e ora non poteva certo negare l’evidenza. Le serviva un altro piano per uscirsene in fretta da quella situazione imbarazzante, ma non sapeva quale. Avrebbe potuto semplicemente mandarli tutti al diavolo; tuttavia non le sembrava la scelta più educata.
 
- You are beautiful!- le disse in un inglese pessimo un uomo alto con i capelli rasati e il volto squadrato, che per qualche motivo le ricordava Camel ma con dimensioni corporee più ridotte.
- Thank you- rispose semplicemente, sforzandosi di sorridere.
- Beviamo qualcosa- la invitò un altro, porgendole un calice di vino rosso.
- No no, grazie- scosse le mani.
 
Stava cercando di scervellarsi per capire come andarsene senza dare ancora più nell’occhio, quando avvertì una presenza alle sue spalle e vide le facce da ebeti dei suoi corteggiatori trasformarsi in pietra.
Si voltò leggermente alla sua sinistra e intravide Shuichi con le mani in tasca e un’espressione più seria del solito, che osservava i poliziotti.
 
- Va tutto bene qui?- chiese, con la sua voce profonda.
 
In quel momento lo amò ancora di più di quanto non stesse già facendo: di sicuro aveva visto la scena ed era intervenuto in suo aiuto, come l’angelo custode che era sempre stato. Un angelo nero come la morte, ma pur sempre un custode. Le piacque pensare che non fosse andato da lei solo per evitare teatrini al matrimonio di suo fratello, quanto per il fatto che tutte quelle avances nei suoi confronti avessero smosso in lui un pizzico di gelosia.
 
- Oh, darling!- lo prese sotto braccio, stringendosi a lui e approfittando della situazione - Would you be so kind to explain these gentlemen that I don’t understand well what they’re saying to me?-
 
In tutta risposta, Shuichi la guardò con quell’aria che tradotta in parole significava “Ma sei seria?”. Lei gli fece dapprima gli occhi da cerbiatto, poi realizzò che su di lui quel trucco non funzionava e gli fece capire di reggerle il gioco alzando ritmicamente un sopracciglio e facendo piccoli scatti con la testa su un lato.
 
- Vi prego di perdonare la signorina, si è allontanata senza nessuno che possa tradurre per lei. Non ha dimestichezza con la lingua giapponese, tranne poche parole- spiegò in tono educato.
- Ma io l’ho sentita parlare con l’ispettore Megure poco fa, parlava benissimo!- osò intervenire uno dei poliziotti.
 
Per un attimo ebbe paura di ciò che sarebbe potuto succedere: quel poveretto aveva davvero osato contraddire Shuichi Akai? Evidentemente non gli era chiaro cosa avrebbe comportato quel gesto audace.
 
- Stai forse dicendo che la mia fidanzata sta mentendo?- gli chiese secco, fissandolo con quegli occhi che avrebbero intimorito anche un gigante di ferro.
- N-no, p-per c-carità!- negò, nella speranza di salvarsi.
- Allora è tutto chiarito. Adesso potete andare- li liquidò.
 
Terrorizzati e con il sudore freddo che gli colava dalla fronte, il gruppetto batté in ritirata rinunciando definitivamente a quel corteggiamento ridicolo.
Quando furono ormai lontani, tirò un sospiro di sollievo.
 
- Grazie Shu, non sapevo più come uscirne. Non pensavo che avessero addirittura origliato mentre parlavo con l’ispettore Megure e l’agente Takagi-
- A quanto pare Yumi aveva ragione- sorrise beffardo - Sono arrivati come avvoltoi sulla preda-
- Sono felice che tu ti stia divertendo, tesoro- rispose ironica.
- Com’è andata con loro?- chiese, accennando ai due appena menzionati.
- Non molto bene, sono uscite dal vaso di Pandora altre bugie e ora sembra che qualsiasi cosa dica o faccia sia losca-
- Quali bugie?-
- L’ispettore Megure mi ha chiesto come conoscessi lo sposo e quando gli ho risposto che era il fratello del mio fidanzato mi ha detto che non poteva essere vero, perché Camel è americano mentre Shukichi è giapponese. Capisci? Si ricordava ancora di quella balla che gli avevo rifilato che Camel era il mio fidanzato venuto in Giappone per assicurarsi che stessi bene, perché tardavo a tornare in America!- si portò una mano alla fronte, scuotendo la testa.
 
Shuichi scoppiò in una sonora risata, che attirò persino l’attenzione della sua famiglia, non abituati a vederlo così. Quanto a lei, pur di vederlo felice era disposta a sopportare che la causa del suo divertimento fossero le sue disavventure.
 
- E tu che gli hai detto?-
- La verità, che Camel non è mai stato il mio fidanzato e che invece eri tu. Poi però mi hanno chiesto come ci siamo conosciuti, perché sei venuto in America e gli ho detto che lavori anche tu nell’FBI. È venuto fuori che facevi parte anche tu della squadra di agenti che è venuta qui senza permesso e da quel momento non mi restava altro che andarmene. Ormai siamo dei reietti-
- Capisco- disse semplicemente lui - Purtroppo c’è un prezzo da pagare per qualunque cosa-
- Già-
- Forza, torniamo dagli altri-
- Ok, prima però prendo un po’ di cibo consolatorio-
 
Riuscì finalmente a riempirsi il piatto con quello che aveva scelto e seguì il suo compagno degustando il tutto. Quando si riunirono al resto della famiglia, Shiho le chiese cosa avesse detto di così divertente da far ridere a quel modo Shuichi e lei raccontò della figuraccia con l’ispettore Megure.
 
Alle varie chiacchiere seguirono discorsi fatti da amici e parenti agli sposi, con auguri di una vita serena, tanti bambini e tutte quelle cose che si dicono ai matrimoni.
Arrivò poi il momento dei balli, di cui il primo spettò (come di consueto) agli sposi. Shukichi fece poi un ballo con Mary e Yumi con suo padre. Quanto a lei, non si aspettava certo che Shuichi l’avrebbe invitata a danzare, quindi approfittò della galanteria di Tsutomu che si propose per un ballo.
Una volta terminato lo ringraziò e tornò dal suo compagno, che era rimasto a guardarla per tutto il tempo.
 
- Capisco che questo non è propriamente il tuo genere di cose, ma non potresti fare un’eccezione ed invitare a ballare almeno tua madre?- gli disse - Oppure la tua sorellina o anche Shiho-
- Non sono abile nel ballo- ammise.
- Ma questa non è una gara, non credo se ne accorgerà nessuno se sbagli qualche passo-
- Non sono nemmeno appassionato di balli-
- Che pazienza che ci vuole con te- sospirò - Meno male che almeno sei il più bello in questa stanza-
- Ah sì? Non dovrebbe essere lo sposo il più bello?- fece un sorrisetto beffardo.
- Lo sposo è bellissimo, ma in giro si dice che il fratello maggiore sia davvero molto, molto, molto sexy- lo provocò, cingendogli il collo con le braccia e pronunciando quelle parole a due centimetri dalle sue labbra.
- Attenta, qui non siamo in America. Potrebbero arrestarci per atti osceni in luogo pubblico- le ricordò.
- Allora potremmo assentarci per un po’ e cercare un posticino tranquillo- fece scorrere l’indice sulla fila di bottoni della sua camicia - Ai matrimoni americani c’è sempre qualcuno che si apparta per fare cose piccanti-
- Mi stai proponendo di dare scandalo al matrimonio di mio fratello?-
- Ti sto proponendo di trascorrere dei piacevoli minuti in mia compagnia, ma se non vuoi non fa nulla. Un vero peccato, però, perché si dà il caso che io stia indossando della biancherà osé sotto questo vestito-
 
Si staccò a malincuore da lui, guardandolo sensualmente e facendogli l’occhiolino. Di certo più tardi, una volta tornati a casa e lontano dagli occhi di tutti, gliel’avrebbe mostrato comunque quell’intimo: d’altra parte era il motivo per cui lo aveva acquistato.
 
La festa proseguì nel migliore dei modi, non vi furono imprevisti e la giornata giunse al termine lasciando tutti felici. Pian piano tutti gli invitati lasciarono l’hotel e tornarono alle proprie abitazioni, fino a quando rimasero solo gli sposi con i familiari più stretti. I genitori di Yumi salutarono Mary e Tsutomu prima di andarsene, mentre gli sposi fuggirono per godersi in pace la prima notte di nozze, prima di partire per la luna di miele. La destinazione sarebbe stata l’Inghilterra: Shukichi voleva tornarci da tempo e Yumi non l’aveva mai vista.
Anche loro si diressero a casa, dove ad accoglierli trovarono uno scodinzolante Mendel che per tutto il giorno aveva fatto la guardia. Salutarono il Dottor Agasa e Shiho (con la quale si sarebbe vista l’indomani per trascorrere una giornata insieme prima del suo ritorno negli Stati Uniti) ed entrarono a villa Kudo. Shinichi augurò loro la buonanotte e si ritirò nella sua stanza, dove probabilmente avrebbe chiamato Ran per raccontarle della giornata. Anche loro si rinchiusero nella stanza degli ospiti e lì mantenne la velata promessa che aveva fatto a Shuichi qualche ora prima: si tolse lentamente il vestito rosso, facendolo scivolare lungo il suo corpo fino a terra, rivelando ciò che fino a quel momento era rimasto celato sotto. Si avvicinò a lui e girò lentamente su se stessa per farsi ammirare. Shuichi la osservò nei minimi dettagli, senza dire una parola, per poi stringerla delicatamente a sé e guidarla fino al letto, dove la fece sdraiare insieme a lui. Quello che seguì furono vestiti che venivano abbandonati giù dal letto, carezze, baci, sospiri e gemiti, il tutto cercando di non farsi sentire dal giovane detective.
Dopo che entrambi ebbero raggiunto il culmine del piacere, si distese accanto a lui a fissarlo, stanca ma felice, sino a quando il sonno non l’accolse fra le sue braccia.
 
 
**************
 
 
Continuò a passarle con estrema gentilezza una mano dai capelli fino alla spalla, poi giù lungo il braccio, anche quando si fu addormentata. Spesso gli piaceva, dopo aver fatto l’amore, guardarla dormire beatamente e pensare a quanto gli era mancato sentirsi così. Jodie era stata il suo primo amore e per quanto avesse amato anche Akemi non era mai riuscito a cancellarla del tutto dal suo cuore.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma la provocazione che gli aveva lanciato al ricevimento si era conficcata in un angolo remoto della sua testa come un proiettile che per tutto il tempo aveva rilasciato, lentamente ma incessantemente, residui di polvere. Ogni suo gesto, ogni suo sguardo o parola scuotevano qualcosa dentro di lui e il desiderio di farla sua si faceva sentire. Lui era il cacciatore e lei la preda e questo gioco di ruoli alimentava i suoi assopiti istinti primordiali.
Quella giornata era stata lunga e fuori dai suoi standard, ma tutto sommato era felice di aver fatto parte di uno dei migliori momenti della vita di suo fratello: dopo tutti quelli che si era perso durante gli anni, almeno questo glielo doveva. Si era persino divertito quando Jodie gli aveva raccontato dell’equivoco di Camel, un po’ meno quando i colleghi di Yumi aveva preso a ronzarle intorno. Non era il tipo da scenate eclatanti di gelosia, ma lo infastidiva che altri uomini facessero la corte alla sua ragazza, fra l’altro in quel modo privo di ritegno.
L’aveva poi osservata mentre danzava con suo padre, che conoscendolo l’aveva invitata al posto suo. Era bellissima in quell’abito rosso scarlatto, sorridente e spensierata. Sapeva che avrebbe desiderato fare un ballo con lui, ma era anche consapevole del fatto che si fosse già messa l’anima in pace sul nascere; così suo padre era intervenuto per mostrare quella sensibilità che a lui e alla madre mancava.
Più tardi aveva avuto modo di conversare da solo con lui, mentre si erano presi una pausa per fumare nella zona esterna.
 
“Mi ha sorpreso vederti ridere così di gusto, figliolo. Jodie ti fa proprio bene”
“Già”
“Ho speranza di partecipare presto anche al tuo di matrimonio?”
“Può darsi”
“Andiamo, non fare il prezioso! Non ti vorrai mica lasciar scappare una donna così! Senza fare niente è riuscita ad attirare l’attenzione di metà degli invitati, senza contare che è un vero spasso e tiene a bada tutti”
“Non ho detto che non voglio sposarla, intendo solo dire che non so se avverrà così presto. Ci prendiamo del tempo per viverci la cosa senza pressioni. Lo dobbiamo a noi stessi”
 
Doveva ammettere che vedere Shukichi così felice e innamorato e ascoltare le bellissime parole che aveva speso per la sua adorata Yumi durante le promesse aveva smosso in lui il desiderio di vivere, un giorno, le stesse emozioni con Jodie. Non a caso si erano scambiati quello sguardo così intenso di fronte alla frase pronunciata da suo fratello: Gli scacchi sono una questione di tempismo. Non è sufficiente giocare la mossa giusta, devi anche giocarla al momento giusto. Sapersi contenere è una delle cose più difficili da imparare per il giocatore medio di scacchi. Entrambi dovevano aver pensato le stesse cose, come se le loro menti fossero state legate da un filo invisibile e indissolubile. Quando aveva visto i suoi occhi celesti riempirsi di lacrime avrebbe voluto andare da lei ad asciugargliele. Già una volta aveva fatto la mossa giusta al momento giusto e si era guadagnato la vittoria; ora non doveva fare altro che ripetere quello schema. Un giorno, al momento opportuno, avrebbe chiesto a Jodie di diventare la Signora Akai.
Si era sentito orgoglioso di lei quando aveva deciso di rinunciare, anche solo per un giorno, ad indossare quegli occhiali così preziosi quando dolorosi che un tempo erano appartenuti a suo padre. Non che la rendessero più brutta, era una bellissima donna qualsiasi cosa indossasse o non indossasse, ma di certo la rendevano più ancorata a un passato che per troppo tempo l’aveva tenuta stretta nella sua morsa. Anche per lei era ormai tempo di andare avanti.
Ripensò infine alla conversazione con Shukichi sulla meta del suo viaggio di nozze: l’Inghilterra. Dopo quasi vent’anni avrebbe finalmente fatto ritorno alla loro terra natale che un tempo avevano amato e dalla quale erano dovuti, a malincuore, fuggire via. Lui non aveva più avuto occasione di andarci anche se gli sarebbe piaciuto. Chissà, magari durante l’estate si sarebbe concesso un po’ di ferie insieme a Jodie e l’avrebbe portata a conoscere le sue radici, il posto dove aveva visto la luce il loro amato Sherlock Holmes.
 
- Shu…- sentì Jodie mormorare nel sonno.
 
Si avvicinò maggiormente a lei e la strinse delicatamente a sé, chiedendosi cosa stesse sognando e sperando fosse qualcosa di bello e non tristi ricordi del passato.
Restò sveglio a guardarla ancora per un po’, pensando e ripensando a tante cose; poi si rilassò definitivamente, cullato dal profumo familiare di quella casa.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Ce l’ho fatta a finire questo capitolo chilometrico! Non è stato facile scriverlo, me la cavo meglio a scrivere di drammi e momenti no piuttosto che di matrimoni e feste felici XD
Spero di essere riuscita a rendere bene questa scena, non sono pienamente soddisfatta.
Piccola curiosità sul capitolo: la frase pronunciata da Shukichi durante la lettura delle sue promesse a Yumi è di Bobby Fisher (campione del mondo di scacchi). Ho pensato di fargli dire qualcosa di inerente agli scacchi per via dello shogi.
Alla prossima! 
   
 
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