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Autore: _Pulse_    18/09/2009    3 recensioni
A quarant’anni appena compiuti dovrei avere una vita normale, dico io. Se non normale almeno una vita, ma non ho nemmeno quella. Nessuno di noi ha una vita, qui, se proprio devo essere sincero. Ma perché dovrei? Siamo in guerra, no? E tutto è lecito in guerra. Fa un freddo cane, ma non mi lamento visto che siamo ancora vivi e, soprattutto, insieme. «Auguri ragazzi», disse flebilmente Gustav, stretto come noi nel suo cappotto sgualcito, il cappellino calato pesantemente sul viso. «Già, benvenuti negli anta», ridacchiò Georg per poi concedere spazio a qualche colpo di tosse. «Auguri Bill», sussurrai. «Auguri Tom.»
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Tom, sbrigati!», mi gridò ancora Bill, io ero come se mi sentissi senza ossigeno, immerso nell’oceano più blu.

Le guardie stavano arrivando, stavamo rischiando tutti per colpa della mia indecisione. Forse non ero in grado di fare la parte dell’eroe, forse non ero all’altezza della situazione.

Sentii la stretta di Elisabeth farsi più forte intorno alla mia mano, abbassai lo sguardo e incontrai il suo.

«Fai quello che senti, Tom. Io credo in te.»

Quelle parole mi aprirono gli occhi, una nuova ondata di speranza mi restituì abbastanza ossigeno da prendere quell’agognata decisione.

«Tieni, Bill!», gli lanciai i rotoli delle mappe, lui li prese al volo e mi guardò interrogativo. «Tu vai ad aiutare Gustav e Georg, io vado a mettere Elisabeth al sicuro, poi vi raggiungo!»

«Ok, così ti voglio Tom!», mi gridò sorridendomi.

Ci dividemmo forse per la prima volta in tanti anni e io presi Elisabeth per mano, iniziammo a correre verso le stalle.

Sentimmo Bill in lontananza che gridava qualcosa alle guardie per attirare la loro attenzione e lasciarci andare indisturbati, io mi sentii in lui, parte della mia forza dentro di lui, come sentivo parte della sua in me. Indivisibili come sempre.

Feci salire Elisabeth su un cavallo bianco e io mi misi davanti a lei, lo slegai e con un calcio sul ventre il cavallo si rizzò in piedi nitrendo e corse nella notte, diretto verso il bosco in mezzo a quel giardino sconfinato.

«Da piccola desideravo il mio principe azzurro sul cavallo bianco, ma non intendevo questo!», disse Elisabeth stringendo forte le braccia intorno al mio petto mentre sfrecciavamo fra gli alberi.

«E io non immaginavo nemmeno di diventare il principe azzurro! Non ho nemmeno mai cavalcato un cavallo in vita mia!»

«Però, hai del talento allora!»

Riuscimmo a ridere, anche in quella circostanza. Il vento mi scompigliava i capelli e il veloce cavalcare del cavallo mi metteva l’adrenalina addosso, che spazzò via in un attimo la paura, e le braccia di Elisabeth intorno al mio corpo mi donarono sicurezza.

In mezzo al bosco si scorse la radura che avevo pregato di vedere, e al centro di essa si ergeva una piccola chiesa. Speravo che almeno lì Elisabeth sarebbe stata al sicuro per un po’, fin quando non sarei tornata a prenderla.

Scesimo da cavallo e la condussi all’interno per assicurarmi che fosse tutto tranquillo. C’era silenzio, alcune candele erano accese nei ceri e i vetri colorati si riflettevano sul pavimento della navata centrale grazie alla luce della luna.

Guardai Elisabeth e lei mi abbracciò con impeto, baciandomi le labbra.

«Non ho mai tradito la promessa che ti ho fatto, Tom», mi sussurrò col viso ad un palmo dal mio. «Non l’avrei mai fatto.»

«Lo so, Elisabeth, lo so», le sorrisi dolce passandogli le dita sulle guance.

«Stai attento, mi raccomando. Promettimi che tornerai da me.»

«Te lo prometto. Fosse l’ultima cosa che faccia», le cinsi la vita con le braccia e la strinsi a me, baciandola sulle labbra per un’ultima volta.

«Che scenetta commovente, davvero.»

Ci girammo contemporaneamente e vidimo Rua con un mantello blu sulle spalle, fermo davanti all’altare, rivolto verso di noi.

«Tu… qui?», berciai pieno d’odio.

«Perché ti sorprendi tanto, fuggiasco? E tu, Elisabeth… ah, mi deludi. Mi chiedo per quale motivo tu sia così irresistibilmente attratta dai sovversivi.»

«Sicuramente perché sono meglio di te.»

Rua scoppiò a ridere tirando fuori una pistola e puntandola verso di noi.

«Tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi, sapete?»

«E con questo cosa vuoi dire?», chiesi nascondendo dietro di me Elisabeth, anche se si dimenava. Era troppo importante per me per lasciarla così esposta.

«Voi due siete due dei nodi più fastidiosi che mi siano mai capitati, e ora siete giunti alla fine.»

«Sei sempre stato così crudele anche da bambino? Eh? No, perché vorrei proprio capire che cosa ti ha reso così o se ce l’hai proprio nei geni!», gridò Elisabeth, spiazzando Rua che la guardò perduto.

«Toccato un tasto dolente?», chiesi sorridendo.

«State zitti, state zitti!», gridò prendendosi la testa con una mano e infilando il dito nel grilletto della pistola nell’altra mano.

«Se solo ci facessi capire… Perché ti comporti così, Rua?», continuò Elisabeth, dolce come se stesse parlando con la sua Kay.

«Elisabeth, non ti immischiare!»

Partì un colpo dalla pistola, che fece cadere il candelabro con i ceri accesi. In poco tempo una tenda prese fuoco.

«Non puoi nemmeno immaginare quello che ho passato prima di arrivare a questo punto!»

«Potresti almeno provare a spiegarmelo! Possiamo aiutarti, puoi ancora cambiare!»

«È troppo tardi ormai», disse sconsolato.

Il fuoco iniziava ad espandersi nella chiesa, rompendo i vetri di cristallo e accaldando l’atmosfera, mentre il fumo iniziava ad intossicarci.

«Non è mai troppo tardi, Rua!»

«Eravamo una famiglia povera, vivevamo nella miseria, eravamo stati sfrattati e poco tempo dopo vennimo ospitati dalla famiglia di Charles, benestante. A lui non mancava mai niente, lo invidiavo da morire. Poi quel giorno d’estate sei arrivata tu, lui era innamorato perso e tu ancora di più. Non ti sei nemmeno accorta di me, del mio sguardo. Sono sempre stato nell’ombra io, ero l’asociale del gruppo. E il potere, il controllo assoluto, mi ha fatto sentire importante!»

Cadde un trave dal soffitto, la triste vita di Rua ci aveva quasi fatti dimenticare dell’incendio che si stava verificando intorno a noi.

«Elisabeth, dobbiamo andarcene da qui», tossii stringendola a me.

«Questa è la mia vita, e non vedo via d’uscita», disse Rua proprio prima che gli cadesse una trave infuocata addosso, finendo la sua vita tormentata.

Portai fuori Elisabeth e la feci salire di nuovo sul cavallo imbizzarrito dal pericolo del fuoco. Fuggimmo via da lì e Elisabeth si strinse forte a me, appoggiando il viso alla mia schiena, in quella notte illuminata anche dal fuoco oltre che dalla luna, mentre lacrime silenziose le tracciavano le guance per quella vita sbiadita e ridotta in cenere.

«Avremmo potuto salvarlo», disse mentre cavalcavamo verso la villa ad aiutare Georg e Gustav.

«Se lo meritava, Elisabeth?» 

«Tutti devono avere il diritto di una seconda possibilità, non credi?»

«Sinceramente… ha ucciso troppe persone per dargli un’altra possibilità. Ha ucciso pure Charles, te lo ricordo.»

«Lo so», mi strinse più forte, io mi rattristai per le mie stesse parole.

«Scusami, Elisabeth. Non volevo. È che tu sei troppo buona.»

«Lo so, Tom. Voglio andare a casa.»

Raggiunsimo Gustav, Georg e Bill e lo spettacolo che vedemmo ci sorprese non poco: guardie di Rua e popolazione civile erano uniti, i feriti venivano curati indistintamente, anche lo stesso Bill aveva una pezza insanguinata sull’avambraccio e una guardia vestita di nero lo stava medicando. Altri del corpo dell’esercito stavano accanto alle loro famiglie, stavano abbracciando e baciando i loro figli, le loro mogli, i loro parenti.

«Questa cosa è… assurdamente magnifica», dissi senza fiato, scendendo da cavallo.

Diedi una mano ad Elisabeth a scendere, che si tolse il cappuccio dalla testa e sorrise ai ragazzi asciugandosi alle lacrime.

«Oh, Elisabeth…», disse Gustav aprendo le braccia, dove lei si rifugiò per un po’, per poi fare lo stesso con Bill e Georg.

«Grazie. Grazie di tutto», sussurrò di nuovo fra le mie braccia.

«Grazie a te», le sorrisi prima di baciarle la fronte.

«E Rua? Dov’è finito?», chiese Georg.

A quella domanda tutti si girarono verso di noi e io guardai Elisabeth stringendole la mano.

«È morto nell’incendio che c’è stato nella chiesa in mezzo al bosco del giardino.»

Sentimmo un elicottero volare sopra le nostre teste e dirigersi verso le fiamme alte che si stavano sempre di più espandendo nel bosco, per spegnere l’incendio.

«Rua è morto… non ci posso credere.»

«È finita… la guerra è finita… Questo è incredibile!»

«Ah, non vi preoccupate, è normale! Io non riesco ancora a credere che saremo sui libri di storia!», disse Bill facendoci ridere.

Elisabeth si girò verso di me e mi mise le braccia intorno al collo, sfiorandomi la punta del naso con il suo, sorridente, occhi negli occhi.

«E ora andiamo da Kay e Dimitri.»

 

***

 

Ecco a voi il penultimo capitolo!! Siamo agli scoccioli, eh sì ^__^
Ringrazio davvero tantissimo Utopy, la mia fedele *_______* <3 , e _samy che mi sostiene sempre con tanta pazienza, ti faranno santa XD Un bacio, alla prossima gente, con l'ultimo capitolo!! _Pulse_

   
 
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