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Autore: vegeta4e    02/02/2024    3 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V

La casa della donna si trovava in un quartiere molto meno urbano al classico skyline di New York. Le villette a schiera erano tutte uguali, dando alla zona un aspetto noioso, ripetitivo e fin troppo residenziale.
- Jennifer Garcia? Polizia di New York. - Taylor mostrò il distintivo non appena la donna, già in lacrime, aprì la porta.
- Sì… - Tirò su col naso. - Siete qui per mio marito, vero? Non è tornato a casa ieri, è successo qualcosa? -
- In effetti sì - Iniziò Flack. - Possiamo entrare? - La donna si fece di lato per far passare i due agenti, poi chiuse la porta di fretta come se avesse paura che qualcuno potesse vederla.
- Mio marito aveva il vizio del gioco. Giocava e perdeva, aveva un sacco di debiti. - Spiegò Jennifer.
- Capisco. Qualche strozzino si è mai presentato a casa o ha mai minacciato suo marito? - Domandò Mac guardandosi intorno.
- Sì… Sì. Più volte, a dire il vero. -
- E Frank è mai stato aggredito fisicamente? O questi tizi si sono limitati a minacce verbali? -
La donna scosse la testa visibilmente spaventata - N-no. Non sono mai arrivati alle mani, ma da due anni a questa parte vivo nella paura, specialmente per i bambini. Ora sono a scuola. -
I due agenti si guardarono. - Sa dirci il nome di quello che le è sembrato il più pericoloso? O quello che faceva visita più spesso. - Domandò Flack.
- Mi dispiace, non posso dirlo. Se lo scoprono sono una donna morta. -
- Siamo della polizia, Signora Garcia. - Intervenne Mac - Avrà la protezione di cui necessita. -
Lei esitò per qualche attimo, ma poi parlò. - Si chiama Victor Goslim. -

Mac Taylor bussò pesantemente tre volte alla porta di Victor, poi attese qualche secondo, e non sentendo rumori provenire dall’interno, si annunciò.
- Polizia di New York! Apra! -
La porta si aprì poco dopo. - Quanta fretta! - Un uomo di un metro e ottanta in canottiera e una sigaretta accesa in bocca li accolse sulla soglia. - Cosa volete? -
- Informazioni. - Parlò Flack. - Ci fa entrare? -
- Come no, prego. - Con disappunto l’uomo si fece da parte, accogliendo i due agenti in una piccola abitazione caotica, buia e che puzzava di fumo.
Questa volta iniziò Mac. - Abbiamo modo di pensare che lei abbia attività sospette. Possiamo dare un’occhiata in giro? -
L’uomo rise tenendo la sigaretta stretta tra le labbra. - Avete un mandato? -
- No, ma tra un’ora al massimo lo avremo. - Rispose Don.
- Allora tornate tra un'ora. - Sorrise Victor sedendosi poi su una vecchia poltrona.
- Lei è un assiduo frequentatore di pub, Signor Goslim? - Chiese Mac che, nel frattempo, non perdeva occasione per guardarsi intorno nella speranza di cogliere qualche dettaglio.
- Perché? Adesso è un crimine anche andare a bere una birra? - Con poca eleganza l’uomo soffiò il fumo della sigaretta in avanti, creando una nube di nicotina tra lui e i due agenti.
- No, finché la bottiglia non diventa un’arma. - Taylor lanciò uno sguardo alle mani dell’uomo. Non erano fasciate e non presentavano tagli. Lo escluse come diretto aggressore, ma questo non lo cancellava dalla lista dei sospettati. - Ci vediamo tra un’ora. -
Senza aggiungere altro i due detective uscirono andando in direzione dell’auto.

Quando Taylor si ripresentò con il mandato portò con sé anche Danny e Stella. Flack e i suoi uomini rimasero di guardia per evitare che Victor tentasse la fuga o altre mosse stupide.
- Non tralasciate niente, qualsiasi cosa troviate che possa collegarlo all’omicidio può essere fondamentale. - Disse Mac infilando i guanti. Stella e Danny annuirono iniziando ad esaminare le stanze. Danny iniziò dalla camera da letto, Stella dal bagno. Taylor, invece, iniziò dal salotto. Proprio sotto agli occhi di Victor, che lo fissava tranquillamente dalla sua poltrona fumando la sigaretta come se stesse guardando un film alla TV. Mac sapeva bene di essere osservato in ogni suo movimento, ma non era minimamente sotto pressione o a disagio. Stavano facendo una guerra mentale che Taylor sapeva avrebbe vinto.
Dopo aver esaminato i mobili della sala, si voltò osservando una libreria. Guardò l’uomo, poi ancora il mobile. Quel Victor non sembrava un amante della lettura, dava più che altro l’idea di un tizio che a stento leggeva il titolo sulla prima pagina del giornale, quindi si avvicinò. I libri sugli scaffali erano messi in ordine casuale, tutti impolverati e dall’aria di non essere mai stati aperti. Ma proprio quando Mac stava per fare una domanda, un foglio tra due libri attirò la sua attenzione. Lo prese, e notando che era piegato a metà, lo aprì. Lesse una lista di nomi apparentemente senza senso, se non che il nome di Frank Bennet era presente e, fatto curioso, era cancellato con una linea.
Mac alzò il foglietto, mettendolo in bella vista davanti a Victor. - Questa è la lista degli uomini che sono in debito con lei? -
- Può darsi. -
- E a cosa sono dovuti questi debiti? -
Victor fece un tiro alla sigaretta. - A delle sconfitte nel gioco. -
Taylor lo guardò dritto negli occhi come a dimostrargli che non aveva paura, e fu in quel momento che decise di cambiare strategia.
- Non mi sono mai andati a genio quelli che non saldano i debiti. Ho poca pazienza. -
- Già. - Concordò l’uomo. - La pazienza prima o poi finisce. -
- E lei l’ha finita? Cos’ha fatto? -
- Non ho fatto nulla! A parte invogliarlo a pagarmi! - Fece un altro tiro.
- E sentiamo, come l’avrebbe invogliato Signor Goslim? - Incalzò Mac Taylor.
L’altro sorrise di sghembo, la sigaretta ancora tra le labbra. - Diciamo che so essere molto persuasivo. -
Il detective non spostò lo sguardo neanche di mezzo millimetro, attendendo una risposta che a lui andasse bene. Victor lo capì, quindi continuò.
- Gliel’ho chiesto molto gentilmente. Lui non ha voluto ascoltare. -
- Quindi poi è passato alle maniere forti? -
- Cosa sta insinuando? - Alzò il tono di voce.
Taylor trattenne un sorriso di scherno. - Nulla, era solo una domanda. -
- Diciamo che non mi faccio prendere in giro da nessuno. -
Mac ripiegò il foglietto e lo mise in una bustina di plastica. - Quindi potenzialmente potrebbe averlo ucciso. -
- Ehi ehi! Con calma! - Mise le mani avanti vedendo che il poliziotto saltava a conclusioni affrettate. - Io dò solo avvertimenti, se poi non vengono ascoltati mando qualche amico abile nella persuasione. Se la gente è in debito con me, io voglio i soldi. Se i tizi muoiono, io posso dire addio ai bigliettoni. Capito? A me servono vivi. -
Dalle altre stanze tornarono anche Stella e Danny.
- Facciamo così, Victor. - Disse Mac con voce ferma. - Tu ora mi dici i nomi delle persone che mandi a riscuotere i soldi e collabori, altrimenti ti garantisco che sarò un’ombra nella tua vita che non ti toglierai più di dosso. -
L’altro fumò ancora. - Voglio parlare col mio avvocato. E comunque le ho detto che a me servivano vivi. -
- Sì, ma questo tizio è morto e tu sei il primo nella nostra lista dei sospettati. Presentati in centrale con l’avvocato. - Detto ciò i tre detective uscirono seguiti da Flack e i suoi uomini.
- Trovato qualcosa, capo? - Chiese Danny. - Noi un buco nell'acqua. -
- Una lista di gente indebitata con quel tizio. La nostra vittima è cancellata e quelli che sono scritti qui sopra, se non sono già morti, rischiano di esserlo a breve. -
- Però non ti convince qualcosa, vero? - Domandò Stella.
Mac annuì. - Trovo stupido tirare una riga su una persona che viene uccisa su mio ordine. Sarebbe come confessare indirettamente. -
- Torniamo al laboratorio, così vediamo se si trova qualcosa su quella lista. -

Una volta rientrati ognuno tornò alle proprie mansioni. Mac scese in obitorio per sapere cosa Hawkes avesse scoperto analizzando il cadavere.
- Ciao, Mac. Ti stavo aspettando. -
- Ciao. Cos’hai scoperto? -
- Guarda. - Si avvicinò al corpo abbassando il lenzuolo fino alla vita. - Livor mortis su busto e fianco sinistro. -
- L’hanno picchiato nonostante fosse morto. - Spiegò Taylor.
- Esatto. Il colpo mortale è stato inferto alla nuca, è morto praticamente subito. Tutte le altre contusioni sono avvenute dopo. Ti confermo che è stata usata la bottiglia. -
Mac annuì. - Bene, se scopri altro avvisami. Io torno di sopra. - E mentre il detective percorreva i corridoi verso il proprio ufficio, ripercorse mentalmente quello che sapevano in concreto.
Un uomo ucciso da una bottiglia con un colpo alla nuca sul retro di un pub, picchiato ripetutamente post mortem, sposato e con figli, problemi col gioco d’azzardo, debiti e strozzini. Due campioni di sangue, di cui uno dell’assassino incensurato. Arrivato all’ufficio aprì un’anta ed entrò, sedendosi poi alla scrivania e posando il fascicolo sul tavolo. Solo quando prese posto sulla sedia notò due fogli: glieli aveva portati sicuramente Peyton perché erano due analisi di comparizione di DNA. Il secondo campione di sangue sulla bottiglia e la pelle sotto le unghie erano della stessa persona. Avevano solo un assassino, dovevano solo scoprire chi.
Stella entrò poco dopo. - Ciao, Hawkes ti ha detto qualcosa? -
- Solo che l’hanno picchiato quando era già morto. Per il resto ha confermato che la bottiglia è l’arma del delitto. Peyton ha scoperto che sul vetro ci sono due campioni di sangue, uno è dell’assassino… Ma non è presente nel codis. -
- Quel Victor non aveva ferite alle mani. - Osservò lei.
- No, infatti. Quindi se Victor è coinvolto, è solamente un mandante. - Mac prese una penna, premendo più volte il tastino all’estremità per scaricare lo stress.
- Sarà complicato collegarlo all’omicidio, non ha negato il legame con la vittima, ma noi siamo senza DNA e stando alle prove, lui è pulito per quanto riguarda il fatto che Frank sia morto. Al massimo possiamo arrestarlo per tutto il resto. -
Taylor sospirò concordando con il ragionamento di Stella, che improvvisamente sorrise senza motivo apparente.
- Bravi, comunque. Siete una bella squadra tu e Peyton. Avete addirittura lavorato nella stessa stanza e non è successo niente. - Ammiccò.
Mac sorrise scuotendo la testa. - E sentiamo, cosa sarebbe dovuto accedere? -
- Ah, non lo so, dimmelo tu. O l’amore o la guerra. - Sorrise ancora.
- Questo è ridicolo. - Mac lasciò la penna come a voler concludere quell’assurda conversazione. - Non è divertente, Stella. - La riprese scherzosamente.
- Invece lo è eccome. Vado a lavorare! - Bonasera scappò via senza dare al detective il tempo materiale per risponderle, lasciandolo lì, seduto alla sua scrivania, con un sorrisetto divertito, a guardarla mentre gli faceva ciao con la mano.

Due ore dopo, Victor Goslim e l’avvocato si presentarono in centrale e vennero gentilmente accompagnati da un agente nella sala interrogatori, dove Mac e Flack li raggiunsero.
- La situazione è questa. - Iniziò Taylor. - In casa tua abbiamo trovato una lista di persone che ti devono soldi. Su tua ammissione hai detto che invii delle persone che gentilmente convincono questi tizi a saldare i debiti e, guardacaso, il nome della vittima qua sopra è cancellato. Chi sono le persone che lavorano per te? -
Victor lo guardò con disprezzo. - L’ho cancellato perché alla fine ha pagato. -
- Certo, e trovarlo morto è una coincidenza, vero? - Intervenne Don.
- Già. Io non ne so niente, bello. -
- Molto bene. - Continuò Mac. - Mani sul tavolo. -
- Ehi, non potete! Dov’è il mandato? - Si voltò verso l’avvocato come a chiedere giustizia, ma l’uomo, impotente, rimase zitto. Quindi parlò Taylor.
- Il mandato l’ho già avuto per perquisirti casa, e in ogni caso qui siamo in centrale, non mi serve. Mani sul tavolo. - Ribadì.
Goslim ringhiò capendo di essere spalle al muro e senza aggiungere altro, le appoggiò entrambe sul ripiano freddo del tavolo in acciaio. Senza indugio Mac gli raschiò via dei residui da sotto le unghie sperando combaciassero con quelli rinvenuti sulla scena. In questo modo lo avrebbe collegato all’aggressione della vittima.
Posò tutto in una bustina di plastica. - Cosa sperate di trovare? - Disse sprezzante l’uomo.
- Non ho ancora finito. - Rispose prontamente Mac Taylor. - Apri la bocca. - Dopo qualche secondo di esitazione, Victor collaborò. Taylor gli prese un campione di saliva con poco garbo, strofinando il tampone nell’interno guancia.
- Voglio l’elenco delle persone che mandi a riscuotere i debiti. -
- Non conosco i loro nomi. -
- Molto bene. Vorrà dire che rimarrai in cella finché non troveremo qualcosa a casa tua, anche a costo di smontare mobile dopo mobile. -
Victor sbottò. - Sono in arresto per cosa?! -
- No. - Spiegò Flack. - Sei semplicemente in stato di fermo in attesa che la scientifica finisca di fare i dovuti accertamenti. -
- Non potete! - Scattò in piedi.
- Possiamo eccome. Mani dietro la schiena. - Dopo avergli messo le manette, Mac consegnò l’uomo a Don.
Passandosi una mano tra i capelli Taylor tornò al piano dei laboratori. Quindi tornò nel proprio ufficio, dove si versò un bicchiere di caffé sperando di riordinare le idee. Si sedette alla scrivania bevendo un sorso della bevanda bollente e ragionò. Sapeva che quel Victor era coinvolto, ma non poteva dimostrarlo. Sperava vivamente che una volta scoperti i nomi avrebbe avuto una traccia da seguire, ma iniziava a credere che con un po’ di fortuna quel criminale avrebbe potuto farla franca. Almeno per quanto riguardava l’omicidio.
Di colpo posò il bicchiere e si alzò, muovendo pochi passi in avanti e raggiungendo la vetrata che aveva a sinistra della scrivania. Con un lavoro minuzioso di nastro adesivo e foto, Mac tappezzò il vetro con tutte le prove che aveva, facendo collegamenti e appunti con un pennarello nero che poi avrebbe facilmente cancellato alla fine del caso.
- Wow! Mi piace quando sei così creativo! - Stella fece il suo ingresso senza bussare. Mac si girò verso di lei chiudendo il pennarello.
- Riesco a ragionare meglio se ho tutto sott’occhio. -
- Hai interrogato quel tizio? - Chiese lei, affiancandolo. 
- Sì, non ha parlato, ma ho intenzione di fare un’altra visita a casa sua. Vieni con me? -
Lei sorrise. - E me lo chiedi? -

 

To be continued...

   
 
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