Anime & Manga > Yuukoku no Moriarty/Moriarty the Patriot
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Autore: Lacus Clyne    03/02/2024    1 recensioni
Tre anni dopo gli eventi del 1879, Albert James Moriarty non ha ancora ritrovato il senso della normalità. Per colui che ha dato origine alla leggenda del Lord del Crimine, ci sono ancora tasselli da risistemare. E, nella ricerca di quell'ordine, Londra si dimostra ancora una volta difficile, contorta, piena di ombre e disuguaglianze sociali. Per Clara, vittima dei danni collaterali delle azioni dei Moriarty, la ricerca della normalità coincide con quella della giustizia. Durante una notte di fiamme divampanti, le loro strade si incontrano.
"Se la giustizia non esisteva... allora toccava a lei farsene di persona".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert James Moriarty, Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Al rientro, Miss Hudson aveva accolto Clara con gioia e sollievo e lei, stupita per tutto quell’affetto, ne era stata commossa. Aveva poi fatto la conoscenza ufficiale di Moran e Fred, che si presentarono rispettivamente come il miglior cecchino di tutto l’Impero e il giardiniere tuttofare dei Moriarty. Poi, fu il turno di Moneypenny, che le rivolse un gentile sorriso e si presentò come la segretaria di Louis. Albert si frappose non appena vide arrivare un divertito Herder e William, nel vedere la scena, si mise a ridere.

“Sta’ tranquilla, è innocuo.” disse a Clara, che annuì perplessa, per poi notare l’abete nel salone. 

“E quell’abete? È davvero meraviglioso…”

“Puoi scommetterci! Del resto, è opera nostra!” esclamò Miss Hudson, prendendo sottobraccio Moneypenny e Bond.

“M-Miss Hudson!” protestò Moneypenny, mentre Bond sorrise con divertimento.

“Si vede che c’è un tocco femminile…”

Miss Hudson e Moneypenny guardarono Bond, che fece spallucce. “Sherlock l’aveva detto che era acuta.”

Lui ridacchiò. “Oh, è un problema di Albert, d’altronde. E comunque ho partecipato anch’io all’addobbo.” 

Albert sospirò prima che Clara potesse chiedere spiegazioni in merito alle parole di Sherlock, mentre Louis si guardò intorno. “A proposito… dov’è Billy?”

“Dorme già da un bel po’.” lo informò Miss Hudson. “E penso che non sarebbe male se lo raggiungessimo.”

William convenne. “È stata una lunga giornata… parleremo di tutto domattina. E, Clara…” disse, avvicinandosi a lei. “Grazie.”

Clara arrossì lievemente, poi sorrise gentilmente. “Dopo le vostre parole… ecco, non sono mai stata più felice di essere figlia di mia madre… ed è per i miei genitori che non me la sono sentita di accettare l’eredità della vedova Enfield.”

“L’hai incontrata, dunque?” 

Clara annuì. “Mi ha chiesto di rimanere con lei per il tempo che le rimaneva e di avere la sua eredità, ma a costo di rinunciare al mio cognome. Non avrei mai potuto farlo. Mio padre era una persona umile, ma onesta e coraggiosa. Non ha esitato a gettarsi nel fuoco per salvare Bertie… e mia madre lo amava anche per questo, al punto da rinunciare alla sua vita precedente per lui.”

“Bertie, eh?” fece eco Moran, guardando Albert di sottecchi. Per tutta risposta, Albert gli rivolse un sorriso inquietante che lo fece indietreggiare di qualche passo, poi guardò Clara con ammirazione. “E tu ti sei gettata nel fuoco per salvare me.”

Il rossore di Clara si fece più intenso e Sherlock proruppe in un fragoroso sbadiglio. “Bene, vi dichiaro marito e moglie. Possiamo andare a dormire ora? Non so voi, ma io ho sonno.”

Alla fine, si ritirarono nelle proprie stanze, debitamente e strategicamente assegnate da Louis. 

Quando Clara entrò nella sua, trovò il suo cappotto e la valigia posati ordinatamente sopra e ai piedi di un letto ampio e dall’aspetto incredibilmente confortevole. Tuttavia, il suo pendente non era lì. Portò la mano al collo vuoto, pensando che non era riuscita a difenderlo. Aveva permesso ai suoi rapitori di strapparglielo senza opporre resistenza, quando le avevano detto che presto avrebbe incontrato gli assassini di sua madre. Per giunta, l’avevano lasciata lì, abbandonata come una bambola, senza preoccuparsi nemmeno di impedirle di scappare. E, alla fine, aveva scoperto che le cose erano andate ben diversamente da come aveva sempre pensato. Sua madre era morta per una tragica fatalità, ma si era presa cura dei due orfani che, durante quella stessa notte, le avevano salvato la vita. Poi c’era Albert, di cui aveva sempre avuto un’immagine distorta e ben diversa per via di tutto ciò che aveva ascoltato su di lui e che era accaduto in quegli anni, che aveva persino messo la vita nelle sue mani, pur di evitarle altre sofferenze. Clara le guardò, poi richiamò alla mente tutti i momenti trascorsi insieme e cominciò a mettere insieme i pezzi, uno per uno, fino a che non si rese conto di quanto fosse stato difficile anche per lui e di quanto, probabilmente, avesse finito per contrattare la sua salvezza con la rinuncia a lei. Sospirò, pensando a quanto l’avesse giudicato con superficialità e fosse stata ingiusta, in tutto quel tempo. 

Raggiunse la toeletta, su cui era adagiato un piccolo specchio ovale, osservando il suo riflesso sciupato. In cuor suo, si chiese cosa ci vedesse in lei, dal momento che, quando i suoi occhi la osservavano, sembravano guardare qualcosa di sacro. Sciolse i capelli, che erano rimasti intrecciati in una modesta corona, poi finalmente si liberò dell’abito e della sottogonna, e fece per sciogliere i nodi del corsetto, quando sentì la porta aprirsi. Non potendo riprendere l’abito, che aveva già riposto, afferrò un cuscino da una poltrona vicina e si coprì alla bene e meglio, guardinga, fino a che non vide un ragazzo dagli scompigliati capelli castano chiaro, in tenuta da notte, che sbadigliava con la faccia del sonno che aveva spesso visto ai piccoli Hargreaves. Grattandosi la pancia, aprì un occhio azzurro, per poi spalancare anche l’altro quando si ritrovò davanti l’immagine inaspettata. “Oh mio Dio. Sono in Paradiso forse?”

Clara arrossì, quando Billy, sfregando gli occhi, la riconobbe come la Giulietta di Albert. “G-Giulietta?!” gli fece eco, accucciandosi. “Avete sbagliato stanza!! Fuori di qui!!” esclamò, rossa di vergogna. 

“Rosso Capuleti… decisamente.” ridacchiò Billy, prima di sentire la voce profonda di Albert alle sue spalle. Billy si voltò divertito, ma qualcosa nell’espressione del maggiore dei Moriarty gli fece passare la fantasia. Si voltò appena verso Clara, prima di lasciare la stanza in cui era inavvertitamente entrato. “A proposito, io sono Billy! Buonanotte!” esclamò, scappando via. 

Clara rilasciò il respiro che aveva trattenuto dopo averlo cacciato, quando intravide la mano di Albert sulla maniglia. Era voltato di spalle. “Scusalo, è americano. Chiudi a chiave, per stanotte. Domattina sarà mia premura ricordargli che siamo in un Paese che tiene alla privacy.”

Qualcosa nel tono minaccioso con cui Albert aveva parlato fece scemare tutta la tensione di Clara, che strinse il cuscino. “Il che non contempla un omicidio, vero?”

Albert sorrise. “Dipende. Buonanotte, Clara.”

Clara ne percepì il sorriso e si alzò, posando il cuscino e raggiungendo la porta prima che Albert la potesse chiudere. Fuori, intanto, il vento si era calmato in favore di una copiosa e ovattata pioggia di neve. Quando lui si voltò, a quel gesto imprevisto, sgranò gli occhi verde smeraldo, nel vederla in quella tenuta, nella stanza illuminata. I lunghi capelli ora le ricadevano in morbide onde di pieno oro coprendone il seno in parte esposto per via del corsetto e l’imbarazzo le aveva colorato le guance in un modo delizioso. Anche Clara lo osservò. Con indosso soltanto una camicia candida dai primi bottoni allentati, i pantaloni scuri, ma soprattutto, con i capelli castani sciolti e ribelli che ne incorniciavano il viso adorabilmente sconvolto a sua volta, nessuno mai avrebbe potuto pensare a quanto potesse essere pericoloso in realtà. E in quel momento, non riuscivano a distogliere lo sguardo l’uno dall’altra. 

“Clara… io…” mormorò Albert, deglutendo a vuoto. Conosceva quella sensazione. Era un uomo adulto con piena cognizione delle sue pulsioni, ma aveva imparato a tenerle a bada e a gestirle nel privato. Cosa che, in quel momento, gli riusciva davvero difficile, con la donna che amava che lo guardava con l’aria più innocente e, al tempo stesso, più inconsapevolmente seducente di tutte. Aveva sempre sminuito il desiderio, ma ora che Clara era accanto a lui e che, pur sapendo tutto, l’aveva accettato per quel che era, sembrava che ne fosse affascinato.

Clara ricordò le parole di Lady Ada. Aveva sempre sostenuto che un giorno avrebbe incontrato qualcuno nelle cui braccia sarebbe diventata una donna completa. Quando Albert l’abbracciava, percepiva una sensazione diversa: non soltanto completezza, ma sicurezza. E, quella notte, aveva bisogno di sentirsi al sicuro. Ma c’era anche altro e quell’altro le faceva sentire le farfalle nello stomaco e un calore che le pervadeva il corpo intero, bruciante, eppure irresistibile. Lo desiderava come non aveva mai desiderato nessun uomo in vita sua e come mai, sapeva, avrebbe desiderato altri.  

Ad una comune realizzazione, entrambi si cercarono nello stesso momento, perdendosi in un bacio d’amanti. Quando Albert chiuse la porta dietro di sé – a chiave – non si preoccupò né del disordine che avrebbero lasciato di lì a poco, né di quello che sarebbe venuto dopo. Tutto ciò che era importante era lì, per tutti e due. 

In fondo al corridoio, appollaiato e nascosto nel buio, Billy si era goduto parzialmente la scena. “Hai capito Al…”

Moran, appollaiato accanto a lui, sogghignò pregustando vendetta. “Due vergini… mi ci gioco la paga di un anno intero che Albert non ha nemmeno idea di dove infilare il c---”

“Allora dovresti cominciare a pagare già da ora, Moran.” intervenne una terza, serafica voce, alle loro spalle.

Billy si voltò appena e sul suo volto comparve il pallore della morte. Moran agitò la mano a mezz’aria. “Nah, William… dopotutto stiamo parlando di Alb--- aspetta… William?” fece eco, voltandosi a sua volta. 

Un occhio che rifulgeva di un inquietante e luminoso cremisi li fece tremare e abbracciarsi come bambini. William, in pigiama, sorridendo con cordiale sadismo, posò le mani sulle spalle di entrambi. I due deglutirono in preda a una paura primordiale. Quando si parlava dei propri fratelli, i Moriarty sapevano essere davvero spaventosi. “Sono le tre di notte, siete davanti alla mia camera e io ho il sonno leggero. Tuttavia, se non dormo qualche ora il mio cervello si mette a pensare a come eliminare minacce e divento irritabile. Sareste dunque così gentili da andarvene a dormire prima che sia costretto, inavvertitamente, a farvi dormire per sempre?”

Moran afferrò un impietrito Billy per il pigiama e si dileguò dopo aver augurato sogni d’oro a William. Quest’ultimo, rialzatosi, mise la mano in faccia, coprendo l’occhio che era solitamente bendato, poi trattenne una risatina. Curiosamente, guardando verso la stanza di Louis, di fronte alla sua, notò che non si era nemmeno affacciato. Un sospetto gli attraversò la mente, ma si affrettò a scacciarlo, poi, ritrovandosi a sperare di poter finalmente dormire, se ne tornò in camera. 

Il resto avrebbe atteso l’indomani.


 ***


Il mattino della Vigilia fu un crocevia di impegni quasi per tutti.

Se Louis aveva rimesso in riga gli assonnati presenti assegnando compiti, Sherlock aveva ben pensato di filarsela alla prima occasione utile con la scusa di dover attendere John e Mary presso la stazione. Miss Hudson, ben conoscendo la sua personale allergia ai lavori domestici, tuttavia, lo costrinse a rimanere sotto la minaccia di non sgravarlo più dalle pulizie di casa. Sherlock, allora, si rivolse a William, chiedendogli di tornare in America e ottenendo una generale risposta negativa prima ancora che lo stesso William potesse pronunciarsi, e si vide confinato in cucina ad affettare cipolle tra le lacrime e a riflettere sulla sua miseria. 

Nel frattempo, pur non essendo abituato a dormire fino a tardi, Albert si era svegliato con comodo e, puntellatosi col gomito sopra i cuscini, era perso nella contemplazione. Clara dormiva serenamente, rannicchiata accanto a lui, e il timido sole che filtrava dall’esterno, segno del mattino avanzato, ne rendeva evidente il contrasto tra il pallore dell’incarnato e il biondo ramato dei folti capelli. 

Non poteva dire che fosse cominciata esattamente come la migliore prima volta, dato che non era stato facile trovare un accordo che potesse andar bene a entrambi, non soltanto perché Clara era vergine, ma anche perché lo stesso Albert aveva paura di farle male e di scatenarle i ricordi delle tentate violenze, ma alla fine, complici un’indole naturalmente incline al gustare con lentezza, qualche vecchio insegnamento e un’attrazione che ben presto aveva vinto l’imbarazzo e le paure reciproci, trovare le giuste corde era stato più semplice e decisamente più istintivo di quanto entrambi immaginassero. E quando Clara riaprì gli occhi, incontrando lo sguardo dolce di Albert, le venne spontaneo chiedersi se stesse sognando. 

“Preferiresti un sogno o la realtà?” le chiese lui, di rimando, prendendone le ciocche tra le dita e portandole alle labbra.

“Cambierebbe qualcosa? Perché se è un sogno, allora vorrei che rimanesse per sempre tale… e se è la realtà… allora vorrei lo stesso…” rispose, sollevando la mano per accarezzargli il viso. A quel contatto, non ebbe dubbi su cosa stesse vivendo. “Sei sveglio da tanto?”

Albert si voltò appena per baciarle prima il palmo della mano, poi l’incavo del polso. “Non ne ho idea… per quanto possiamo saperne potrebbe essere già Natale…”

Clara si mise a ridere, poi fece per tirarsi su. Nel farlo, le coperte le scivolarono da dosso rivelandone nudità e le lenzuola macchiate. “Oh mio… Dio!” esclamò, nel notare tutto quello a cui, durante la notte, non aveva badato. L’imbarazzo tornò a colorirle le guance nel vedere i loro abiti sparpagliati nella stanza e nel rendersi conto che anche lo stesso Albert era squisitamente e beatamente ancora nudo a sua volta. “Che… disastro… Albert, devi tornare nella tua stanza!”

“Perché?” chiese, l’immagine della verecondia personificata.

Clara arrossì, coprendosi il viso bollente. “Qui devo rimettere in ordine e poi… insomma, se si venisse a sapere che---”

“… Che?”  le fece eco, stavolta divertito.

Clara non riuscì a spiccicare parola, mentre i ricordi di quel che era accaduto tra loro le rendevano difficile l’esprimere il concetto in un modo che non fosse sconveniente da pronunciare ad alta voce. Albert ridacchiò, poi l’attirò a sé, riportando entrambi al caldo. “Guardami, Clara.”

Col cuore che le batteva all’impazzata, scostò le mani dal volto, ritrovandosi stretta al suo petto. Lui le accarezzò i capelli, poi la baciò teneramente. “Non hai di che temere. Io sono tuo. Ogni parte di questo corpo e della mia anima ti appartiene.” le disse e nel sentire quelle parole, Clara sgranò gli occhi. “Per opera tua mi riconcilio alla vita, per opera tua posso soffrire ed essere felice.” aggiunse poi, con un certo tono solenne.

“Il Conte di Montecristo…” osservò meravigliata, riconoscendone le parole con commozione. Albert annuì. “Una delle mie opere preferite, assieme ai Miserabili.” 

Clara ci pensò su, per poi perdersi nel suo sguardo. “Quando ti ho incontrato… ho pensato che tu fossi una sorta di Jean Valjean…”

Albert la guardò con stupore. “Volevi chiudere i conti col passato… e il passato tornava a tormentarti… la notte dell’incendio alla locanda Tennyson, non eri lì per incontrare un’anziana conoscente, non è così?”

A quelle parole, lui rimase in silenzio e Clara ne comprese l’assenso. “Sono sempre stata fermamente convinta che non è la violenza a cambiare il mondo… e che il Lord del Crimine sbagliasse nei suoi metodi…”

“Clara…”

Clara posò l’indice sulle sue labbra. “Lasciami finire, te ne prego. La realtà, tuttavia, è ben diversa da quanto ingenuamente pensavo. Quello che hai fatto… che avete fatto, non sarebbe potuto avvenire diversamente, non se questo mondo non fosse stato quel che è. Ciò che voglio dirti è che desidero ardentemente che un giorno le cose cambino e voi… tu non sia più costretto a ricorrere alla violenza… perché non voglio perderti… non voglio perdere più nessuno… e soprattutto… voglio conoscere realmente Albert James Moriarty… l’uomo che amo.” disse, prima di suggellare le parole con un bacio.

Fu il turno di Albert di sgranare gli occhi e rimanere a corto di parole. Per la prima volta, in tutta la sua vita, tuttavia, ogni cosa gli sembrò incredibilmente al suo posto. E, nell’abbraccio e nella comprensione di Clara, sentì di aver trovato il proprio posto. 

Rimaneva un ultimo problema da affrontare, ma in quel momento le parole lasciarono spazio alle azioni e ai baci seguì una ritrovata intimità.


***


Quando finalmente raggiunsero il salone, John e Mary erano arrivati da circa un’ora e conversavano con William e Sherlock. Albert li accolse cordialmente, ringraziandoli per aver avuto cura di Clara e Mary sorrise, nel vederla finalmente felice. John invece sudò freddo quando Albert lo salutò e quel comportamento mise in allerta Sherlock. 

“Ehm… John e io pensavamo di fare un giro in città. Vero John?”

Quest’ultimo annuì. William inclinò appena il capo. “Pensavo rimaneste a farmi compagnia. Come sapete non posso uscire ed è escluso che mi finga ancora quello che non sono… soprattutto adesso che la vera fidanzata di mio fratello è qui.” 

Sherlock e John lo guardarono in tralice, mentre Clara arrossì. “F-Fidanzata?”

Albert sorrise. “Se non dimentico qualcosa… Vous pouvez m’aider, Professeur, n’est-ce pas?” aggiunse poi, in un perfetto francese.

John agitò nervosamente le mani, ricordando le scuse accampate per giustificarne l’assenza mentre Clara era in cura al 221B. “Sherlock!!” esclamò sottovoce, rivolgendosi all’amico. Quest’ultimo fece spallucce. “Pazienza. Tanto ora sa tutto, non è così?”

“Tutto cosa?” fece eco una perplessa Mary, mentre John esalava l’ultimo respiro e i due Moriarty si presero il gusto della loro piccola rivalsa. 

“A proposito, Sherly… Né il maestro Jack né Paterson riusciranno a raggiungerci stasera, ma tuo fratello ci ha fatto sapere che arriverà prima dell’ora di cena. Si è raccomandato di farti sapere che ha risolto il problema.”

Nel sentire le parole di William, Sherlock fece compagnia a John. 

“Sherlock Holmes ha un fratello?” chiese Clara e Albert annuì, con aria pensierosa. “Lo conoscerai presto.” le rispose, con un tono che non lasciava presagire, però, niente di buono.

“Allora… vogliamo procedere con gli ultimi preparativi?” chiese William, alzandosi in piedi e raggiungendo il fratello. Mary annuì, salvo poi notare le facce scavate del marito e di Sherlock, raccogliendo un piccolo ventaglio dalla borsa e facendo loro aria. Albert sospirò, poi guardò William. “Louis?”

“Sta preparando un rinfresco e definendo qualche dettaglio del menù, dato che non ci sarà il Maestro stasera.”

“Posso aiutarlo io. Non mi piace stare con le mani in mano e vorrei essere utile.” disse Clara.

“Sei sicura?” domandò Albert.

“Non dirmi che temi possa mandare a fuoco la cucina…”

Gli occhi di Albert brillarono e assunse un’espressione intrigata. “Oh…”

Clara sorrise dubbiosa a quella reazione, poi si voltò. “Mr. William, potete dirmi dove si trova la cucina, per favore?”

Il secondo dei Moriarty annuì. “Soltanto se abbandoniamo le formalità. Chiamami semplicemente William.”

Ricordando che anche Albert si era presentato in quel modo, un tempo, Clara annuì a sua volta, entusiasta. “E sia, William. A dopo, allora.” disse, congedandosi da loro non appena le ebbe spiegato la strada e Albert non si fosse fatto scappare un sospiro. 

“Tutti gli altri?” chiese poi. 

“In giro, in missione, in libera uscita, nei sotterranei.”

“E…?”

William ridacchiò comprendendo all’istante a chi si stesse riferendo Albert. “Ha accompagnato Miss Hudson e Bond a fare acquisti. Sarà già un miracolo se non deciderà di farla finita strada facendo.”

Albert incrociò le braccia, sadicamente allettato. “Sarà un piacere dargli una mano, dovesse rientrare, per ringraziarlo dello zabaione che mi ha fatto trovare fuori dalla porta della mia stanza.”

“Non credo ce ne sarà bisogno… dopotutto il Colonnello sa anche svolgere bene il suo lavoro, se necessario…”

William e Albert si voltarono nel riconoscere la voce di Moneypenny. Nonostante l’aria quieta di sempre, c’era qualcosa che la faceva sembrare pensierosa e triste, a dispetto delle sue parole. Dopo che aveva sentito la conversazione tra Albert e Moran, qualche mese prima, Moneypenny si era resa conto che, per quanto facesse, il Colonnello non avrebbe mai cambiato certe abitudini. Quella realizzazione, unita al fatto che non avesse nemmeno cercato di chiarire la situazione nonostante avesse avuto ben più d’un’occasione, l’aveva demoralizzata e l’aveva spinta a dedicarsi soltanto al lavoro.

“Pensavo di recarmi alla stazione per accogliere Sir Holmes, questa sera.” spiegò, ottenendo un mugugno disperato in risposta da parte di Sherlock.

William si sforzò di ignorarlo. “No. Ci andrà qualcun altro. Sarebbe meglio se rimanessi qui, al caldo.”

Moneypenny lo guardò stupita, poi distolse lo sguardo. “Posso farlo… non è un problema per me.”

“Lo so. Ma mi sento più tranquillo sapendoti qui. E poi, servirà qualcuno che sappia gestire la tensione di Louis.”

A quelle parole, Moneypenny strinse l’abito, poi annuì.

Albert assistette ignaro a quello scambio di battute, convenendo, tuttavia. “Già… è il primo Natale tutti insieme… e Louis tiene particolarmente a che vada tutto per il meglio. Questo mi ricorda che Clara non ha mai assaggiato la mia crème brûlée…”

“La leggendaria crème brûlée di Sir Albert…” disse Mary, incuriosita.

“Oh, nemmeno Mrs. Watson. In tal caso… se volete scusarmi.” disse, con un cenno della testa, per poi raggiungere la cucina.

William sorrise disperato, poi si rivolse nuovamente a Moneypenny. “Andrà tutto bene, ne sono certo.”

Moneypenny gli rivolse un lucido sguardo. William era così simile a Louis, eppure anche tanto diverso. “Mr. William…”

Vedendolo sollevare l’indice in segno di silenzio, Moneypenny sgranò gli occhi, poi fece cenno di aver compreso.




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Pubblico in serata inoltrata oggi, ma ci tenevo proprio! 🤭 Devo ammettere che scrivere questa parte mi ha dato un po' di tensione, ma ringrazio sempre il Colonnello (e Billy pure 🤣) perché sono talmente zufoli che sdrammatizzano tutto... 🤭🤭🤭 Comunque, finalmente gli indugi sono andati, ma c'è ancora qualcosa che bolle in pentola... e non è solo la crème brûlée di Albert... 🤭🤭
Alla prossima!! 

  
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