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Autore: vegeta4e    12/02/2024    1 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VIII

- Sono le 6:25 AM, devo scappare. - Mac si girò verso di lei dandole un bacio veloce, poi si alzò in fretta dal letto. - Tu rimani a riposare, se vuoi. Il tuo orario inizia più tardi. -
Afferrò la camicia che Peyton aveva malamente posato sul suo lato del letto per controllare se fosse ancora indossabile. Dopo averla squadrata per qualche secondo decise di sì: non voleva accumulare altro ritardo.
- A più tardi. Mi preparo anche io e faccio un salto a casa. - Rispose lei mettendosi a sedere e portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Perché? - Domandò Taylor abbottonandosi in fretta la camicia. - Da qui sei più vicina al laboratorio. Le chiavi di riserva sono sempre nella pianta fuori, accanto alla porta. -
- Non voglio disturbare. - Disse semplicemente lei. Si erano ripromessi di prendersi i loro tempi, i loro spazi, di non affrettare le cose. Non poteva di certo iniziare così, dormendo a casa sua e gironzolare per casa come se nulla fosse mentre lui era al lavoro.
- Disturbo? Io sto uscendo. - Peyton sorrise intenerita. - Ci vediamo in laboratorio. - E dopo averle dato un bacio al volo Mac afferrò la giacca del completo, le chiavi di casa e corse fuori chiudendosi la porta alle spalle. Nonostante per lui fosse in totale ritardo, le persone normali stavano tranquillamente uscendo per andare ognuno sul proprio posto di lavoro. L’unico che corse a fermare un taxi come se rischiasse il licenziamento diretto era lui.
Non faticò a trovarne uno libero a quell’ora e dopo mezz’ora di tragitto scese di fronte all’ingresso dell’ufficio.
- Cosa vedono i miei occhi! Mac Taylor! - Ed eccolo lì, Don Flack, che non si lasciò sfuggire l’occasione di puntualizzare.
- Ciao, Don. -
- Cosa ci fai a lavoro a quest’ora? Hai trovato traffico o… qualcos’altro? - Ammiccò.
Mac ignorò volutamente l’insinuazione. - Traffico. New York è intasata la mattina. - Salì gli scalini e aprì la porta, entrando poi nell’edificio. Flack entrò dietro di lui, ma la mano di una terza persona bloccò la porta prima che si richiudesse.
- Mac?! Ma che ci fai qui a quest’ora? - Stella gli diede il buongiorno così. Evviva, doveva essere la sua giornata fortunata. Si prospettava una mattinata molto lunga.
Il detective Taylor camminava a passo spedito seguito a ruota da Flack e Bonasera, i quali avevano tutta l’intenzione di scoprire il motivo dietro al ritardo di Mac. Notando che i due continuavano a stargli addosso, lui frenò.
- Beh? Non posso trovare traffico? -
- Certo… - Rispose ironicamente Don. - Peccato che non sia da te. - Stella concluse la frase per lui.
Mac riprese a camminare. - Già, ma non guido io i taxi. -
La detective fece una corsetta per stargli dietro nonostante i tacchi. - Proprio per questo ti alzi prima, non ti è suonata la sveglia? -
- Sbagliato. - La corresse Taylor. - Io mi alzo prima perché molte volte non riesco a dormire e, soprattutto, per terminare faccende burocratiche mentre voialtri dormite ancora. Il traffico non c’entra. -
- E stavolta non l’hai fatto. - Le sfuggì un sorriso.
- L’ho fatto, ma ho trovato traffico. - E lui si stava giustificando come un bambino colto con le mani nel barattolo di Nutella. - E poi cosa sono tutte queste domande, Stella? -
- Siamo solo curiosi. - Rispose Flack non riuscendo a trattenersi. - Tu arrivi prima dei custodi, è come se tu avessi le chiavi di questo edificio, Mac. Permetti che ci stupiamo se ti vediamo arrivare alle 7:00 AM come tutti i cristiani normali? - Quello era decisamente l’evento della giornata.
- Andate a lavorare. - Aprì la porta del proprio ufficio per rifugiarsi lì dalla curiosità dei due amici, ma se Don allentò la presa, lo stesso non si poteva dire per Stella. Lei infatti lo seguì.
- A me non la racconti, Mac, e sai perché? Non hai la faccia di uno che è rimasto bloccato nel traffico per un’ora. - Incrociò le braccia al petto, convinta di averlo messo spalle al muro. Ma davanti aveva il detective Taylor, un uomo dalla risposta sempre pronta. Risposta che, infatti, non tardò ad arrivare.
- E tu che ne sai della mia faccia quando rimango bloccato nel traffico? - Mac si tolse la giacca e la appese all’appendiabiti, poi con calma prese posto alla sua scrivania.
- Saresti quantomeno irritato, per te arrivare presto è fondamentale. -
Lui sospirò, già esausto per quel terzo grado a cui era sottoposto.
- Vero, ma non posso cambiare le cose che non sono in mio potere. E il traffico di New York City non è in mio potere, Stella. -
Lei sorrise. - Chiederò a Peyton. - Disse di proposito, sperando di scatenare in lui una qualsiasi reazione.
Mac rimase impassibile. - Fa’ pure. - Gesticolò con la mano, sperando silenziosamente nella discrezione di lei. E senza aggiungere altro afferrò uno dei fogli già sulla sua scrivania iniziando a leggerlo. Forse per la prima volta in vita sua ringraziò la burocrazia. In quel momento lo aveva salvato da una situazione odiosa.
Intuendo che non avrebbe torto mezza parola dalla bocca del detective, Stella alzò momentaneamente bandiera bianca, lasciando l’ufficio di lui. Andò in direzione dello spogliatoio, già occupato da Danny e Lindsay.
- Stella! La voce che gira è vera? - Ed eccolo lì Messer, già pronto a spettegolare.
- Sii più preciso. -
- Mac è arrivato in ritardo. Cioè, non in ritardo, in orario se consideriamo l’orario normale. In ritardo per i suoi standard! -
- Salve a tutti. - Adam fece il suo ingresso, ignaro di tutto, ritrovandosi gli occhi degli altri addosso. - Che è successo? -
- Oh, tu non ne hai idea, amico mio. Oggi è un giorno importante. - Rispose Danny.
Stella non riuscì a trattenere una risata: Mac Taylor era diventato lo scoop del laboratorio.

Mentre in laboratorio si respirava un’aria leggera, i media intanto avevano iniziato a diffondere la notizia che Johnathan Foster, noto criminale alle forze dell’ordine, aveva preso in ostaggio tre minori, identificati come i figli di Miguel Ramirez.
Mac spense il televisore che aveva in ufficio. Il servizio preparato dai media era stato costruito bene, mostrando delle pattuglie di polizia circondare un casolare apparentemente abbandonato nella zona industriale di New York. La telecamera riprese di proposito la zona in modo da far capire dove si trovasse e dei finti giornalisti spiegavano la situazione dei minori. Tutto sembrava così reale che Mac, sorprendentemente, aveva buone speranze. Non rimaneva che attendere, loro avevano lanciato l’esca, mancava solo che Miguel facesse la sua mossa.
Peyton fece il suo ingresso nel laboratorio alle 7:55 AM totalmente ignara di quello che sarebbe successo. Gli occhi di Stella, Danny e Lindsay la accompagnarono dall’ingresso fino al tavolo da lavoro, venendo ricambiati con occhiate confuse.
- Buongiorno. Che succede? -
Danny non si trattenne. - Giorno. Anche tu hai beccato traffico stamattina? - La buttò lì, sul ridere, ma intanto era un modo per cercare una coincidenza.
Peyton aggrottò le sopracciglia dando una rapida occhiata all’orologio da polso.
- No, perché? Sono in ritardo? - Eppure era convinta di essere in perfetto orario.
- No no, chiedevo. Il capo sì. - La studiò per qualche secondo, sperando di trovare qualche espressione che la tradisse. - Beh, se Mac sarà di buon umore oggi, possiamo sospettare il perché. -
Peyton arrossì leggermente, spostando i suoi occhi azzurri sul primo macchinario a portata di mano, come se gli altri potessero leggerle i pensieri e vedere l’immagine di lei e Mac che si rotolavano nel suo letto.
Danny e Stella si scambiarono un’occhiata complice.
- Boom. - Disse solamente Messer.
Il detective Bonasera sorrise. - Non sono bravi a mentire. - Disse a voce bassa.
- Direi di no. - Sussurrò. - E noi siamo bravi a scoprire le cose. Deformazione professionale. -

- Non credo che pranzerò oggi, Stella. Sto aspettando notizie di Miguel. -
Lei sospirò. - Andiamo, Mac! Dieci minuti, il tempo di un panino. -
Lui si appoggiò allo schienale della sedia. - Non lo so. Gli uomini di Flack sono già appostati da ore, se ci chiamano dobbiamo volare. -
- Allora facciamo così. - Era decisa a non mollare la presa, non voleva vederlo così. - Lo mangiamo qui, vado a prenderlo io anche per te. -
Taylor ci pensò un attimo per poi farle un cenno di approvazione con la mano.
- Come vuoi, ma ho da firmare dei documenti. -
Lei annuì sorridendo, poi lasciò la stanza andando verso l’ascensore. Mac la guardò andare via perdendosi qualche secondo tra i suoi pensieri, poi tornò a leggere i fascicoli.

- Ecco qua! - Sussultò quando lei tornò con due panini. Era così concentrato a leggere che non l’aveva neanche sentita entrare. - Ti ho spaventato? - Chiese divertita, sedendosi di fronte a lui.
Lui alzò lo sguardo. - Ero sovrappensiero. Lascialo pure qui, grazie. - Disse riferendosi al suo pranzo. Poi firmò l’ennesimo foglio.
Stella, invece, non si fece pregare. Addentò il panino mentre osservava il suo più caro amico, nonché capo, dedicarsi totalmente al lavoro. Solo dopo qualche minuto lo vide posare la penna e dare un morso al sandwich, e fu proprio quello il momento che lei ritenne più opportuno per attaccare.
- Sei stato a letto con lei. - Diretta. Nessuna domanda. Solo un’affermazione decisa e studiata.
Mac iniziò a tossire dandosi un paio di colpi allo sterno col pugno chiuso, rischiando di strozzarsi con un pezzo del panino. Stella rimase a guardarlo per tutto il tempo, dandogli modo di riprendere fiato mentre il detective cercava di recuperare contegno.
- Che stai dicendo? -
- Che hai fatto sesso con Peyton. -
Mac tossì ancora. - Sei fuori strada, Stella. - Rispose con la voce rotta dalla tosse. Si guardarono negli occhi, e mentre Taylor cercava di rimanere il più distaccato possibile, lei lo fissava attentamente, alla ricerca di una qualsiasi prova che indicasse che Peyton era stata da lui quella notte. Qualsiasi cosa, una traccia di rossetto sulla camicia o sulla guancia, qualcosa di strano, ma nulla. Tutto era al proprio posto, dall’orologio al colletto della giacca.
- No, io non credo. - Diede un altro morso al panino attendendo una reazione di lui.
- Fidati, lo sei. -
- Perché insulti la mia intelligenza? Guarda che non c’è niente di male, anzi! Sono contenta per voi. - Mac rimase interdetto per qualche secondo non sapendo bene come gestire quell’assurda situazione. Poi, con calma, si leccò il labbro inferiore.
- Stella. - Iniziò. - Quando ti ho assunta qui ti ho insegnato che le prove sono l’unica cosa che ci porta alla verità. Non c’è istinto o sesto senso che tenga se le prove non ci sono. Bene. Non so su che basi tu stia dicendo questo, ma una cosa la so per certo: non hai prove. - E deciso a concludere lì il discorso, si staccò dallo schienale afferrando un altro documento.
Ma se sperava di averla vinta così facilmente, beh, si sbagliava. Stella era un osso duro.
- Mac, tesoro. - Ironizzò. - Da quando faccio questo lavoro ho anche imparato che il linguaggio del corpo, a volte, dice molto più di quello verbale. -
Taylor fece la sua classica espressione, annuendo. - Conosco molto bene queste teorie, sono il primo a usarle con i sospettati. Ma non attaccano con me. -
Lei gli sorrise, quella conversazione la stava divertendo.
- Vuoi le prove? D’accordo. Questa mattina siete arrivati in ritardo tutti e due. Potrai dirmi che è una coincidenza, e va bene, ma né tu né lei eravate irritati dalla cosa. Posso capire lei… Ma tu? Tu, detective Mac Taylor? Che arrivi in ritardo e non sei neanche un filo nervoso? -
Mac alzò lo sguardo su di lei. - Non sono arrivato in ritardo, sono io che arrivo in anticipo ogni giorno. La mia sveglia suona alle 5:50 AM, quindi i miei 30 minuti di ritardo sono stati attenuati dal largo anticipo con cui mi sveglio. E il turno di Peyton oggi iniziava alle 8:00 AM. Da quel che so, è arrivata puntuale. -
- Mac, andiamo! - Continuò Stella. - Non mi servono tutti questi calcoli per notare che stamattina eri rilassato, ti conosco come le mie tasche. E sono contenta di saperlo. Sono contenta che stiate ricominciando… Mi dispiace solo che non vuoi dirmelo. -
Il detective rimase colpito dalle ultime parole della collega. Stella era sempre stata in grado di capirlo anche quando lui non aveva la forza di parlare. Era sempre stata un punto presente, un’ombra protettiva che Taylor sapeva di avere su di sé e in quel momento si sentì in dovere di dirle qualcosa, ma non riuscì. Avrebbe significato smentire tutto quello che aveva detto fino a quel momento.
- Vuoi aspettare e vedere come va? - Continuò lei.
- Non c’è niente da vedere. -
- Sì. Vuoi decisamente vedere come va. - Sorrise Bonasera. - Va bene! Io non so niente. - Disse per fargli intendere di avere una complice.
Mac sospirò. - Non c’è niente, Stella. C’è solamente quello che tu vuoi vedere. - E mostrando nonchalance addentò nuovamente il panino.
- Potresti farmi almeno il favore di non insultare la mia intelligenza? - Taylor sfoggiò l’espressione più innocente che sapesse fare, come a dire “non so di che parli, giuro”, poi prese un altro morso di sandwich deciso a non alimentare ulteriormente le teorie strampalate di Stella.
- E non fare quella faccia! - Aggiunse Bonasera. Era contenta che Mac avesse dato una seconda occasione a Peyton. Li aveva sempre trovati belli insieme, e sapere che non fosse totalmente solo una volta uscito dall’ufficio la faceva stare più tranquilla. Non erano rare le volte in cui lui saltava il pranzo o passava la notte in laboratorio. Lei non poteva stargli addosso e controllarlo 24h su 24. Uscita dall’ufficio non le rimaneva che sperare nel suo buonsenso, ma sapere che dopo l’orario di lavoro c’era una persona che in questo la aiutava la faceva dormire serena.
Dopo aver appallottolato la carta del sandwich, Stella si alzò pronta per tornare a lavoro.
- Io vado, ti lascio alle tue scartoffie. - Fece per uscire, ma la voce di Mac la fermò.
- La prossima volta che vuoi provare, fallendo oltretutto, a strapparmi informazioni, usa una scusa migliore del pranzo. - Trattenne a stento un sorriso, cosa che non sfuggì a lei.
- Hai ragione. - Sorrise di rimando. - Mi inventerò qualcos’altro. Magari stasera ti porto al pub, a meno che tu non abbia di meglio da fare… -
- Reggo bene anche l’alcol, detective Bonasera. -
Si guardarono negli occhi. - Staremo a vedere, detective Taylor. -
 

To be continued...

   
 
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