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Autore: AndyWin24    07/02/2024    1 recensioni
Mentre a Camelot la giornata scorre quieta e tranquilla, ecco che all’improvviso un’antica e potente creatura fa la sua comparsa, minacciando la pace nel regno. Per sconfiggerla, Merlino e Artù dovranno unire le forze con dei misteriosi avventurieri, in apparenza connessi con il male appena sopraggiunto.
(Cross-over tra le serie tv Merlin (BBC) e Willow (Disney))
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Gaius, Gwen, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Capitolo 12
La magia che unisce
 
   «Ecco fatto. Siete pronto.» disse Merlino, sistemando l’ultimo pezzo dell’armatura sulla spalla di Artù.
   Il re non disse niente e si apprestò a controllare che fosse tutto in ordine.
   «Come vi sentite?» chiese il servitore. «Mi sembrate teso.»
   «Non sono teso.» ribatté Artù stizzito. «Non è di certo la prima volta che vado in missione.»
   «Ma stavolta dovrete affrontare una creatura magica molto pericolosa. Non avete paura?»
   «Certo che no! E poi non potrei permettermelo. Sono il re e devo pensare ai miei doveri prima di ogni altra cosa.»
   «Allora, cosa avete?» insisté Merlino.
   «Te l’ho già detto: niente!»
   «Oh, no! Non ditemi che dovete fare pipì! Perché, in tal caso, avreste dovuto pensarci prima che vi mettessi l’armatura.»
   «Non dire sciocchezze!» sbottò Artù, in imbarazzo. «Non è per questo.»
   «E per cosa, allora? Forza! Sputate il rospo!»
   Artù sbuffò contrariato. Però, vedendo l’insistenza del suo servitore, alla fine cedette.
   «E va bene!» disse, incrociando le braccia. «Mi stavo domandando semplicemente se avessi fatto bene.»
   «A fare cosa?»
   «A fidarmi di Willow e degli altri.»
   «Capisco. Quindi, avete dei ripensamenti?» chiese Merlino.
   «Può darsi.» rispose il re, scrutando la lama della sua spada e perdendosi nel suo riflesso. «Non ne sono sicuro. Mi sembra di fare la cosa giusta, ma non so se ho deciso in maniera un po’ troppo… affrettata.»
   Merlino annuì mentre osservava dalla finestra il gruppo di Willow già pronto subito fuori il castello.
   «Non posso fare molto per fugare i vostri dubbi. Ma, come spesso dite, una persona può essere giudicata in molti modi, compreso quello in cui combatte. Ho saputo che ieri mattina vi siete allenato con la principessa Kit. Perciò, vi chiedo che impressione vi ha fatto.»
   Artù ci pensò per un attimo.
   «Se la cava bene con la spada, soprattutto considerando la sua giovane età. È testarda, molto testarda, in effetti. Ma in fondo ha un buon cuore.»
   «Testarda e di buon cuore? Mmmh, mi ricorda qualcuno…» commentò Merlino, ironico.
   «Che vuoi dire?»
   «Che vi somiglia molto, sire.»
   «Ma che dici?! Io non sono testardo!» replicò Artù, seccato.
   «No, certo che no… Specialmente quando reagite così…» ribatté il servo, sogghignando. «Comunque, tornando alla questione: pensate che meriti la vostra fiducia?»
   «Sì. O almeno merita una possibilità per mettersi alla prova.»
   «Bene. Allora, mi sembra che vi siate risposto da solo, no?»
   Artù annuì, d’un tratto più sollevato.
   «D’accordo. Forza, allora. Andiamo.» disse Merlino, incamminandosi verso la porta.
   «Aspetta un attimo.» lo fermò Artù. «Andrò io. Tu, invece, rimarrai qui, al castello.»
   «Cosa vi salta in mente?! Perché non volete che venga con voi?»
   «È troppo pericoloso. Non sei un guerriero e non voglio che rischi la vita per niente. Non mi saresti utile in alcun modo sul campo di battaglia.»
   «Ma che dite? Certo che vi sarei utile!»
   «E a che cosa? Sentiamo.»
   «Beh…» disse il servo, tentennando. «Io vi guarderei le spalle, come al solito.»
   «Sì, certo.» ribatté Artù, sarcastico. «Allora, vorrà dire che stavolta me le “guarderò” da solo le spalle.»
   Merlino scosse il capo, categorico.
   «Non se ne parla. Io vengo con voi.»
   «Smettila, Merlino.» lo ammonì Artù. «Rimarrai qui. Fine della discussione. Quando tornerò, voglio poter avere ancora il mio servitore.»
   «Ed io il mio re.» replicò il ragazzo con decisione.
   Artù lo fissò per un momento e capì che alla fine non l’avrebbe mai spuntata.
   «Va bene, fa’ come ti pare!» disse, uscendo dalle sue stanze. «Tanto lo fai sempre!»
   Merlino lo seguì a ruota, sorridendo soddisfatto.
   «Vi ringrazio.»
   «E poi sarei io quello testardo!» borbottò il re, affrettando il passo.
 
***
 
   Dopo aver raggiunto gli altri, Merlino e Artù si incamminarono con loro a cavallo verso la foresta di Balor. Durante il tragitto la tensione era palpabile, al punto che nessuno aprì bocca. Solo quando furono al limitare della radura, Artù ruppe quel silenzio.
   «Da qui proseguiamo a piedi.» disse, scendendo dalla sella.
   «Quant’è grande questa foresta?» gli chiese Boorman.
   «Abbastanza.» rispose il re, guardandosi intorno. «In ogni caso, raccomando a tutti di tenere gli occhi aperti. Leviatano o meno, ci sono molte insidie in quest’area. Sarebbe poco saggio farsi trovare impreparati ad un qualsiasi genere di attacco.»
   Tutti annuirono, avanzando con maggiore cautela.
   «Come faremo a trovarlo?» domandò d’improvviso Jade.
   «Non c’è un modo preciso.» disse Willow, cupo in volto. «Ecco perché abbiamo bisogno di qualcuno che… lo attiri.»
   Così dicendo, lanciò verso Boorman il cristallo magico che fino a poco tempo prima era incastonato sulla punta del suo bastone.
   «Cosa dovrei farci?» chiese l’uomo, afferrandolo.
   «Niente. Dovrai solo tenerlo in mano. Se il Leviatano è a caccia di energia, sono certo che questo lo condurrà fino a noi.»
   «È questo l’oggetto che avevate quando siete state scoperte nell’armeria?» domandò Artù, rivolgendosi a Elora e Kit.
   «Sì.» confermò quest’ultima.
   «Allora era vero che avevate qualcosa di magico con voi.»
   «Sì, però non lo stavamo usando per compiere magie.» puntualizzò Elora.
   «E che cosa ci stavate facendo?» chiese ancora Artù, un po’ insospettito. Merlino intanto fece cenno di nascosto a Willow di intervenire e risolvere quell’inconveniente.
   «L’avevamo appena sottratto ad una potente strega.» disse il Nelwyn, sbrigativo. «Sarà capitato anche a voi di venire in possesso di oggetti magici, no?»
   «Sì, in effetti è capitato diverse volte.»
   «Noi abbiamo fatto lo stesso. Per il bene di tutti, ovviamente.»
   Artù annuì, abbastanza convinto da quella risposta. Prima che potesse dire altro, però, Kit intervenne per cambiare argomento.
   «Avete avuto altre notizie sull’avvistamento di Airk?»
   «No. Ma non mi preoccuperei, se fossi in te. Il luogo in cui sarebbe stato visto è a quasi un giorno da Camelot. Dato che ho inviato una squadra soltanto ieri, non avremo nuove informazioni prima di domani.»
   «Ah, ho capito.» replicò la principessa, intristita.
   «Sei molto legata a tuo fratello, non è vero?» domandò Artù, notando la sua reazione.
   «Non è questo il punto. Il problema è che lo avevamo appena salvato dalla strega che lo aveva rapito solo per perderlo di nuovo subito dopo. Non mi sembra giusto che sia andata a finire così, ecco!»
   «Comprendo. Ma, se posso chiedertelo, come mai era stato rapito? Non si sente spesso di maghi o streghe che rapiscono qualcuno. È… insolito.»
   Kit si sentì un attimo in difficoltà. Non poteva dirgli la verità, ovvero che Airk, come anche lei stessa del resto, possiede in sé il sangue di Bavmorda e che la Megera voleva sfruttarlo per i suoi loschi scopi.
   «Perché voleva metterlo contro la sua famiglia.» rispose prontamente Jade. «Per fortuna, noi siamo arrivati in tempo e non glielo abbiamo permesso.»
   Artù sbarrò gli occhi per un momento, poi fissò dritto davanti a sé.
   «C’è qualcosa che non va?» chiese Kit.
   «No, è solo che… mi è tornato alla mente un evento spiacevole riguardante mia sorella.» spiegò il re, un po’ turbato. «Anche lei venne rapita da una strega anni fa.»
   «E poi cosa successe? L’avete ritrovata?»
   «Sì, però non era più la stessa. Era tornata, ma non siamo mai riusciti veramente a salvarla. I piani di Morgause, la strega che l’aveva presa, si realizzarono e per lei non ci fu più nulla da fare.»
   «Quindi, non siete riuscito a farla tornare in sé?»
   Artù scosse la testa, mesto.
   «No, purtroppo. Il male che le era stato inculcato è tuttora dentro di lei. Ora, l’unica cosa che desidera è la mia morte e il trono del regno. Della persona buona che era non è rimasto più nulla.»
   Kit lo guardò con tristezza, ripensando agli avvenimenti accaduti alla Città Immemore. Per poco anche lei non era stata vicina a vivere quella stessa situazione. In quel momento si sentì ancora più grata per essere riuscita a salvare il fratello prima che fosse troppo tardi.
   «Scusate se interrompo le vostre chiacchere a cuore aperto…» intervenne Boorman. «… ma, guardate un po’ là.»
   Tutti si voltarono verso il punto che aveva indicato, osservando un grosso buco sul terreno a pochi metri da dove si trovavano.
   «È quello che penso?» chiese Jade, preoccupata.
   «Azzarderei a dire di sì.» commentò Boorman. «A meno che in questa foresta non ci sia un’enorme talpa, penso che si tratti della tana del Leviatano. Giusto, Willow?»
   Il Nelwyn si avvicinò di poco all’apertura nel terreno.
   «Non abbiamo nessuna certezza, ma non credo che possa trattarsi di qualcos’altro. Voi che dite, Artù?»
   «Che io sappia, la foresta di Balor non è un luogo molto frequentato. Tuttavia, una cosa del genere sarebbe stata notata ben prima, a meno che non sia stata fatta di recente.»
   «Ma perché la creatura ha una tana nel terreno?» domandò Jade, confusa. «È alata, quindi non ha molto senso.»
   «Ce l’ha, invece.» la contraddisse Willow. «Il Leviatano è un divoratore di energia. E quale miglior fonte di potere che la terra stessa? Nel sottosuolo ci sono le linfe vitali delle piante e della natura. La creatura evidentemente se ne serve per saziare la sua sete di vita. È poderoso e disgustoso al tempo stesso, ma è così, purtroppo.»
   «Sì, va bene, ma come lo facciamo uscire da lì?» chiese Boorman.
   «Dipende da te.» rispose Willow con semplicità. «Avvicinati alla voragine e vediamo se la magia del cristallo lo attrarrà in superficie.»
   Boorman assunse un’espressione agitata. Si era decisamente pentito di averlo domandato, ma fece come gli era stato detto e si mosse verso il buco nel terreno.
   «Come mi accorgo che il Leviatano sta arrivando? Emette una specie di suono o verso, oppure ci sono dei segnali più evidenti?»
   «Non temere, Boorman. Sono sicuro che non sarà difficile accorgersi del suo arrivo.»
   L’uomo annuì, preoccupato. L’agitazione lo stava sopraffacendo, ma rimase ugualmente vigile e in attesa. Una volta che fu sul bordo del dirupo, sentì una specie di rumore provenire al suo interno. Non uno qualsiasi, bensì lo stesso che emetteva il vento nei giorni di tempesta. Fu agghiacciante ascoltarlo, sia per lui che per gli altri. Dopo alcuni secondi, qualcosa, simile ad una luce, si manifestò dal fondo di quella voragine. La luce si fece man a mano sempre più grande e intensa, finché non sbucò fuori dalla tana e si alzò in volo, sopra alle teste dei presenti.
   «Gyyyaarr!»
   «Sì, è proprio lui!» confermò Boorman, allontanandosi a grandi falcate dall’apertura nel terreno.
   In quell’istante, Willow rimase paralizzato ad osservarlo. Non per la paura, bensì per lo stupore.
   «Cosa c’è Willow?» gli chiese Kit, agitata.
   «È più grande rispetto a quando lo abbiamo affrontato alla Citta Immemore.»
   «Hai ragione.» convenne Jade mentre sguainava la spada. «Anche il suo colore è diverso. È più scuro.»
   «L’energia che ha assorbito finora deve averlo potenziato a dismisura.» commentò il Nelwyn con angoscia.
   Nel frattempo, Artù si portò subito davanti a tutti e iniziò a gridare delle indicazioni.
   «Forza! Non rimanete lì! Mettetevi in posizione! Dobbiamo prepararci a respingerlo!»
   Fu a quel punto che Merlino gli si avvicinò di soppiatto alle spalle.
   «Swefe nu!» recitò, con la mano rivolta verso il re. Quest’ultimo chiuse gli occhi di colpo e cadde all’indietro addormentato tra le braccia del suo servitore.
   «Mi dispiace, Artù.» disse, mentre lo trascinava via verso un cespuglio.
   Il piano che aveva preparato con Gaius e Willow prevedeva che, prima di affrontare a viso aperto il Leviatano, avrebbero dovuto usare la magia per indebolirlo. Questo, ovviamente, non sarebbe stato possibile con Artù guardingo al loro fianco. Per tale motivo Merlino aveva escogitato quello stratagemma per metterlo fuori gioco quel tanto che bastava.
   «Avanti, Elora!» esclamò, in direzione della ragazza. «Adesso tocca a te!»
   «Sì, Elora, ti prego, sbrigati!» aggiunse Boorman, respingendo con la sua grande spada l’assalto della creatura, attratta inevitabilmente dal cristallo. Anche Kit e Jade si fecero avanti per dargli man forte a tenerla a bada. Ma il Leviatano era implacabile. Con un colpo di coda, scaraventò tutti e tre a gambe all’aria contemporaneamente. Elora intanto si preparò a lanciare l’incantesimo.
   «Bidh mi gad dhrèanadh de do lùth gu lèir!»
   Ma non accadde nulla. Così, la ragazza tentò di nuovo.
   «Bidh mi gad dhrèanadh de do lùth gu lèir!»
   Ancora una volta, non ci fu alcuna reazione. Nessun lampo di luce o qualsivoglia manifestazione magica. Non successe proprio niente.
   «No… Non ci riesco…» disse Elora, presa dallo sconforto.
   «Coraggio, non ti arrendere!» la incitò Willow, in piedi al suo fianco.
   Merlino, intanto, osservò tutta la scena attonito. Non c’era più tempo. Il Leviatano stava avendo la meglio, con Jade, Kit e Boorman ormai messi alle strette dalla sua furia. Quest’ultimo si trovava a terra, con le grosse fauci della creatura a pochi centimetri dal corpo. Con l’enorme spada che soleva utilizzare in battaglia, riusciva malapena a tenerla a distanza.
   «Che devo fare?» si chiese il giovane mago ad alta voce.
   D’un tratto, gli venne in mente un’idea. Era azzardata, ma, se i suoi ragionamenti erano corretti, avrebbe anche potuto funzionare. Così, chiuse gli occhi e si concentrò intensamente. Poi, con grande sforzo, cercò di ignorare i vari rumori della battaglia: i klang metallici delle spade, i soffi del vento causati dallo spostamento in volo del Leviatano, le urla di chi stava combattendo. Tentò con tutte le sue forze di lasciar perdere quei suoni e di focalizzarsi su quello che realmente stava cercando. Non fu facile, ma ad un certo punto lo sentì.
   Tu-tum.
   Quel suono lo fece ridestare dallo stato di trance in cui era finito. Era un battito. Un semplice e debole battito. Ma era anche la loro unica speranza. Quel battito, infatti, significava che Kilgharrah era in errore. Il Leviatano non aveva perso completamente la sua natura. Una parte del suo essere era ancora vincolata alle sue origini di drago. Fu a quella parte che Merlino si rivolse quando aprì gli occhi.
   «Dragorn. Non didlkai. Kari miss, epsipass imalla krat. Katostar abore ceriss. Katicur. Me ta sentende divoless. Kar… krisass!»
   In quel preciso istante, il Leviatano si fermò in volo a mezz’aria, rilasciando i suoi artigli dalla spada di Boorman. La sua testa iniziò a divincolarsi da una parte all’altra, agonizzante. Poi, si voltò verso Merlino. A quel punto, emise un ruggito sonoro che riecheggiò per tutta la foresta.
   «Gyyyyaaarrr!»
   «Ahhh!» urlò Merlino in risposta. Quel boato stridente gli perforò la mente e il cuore, più che i timpani.
   «Che succede?!» chiese Boorman, confuso. «Perché si è fermato?»
   Willow, che aveva osservato tutto in disparte, si avvicinò al ragazzo.
   «Merlino? Come hai fatto a fermarlo?»
   «Elora!» gridò lui, con voce sofferente, ignorando tutti. «Non lo tratterrò… ancora per… molto…»
   Il Leviatano, infatti, stava facendo resistenza alla magia di Merlino. La sua natura di drago lo rendeva vulnerabile al potere di un Signore dei Draghi, ma lui non era più solo un drago. Era corrotto, come aveva detto Kilgharrah. Prima o poi, si sarebbe liberato dall’influsso di Merlino e quindi non c’era un secondo da perdere.
   «Mi dispiace, ma non riesco ad usare l’incantesimo!» ribatté Elora, quasi in lacrime.
   «Accidenti!» imprecò Willow. «Sarebbe stato tutto più facile con la bacchetta di Cherlindrea! Ci vorrebbe un oggetto che funga da catalizzatore! Ma anche il mio bastone è fuori uso! Questo proprio non ci voleva!»
   «Usate… il flauto…» intervenne Merlino, quasi allo stremo delle forze.
   Willow sussultò come se si fosse appena risvegliato.
   «Il flauto?» ripeté, voltandosi verso Elora. «Ma certo! Il flauto di Graydon!»
   La ragazza, con un’espressione smarrita, lo tirò fuori da una tasca e lo osservò per un attimo. Lo portava sempre con sé da quando Graydon era morto. Ma non capiva come avrebbe potuto usarlo.
   «Non funzionerà.» disse, rivolta a Willow. «Me lo hai insegnato tu: un oggetto deve essere importante per chi lo usa per poter diventare un catalizzatore magico. Per Graydon questo flauto significava molto, ma per me non è lo stesso.»
   «Ti sbagli, Elora.» la contraddisse il Nelwyn. «Quel flauto è l’unica cosa che ti è, anzi che ci è rimasta di Graydon. Il legame che ci univa a lui è racchiuso nei nostri cuori ed emerge grazie a qualunque cosa ce lo ricordi, come questo oggetto. Secondo me può funzionare.»
   «Ne sei sicuro?»
   «Beh, tentare non guasta. Non mi sembra che abbiamo altra scelta.»
   Elora si fermò a fissare il flauto. Poi, annuì sicura e lo puntò verso il Leviatano, ancora immobile sopra le loro teste.
   «Bidh mi gad dhrèanadh de do lùth gu lèir!»
   Delle scintille verdi fuoriuscirono dallo strumento, disperdendosi però nell’aria.
   «Prova ancora.» la esortò Willow. «Ma, stavolta, pensa a Graydon quando pronunci le parole.»
   Anche Kit intervenne, avvicinandosi.
   «Ricorda quello che mi hai detto alla Città Immemore: “l’amore…»
   «…è la forza più potente di tutto l’universo.”1» concluse Elora, rimettendosi in posizione. «Bidh mi gad dhrèanadh de do lùth gu lèir!»
   In quell’istante, dal flauto scaturì una scia luminescente, mista dei colori viola e smeraldo, che si andò ad abbattere contro il Leviatano. L’impatto generò un fulgore abbagliante che inghiottì completamente la creatura.
   «Ben fatto, Elora!» esclamò Willow, coprendosi gli occhi per non rimanere accecato.
   Dopo l’esplosione di magia, la luce iniziò pian piano ad affievolirsi, fino a sparire del tutto. Il Leviatano la assorbì fino all’ultima scintilla di energia. Tuttavia, quella fu la sua condanna. L’incantesimo, infatti, carico di magia nociva, dissipò in pochi attimi tutte le forze accumulate dalla creatura fino a quel momento.
   Merlino osservò con stupore come le squame del Leviatano cambiarono colore, passando da un nero opaco a un grigio spento, e come la sua stazza si ridusse parzialmente, mutando dalla conformazione di un simil-drago a quella di una semplice e piccola viverna.
   «Ha funzionato.» notò Kit, rincuorata.
   «Già.» convenne Boorman, sogghignando.
   Merlino, intanto, camminò barcollante verso Elora.
   «Brava. Hai visto che ce l’hai fatta?!»
   «Sì.» rispose lei con un mezzo sorriso. «Ma il merito è stato anche tuo.»
   «Siete stati bravi entrambi.» decretò Willow, soddisfatto. «Ma adesso è meglio se ci spostiamo e lasciamo fare il resto agli altri. Purtroppo, non è ancora finita.»
   Tutti e due i ragazzi annuirono e si apprestarono ad allontanarsi dal campo di battaglia, zoppicando per la fatica. Il Nelwyn così li afferrò ciascuno per un braccio e li aiutò a non cadere.
   «Un attimo.» disse Merlino, fermandosi all’improvviso e voltandosi verso il cespuglio in cui aveva lasciato Artù, dormiente.
   «Ic acwoce the! Ic the bebeode thaet thu nu slaepest!»
   A quel punto, il giovane re si ridestò dal suo sonno e si alzò di scatto, mentre Merlino riprese a camminare.
   «Conto su di voi, Artù. Adesso, è tutto nelle vostre mani.»


 


 
Note
 
1 – Riferimento all’episodio 8 della 1a stagione di “Willow – La serie”, “Figli del Wyrm”. Elora ricorda quella frase a Kit per spronarla a salvare Airk, caduto vittima dell’influenza della Megera.
   
 
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