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Autore: Martiverse    30/01/2024    4 recensioni
Gli aveva già offerto di visitare il suo appartamento. Avevano appena sventato l'apocalisse e a Crowley era sembrato solo sensato chiedergli di restare dal momento che la libreria di Aziraphale era stata ridotta in cenere.
L'angelo aveva cortesemente rifiutato e non ne avevano più parlato... ma un assaggio non faceva che renderlo più affamato di risposte, nonostante si guardasse bene dal chiedere direttamente ciò che non gli era concesso. Oh, sapevano bene entrambi che le domande scomode portavano solo guai…
Tuttavia Aziraphale era più cauto di Crowley e probabilmente molto meno ingenuo di quanto lui fosse stato ai tempi in cui tuniche ed ali bianche erano ancora in voga. "Torni al tuo appartamento?" aveva iniziato a chiedere con velata insistenza ogni volta che Crowley usciva dalla libreria, seguendolo con i suoi grandi occhi chiari.
Così, lui non aveva potuto far altro che invitarlo di nuovo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il Permesso

Aziraphale x Crowley

I rituali di corteggiamento di questi due piccioni sono così intricati... (◡_◡✿)

La fanfiction è ambientata in un punto imprecisato tra la prima e la seconda stagione, perché voglio pensarli in un universo in cui ancora non esistevano gli ultimi quindici minuti
Dedicata a VanCul0, come sempre ♥ E un ringraziamento speciale ad Ali per averla betata ★ Buona lettura ~

 

 

"Te la senti, angelo?" Crowley abbassò appena la testa per spiarlo da sopra le lenti degli occhiali "Sembri averci ripensato. Non devi per forza farlo se non vuoi. Voglio dire, la mia era solo un’idea…"

Aziraphale annuì più volte in rapida sequenza, deglutendo. Pareva un anatroccolo in preda ad una crisi esistenziale. Era morbido, con i suoi capelli soffici ed il completo dai toni di beige, ma stringeva le mani una con l'altra quasi in preghiera, torturandosi le dita per il nervoso.

"Ma certo che me la sento!" alzò gli occhi verso l'alto con fare colpevole e si schiarì la voce "Me la sento, certo che si…" ripeté.

Crowley sollevò un sopracciglio squadrandolo. Il nervosismo dell'angelo lo rendeva a sua volta nervoso e non ci teneva a farglielo capire.
Aveva iniziato a portare gli occhiali in sua compagnia da quando si era reso conto che c'erano diverse cose che non era ancora pronto a discutere con Aziraphale... cose che preferiva tenere per sé, strette tra le sbarre del suo sterno.
Quello che stavano per fare... beh, era una cosa normale. Gli umani lo facevano di continuo! Non poteva fargli capire che gli importava così tanto.

“Non sembri troppo convinto...” insistette.

“Beh, ti sbagli!”

"Sicuro?"

"No, in realtà!" crollò subito Aziraphale, riservandogli un'occhiata piena di angoscia "Ti confesso che sono piuttosto nervoso! Non credo che mi sia consentito. Oh, a loro non piacerà affatto, ne sono sicuro. Ma tu sei stato così gentile a propormelo di nuovo…"

Crowley arricciò il naso e digrignò i denti alla definizione.
"Non è affatto andata così!" gracchiò “Non sono gentile e non l'ho chiesto per gentilezza! Sei tu che continuavi a guardarmi con quella faccia ogni volta che me ne andavo dalla libreria. Come se… ugh, come se ti importasse!"

Le parole di Crowley volevano essere un'offesa, ma sortirono l'effetto contrario. Lo sguardo di Aziraphale si addolcì in un modo che ricordava il miele e il cielo in un giorno d'estate. Si piegò verso di lui quasi come s'apprestasse a rivelargli un gran segreto:

"Ma certo che mi importa." lo rassicurò sottovoce "Altrimenti non avrei accettato, non ti pare?"

Come faceva lui ad essere sempre così trasparente?
Crowley distolse lo sguardo dai suoi occhi così… così… e si scosse nelle spalle, borbottando appena.

"Bene" disse.

Meglio non pensarci troppo. Gli umani lo facevano di continuo, si ripeté. Era normale. Normale. Si invitavano nelle case altrui in continuazione.
Piantò una mano sulla porta e la spinse con pochi complimenti. La serratura scattò senza bisogno di alcuna chiave ed il corridoio alle sue spalle si illuminò di scatto rivelando le pareti spoglie e grigie dell'appartamento.

"Accomodati, suppongo..." borbottò, sentendosi stupidamente esposto.

Gli aveva già offerto di visitare il suo appartamento. Avevano appena sventato l'apocalisse e a Crowley era sembrato solo sensato chiedergli di restare dal momento che la libreria di Aziraphale era stata ridotta in cenere.
L'angelo aveva cortesemente rifiutato. La faccenda si era chiusa lì e Crowley non vi aveva più dato peso... tuttavia, se c'era una cosa che contraddistingueva Aziraphale, era il suo desiderio di conoscenza. Un assaggio non faceva che renderlo più affamato di risposte, nonostante si guardasse bene dal chiedere direttamente ciò che non gli era concesso.

Oh, sapevano bene entrambi che le domande scomode portavano solo guai…
Ma Aziraphale era più cauto di Crowley e probabilmente molto meno ingenuo di quanto lui fosse stato ai tempi in cui tuniche ed ali bianche erano ancora in voga. "Torni al tuo appartamento?" aveva iniziato a chiedere con velata insistenza ogni volta che Crowley usciva dalla libreria, seguendolo con i suoi grandi occhi chiari.
E, ugh... Crowley viveva per quello sguardo. Intercettava subito le occhiate dell'angelo e doveva sforzarsi per restare immobile e sostenerle, quando ogni fibra del suo corpo gli gridava di dargli qualunque cosa Aziraphale avesse chiesto. Doveva inforcare gli occhiali scuri per porre almeno la distanza delle lenti tra loro perché le cose di cui non era ancora pronto a discutere gli prudevano sulla punta della lingua con insistenza crescente da migliaia di anni ma aveva il terrore di correre troppo.

"Oh, non posso credere che lo sto facendo davvero…" pigolò Aziraphale accanto a lui “Se si scoprisse che sono stato qui, io... oh, non voglio neanche pensarci. Ormai ciò che è fatto è fatto!” Prese fiato e tirò su le mani chiudendole in piccoli pugni davanti al petto prima di azzardarsi a mettere un piede oltre la soglia.

Tastò il pavimento con la punta della suola, posò il tacco e attese, quasi come se s'aspettasse che succedesse qualcosa … ma nulla avvenne e sul suo viso la preoccupazione lasciò rapidamente spazio alla gioia.

"Sono nel tuo appartamento!" cinguettò. Il suo entusiasmo era contagioso. Scaldava la pelle come raggi di sole estivo in una giornata calma.

Crowley sbuffò sorridendo storto, scoprendo i denti solo a sinistra. "Ancora sei solo per metà nel mio appartamento…" lo punzecchiò.

"Oh, giusto. Giusto…"

Aziraphale si affrettò a varcar la soglia e Crowley lo raggiunse, chiudendosi la porta alle spalle con uno schiocco di dita.

"Beh, benvenuto nel covo del male? Non che ci sia nulla di speciale…"

"Niente di speciale?" gli fece subito eco Aziraphale "Prima di tutto è il tuo appartamento ! Appartamento di cui non mi hai mai descritto neanche un angolo! Il massimo che mi hai detto è stato… quando? Nel 1992? Hai confessato che avevi delle piante e solo perché avevi bevuto quelle tredici bottiglie di vino rosso-"

"-abbiamo bevuto"

"-beh, fa lo stesso! E poi, in secondo luogo, non è solo il tuo appartamento ma anche l'ambasciata Infernale di Londra! Ricordi altre occasioni in cui un angelo è stato invitato in un’ambasciata? Se non sbaglio serve un permesso ufficiale firmato da un arcangelo o un principe infernale ed è comunque da richiedersi SOLO in casi di colluttazione tra le parti. Tutto questo è assolutamente fuori regola!"

"No ma, umh, non è molto diverso da quello che abbiamo con la libreria, giusto? Sempre la stessa-" Crowley mosse una mano avanti ed indietro, indicando tutto e niente. Lo stesso invito, la stessa eccezione. È tutto quello che ho ma lo condivido con te, e sarai sempre il benvenuto "-meh. Hai capito."

Aziraphale spalancò gli occhi e le sue sopracciglia schizzarono verso l'alto. Aprì la bocca per replicare ma le sue labbra rimasero spalancate in un’espressione di muta sorpresa.
Non ci aveva mai pensato.
Aveva aperto per Crowley la porta della sua libreria prima ancora di aprirla al pubblico, quando i libri erano tutti nelle scatole e gli scaffali pieni di polvere e ragnatele. L'aveva invitato ad entrare: lui, un demone, l'ultimo in tutto l'universo a cui avrebbe dovuto concedere quel permesso... ma l'aveva invitato perché prima di essere un demone lui era… beh, era semplicemente Crowley.

Adesso Crowley faceva lo stesso per lui perché Aziraphale non era soltanto un angelo, come la libreria non era solo un’ambasciata angelica. Gli occhi dell'inferno non potevano scrutare oltre le porte della libreria e quelli del paradiso si fermavano sullo zerbino di Crowley, senza poter leggere null'altro che il fuck off scritto in bianco sulla fibra di cocco.

Il sorriso di Aziraphale divenne ancor più insostenibile. L'orlo delle sue labbra tremolò prima di fissarsi in una curva dolce e dannatamente sincera. Non ci aveva proprio pensato…
Afferrò il braccio di Crowley e vi avvolse attorno il suo fingendo di non notare il modo in cui il demone trattenne per un attimo il fiato.

"Suppongo che tu abbia ragione…" gli concesse “funziona proprio allo stesso modo, giusto?”

"…in che senso?"

"Il tuo appartamento. Se è un’ambasciata infernale i demoni possono entrare…"

"…ma gli angeli no. Già, chiamiamolo un punto cieco per i piani alti… non gli è neanche permesso di sbirciare all'interno. Tu però puoi, insomma-" borbottò Crowley, agitando una mano nella sua direzione "sei invitato."

Qualcosa sul viso di Aziraphale si contorse. Di solito quando il suo sorriso tremolava così i suoi occhi schizzavano verso l'alto in attesa di un giudizio spietato... invece stavolta chiuse gli occhi ed inspirò a pieni polmoni.
Trattenne il fiato a lungo prima di espirare ed il suo sorriso si fece più dolce quando alzò di nuovo gli occhi su Crowley.

"È proprio come la libreria...” disse, e nel suo tono c'era una tale ammirazione che Crowley arrossì per riflesso. “Ti andrebbe di farmi da Cicerone?"

"Suppongo di poterlo fare…" gracchiò lui a mezza voce, biascicando le parole.

"Magnifico! Fammi strada allora."

Proseguirono in silenzio per il lungo corridoio scuro. Non c'erano quadri alle pareti, nulla da introdurre o presentare. I loro passi echeggiarono fin troppo chiaramente nella stanza e Crowley sentiva le dita di Aziraphale strette attorno al suo braccio e non riusciva a pensare a nient'altro.

Nulla da guardare. Perché non c'era nulla da guardare? Così Aziraphale non avrebbe potuto fare altro che guardare lui e si sarebbe sicuramente accorto di tutte le cose che non gli aveva ancora detto. Con ogni passo gli sembrava di avvicinarsi sempre di più alla verità, come se aprendo la porta della sua casa avesse anche fatto scattare una serratura più piccola, nascosta da qualche parte tra le ossa del suo sterno e il lino scuro della camicia.
Un altro passo e Aziraphale ancora non aveva perso il sorriso; le stanze dell'appartamento si facevano più vicine, i segreti di Crowley più esposti. Non aveva mai realizzato prima quanto fosse intimo condividere lo stesso spazio. Un conto era entrare nella libreria di Aziraphale senza neanche bussare; ormai era diventata una consuetudine. Anche prima di sventare l’Armageddon l'angelo l'aveva invitato con questa o quella scusa e Crowley non si era mai sentito strano a riguardo: si insinuava nella vita di Aziraphale da secoli.
Tuttavia, era proprio questo il punto... era lui a cercarlo, lui che appariva al momento giusto, lui che gli sussurrava nuovi patti e idee da condividere nelle loro piccole collaborazioni. Ma lasciare che Aziraphale si avventurasse nel suo spazio personale era una cosa completamente diversa. Crowley si sentiva… si sentiva come…
Deglutì.
Uno scomodo vestito del 1800. Uno di quelli che non si potevano alzare neanche per superare una pozzanghera, perché guai se si fosse vista una caviglia. Ricordava di essersi seduta in una stupida carrozza ed il modo in cui Aziraphale si era sporto verso di lei tirando con estrema delicatezza la stoffa per coprirle lo spiraglio di pelle appena visibile sopra gli stivaletti. Qualcosa si era contorto nel petto di Crowley costringendola a voltare la testa di lato.
Due giorni dopo aveva preso forma maschile.
I pantaloni erano più comodi, si era detto, più lunghi. Più lontani dalle dita di Aziraphale e dal battito accelerato del proprio cuore.

Vulnerabile. Gli continuava a tornare in mente la luce delle candele riflessa sui lunghi calici da vino... Non aveva calcolato che invitare l'angelo nel suo appartamento l'avrebbe fatto di nuovo sentire come se gli stesse rivelando tutto.

Il corridoio era vuoto e insolitamente troppo lungo e troppo breve da percorrere. L'attesa lo uccideva.

“Aspetta qui.” ordinò Crowley all'improvviso. La voce gli uscì stupidamente strozzata e se la schiarì con forzata nonchalance.

Scivolò via dalla presa di Aziraphale e le dita morbide dell'angelo gli sfiorarono l'avambraccio ma lo lasciarono andare senza obiezioni. Come la mano sull'orlo della gonna...

Crowley intercettò lo sguardo dell'angelo e lesse la confusione nei suoi occhi; subito fu sopraffatto dall'istinto di dar spiegazioni alla muta domanda che gli stava porgendo.

“Non hai fatto niente di male. Non guardarmi così. Non è colpa tua. Sono io che sono un disastro.” pensò di dirgli. Invece disse: “Torno subito.” e lo superò a grandi passi, incredibilmente grato per non aver ricevuto più resistenza.

Attraversò il corridoio in fretta e si fiondò nelle altre stanze, neanche ben sicuro di cosa stesse facendo esattamente. Forse poteva miracolare un altro appartamento... ma a che pro? E come farlo? Ad Aziraphale piaceva la libreria e non poteva certo riempirsi la casa di libri così, su due piedi, solo per farlo felice? Oh no, era un’idea pessima. Aziraphale avrebbe riconosciuto ogni singola copertina mentre per Crowley neanche i titoli sarebbero stati familiari. L'avrebbe scoperto subito.

Allargò le braccia con esasperazione, spostando il peso da un piede all'altro.
Ok, ormai era in ballo e bisognava ballare. L'appartamento era quello che era, poteva solo cercare di presentarlo al meglio. Tutto era in ordine?
Spostò il suo trono sentendo il panico crescergli nel petto. Oh, era stata una pessima idea! Il sorriso di Aziraphale era così felice e lui cosa aveva da offrire per sorprenderlo? Un solo libro sull'astronomia!
Si sentiva stupidamente vulnerabile davanti al suo giudizio ed era una sensazione che voleva strapparsi dal petto ed accartocciare. Non era così importante. Perché era così importante?

“Oh, odio questa cosa... la odio, la odio...” borbottò a mezza voce.

Aziraphale ancora lo stava aspettando e non poteva né voleva buttarlo fuori, ma le sensazioni che gli riempivano il petto lo sciaguattavano dall'interno, facendolo naufragare nell'ossigeno.

“La odio, la odio, la odio...”

Ballare, si. Era in ballo e doveva ballare. Se l'era cavata con più dignità in situazioni peggiori. Tornò indietro di fretta, ma rallentò in mezzo alle piante.

“…Voi!” soffiò, puntando un indice contro di loro.

Le foglie presero immediatamente a frusciare per il terrore, sentendo il nervoso nella sua voce.

“Sarà meglio che facciate una buona impressione, è chiaro?" ringhiò Crowley “Dovete essere più verdi del verde, mi sono spiegato?! Verdi in un modo che neanche i gamberi riuscirebbero a concepire! NON! DELUDETEMI!”

“Tutto bene?” gridò Aziraphale dal corridoio.

Crowley sussultò. “Magnificamente!” rispose. Era miserabile.

Mostrò i denti alle piante e si affettò a tornare al fianco di Aziraphale.

“Eccomi.”

Esitò nel porgergli il braccio. L'angelo, tuttavia, riprese a camminare e lo afferrò di nuovo con la confidenza di chi lo aveva già fatto un milione di volte. In realtà erano state solo sette negli ultimi seimila anni. Crowley le aveva contate.

“Riprendiamo, allora. Anche se ti confesso che ho già sbirciato la statua...”

“Che statua?” chiese Crowley, instupidito dalle dita calde di Aziraphale posate nell'incavo del proprio gomito. Si fermarono nell'angolo dove il corridoio virava bruscamente e Crowley seguì lo sguardo di Aziraphale fino a- “...oh. Giusto. Questa statua...”

Prima l'aveva sorpassata con la distratta confidenza di chi è abituato a vederla tutti i giorni, ma ora gli sembrò insolitamente appariscente. I due angeli di marmo avevano le ali spiegate ed erano avvinghiati tra loro, la pelle così ben scolpita da sembrar soffice. Vene di pietra solcavano le mani dell'angelo vincitore e lo sforzo era visibile nei suoi tendini scolpiti mentre spingeva il braccio dell'altro sulla sua schiena, costringendolo alla sottomissione.

“Una scelta... particolare.” azzardò Aziraphale, riservandogli un’occhiata in tralice che fece sentire Crowley nudo quanto le statue.

“E' il male che trionfa sul bene.” lo interruppe subito il demone, onde evitare fraintendimenti “Un classico. Non l'ho scelta io, arredamento standard dal quartier generale. C'era già nell'appartamento quando me l'hanno dato.”

Quando mentiva le parole non gli mancavano mai.

“Io avrei detto che è il bene che trionfa sul male.” lo corresse Aziraphale, inclinando appena un poco la testa. “Alla fine non è come dovrebbe andare? Con i buoni che vincono?”

“Piuttosto sicuro che sia il contrario. Il male è quello sopra.”

L'occhiata di Aziraphale si fece più intensa. Inarcò un sopracciglio e spostò lo sguardo dalla statua al viso di Crowley, poi scivolò per un secondo sul suo petto.

“Cosa?” fece lui.

“Niente. Proseguiamo?”

Ad Aziraphale piacquero le piante e Crowley si ostinò a guardare di lato mentre l'angelo elencava i pregi di ogni foglia e lodava la cura con cui erano tenute; si entusiasmò perfino dello spruzzino. Lo spathiphyllum fece il gradasso mostrando dei bellissimi bocci che fino a cinque minuti prima non c'erano, e Crowley non era sicuro se fossero spuntati per via delle sue minacce o per i complimenti dell'angelo. In ogni caso, allontanandosi, gli mostrò un pollice alzato.

“E questa?”

Aziraphale passò brevemente una mano sul trono di Crowley, ma non era a quello che aveva attirato la sua attenzione. Lo superò e si portò una mano al petto nel fissare lo schizzo della Monna Lisa appeso alla parete.

“Crowley!” si voltò verso di lui con aria di rimprovero.

“Che?” fece il demone. Strinse la mano sul trono nello stesso punto in cui l'aveva toccato anche Aziraphale, poi voltò la sedia di scatto e ci si sedette.

“Che ci fa questa, qui? È originale? Sei- sei una gazza!”

Crowley non spiegò che l'aveva comprato da Leonardo in persona per pochi fiorini. Rispose invece gracchiando come un uccello, e Aziraphale alzò una mano e la scosse nella sua direzione prima di riportare l'attenzione sul quadro.

“Ma, d'altronde...” borbottò a bassa voce, e si zittì. Aveva tomi che sarebbero dovuti stare in musei invece che tra gli scaffali più alti della sua libreria, dove nessuno avrebbe potuto sfogliarli senza l'uso di una scala che avrebbe puntualmente provveduto a non fornire “...suppongo che almeno con te sia custodita e ben al sicuro…”

“Sta lì giusto per riempire il muro.”

“Effettivamente dal tuo appartamento mi aspettavo qualcosa di più…" Crowley lo vide arrancare alla ricerca del termine meno offensivo possibile di tutto il suo vocabolario mentale "…caotico? È tutto molto pulito, e… minimalista. Mi ricorda un po'…" Esitò.

"Cosa?" insistette Crowley.

"Il paradiso." confessò Aziraphale "Una versione un po' più scura e tetra del paradiso, ma pur sempre simile con tutti questi spazi ampi e corridoio vuoti."

Crowley si raddrizzò sulla sedia, spalancando gli occhi sotto le lenti.
Dannazione. Non se n'era mai reso conto prima. Com'è che la libreria di Aziraphale somigliava più alla sala degli archivi infernali e il suo dannato appartamento invece faceva da specchio al paradiso? Ma Aziraphale non aveva mai visto l'inferno, non poteva certo aver scelto di imitare la calca dei documenti tutti ammassati. Crowley invece li aveva visti entrambi e... oh, doveva decisamente ri-arredare.

“Aspetta, aspetta... e quella?! " cambiò discorso Aziraphale, e Crowley tirò un sospiro di sollievo perché non era pronto a ragionare su qualsiasi meccanismo contorto lo facesse ancora sentire a suo agio in uno spazio così simile ai piani alti...

L'angelo attraversò la stanza in piccoli passi frettolosi, saettando davanti a Crowley per raggiungere una familiare statua a forma di aquila.

“Crowley!” esclamò di nuovo, esterrefatto “Questa è... tu... non puoi! L'hai rubata in una chiesa! In una chiesa consacrata! Non si fa!”

“Mah, l'ho recuperata da un cumulo di macerie se vogliamo essere precisi! Ormai la chiesa non c'era neanche più. Bombardata nel 1941, ricordi?”

Aziraphale sembrò voler replicare. Strinse i pugni e aprì la bocca, ma invece emise solo un lungo sospiro e si sgonfiò nelle spalle.

“Certo che ricordo.” disse. Il suo sguardo si fece improvvisamente più incerto e apparve della nostalgia dietro alle sue iridi chiare, nostalgia e qualcos'altro che fece contorcere il petto di Crowley; le sbarre cigolarono ...

“Perciò sei tornato indietro a prenderla? Dopo quella sera? Dopo che io... non credevo che per te fosse da ricordare.

 

La fotografia sottratta a Furfur appoggiata sul tavolo della libreria, vicino ad una bottiglia vuota di vino. Le loro mani strette attorno ai calici, vicine, così vicine , abbastanza vicine da permettere ad Aziraphale di toccare il mignolo di Crowley con il proprio. Il sorriso dell'angelo illuminato dalla luce calda e avvolgente delle candele...

 

“Posso chiederti di essere sincero?” chiese Aziraphale. Si lasciò alle spalle la statua dell'aquila per posare entrambe le mani sui braccioli del trono di Crowley. Le sue guance erano morbide e leggermente arrossate; gli sorrise con labbra tremanti “Per una volta? Per favore...”

Crowley deglutì a vuoto, intrappolato tra lo schienale della sedia e le braccia di Aziraphale. Aprì la bocca per replicare ma non riuscì a dire niente, poiché gli aveva ripetuto mille e mille volte che mentiva... ma l'angelo gli aveva chiesto per favore ed era così vicino che neanche le lenti degli occhiali riuscivano a tenerlo distante dal suo cuore.
Certo che sarò sincero. Chiedimi tutto quello che vuoi. Tutto quanto... ti darò ogni cosa.

“...volevi baciarmi, nel 1941?”

La voce di Aziraphale era calma e soffusa come la luce di una candela.
Il paradiso non poteva vedere e sentire ciò che avveniva nelle ambasciate infernali. L'appartamento di Crowley era per lui un luogo sicuro come per il demone lo era la libreria, un luogo dove poter essere sé stessi e tingersi di sfumature grige scuro e grige chiaro insieme, dimenticando il bianco e il nero.

Nel 1941 era stato Crowley ad alzarsi e posare una mano sullo schienale di stoffa della sedia di Aziraphale, poiché l'inferno non poteva sbirciare oltre la porta chiusa e le tende tirate della libreria. L'altra mano l'aveva stretta su quella dell'angelo, vicino ai calici e alla fotografia scattata da Furfur. La pelle di Aziraphale era soffice e calda. Crowley si era chinato sul suo sorriso come una falena attratta dalla luce perché nella sua lunga esistenza non aveva mai visto niente di più bello...
...ma Aziraphale aveva sollevato il calice davanti alla propria bocca ed i suoi occhi erano guizzati dalle labbra di Crowley al vino rosso; la sua risata si era fatta forzata.
“Si è fatto proprio tardi, eh?” aveva detto, con le guance tutte arrossate.
Nella libreria i demoni non potevano entrare ma gli angeli invece ed avevano già rischiato così tanto quella sera che Aziraphale era stato sopraffatto dalla paura di perderlo ... ma non gliel'aveva detto. Non gli aveva spiegato niente, ed il cuore di Crowley non era fatto per questo. Era come un piccolo uccellino in una gabbia dalle sbarre scure, troppo delicato, troppo fragile.
Un usignolo.
Aveva afferrato il cappello e se l'era posato sul petto in un saluto, perché le sole lenti degli occhiali non erano bastate in quel momento. I sentimenti gli stavano sgorgando dal cuore ed aveva il terrore che si vedessero.
Alla prossima, angelo...”

Adesso era Aziraphale in piedi davanti a lui. Indossava lo stesso panciotto liso di allora, lo stesso papillon di tartan. Era quasi come se il tempo si fosse fermato per poi riavvolgersi in fretta come il nastro d'una cassetta, poiché prima di tutto Aziraphale aveva ancora le stesse guance tonde tinte d'un identico rossore... le labbra morbide, appena schiuse, e quello sguardo così... così...
Di certo la sua pelle era ancora soffice e calda come allora.
Crowley prese fiato e si accorse di non riuscirci. Capitolò di fronte a lui, affondato nello schienale della sedia, e si rese conto con disarmante sorpresa di non aver mai più davvero respirato da quella lontana sera del 1941.

. Era la risposta. Sì, volevo baciarti. Lo voglio ancora. Lo voglio sempre. Chiedimelo di nuovo. Chiedimi di farlo. Concedimi il permesso e sarò tuo. Qualsiasi altra fazione non conta; sei l'unico a cui giurerei la mia fedeltà.

Crowley alzò il mento verso di lui, espirò senza riuscire a dire nulla di ciò che pensava.
Aziraphale chiuse gli occhi; aveva ciglia chiare come piccole piume bianche. Era così bello che sembrava risplendere di luce propria... divino. Si sporse su Crowley schiudendo appena le labbra e...

Le ali nere della statua ad aquila svettarono dietro le sue spalle.

Un moto di panico attraversò il petto di Crowley. Spinse bruscamente una mano sul petto dell'angelo, così di fretta da spostarlo appena un po' indietro.
Tutta la dolcezza si sciolse come cera al sole, lasciandoli ansimanti e spaventati per ragioni completamente diverse. L'appartamento era gelido e la luce fredda.
Si fissarono senza parlare; gli occhi di Aziraphale colmi di domande strazianti e le risposte custodite con terrore dietro le lenti scure degli occhiali di Crowley.

.... è fatto tardi.” gracchiò il demone.

Desiderava il suo amore così tanto, ma non era pronto a barattarlo con la rovina di Aziraphale. Nel suo appartamento gli angeli non avevano occhi, ma l'inferno sì e non avrebbero esitato a trascinarli entrambi nel fango solo per la promessa d'una stupida promozione. Non voleva essere la causa della caduta di Aziraphale. Le sue ali sarebbero diventate sporche e nere, e Crowley non se lo sarebbe mai perdonato.

Tutta la sicurezza lasciò il corpo dell'angelo. "Oh" esclamò, sorpreso. Il sorriso gli tremolò sulle labbra e staccò bruscamente le mani dalla sedia, arretrando appena e sistemandosi il panciotto "Oh, ma certo. Che sciocco… credevo che- non importa. Effettivamente dovrei proprio tornare alla libreria..."

Resta. Resta. Resta!
Crowley annuì con la gola secca. Il campione dei disastri. Principe del tirarsi la zappa sui piedi. Complimenti.

“Alla prossima, angelo...” lo salutò ancora una volta, intrappolato in un loop e per sempre destinato a fallire.

I passi di Aziraphale lungo il corridoio vuoto...
Crowley strinse le dita sui braccioli del trono per costringersi a non corrergli dietro. 

… ma i passi si fermarono, anche se Aziraphale era ancora troppo vicino per aver già raggiunto l'ingresso.
Il silenzio si protese nella distanza che li separava, allungandosi, impastandosi, tenendoli lontani; una scarpa di Crowley batteva il tempo sul pavimento seguendo i nervosi sobbalzi del suo ginocchio. Non resistette oltre; sbirciò oltre lo schienale del trono.
Aziraphale era ancora lì, in piedi in mezzo al corridoio. Gli dava le spalle e le piante ne incorniciavano la forma con le loro grandi foglie verdi: sembrava di nuovo il guardiano del cancello orientale, anche se le sue ali non si vedevano e la tunica bianca era adesso uno spolverino beige.
Strinse i pugni lungo i fianchi e si incurvò appena nelle spalle. Quando parlò lo fece scandendo le parole con estrema decisione:

“Il paradiso ha smesso di rivolgersi a me. Nessuno mi ha più fatto visita o contattato. Credo che dopo tutta la faccenda con l'Armageddon-che-non-c'è-stato non vogliano più aver nulla a che fare con me. Niente di niente! Si sono... dimenticati di me. A buon ragione, suppongo... ed io vorrei... vorrei...”

Crowley sollevò gli occhiali, incredulo. L'anthurium al fianco dell'angelo era sbocciato di fiori rosso acceso, lo spathiphyllum di spate bianche, e perfino la monstera, di solito dannatamente viziata, mostrava fiori che prima non aveva attraverso le sue foglie forate. Un perfetto ricamo di calle che decoravano la figura dell'angelo come la prima lettera in un manoscritto medioevale.

“Insomma, questo per dire che...” la voce di Aziraphale tremò un attimo e i fiori si fecero ancora più belli “...vieni alla libreria. Mi piacerebbe molto... e se tu volessi... baciarmi, ecco. Potresti... se tu volessi, potresti...”

“Dovrei farlo alla libreria, capito.” lo interruppe Crowley, annaspando come un naufrago in quella dilagante sensazione di amore...

Aziraphale annuì senza voltarsi a guardarlo in faccia.

“Sarebbe una buona idea...”

“Bene.”

“Bene! Allora io vado.”

Aziraphale annuì di nuovo e Crowley lo imitò senza esser visto. Osservò l'angelo allontanarsi nel lungo e spoglio corridoio, lasciandosi alle spalle un giardino fiorito e perfetto come lo era stato quello dell'Eden.

Forse anche l'inferno si sarebbe dimenticato di Crowley. Magari ci sarebbe voluto qualche anno... chissà. Crowley era sempre stato paziente... poteva aspettare ancora un po'.
Intanto aprì la piccola gabbia nel suo cuore per riporvi un altro piccolo segreto custodito solo tra di loro.
Aveva il permesso di baciarlo nella libreria.
Anche nel suo petto era sbocciato qualcosa di bellissimo e colorato.
Se ne sarebbe ricordato...

 

 

 

 


 

Le labbra di Crowley premute sulle sue con la frettolosa disperazione derivante dalla consapevolezza che era sempre troppo tardi . Un bacio rapido, grezzo, così tanto atteso che Aziraphale aveva comunque stretto le mani sulla schiena del demone sentendo tutto il suo amore rovesciarglisi addosso e sopraffarlo, facendo sbocciare nel suo petto un milione di piccole stelle.
Ma il paradiso lo fissava ora più che mai; la libreria non era più sicura come gli aveva promesso.
Quando Crowley lo lasciò andare, negli occhi di Aziraphale c'erano solo lacrime lucide.

“Io...” balbettò. C'erano tante cose che Aziraphale non poteva dirgli, e non aveva il lusso degli occhiali scuri a proteggerlo “...io ti perdono...” sussurrò.

La gabbia chiusa, la chiave gettata, l'usignolo silente.

“Non ti scomodare...” rispose Crowley chiudendosi la porta alle spalle.

 



 


Notes:

I LIED. GLI ULTIMI QUINDICI MINUTI CI SONO. SORRY.
(☉‿☉✿) (dying inside)

 

   
 
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