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Autore: NonLoSo_18    06/02/2024    3 recensioni
Nel mondo di Vanyan, il Continente, ci sono due categorie di persone: gli Elementali, in grado di comandare le forze della natura e degli elementi a proprio piacimento, e quelli che non lo sono.
E i primi comandano sui secondi, considerandoli alla stregua di oggetti di cui disporre senza rispettarne la volontà. È un mondo duro, dove domina la forza, e se non ce l’hai, devi soccombere. È sempre stato così, da quando gli Elementali hanno conquistato la terra dove gli altri vivevano, e si sono imposti. Ma ora tutto questo sta per cambiare: guidati dal misterioso Borea, un uomo con la maschera bianca, i non Elementali stanno facendo sentire la loro voce, riprendendosi tutto ciò che è stato loro tolto, e mettendo il mondo sull’orlo del collasso. Toccherà proprio a Vanyan, un Fireal, un Elementale del fuoco, cercare di riportare l’equilibrio nel Continente. Ma Vanyan ha un motivo ben più personale per agire: Borea è l’uomo che, dieci anni prima, ha ucciso suo padre davanti ai suoi occhi…
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Lord di Fireal
 

Li stavano scortando in una carrozza con le tende chiuse, perché sia mai che un mezzosangue abbia diritto anche solo ad avvicinarsi o a farsi vedere al cospetto del Lord di Fireal, pensò Vanyan con frustrazione, appoggiando il mento sul palmo della mano.
Solo nelle città moderne e a sangue misto, quelli così erano tollerati, e nemmeno tanto.
 
Anzi, se avessero scoperto che la loro tanta venerata Fireal purosangue era, in realtà, una schifosa Iceal, le cose sarebbero state ancora peggio.
 
Alys, davanti a lui, teneva le braccia incrociate: I boccoli morbidi color rame erano un forte contrasto con l’azzurro che aveva esibito fino a poco prima. Sul suo viso si vedeva un’espressione neutrale, forse un pochino malinconica, oppure era lui che se lo stava immaginando.
Effettivamente, pensò lui, quasi non la riconosceva: il mantello nero era sospetto, vero, ma così Alys gli sembrava un’altra persona!
 
Ad essere onesti, anche lui si sentiva un altro, dopo essersi lavato per bene. Nemmeno ricordava l’ultima volta in cui i suoi capelli erano stati così lucidi, soffici e leggeri sulla sua testa. E soprattutto che avessero un buon profumo.
E soprattutto la strana sensazione che aveva provato quando lei era stata la prima donna, dopo sua madre e sua sorella, a toccarglieli. Aveva dovuto scostare la testa per distrarsi da quella sensazione!
 
E a ben pensarci, sarebbe stato meglio distrarsi anche in quel momento; perciò, indicò ad Alys con il mento dalla finestra della carrozza: di là si vedeva un edificio in marmo bianco e oricalco rosso, mastodontico, e anche da lontano si vedevano le fiamme gigantesche, scolpite in oro sulle colonne che sorreggevano il portico.
Al centro di esso, un braciere enorme scavato nel pavimento, che faceva sollevare una fiammata ancora più enorme.
 
«Ecco Alys, di lì c’è l’Accademia: il posto migliore dove formare soldati peggiori» Le annunciò, senza nemmeno provarci, a nascondere l’astio che provava verso quel posto di merda.
A pensarci bene, forse non era nemmeno il caso di dirlo così ad alta voce, con due soldati usciti freschi da quello stesso posto, giusto fuori dalla carrozza, ma nemmeno gliene fregava nulla, ad essere onesti.
«Per quanto ci sei andato?» Fu la sua domanda, mentre lo guardava dritto negli occhi.
«Per sei mesi, poi ho chiuso»
«Intendi dire che ti hanno sbattuto fuori»
«Preferisco metterla come ti ho detto»
 
Alys sollevò un sopracciglio, al che lui si sentì obbligato a spiegarle: «La lettera per l’Accademia ti arriva a dodici anni, poi all’inizio dell’autunno devi andare. Leva obbligatoria» Sollevò entrambe le mani, mostrandole i palmi.
«A me la lettera arrivò non prima dei sedici, però. Sai, per la Legge sui Mezzosangue. A me e agli altri ragazzi, quindi, ci misero nel corso speciale; quindi, ti trovavi ventenni messi in mezzo con ragazzini. E tutti gli altri purosangue ci prendevano di mira» Non lui, però: dopo aver visto come se la cavava in arena di addestramento, e soprattutto nel corpo a corpo, avevano tutti smesso di prenderlo in giro. Per la maggior parte lo lasciavano stare, sistemazione che lui trovava ideale.
«Io me ne stavo per i fatti miei, ma c’erano alcuni per cui lì era l’inferno in terra. Un ragazzino, quindici anni, credo, mezzo Fireal, mezzo non lo so, forse la madre era Watreal, sentii, magro come uno stecco, con i capelli color paglia e gli occhi azzurro slavato, era spesso vittima di quelli là, quelli ricchi. Non che lui fosse povero, però: suo padre veniva da una famiglia, boh, credo importante, solo che non si era sposato un’altra Fireal. Ma ho sentito che per tutte le Accademie era così» Fece una pausa. «Gli rubavano soldi, cibo, lo spintonavano e minacciavano. O almeno così mi dissero dopo, io non ne ho saputo niente fino a quel giorno in mensa» Avevano iniziato a deriderlo, ricordò, poi uno di loro, un tipo alto e con una criniera di capelli biondi e un già abbondante accenno di barba, l’aveva spinto in malo modo. «Lo fecero cadere addosso a me, e il cibo che tenevo nel vassoio finì sul pavimento. Avevamo addestramento, dopo, e quella razione era l’unica che potevamo mangiare per quella giornata.»
«Gli dissi una cosa tipo “stai più attento, che mi rovesci il pranzo” lui rispose spintonando anche me, e aggiungendo che potevo andare a piangere dalla mamma. Non so perché, ma mi andò il sangue alla testa e non ci vidi più. Gli saltai alla gola, ma pensavo si sarebbe difeso meglio» Gli anni al Buco avevano decisamente forgiato Vanyan: non era stata una rissa, era stato un pestaggio, da parte sua.
«Quando arrivarono gli addetti, trovarono me in piedi, e lui a terra. Forse avevo esagerato, e il sangue del suo naso e della sua bocca mi era schizzato addosso, ma non era così grave, ho visto gente ridotta peggio.» Certo, però le risse erano vietate fuori dal cortile degli addestramenti. Aggiungici anche un’espressione da pazzo che sicuramente aveva, e il gioco era fatto. Ma quest’ultimo dettaglio non lo aggiunse.
«Mi convocarono nella sala del rettore, o qualcosa del genere, e mi dissero che mi buttavano fuori. Il ragazzino non l’ho più rivisto» Anche lui quel giorno sembrava terrorizzato, quando Vanyan aveva provato a parlarci per capire come stava dopo essere ruzzolato a terra, quello era scappato via praticamente urlando. Chissà che fine aveva fatto.
 
Alys rimase in silenzio per qualche minuto, lo sguardo fisso fuori dal finestrino, come ipnotizzata. Vanyan si chiese quanto del suo discorso avesse capito.
Poi, a sorpresa, lei disse «È la prima volta che ti sentivo parlare così tanto» Di colpo, se ne accorse anche lui.
 
E, in effetti, la gola un po’ gli faceva male.
 
«Solo una cosa, Vanyan.» Cambiò argomento di colpo «Se ti chiedono chi io sia, non uscirtene con roba come la contabile e cose simili. Nel dubbio, di che sono tua cugina»
 
Vanyan sollevò le spalle, come voleva farsi chiamare non era un problema che lo riguardasse, per cui si limitò ad appoggiare la testa al cuscino della carrozza, sperando di recuperare quel po’ di sonno perduto.
 
Speranza vana, poco dopo stavano già bussando per farli scendere.
 
§§§
 
Si ritrovarono di nuovo alla magione, fatti scendere praticamente di nascosto e di malagrazia, e li spintonarono di fronte al cancello con modelli di fiamme lavorate.
 
Un valletto corse ad aprire, e loro lo attraversarono.
Che fortuna sfacciata, un umile mezzosangue che entra nella dimora del Lord Protettore di Fireal. Incredibile, dovrei forse baciare la terra dove cammino e ringraziarli per ogni passo?” Pensò il ragazzo.
 
La strada era in finissima ghiaia bianca battuta, che scricchiolava sotto le suole delle scarpe. O forse, a produrre quel suono erano le foglie d’autunno che formavano una sorta di tappeto.
 
Tutto intorno, statue enormi in marmo bianco erano disposte in cerchio, e quelle statue, se Vanyan non ricordava male, rappresentavano gli Eroi della Conquista. Tutti con pose estremamente fiere, notò il ragazzo.
 
Intorno, altre piccole colonnine con fiamme alte che ardevano su ciascuna di esse. Dovevano far finta di essere eterne, ma Vanyan sapeva benissimo che il trucco era il gas che fuoriusciva da un foro. Nessuna fiamma poteva bruciare se non aveva combustibile.
 
Alys, davanti a lui, camminava facendo frusciare l’ampio vestito e la parrucca rossiccia. Aveva un portamento davvero molto elegante, considerò il ragazzo.
 
Dopo un tempo che gli parve interminabile, per davvero, arrivarono a un portone, se possibile ancora più massiccio del precedente, interamente fatto di oro che scintillava alla luce del sole pomeridiano in un modo che lo costrinse a mettersi un braccio davanti alla faccia per non farsi accecare.
Ognuna delle due ante del portone era interamente lavorata in bassorilievi di fiamme, con esili volute che si avviluppavano intorno al corpo di un uomo alto, muscoloso e dai biondi capelli al vento, rappresentato con estremo realismo. Il suo viso era inespressivo, emanava forza, lo sguardo vittorioso rivolto verso l’alto, ma tutta la sua persona aveva un qualcosa di etereo. Era a torso nudo e indossava solo una leggera stuoia avvolta intorno alla vita. Nella mano destra reggeva una spada, istoriata, e le fiamme si avvolgevano anche intorno ad essa. Dietro di lui, un drago morente.
 
Vanyan l’eroe, l’Ammazzadraghi, il suo omonimo, in tutto il suo splendore. C’era ben più che venerazione verso quel tizio che nemmeno si sapeva se fosse realmente esistito.
E anche non buona simpatia per un mezzosangue che portava lo stesso nome, poteva ben immaginare.
 
Ciononostante, quando il valletto bussò facendo aprire la porta massiccia, s’infilò all’interno della magione senza esitare.
 
L’interno era esattamente quello che Vanyan si sarebbe aspettato vedendo l’esterno: ostentazione di ricchezze da far paura.
 
Esibizionisti del cazzo.
 
Il corridoio sembrava infinito, aveva un pavimento in marmo bianco con venature scure, coperto da un tappeto di elegante velluto rosso -velluto, addirittura! - con ricami di fiamme in filo d’oro. Alle pareti, decorazioni e fregi in stucchi di fiamme, finemente intagliati, laddove non erano interrotti da arazzi che rappresentavano l’arrivo dei conquistatori, o le imprese del suo omonimo.
 
Di tanto in tanto, busti dei lord protettori di Fireal scolpiti in marmo anch’esso bianco e decorati in oro.
 
Potevi vedere servi Fireal e schiavi non elementali affaccendarsi per quei corridoi. Tutti, quando lo vedevano, gli gettavano un’occhiata perplessa, fissando il suo aspetto così diverso.
 
Perfino i busti sembravano guardarlo, giudicarlo.
Tu non sei come noi” gli pareva addirittura sentirgli dire.
 
Peccato che a lui non fregasse assolutamente nulla.
Alla fine, arrivarono davanti ad un’altra porta, tanto per cambiare. Anche quella piena di intarsi, ma almeno era di legno.
Davvero una bella porta, sarebbe stato un peccato se qualcuno l’avesse bruciata…
 
Le due guardie picchiarono a terra le lance, e le porte, quasi per magia, si aprirono sulla sala del trono. O comunque si chiamasse il posto dove i Lord Protettori ricevevano i bifolchi di periferia come lui.
Vanyan si era sbagliato: non era il corridoio l’ostentazione di ricchezza, ma quella stramaledetta stanza!
 
Tutte le pareti erano fregiate in stucchi oro, raffiguranti motivi di fiamme che si intrecciavano fino alla volta. La volta stessa era una cosa folle: un enorme affresco dei tempi della Conquista, con i soldati che sbarcavano, vincevano grazie a Vanyan l’eroe, sottomettevano le resistenze dei nemici e si stabilivano perennemente su quelle terre. C’era pure lo spazio di metterci il suo omonimo mentre tagliava a pezzi qualche drago.
 
Esibizionisti del cazzo, pensò lui, di nuovo.
Ma, alla fin fine, veniva da un appartamento polveroso, cosa ne poteva sapere di ricchezze, uno come lui?
 
Tanto per non farsi mancare nulla, c’era una statua, stavolta in onice nera, raffigurante sempre l’Ammazzadraghi, mentre ammazzava un drago: la carcassa era dietro di lui, mentre invece quest’ultimo teneva alta la spada nella mano destra.
Non era più venerazione, a quel punto, era ossessione, che cazzo!
 
Ma quello era probabilmente dovuto al fatto che la famiglia del Lord faceva risalire le sue origini a Vanyan l’Ammazzadraghi.
 
Subito sotto, due troni gemelli, con le spalliere di legno a forma di fuoco, con morbidi cuscini a fare da sedile.
Su uno dei due, sedeva un uomo sulla sessantina, ossuto e con una barbetta corta sulla faccia, con i capelli biondi e gli occhi dorati, ma talmente affossati nella faccia che quasi non si vedeva.  Indossava un farsetto di velluto rosso e un mantello di pelliccia che richiamava con i suoi colori le uniformi Fireal.
 
Lord Arzak Benest, Protettore di Terrarossa e di tutti i Fireal esistenti, discendente di Vanyan l’eroe in persona.
 
E suo prozio da parte di madre, prima che quest’ultima decidesse di mollare Terrarossa per sposarsi un Aeral. E forse in fin dei conti aveva fatto bene.
Ma non era il momento di pensare a sua madre, quello. E comunque, quello significava che anche lui era un discendente dell’Ammazzadraghi, con sua sorella. Ulteriore motivo di imbarazzo per quella famiglia, probabilmente.
 
Salutando il lord, chinò il capo, a malapena: «Lord Benest, vi trovo bene» Poi si girò di lato.
 
Vicino a lui, una donna pallida e ossuta con la faccia scavata, e una pesante cascata di capelli arancio, l’espressione annoiata sul viso ricoperto di cipria, un rossetto forte tanto quanto lo erano i suoi capelli, e delle unghie laccate di rosso che sembravano più artigli, che unghie vere e proprie.
Nella sala non c’era nessun altro, a parte loro, due uomini e una ragazza che non poteva avere più di diciassette anni.
È certo, mica vogliono ammettere che stanno tenendo udienza con un mezzosangue, sia mai! Un mezzosangue che inoltre discende proprio da quel beneamato eroe, e che si porta pure il suo nome!
 
E inoltre, a ben guardare, c’era un uomo con una divisa grigio argento, e corti capelli castani. Quello non era un Fireal, poco ma sicuro.
 
Tornando alla Lady, lei Vanyan non sapeva proprio chi fosse, meglio starsi zitti e aspettare che glielo dicessero dopo.
 
Fu il valletto a toglierlo dall’impiccio «Lei è Lady Priscilla Benest, nata Sanne, Lady di Fireal»
Vanyan ebbe un po’ di titubanza «B-buongiorno, Lady Benest, io mi chiamo Vanyan Momonoi, e la donna vicino a me è… uh… Samia Esnaet, mia cugina da parte di madre» Samia era un nome inventato sul momento.
 
«Da che io ricordi, Lady Esanet non aveva fratelli» Oh, cazzo! «Cugina di secondo grado, ho dimenticato di specificare» Si salvò all’ultimo minuto.
Un giovane dai capelli lisci, castano chiaro, e la pelle color caramello, si fece avanti: indossava una tunica con ricamata sopra una fiamma «E perché un mezzosangue si porta dietro il nome del nostro beneamato eroe?»
 
Sentì la rabbia salirgli dentro, ma non gliel’avrebbe data vinta: «Il mio nome me l’ha dato mia sorella» Era vero: ad Angel la storia di Vanyan l’eroe piaceva veramente un sacco, quando era piccola, per cui, al momento di scegliere il nome, non aveva esitato.
 
«Almeno sai cosa significa, Mezzosangue?» Vanyan pensò che quel tipo ce la metteva proprio tutta per dargli sui nervi.
«Vuol dire guerriero. Contento, adesso? Vorrei parlare di cose un pochino più importanti di un fottutissimo nome» Dal sospiro di Alys, capì che non era stata propriamente la cosa più giusta da dire.
 
Fu il Lord a interrompere, facendo finta di non notare l’atteggiamento di Van, e sporgendosi in avanti sullo scranno «Perdona il mio secondogenito, Vanyan Momonoi. È da poco diventato sacerdote per il tempio di Vanyan l’eroe» Van fece scorrere gli occhi da uno all’altro, e fu sul punto di chiedere se forse se ne fosse accorto qualcuno che quello non fosse propriamente suo figlio. E probabilmente neanche gli altri due. Ma convenne con sé che era il caso di tenere la bocca chiusa, e che certe cose non lo riguardavano. E poi, gli stava davvero seccando il parlare forbito di quella gente.
 
«Sapete benissimo perché sono qui, immagino» Non aveva tempo da perdere in chiacchiere. Lì dentro nessuno l’aveva.
Benest fece un gesto col braccio: «Lord Shaffer ha accennato alla cosa: un contingente di guardie Fireal, per risolvere questa stupida scaramuccia.» L’ultima frase lasciò Vanyan senza parole.
 
«Stupida scaramuccia?! Ma se Terrarossa dopo l’ultima ha delle crepe grandi quanto case?!» Fece un gesto di stizza con le braccia, ma semplicemente non voleva credere che lì dentro fossero tutti così stupidi.
 
O così orgogliosi. O entrambe le cose.
 
«Un problemino da nulla, da quando in qua degli sporchi non elementali ci hanno dato più di qualche fastidio?» A parlare era stato un ragazzo alto, biondo, con due occhi caramello e una folta barba scura che portava acconciata in una treccia. Vanyan sentì un moto di fastidio.
«E poi, perché Lord Shaffer dovrebbe mandare un mezzosangue a trattare con la famiglia del Lord Protettore? Non ci reputa abbastanza all’altezza per venire a parlarci di persona?»
In realtà, il mezzosangue in questione aveva un conto in sospeso con il loro nemico, pensò Vanyan, ma non era il caso di dirlo in giro.
 
Quindi, Vanyan ignorò di proposito l’ultimo commento, piuttosto concentrandosi su quello che avevano detto prima: «Allora guardate cosa hanno fatto alla capitale! Hanno l’osso di drago, hanno le pistole, quanto dovete aspettare, ancora?!»
«Anche se fosse, non durerà a lungo. Nulla di tutto questo rappresenta un problema»
 
«E che mi dite di questo!» Van si spostò la manica, mettendo in mostra la cicatrice. «Non sono gli idioti che credete voi, o avete bisogno di altre prove!?» Un colpo di tosse da Alys gli fece capire che stava esagerando. Forse.
 
A ben pensarci, avrebbe dovuto lasciar parlare Alys, da quando era arrivato lì non faceva che salirgli sempre più il sangue alla testa. E almeno avrebbe potuto evitare quello che seguì.
 
Il tizio con la pelle caramello e i vestiti da sacerdote gli fece una mezza risata di scherno: «Ma sentitelo, il mezzosangue, che se la fa sotto per un paio di senza poteri. È dai tempi delle Conquiste che i non elementali sono destinati a servirci, in quanto inferiori e sottomessi a noi. è scritto nei libri sacri» Come se a Vanyan fregasse effettivamente qualcosa dei libri sacri «Forse dovresti cambiare nome, il Guerriero non ti si addice proprio. Perché non vai a nasconderti dietro alle gonne di mammina, visto che hai così paura?»
 
Vanyan sentì il sangue andare rapidamente alla testa, rendendogli difficile fare qualsiasi ragionamento sensato da quel momento in avanti. «Già, parla quello che passa la vita nascosto nel tempio e che deve deridere i non elementali per sentirsi superiore. Che c’è, non hai abbastanza palle per affrontarli in piazza?» Nella sala scese rapidamente il silenzio.
 
«Calmati, mezzosangue. E modera i termini, altrimenti dovrò farti tagliare la lingua» Intervenne quello con la barba bionda.
 
Tanto bastò per far perdere definitivamente la pazienza al ragazzo «Tagliamela tu, se ci riesci, bastardo!» Una palla di fuoco comparve sulla sua mano destra, e il ragazzo la scagliò con rabbia contro il tappeto di velluto subito sotto il trono, in un’esplosione di schegge e pezzi di stoffa che fece saltare tutti.
 
Fino ad allora nessuno, tantomeno un mezzosangue con un’Iceal alle spalle, aveva mai osato arrivare a tanto, e infatti lo guardarono con un misto di sconvolgimento e, beh sì, anche di rabbia.
 
Alys, più di tutti, era paralizzata, con la bocca e gli occhi spalancati. Non si muoveva un alito di vento.
 
Van approfittò del momento di silenzio, per fare un mezzo inchino, sarcastico «Con permesso, Vostra Maestà» Per poi girarsi e uscire, o almeno provarci.
 
Perché, appena prima di aprire la porta, fu afferrato con violenza al braccio da una delle guardie lì presenti. Ciò non fece altro che innervosirlo ancora di più.
«E mollami, stronzo!» Vanyan lo acchiappò per un braccio e, facendo leva, lo scaraventò a terra. Sentì vagamente Alys urlare il suo nome, poi anche l’altro gli fu addosso.
 
Un Fireal è resistente al calore, per cui Vanyan non ebbe altra scelta se non usare i pugni. Colpì il primo alla guancia, con un diretto, prima che si rialzasse, con un colpo così forte da mandarlo a sbattere contro il muro, mentre tirò un calcio dietro il ginocchio del secondo per farlo finire per terra, con un gemito di dolore. Quando questo fece per rialzarsi, gli tirò un secondo calcio, all’altezza della faccia. Peccato che la prima guardia si fosse già rialzata, e l’avesse colpito allo stomaco, e mentre si accasciava, anche alla faccia. Quello sì che faceva male, però.
 
Tenendosi la pancia, Vanyan si rialzò, imprecando, schivò un secondo colpo diretto alla sua faccia, poi, afferrando l’avversario per le spalle, gli tirò una testata non appena fu alla portata. Mentre quello si asciugava la bocca, Van sputò un grumo di saliva misto sangue per terra, tra l’orrore di tutti i presenti in sala.
Vedendosi arrivare un pugno, d’istinto sollevò il braccio per pararlo, o deviarlo, ma di colpo sentì il polso fargli un male cane, insieme al petto, e la vista annebbiarsi. Senza nemmeno sapere bene come fosse successo, cadde di ginocchia a terra. Aveva solo un fastidioso ronzio nelle orecchie.
 
Il Buco! Vanyan non ci aveva pensato, ma l’aggiusta-ossa non aveva fatto del tutto il suo dovere, e i danni di quel maledetto tre su tre si facevano sentire. Soprattutto i danni al polso, e quelli alle costole.
 
Approfittando della caduta, la prima guardia gli sferrò un calcio al viso, mandandolo a sbattere di testa contro il muro, per poi afferrarlo per i capelli appena lavati e schiantarlo contro la parete una seconda volta, e Vanyan non seppe se sentì più il suono di qualcosa che sembrava rompersi, o più il dolore, o più la voce di Alys che continuava a chiamarlo.
Peccato per Alys, ci aveva messo così tanto a lavarmeli…” Pensò, e si rese conto che stava ormai delirando. Sentiva la vista andare e venire, a fuoco e fuori fuoco. Si chiese se fosse sul punto di svenire.
 
Non svenne, ma gli furono addosso, gli bloccarono i polsi dietro la schiena e chiusero rigidamente le manette di osso di drago.
 
Si riprese: «Lasciatemi andare, bastardi!» Gridava, agitandosi, e scalciando mentre lo sollevavano da terra. Sentì Alys dire qualcosa, ma non capì bene cosa, un po’ perché urlava, un po’ perché le guardie lo stavano ormai trascinando fuori e lui, a causa dei dolori e della stanchezza, non aveva forze sufficienti per opporsi.
 
Da qualche parte, il suo omonimo stava ridendo, ne era sicuro.
 
Maledetta la sua impulsività.

 
Angolo Autore
Avete presente quando avete già scritto il capitolo, fatto progetti, ma il vostro personaggio fa di testa sua e vi costringe a cambiare le cose? Ecco. Il piano originale era di avere un dialogo in cui avrebbero accettato, e un banchetto subito dopo, ma ovviamente Vanterpillar doveva menare le mani quindi eccoci qua! Anche se, al posto suo, difficilmente saremmo tutti stati zitti e buoni a subire insulti razzisti per metà del tempo. Comunque, non so quando saranno le prossime pubblicazioni, (colpa di Vanyan, non mia, ho dovuto riscrivere tutti i capitoli dopo questo lol) ma spero di essermi fatta perdonare con la lunghezza del capitolo.
Alla prossima <3

 
   
 
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