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Autore: Alyssa92    09/02/2024    2 recensioni
Draco Malfoy e Ginny Weasley sono completamente diversi. Eppure, c'è qualcosa che li accomuna: l'insoddisfazione per la propria vita. E se questo fosse un pretesto per avvicinarsi l'uno all'altra?
La storia è ambientata in un alternarsi temporale tra "ieri", ovvero il sesto anno di Harry Potter ad Hogwarts e "oggi", ovvero due anni dopo. La guerra è nel pieno del suo svolgimento. Cosa succederà?
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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I personaggi della saga di Harry Potter sono di proprietà dell’autrice JK Rowling e l’opera, di mia invenzione, è stata scritta senza scopo di lucro

Capitolo 2
IERI
 
Ginny
 
Era pronta per gli allenamenti di Quidditch.
Si stavano allenando duramente, così tanto che ormai non stava più dietro alle lezioni. 
Così tanto che avrebbe dovuto passare il weekend intero chiusa in biblioteca per recuperare i compiti che era stata costretta a lasciare indietro. 
Ma in realtà la cosa non la disturbava più di tanto. Almeno, avrebbe avuto una buona scusa per evitare Harry. A quel pensiero sospirò, sentendosi in colpa. 
Era passato quasi un mese dalla serata della cena del Lumaclub e si sentiva sempre più svuotata. 
Le ultime emozioni che aveva provato, erano state il momento in cui…
No
Cancellò dalla sua testa il ricordo del litigio con Malfoy sulla Torre di Astronomia. 
La verità era che, quando era uscita di lì, si era sentita viva come non si sentiva da tempo. Il suo sguardo era tornato luminoso, le guance arrossate, il cuore… 
Ma no
Doveva togliersi dalla testa quegli assurdi pensieri. Era semplicemente stato l’unico in grado di irritarla come nessun altro al mondo e nient’altro. 
Nient’altro
Le sue compagne di stanza stavano parlando di qualcosa, ma a lei non interessava ciò che avevano da dire. Per evitare di ascoltare quel fastidioso chiacchiericcio, decise di avviarsi verso gli spogliatoi. 
Era in anticipo, ma non importava. 
Nel frattempo, avrebbe iniziato a riscaldarsi. 
 
Aveva già un piede sull’erba del campo, quando una voce melliflua particolarmente fastidiosa attirò la sua attenzione. 
“Weasley” si voltò di scatto, la scopa ben stretta nel pugno. Improvvisamente, il cuore aveva pompato più veloce nel petto. “E quello sarebbe un manico di scopa?”
Draco Malfoy in divisa da Quidditch la stava scrutando dall’alto in basso, a circa tre metri di distanza da lei. Ginny non rispose per qualche istante, colta alla sprovvista. Poi, ritrovò le parole. 
“Malfoy” quasi mangiò il suo nome per l’irritazione. “E quella sarebbe una battuta? Ormai è vecchia, non fa più ridere neanche Tiger” lo zittì, incrociando le braccia al petto. 
“Che diavolo ci fai qui, comunque?” Malfoy staccò le spalle dalla parete alla quale era appoggiato e mosse un passo verso di lei. 
“Mi alleno, razza di cretino” rispose Ginny. “Ma non hai letto gli orari del campo? La vera domanda è che cosa ci fai tu qui? Oggi tocca a noi, perciò smamma”
“Non credo proprio, Weasley” ribatté lui con aria di superiorità. Dio, quanto la irritava. Lo vide estrarre una pergamena con una calligrafia dall’aria elegante. Ginny iniziò a scorrere rapidamente con gli occhi la scritta, ma non ce ne fu bisogno, perché il Serpeverde iniziò a leggere ad alta voce. "Permesso straordinario per l'allenamento di Quidditch. In occasione della partita... bla bla bla... il campo si considera prenotato dal Capitano Draco Malfoy e dalla sua squadra. Firmato Severus Piton" tornò a fissare gli occhi nei suoi e si sporse verso di lei con aria minacciosa. "Vattene tu, Weasley"
Ginny stava per ribattere qualcosa di velenoso, ma improvvisamente un chiacchiericcio concitato li interruppe, obbligandoli a voltarsi in direzione di quel suono. Le squadre di Serpeverde e Grifondoro al completo si stavano riversando sul campo da Quidditch, litigando furiosamente tra loro. Malfoy alzò le sopracciglia, irritato e Ginny incrociò le braccia al petto per qualche istante. 
Harry in pochi secondi fu al suo fianco e questo scatenò l’ilarità di Malfoy. 
“Bene bene bene, San Potter che viene a difendere la sua promessa sposa” il suo tono era al tempo stesso strafottente e gelido. “Patetici”
“Taci, Malfoy” Ron agitò un pugno in aria con espressione corrucciata. 
“Ginny non ha bisogno di essere difesa, idiota che non sei altro” intervenne Harry, stringendo la bacchetta tra le dita. 
“Oh su questo non ho dubbi” fece Malfoy, “non so chi di voi due sia più irritante. Siete una coppia perfetta, ora che ci penso” guardò Ginny negli occhi sollevando le sopracciglia, come se fosse un messaggio più che altro per lei. Come se le volesse ricordare le parole che le aveva detto sulla Torre. Potter è un perdente, proprio come tuo padre
“Vattene Malfoy, tu e la tua squadra di scimmioni senza cervello” intervenne Harry. 
Malfoy fece una risata fredda. 
“Non credo proprio, Potter” sventolò ancora una volta quel maledetto foglio di pergamena davanti alla loro faccia. Le squadre si erano sistemate ciascuna dietro al proprio capitano e boati di offese reciproche esplodevano da entrambe le parti, così forte che quasi faticavano a sentirsi tra loro. 
Ginny non ne poteva più di quel teatrino. Ad un certo punto, perse la pazienza, si porto due dita alla bocca e fischiò con quanto più fiato avesse in gola. “Adesso basta!” gridò, facendo zittire tutti. 
Tutti, eccetto uno. 
“Molto femminile, Weasley, i miei complimenti” la prese in giro, applaudendo lentamente le mani e facendo scoppiare a ridere la sua squadra di idioti senza neuroni. 
“Taci, brutto cretino” intervenne nuovamente Ron, prendendo le sue difese. Malfoy voltò lo sguardo su di lui, schifato come se fosse un grosso insetto parlante.
“Eccolo… Weasley, il nostro re!” altro scoppio di risate. 
“Mi hai proprio stancato” Ginny si fece avanti, stringendo forte la scopa, la rabbia che le faceva fischiare le orecchie. “Vuoi il campo? Guadagnatelo, pappamolle che non sei altro. Ti sfido ad afferrare il boccino prima di me” lo guardò negli occhi con aria di sfida e fece un passo in avanti. Un coro di “ooooh” si levò dalla squadra Serpeverde.
Harry e Ron le afferrarono le braccia come per trattenerla. Tentarono di dissuaderla, la implorarono, ma lei non li sentì neanche. Si divincolò e fece un altro passo verso Malfoy. 
In quel momento non vedeva altro che quegli occhi grigio cielo. E quel sorriso pomposo. 
Non vedeva l’ora di levarglielo dalla faccia. 
“Sei una povera, piccola illusa se speri di battermi, Weasley” anche Malfoy fece un passo in avanti e si ritrovarono ad appena venti centimetri di distanza. Si guardarono in cagnesco.
“È un modo indiretto per dire che non accetterai la sfida? Scommetto che te la fai sotto, razza di codardo insignificante” Ginny era decisa a portare a termine la questione. 
“Non sai contro chi ti sei messa” replicò, sicuro di sé. “Potter, Weasley” Malfoy si rivolse improvvisamente a Harry e Ron, senza tuttavia staccare lo sguardo da quello di Ginny. “Vi volete far salvare il culo ancora una volta da una stupida ragazzina, a quanto vedo… d’altronde, chi nasce senza palle…” avvicinò il viso a quello di Ginny. 
“Tu ne sai qualcosa, vero, Malfoy?” lo interruppe lei senza distogliere lo sguardo. Lui ignorò il commento.
“Sfida accettata, piccola pezzente” disse soltanto. 
“Vedremo chi avrà il campo, stupido spocchioso dei miei stivali” con quelle parole Ginny gli voltò le spalle e afferrò la propria scopa. Harry la bloccò per un braccio. 
“Tieni la mia” le disse, dandole in mano la sua scopa fiammante. “Con questa avrai più possibilità. Almeno giocherete ad armi pari.”
Ginny la afferrò con mano tremante. 
Improvvisamente, non era più tanto sicura che fosse stata una buona idea quella di sfidare Malfoy. 
 
 
Draco
Doveva ammettere che la Weasley sulla scopa se la cavava piuttosto bene. Era veloce e agile, anche se non quanto lui. 
Nonostante l’improvvisa pioggerellina che aveva iniziato a battere sulle loro vesti rendesse la visuale meno limpida, riusciva a individuare quella chioma rosso fiammante più o meno ovunque. 
Dio, quanto lo faceva incazzare. 
Non vedeva l’ora di levare quel sorrisetto dalla sua bocca, quando finalmente le avrebbe strappato il boccino davanti alla faccia.
"Sei ancora così sicura di battermi, Weasley?" le chiese, giusto per provocarla un po'. Era da circa mezz'ora che volevano su e giù per il campo, senza che succedesse nulla di interessante e lui si stava decisamente annoiando. Odiava perdere tempo. 
"Puoi scommetterci" gli rispose, guardandolo con quel broncio così tipico di lei. Trattenne un sorriso. 
Ultimamente, gli sembrava di distrarsi solo quando la punzecchiava e la cosa era molto strana. Persino per uno come lui. 
Era passato quasi un mese da quella sera sulla Torre di Astronomia, e da allora le sue giornate erano state incredibilmente piatte. Vuote. Inutili.
Si era acceso solo un paio di volte da quella sera, e tutte e due le volte era stato a causa di quella Grifondoro. Una volta l'aveva incontrata per caso nei corridoi e si erano scambiati qualche battuta e un duello niente male, che aveva fatto beccare una punizione ad entrambi. 
La volta dopo, avevano litigato per qualche altro motivo stupido che ora neanche ricordava, appena fuori dall’aula di Pozioni, ma quella volta grazie a Piton era stata punita solo lei. 
E ora… beh, erano lì che si sfidavano a Quidditch. 
E lui la odiava. 
La odiava perché gli sembrava di sentirsi vivo solo quando litigava con lei.
E non andava bene.
Ma probabilmente, era solo perché la sua presenza lo faceva incazzare da morire.
Solo per quello.
"Puoi ancora arrenderti, così non sarai costretta a rimetterci la faccia" continuò a stuzzicarla, se non altro per levarsi di dosso quella strana sensazione. Con gli occhi continuava a scrutare rapidamente il cielo. Non c'era traccia del boccino.
"L'unico che ci rimetterà la faccia qui sei tu, Malfoy" rispose lei, avvicinandosi a lui con la scopa fino ad affiancarlo. "Ti immagini le risate di scherno quando una come me ti schiaccerà come un moscerino?" gli fece un sorriso da arpia. 
Lui non ebbe il tempo di ribattere, perché un movimento poco distante catturò la sua attenzione. 
Lo aveva visto. 
Il boccino. 
Si lanciò all’inseguimento, sfrecciandole accanto e lei gli fu subito alle calcagna. Il boccino stava andando in direzione della foresta proibita, così si allontanarono dai cori dei loro compagni che provenivano dal campo di Quidditch. 
Si allontanarono sempre di più, in mezzo agli alberi, tra i rami, poi ancora su nel cielo. Nessuno dei due riusciva a prevaricare l’altro. I suoni si erano attutiti e Draco riusciva a sentire solo il rumore del vento che gli fischiava nelle orecchie. Aveva provato a schivare, fare delle finte, ma la Weasley non mollava. 
Finalmente il boccino sembrò rallentare e scendere in picchiata. Stava andando in direzione del lago nero. 
Accelerarono. 
Arrivarono sopra al lago. 
Il boccino era proprio lì, davanti alla sua scopa, sul pelo dell’acqua. 
Draco allungò la mano, proprio nello stesso istante in cui la allungava anche la Weasley. 
Non capì bene come, ma le loro scope improvvisamente si impigliarono tra loro. Perse l’equilibrio e vide la mano della Weasley sfiorare il boccino. Si scambiarono uno sguardo di sfida, poi…
La scopa lo disarcionò con uno strattone e una secchiata di acqua gelida gli fece capire che era improvvisamente caduto dentro il lago. 
A mani vuote. 
Come un imbecille. 
Per un istante gli parve di non avere più aria nei polmoni, perché faceva veramente freddo, cazzo. Non vide più né la Weasley, né il boccino, né la sua fottuta scopa. 
Gliel’avrebbe pagata, quella piccola insulsa.
Si spostò i capelli dalla faccia e tentò di asciugarsi gli occhi con la divisa annegata. 
La Weasley era davanti a lui che nuotava per stare a galla, con il boccino ben stretto tra le mani. Stava sorridendo, in preda all’estasi della vittoria. 
Si sarebbe vendicato, ne era certo. 
E probabilmente a breve. Magari l’avrebbe potuta affogare, anche se forse qualcuno se ne sarebbe accorto.
“Pare che qualcuno qui…” iniziò lei, ma si interruppe e il suo sorriso scomparve. 
“Che c’è, ti si è improvvisamente seccata la gola?” le chiese, sarcastico. Ma lei aveva assunto una smorfia di dolore e, improvvisamente, la vide scomparire sotto al lago mentre tentava di divincolarsi, schizzando da tutte le parti. 
Ma che cazzo…?
Affondò la testa sotto la superficie dell’acqua, con gli occhi ben aperti e vide una squadra di Avvincini attorno alla Weasley. A occhio e croce, dovevano essere una trentina. L’avevano afferrata con quelle orribili dita e la stavano trascinando verso il fondo del lago. Lei tentava di divincolarsi, ma erano troppi. Senza pensarci più di tanto, prese la bacchetta e sparò qualche incantesimo per liberarla. In fondo, non voleva finire nei guai per colpa della Weasley. Se si fosse venuto a sapere che lei era in pericolo e lui si era rifiutato di aiutarla, sarebbe scoppiato il putiferio. Draco sapeva che le Sirene erano amiche di Silente. Avrebbero parlato. E lui non aveva tempo di finire nei guai, aveva un compito da portare a termine. 
Fu in quel momento che una decina di Avvincini gli afferrò le gambe da dietro. Fortunatamente aveva ancora la bacchetta tra le mani, quindi si liberò con poca fatica e tornò con la testa fuori dal lago per riprendere finalmente ossigeno. Stava per terminarlo. 
La faccia della Weasley era a pochi centimetri dalla sua. Aveva appena finito di sputare quello che doveva essere mezzo litro di acqua dai polmoni. 
Era bianca e aveva il respiro incredibilmente affannoso. 
Lei puntò gli occhi nei suoi senza la solita espressione di ostilità. 
Erano ancora più azzurri di quanto si ricordasse. 
E sembravano più fragili del solito.
Strinse i pugni come per impedirsi di toccarla, perché gli era venuta un’incredibile voglia di farlo. Di sentire la sensazione della sua pelle sotto le dita.  
Nessuno dei due parlò per un lungo istante.
Erano davvero molto vicini.
Da lì, avrebbe potuto contare le lentiggini sul suo viso minuto. 
I capelli bagnati le incorniciavano il viso in una maniera strana. 
Sentì un brivido lungo la schiena. 
Doveva essere perché l’acqua era ghiacciata, giusto?
E il cuore batteva così forte perché aveva appena finito di lottare, vero?
“Immagino… di doverti ringraziare” mormorò lei, infine. Aveva ancora il fiato corto.
Sembrava stranita da quelle parole.
Ma lui lo era di più. 
Mai al mondo si sarebbe sognato di aiutare una Weasley. 
“Non l’ho fatto per te” rispose, mormorando.
C’era qualcosa di strano tra loro, una sorta di elettricità che non preannunciava niente di buono. 
Ma era possibile che anche lei sentisse le stesse cose che sentiva lui?
Forse, era solo stremata. Se fosse stata un’altra persona, si sarebbe aggrappata a lui per riprendere fiato. Ma si trattava della Weasley. La testarda, cocciuta, orgogliosa Weasley. Più che chiedergli aiuto si sarebbe tagliata un braccio. 
“Le scope…?” chiese lei ad alta voce, senza distogliere lo sguardo dal suo. “Non riesco a prendere la mia bacchetta, si è incastrata nella divisa”.
Si impose di concentrarsi e afferrò la bacchetta senza dire una parola. Con un paio di incantesimi di appello richiamò a sé le scope di entrambi. Peccato che la sua fosse rotta in quattro parti. 
Non ebbe il tempo di incazzarsi, perché dovevano uscire in fretta da quel lago o sarebbero morti assiderati. Sentiva da lontano le voci dei loro compagni, che probabilmente li stavano raggiungendo a piedi circumnavigando l’immenso lago.
Guardò la Weasley afferrare la sua scopa e issarsi con forza a cavallo, tirando come una pazza con le braccia pur di non chiedergli aiuto.
Tanto meglio, perché non l’avrebbe aiutata. 
A quel punto lei gli tese la mano e lui la guardò, alzando un sopracciglio, incredulo. 
“Sali, Malfoy, o congeleremo” gli intimò. 
“Perché non mi lasci qui e basta?” replicò. “Io l’avrei fatto”.
“Io non sono te” rispose lei, poi gli fece uno strano sorriso enigmatico. “E poi, in realtà, mi hai appena tolto un branco di Avvincini di dosso…” gli fece notare. Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo. 
Non era il caso di rivangare. “Non voglio essere in debito con te” concluse infine.
“E va bene. Ma conduco io” disse. “Non mi sembri molto affidabile”.
Lei alzò gli occhi al cielo, ma non aggiunse altro. Forse era troppo stanca per farlo. Si limitò ad assentire e gli porse di nuovo la mano. 
Lui la afferrò e lo stomaco gli si strinse in una maniera innaturale. 
Cercò di togliere il contatto il prima possibile. 
“Aggrappati, se non vuoi cadere di nuovo nel lago” le ordinò. Per un attimo lei non ribatté. Ma solo per un attimo.
“Se mi fai cadere, Malfoy, ti trascino giù con me” la sentì ringhiare e lui trattenne un sorriso. 
Gli sembrava strano che non avesse niente da dire. 
Sentì le sue mani aggrapparsi alla sua divisa bagnata. 
Improvvisamente sentì caldo e si irritò. Per non pensarci, si diede la spinta e partì, sfrecciando sopra al lago. 
Appoggiarono i piedi per terra, dietro un ammasso di cespugli informi. Sentivano le voci dei loro compagni che si stavano avvicinando, ma ancora non li vedevano. Probabilmente ci avrebbero messo ancora qualche minuto. 
Entrambi scesero dalla scopa e si ritrovarono di fronte. Quello strano silenzio che era calato fra loro da prima continuava ad avvolgerli. 
La Weasley aveva una ciocca di capelli sopra alla faccia e fu tentato di toglierla dal mezzo, perché copriva quegli occhi che invece voleva vedere.
Una strana forza invisibile l’attirò verso di lei e si fermò a pochi centimetri di distanza. Le guardò lo zigomo: aveva un taglio profondo che sanguinava, probabilmente a causa di qualche ramo; una goccia di sangue stava scivolando verso le sue labbra.
Non ebbe neppure il tempo di pensare, che la sua mano stava già andando a catturare quella goccia per fermarne il cammino col pollice.
Non sapeva perché lo stava facendo. Un’altra sfida? Voleva metterla alla prova? Vedere fin dove si sarebbero spinti?
Si soffermò sul suo viso e appoggiò la mano lì. 
Lei non si ritrasse.
Aveva lo sguardo sorpreso, ma allo stesso tempo curioso. Il suo respiro era ancora rapido, ma Draco non capì se fosse per colpa sua o per colpa del fatto che era quasi affogata nel lago.
“Malfoy, che cosa stai…?” non ebbe il tempo di finire la frase, perché lui si era chinato su di lei e aveva appoggiato le labbra sulle sue, sfiorandole appena. 
E lei, incredibilmente, non lo aveva respinto. 
Si aspettava uno schiaffo, una spinta e magari anche un insulto. Invece si era aggrappata alla stoffa della sua divisa, inspirando per la sorpresa e trattenendolo a sé.
Draco sentiva lo stomaco in subbuglio e una scarica elettrica che gli aveva scosso i nervi in una maniera che non aveva mai provato. 
Ma che cosa gli stava prendendo?
Lei gli aveva circondato il collo con le mani, schiudendo le labbra per far spazio alla sua lingua che richiedeva l’accesso. 
Non aveva la più pallida idea di cosa lo avesse spinto a farlo, ma sicuramente non la ragione. Anche perché in quel momento era totalmente privo di pensieri. Anzi, come per dispetto verso se stesso, l’attirò a sé per i fianchi e continuò a baciarla come se non avesse aspettato altro da tutta la giornata. 
Decisamente, non si stava più annoiando.
Si separò leggermente da lei per poter spostare le sue attenzioni verso il collo. La sua pelle era gelida per via dell’acqua, e sapeva di qualcosa che trovò buono. Tornò alle sue labbra per ricominciare a baciarle.
E poi una voce più vicina delle altre li aveva interrotti, facendolo sobbalzare. 
“Ginny!” era Potter. “Ginny, stai bene?”
In quel momento, non sapeva se essere più irritato con lui o con se stesso. 
 
Ginny
La voce di Harry li aveva riscossi da quella specie di incantesimo assurdo in cui lei e Malfoy erano caduti. 
Perché doveva essere stato un incantesimo, vero? Oppure la sua immaginazione. 
Probabilmente aveva bevuto troppa acqua e si stava sognando tutto, perché non era possibile che Malfoy l’avesse appena baciata. 
E che lei avesse risposto al bacio. 
Probabilmente si sarebbe risvegliata in infermeria, perché ciò che era appena successo era decisamente strano. 
Anzi, impossibile. 
Quindi, non era successo. 
Non appena avevano udito la voce di Harry, Malfoy si era irrigidito e aveva fatto uno scatto indietro, passandosi una mano fra i capelli. 
Lei aveva fatto altrettanto, appoggiandosi alla scopa come fosse sempre stata lì. 
“Stai bene? Che cos’è successo?” Harry in un secondo le fu addosso. “Malfoy ti ha fatto cadere nel lago?” 
Ginny d’istinto lanciò un’occhiata al Serpeverde e vide che la stava già fissando a sua volta. Quel grigio le diede una morsa allo stomaco, ma cercò di concentrarsi sul presente. Si guardò le mani. 
“No, è stato un incidente” mentre parlava, pian piano erano arrivati tutti e li stavano circondando in semicerchio. “Sto bene”.
“Insomma, che cos’è successo?” Harry era chiaramente preoccupato. 
“E il boccino? Chi l’ha preso alla fine?” Ron aveva affiancato la sorella, curioso e carico di aspettativa. Ora che l’aveva vista respirare, la sua attenzione era stata catturata dal motivo principale per cui tutto aveva avuto inizio. Motivo che, lei stessa, si era completamente dimenticata. 
Oddio. Il boccino
“Giusto” disse, spaesata. “Il boccino…” fece una pausa, senza avere la più pallida idea di cosa dire. Probabilmente era andato perso. 
“È qui” intervenne Malfoy, estraendolo dalla tasca senza aggiungere altro. Ginny lo guardò, incredula. Probabilmente lo aveva preso quando lei era sott’acqua a divincolarsi come una cretina. 
“E ce l’ha lui perché…?” Ron non ebbe il coraggio di terminare la frase. E Ginny si aggrappò a quel suggerimento. 
“Sì, Ron. Ha vinto lui” mentì, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Non sapeva perché lo aveva detto. 
Forse si sentiva in debito con lui, perché le aveva salvato la vita. 
E lei non voleva avere alcun tipo di debito con uno come Draco Malfoy. 
O forse, era più facile dire una bugia che raccontare ciò che era successo. Incrociò lo sguardo grigio di Malfoy e lo trovò sorpreso. Era sicura che lui non avrebbe mai rivelato la verità, nemmeno sotto tortura. Aveva ancora la strana sensazione delle sue labbra sul collo e sinceramente non voleva più stare al centro dell’attenzione. Stava ancora pensando a cosa dire, quando una voce tuonò da un punto imprecisato in mezzo agli arbusti. 
“Adesso voi mi dovete spiegare che diavolo è successo qui” la McGranitt comparve, il cipiglio severo che le corrucciava il volto. Era da un bel po’ che non la vedeva così infuriata, ma, nonostante questo, Ginny tirò un sospiro di sollievo. 
 
Era sotto shock, ed era certa che il fatto che era quasi affogata nel lago nero non c’entrasse niente. 
Come poteva essere attratta da Draco Malfoy?
Mentre Madama Chips la controllava e le dava qualcosa da buttare giù di terribilmente disgustoso, quei pensieri continuavano a vorticarle nella testa. 
Avrebbe voluto prendere una pillola che le cancellasse la memoria. 
Harry l’aveva interrogata per almeno cinque volte, perché voleva capire cosa fosse successo esattamente. Aveva dato sempre risposte vaghe e forse neppure coerenti, ma poco le importava. Voleva cancellare tutto e basta, fingere che non fosse mai successo. 
La McGranitt l’aveva punita, di nuovo, e sia lei che Malfoy erano stati sospesi dalla partita di Quidditch che si sarebbe svolta quel weekend. 
Si buttò sul letto dell’infermeria, pregando ancora una volta di svegliarsi e rendersi conto che non era stato nient’altro che un incubo. 
 
 
 
OGGI
Draco
 
“Alzati, idiota, sei in ritardo” Bellatrix lo stava scuotendo per una spalla, irritandolo da morire. 
“Vaffanculo” le disse semplicemente, ma si alzò dal letto senza aspettare altro, la risata di sua zia che gli entrava fin sotto la pelle. Gli veniva da vomitare. 
“Il Signore Oscuro non aspetta i tuoi comodi, Draco” lo rimproverò bonariamente, posandogli una mano sulla spalla. Se la scrollò via. Odiava essere toccato. “Hai cinque minuti” aggiunse sua zia, uscendo dalla stanza e lasciandolo alla sua privacy. 
Si passò una mano sul volto stanco. Era dimagrito ancora, nonostante gli addestramenti degli ultimi mesi. Perché dovevano essere pronti alla guerra. E lui lo era. 
Almeno, questo era ciò che diceva. 
Non era poi così sicuro di esserlo davvero. 
Mentre si vestiva, lanciò uno sguardo al marchio nero che bruciava, come se lo stesse mordendo. 
Ultimamente, bruciava spesso.
Più il Signore Oscuro si rinforzava e acquisiva seguaci, più bruciava. 
Si lavò la faccia, sperando di migliorare il proprio aspetto. Non ci riuscì.
Aveva di nuovo sognato il suo passato. Aveva di nuovo sognato Ginny Weasley e la cosa lo aveva scosso esattamente come le notti precedenti. Era da qualche giorno che continuava a sognarla e non capiva perché diavolo la sua mente gli stesse giocando quei brutti scherzi. 
Andò alla finestra.
Il cielo era pieno di nubi.
Ultimamente, era sempre pieno di nubi. 
Erano esattamente tre mesi che il sole aveva smesso di sorgere. 
Erano tre mesi che il Signore Oscuro si era infiltrato nel Ministero della Magia, aveva ucciso Scrimgeour e si era eletto Primo Ministro della Magia. 
Il mondo Babbano era sottosopra e il mondo magico era diventato un inferno terreno. I membri dell’Ordine della Fenice erano decimati. 
Ma anche i Mangiamorte. 
Continuavano a lottare, come se ci fosse davvero qualcosa da vincere. Ormai non era rimasto che tenebra.
Qualche volta si chiedeva perché diavolo continuasse a fare ciò che stava facendo. Certi giorni si rispondeva che non aveva scelta. Certi altri, si dava del vigliacco. 
Certi giorni si chiedeva perché si fosse costruito da solo quella prigione nella quale era costretto a vivere. Certi altri, avrebbe voluto spaccare tutto. 
Eppure, eccolo lì. 
Come un idiota, a fare il servo di qualcuno che non aveva la minima intenzione di creare qualcosa. 
Stava solo distruggendo. 
Odiava la sua vita. Odiava suo padre. Odiava il Signore Oscuro.
E, ancora più di tutti, odiava se stesso. 
Eppure, anche quel giorno indossò il suo mantello e la sua migliore faccia da culo. 
Pronto per andare in missione. 
 
L’incarico si rivelò più semplice del previsto. 
Il piccolo assalto a una delle tante famiglie Babbane era andato come previsto. Lui aveva dovuto fare la guardia, mentre gli altri si divertivano. 
Aveva ancora le urla di quella donna nelle orecchie. 
Avrebbe potuto essere sua madre. 
Per fortuna non era sua madre.
Era arrivato qualche membro dell’Ordine, ma loro erano scappati. Non c’era stata neppure una mezza battaglia. Erano semplicemente fuggiti, come da piano. 
Quando tornarono al Ministero della Magia, che ormai era diventato il rifugio del Signore Oscuro e dei suoi servitori più fedeli, aveva ancora la nausea.
Ormai, era una sensazione che non lo abbandonava quasi più. 
“Bravi, miei amici” li accolse quella voce fredda di morte, il volto cadaverico come l’inferno. “Avanti, non siate timidi. Accomodatevi” indicò loro un tavolo di mogano scuro circondato da sedie e loro obbedirono. Il posto era stato reso buio e sinistro, molto diverso da com’era una volta. Nagini strisciava tra loro come un fedele cagnolino. Una risata fredda lo fece rabbrividire, ma allontanò la sensazione. Ormai era diventato bravo a farlo. “Il Mondo Magico presto striscerà ai nostri piedi” un’altra risata fredda irruppe nel silenzio più tombale. 
Bellatrix si inchinò ai suoi piedi. “Mio Signore, il nostro sogno si sta finalmente realizzando” aveva gli occhi fuori dalle orbite come una pazza. Come quello che era. 
Draco si guardò intorno e riconobbe il bastone di suo padre tra quelle maschere di Mangiamorte. Era immobile, esattamente come lui. Aspettavano ordini.
Aspettavano sempre ordini. 
Riconobbe la sagoma di Piton sedersi accanto a lui silenziosa. Il traditore. Colui che aveva ucciso Silente, ottenendo la piena fiducia del Signore Oscuro. 
Il nuovo Preside di Hogwarts.  
Il silenzio era quasi assordante, interrotto solo dalle parole di incoraggiamento del loro Signore. Avevano in programma un piano. Dovevano uccidere Potter perché lo diceva la profezia e avevano trovato un modo per attirarlo nella loro tana. Avevano un esercito pronto ad attaccare lui e i suoi maledetti Auror.
E così, il Regno di Lord Voldemort sarebbe finalmente stato immortale. 
Nessuno spiegò quale fosse il piano. 
Aleggiò nell’aria solo una parola, prima di congedare tutti.
“Domani”.
 
Draco si era alzato in piedi e stava per andare nelle Stanze dell’Addestramento, come tutte le mattine, ma sua zia lo bloccò.
“Per te abbiamo piani diversi, oggi, piccolo Draco” gli parlò con la bocca vicino all’orecchio e lui si irrigidì. “Hai una missione da svolgere” gli rivelò sottovoce.
“Una fortuna immensa” usò il suo tono strafottente. Ormai non ne conosceva altri. Bellatrix si infuriò e lo prese per il collo della camicia. Lo guardò negli occhi.
“Dovresti esserne onorato, Draco. Porta più rispetto per colui che ti sta salvando dal tuo squallore” la sua faccia era così vicina che avrebbe potuto contarne le rughe. Lo lasciò andare con forza e lui fece un passo indietro per non cadere. Non disse altro. Il volto come la pietra, la seguì lungo corridoi infiniti, fino ad arrivare davanti a un portone. Stavano per entrare nei sotterranei.
“Perché andiamo nelle segrete?” domandò ad alta voce. Sapeva che la sotto c’erano numerosi prigionieri. Maghi traditori del loro sangue, Babbani, qualche Auror, ex dipendenti ribelli del Ministero. Studenti di Hogwarts che non avevano voluto seguire il programma per diventare Mangiamorte. 
Non aveva idea di chi ci fosse, però, siccome a loro era sempre stato proibito entrarvi.
“Dovrai fare la guardia a un prigioniero molto speciale” rivelò sua zia, bloccandosi per guardarlo negli occhi. La sua espressione cupa e allo stesso tempo sadica ormai non gli sollecitava più alcuna emozione. Ci era abituato. Bellatrix si avvicinò al suo orecchio. “Il Nostro Signore ha scelto te, Draco” bisbigliò. “Da questo dipenderà il destino del Signore Oscuro. E della tua famiglia” appoggiò una mano ruvida sul suo collo e Draco rabbrividì, irrigidendo lo stomaco. “Devi dare il cambio a Rodolphus” si tirò su di scatto e gli fece strada lungo scalinate di pietra umida e fredda.
Finalmente, arrivarono a destinazione. La prigione era piccola e squallida e c’era qualcuno steso per terra a faccia in giù. Si tenne a distanza, non voleva mischiarsi con quella gentaglia.
Gli avevano assegnato un compito davvero noioso e, sinceramente, non vedeva l’ora di finirlo.
“Vieni, Draco” lo incitò sua zia e così fu costretto ad avvicinarsi alla prigione. “Ecco l’esca per Potter” la sua risata sadica riecheggiò nel silenzio dei sotterranei.
Draco la raggiunse e guardò dentro.
Per un attimo si sentì mancare la terra sotto ai piedi.
Quei capelli rossi li avrebbe riconosciuti ovunque.
Non riuscì a ricordare come si faceva a respirare. Il suo stomaco era impietrito e il senso di nausea si era accentuato. Se avesse detto anche una sola parola, probabilmente avrebbe vomitato.
Sapeva che sua zia si aspettava una sorta di reazione da parte sua e cercò di dargliela.
“Bene” decretò, con voce ferma. “Una Weasley. E ora lasciatemi in pace” schiccò la lingua e si allontanò da quella gabbia. Quella vista gli rendeva difficile persino deglutire.
Quando finalmente si ritrovò solo, sospirò sonoramente e si passò una mano tra i capelli.
Ginny Weasley si mosse impercettibilmente, poi crollò nuovamente. Sembrava quasi svenuta. 
Draco si sedette, in silenzio, e attese.
Il suo cuore non aveva mai battuto così rapidamente come in quel momento.



Note dell'autrice:
Spero che questo capitolo, che inizia ad entrare un po' nel vivo della storia, vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!
Cercherò di tenere aggiornata la storia con costanza (sicuramente una volta al mese, ma vorrei cercare di pubblicarla prima la prossima volta)

Alyssa92

 
  
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