Cap. 11: Some kind of beautiful
And I searched through the fire
'Cause I knew I was getting closer
In the flames, I found love
And at last, the journey's over
You set me free
You set me free
I feel like a star when we do it like this
A shot in the dark, but I know I can't miss
The heavens are far, but they've given me wings
It's some kind of beautiful
Some kind of beautiful…
(“Some kind of beautiful”- James Blunt)
Non ci fu neanche il
tempo di rallegrarsi per la momentanea vittoria, perché da un angolo di strada
venne fuori Cad Bane, un vecchio nemico giurato di Boba Fett, armato di
lanciafiamme che spaventò il Rancor con il fuoco e lo indusse a disarcionare
Fett, facendolo rotolare a terra, e a scappare. Boba Fett e Cad Bane si erano
già combattuti durante la Guerra dei Cloni, quando Boba era ancora un
ragazzino, e al tempo aveva vinto Bane, ma questa volta Fett non aveva alcuna
intenzione di farsi sconfiggere e si preparò a un duello all’ultimo sangue con
l’antico nemico.
Intanto, però, il
Rancor, terrorizzato e infuriato a causa della vista del fuoco, era tornato
verso Din, Cassian e gli altri amici e alleati di Boba Fett, cercando di
colpirli e azzannarli e arrampicandosi sui palazzi più alti, staccando pezzi di
muro e mattoni e lanciandoli tra la gente. I Mod e gli abitanti di Freetown
tentarono di sparargli, ma non serviva a niente e anzi il Rancor si
imbestialiva ancora di più.
“Smettete di sparare,
lo spaventate” ordinò il Mandaloriano. “Mettetevi al riparo, mi occupo io di
lui.”
Sebbene poco convinti,
gli altri obbedirono. Tutti meno uno, ovviamente.
“Io vengo con te,
stavolta. Non ti lascio affrontare quel bestione da solo” dichiarò Cassian.
“Non pensarci
nemmeno” tagliò corto il Mandaloriano. “Me ne occuperò io, farò in fretta e
andrà tutto bene. Tu pensa ai ragazzi e agli abitanti di Freetown.”
“Non è per questo che
sono venuto qui, io sono qui per combattere al tuo fianco e tu mi allontani
sempre!” protestò Cassian, ma Din non lo ascoltava già più, con il suo jetpack si era alzato in volo e salì in
groppa al Rancor così come aveva fatto prima Boba Fett, cercando di cavalcarlo…
ma con risultati ben diversi. Sotto lo sguardo orripilato di Cassian, infatti,
l’animale non accettò il cambio di cavaliere e, anzi, disarcionò Din,
afferrandolo e cercando di divorarlo.
“Din!” urlò disperato
Cassian.
Il casco in beskar tuttavia si rivelò molto utile,
almeno per questa volta, perché i denti del mostro non riuscirono neanche a
scalfirlo e, anzi, Din azionò il lanciafiamme della sua armatura per
allontanarlo. Il Rancor, però, riprese a colpirlo, cercò di schiacciarlo, lo
fece schiantare contro uno dei palazzi attorno, poi lo afferrò e tentò di nuovo
di mangiarlo, ma ancora una volta i suoi denti fallirono contro il beskar. Frustrato e innervosito, il
bestione scaraventò di nuovo a terra Din e fece per avventarsi contro di lui,
ma ancora una volta il Mandaloriano lo scacciò con il lanciafiamme. La
situazione, però, sembrava in stallo e non si capiva come Din avrebbe potuto
davvero sconfiggere il Rancor, visto che per il momento era riuscito solo a non
farsi divorare…
A quel punto, come ci
si poteva aspettare, Cassian non riuscì più a trattenersi e corse al fianco del
Mandaloriano cercando di aiutarlo a rialzarsi.
“Din, come stai? Sei
ferito? Vieni, dobbiamo andarcene da qui” gli disse.
“Tu devi andartene,
allontanati, ci penso io a lui!” replicò Din.
“Con un bel risultato
davvero” fece Cassian, caustico. “Per poco non ti mangiava! Io non ti lascio
un’altra volta da solo, ora tocca a me proteggerti.”
E, così dicendo,
Andor puntò il suo blaster* contro il Rancor, ma Din afferrò
Cassian per un braccio, impedendogli di prendere la mira.
“Non puoi
proteggermi, tu non hai l’armatura in beskar
e, se il Rancor ti colpisse o ti azzannasse, ti ucciderebbe. Devi tornare
insieme agli altri!” insisté.
Il bestione, intanto,
era rimasto fermo a guardare e sembrava disorientato, come se non sapesse su
quale dei due bersagli avventarsi. L’istinto e l’esperienza gli dicevano che
quello che aveva provato per primo era un boccone duro, che non riusciva
neanche a mordere, figuriamoci a masticare e inghiottire… e poi sparava fuoco e
quello non gli piaceva. Ora però c’era anche quell’altro che non aveva indosso
niente di duro, non sembrava poter emettere fuoco e dava l’impressione di
essere più appetitoso. Fatte le sue considerazioni, più o meno di questo tipo,
il Rancor emise un ruggito trionfante e stava per gettarsi contro Cassian per
divorarselo con grande piacere, quando venne fermato e tirato indietro con
forza con la catena che aveva al collo. Boba Fett, che nel frattempo si era
sbarazzato di Cad Bane con più facilità del previsto, era tornato, aveva visto
cosa stava accadendo ed era volato di nuovo in groppa al suo bestione,
tirandolo indietro e cercando di domarlo nuovamente. Il Rancor, per un po’, non
volle arrendersi e continuò a dimenarsi e a cercare di disarcionare Boba Fett,
ma lui aveva già domato il mostro e poteva farlo ancora. Dopo un po’, stanco di
ribellarsi e divincolarsi inutilmente, il Rancor accettò la supremazia di Fett
e si lasciò condurre lontano da Din e Cassian e tutti gli altri, accucciandosi
a terra sfinito. Quando fu sicuro che il Rancor non rappresentava più un
pericolo, Boba Fett raggiunse i suoi alleati e insieme eliminarono gli ultimi
soldati del Sindacato dei Pyke, almeno i pochissimi che erano rimasti.
Avevano vinto.
Nel frattempo,
inoltre, Fennec Shand aveva raggiunto il covo dei Pyke a Mos Eisley ed aveva assistito a una
discussione animata nella quale il leader dei Pyke affermava che i superstiti
della battaglia si sarebbero ritirati e poi sarebbero fuggiti dal pianeta,
mentre i capi delle famiglie di Mos Espa protestavano. La donna aveva messo
tutti d’accordo a suon di blaster,
sterminando tutti i capi delle famiglie di Tatooine e i Pyke superstiti e
impiccando il sindaco traditore che si era alleato con i Pyke mentendo a Boba
Fett. Il leader dei Pyke aveva tentato invano di proteggersi ma Fennec Shand
gli si fece addosso e lo pugnalò, uccidendolo.
La battaglia era veramente finita e tutti i Pyke e i
traditori di Tatooine erano stati eliminati. Boba Fett poteva tranquillamente
dichiararsi il nuovo signore di una Mos Espa finalmente libera.
La donna raggiunse Boba Fett e gli altri dopo aver assolto al
suo compito, giusto in tempo per godersi una scenetta piuttosto divertente.
“Sei un incosciente,
Cassian Andor” diceva il Mandaloriano al suo compagno, ora che tutto era finito
bene. “Perché non sei rimasto al tuo posto quando ti ho detto che avrei pensato
io al Rancor? Te l’ho ripetuto più e più volte: tu non sei protetto
dall’armatura dei Mandaloriani e il mostro ti avrebbe sbranato. Era questo che
volevi?”
“Sì, sì, sì, volevo
che mi ammazzasse, perché altrimenti avrebbe ammazzato te!” gli gridò in
risposta Cassian, esasperato. “Non ce l’avresti mai fatta contro di lui se Boba
Fett non fosse intervenuto e io non potevo permettere che ti uccidesse, io non
posso neanche pensare di perderti, lo vuoi capire sì o no? Come devo dirtelo?”
“Ma neanch’io volevo
che ti succedesse qualcosa, Cassian” replicò pacato il Mandaloriano. E poi,
inaspettatamente, fece qualche passo verso il compagno e lo strinse tra le
braccia. “Volevo proteggerti, sciocco incosciente che non sei altro…”
“Accidenti, questi
due battibeccano come una coppietta di vecchi sposi!” ridacchiò Drash, rivolta
ai compagni Mod e a tutti gli altri. Anche Boba Fett e Fennec Shand risero
piano, scuotendo il capo, ma non stavano prendendo in giro o giudicando, in
realtà erano tutti inteneriti e commossi nel vedere quella scena insieme buffa
e dolce. Fett e Fennec Shand, poi, erano anche piacevolmente stupiti nel vedere
come il loro amico Mandaloriano fosse cambiato, evidentemente Grogu gli aveva
insegnato a non nascondere più le proprie emozioni e adesso non si vergognava
di abbracciare Cassian davanti a un intero pubblico che pareva pronto ad
applaudire!
Quella sera, per
festeggiare la vittoria contro il Sindacato dei Pyke, ci fu un banchetto al
palazzo di Boba Fett ma, ancora una volta, Din (e di conseguenza Cassian) fu
esentato dal partecipare perché non poteva togliersi l’elmo e mangiare davanti
a tanta gente. Del resto, il Mandaloriano desiderava partire presto il mattino
seguente e così preferì ritirarsi nella sua stanza con Cassian per rinfrescarsi
e riposarsi e più tardi venne portata loro la cena.
C’era ancora qualcosa
di non detto tra loro, ma Din e Cassian preferirono non parlarne mentre
mangiavano e dedicarsi ad argomenti meno personali.
“Ho saputo che Boba
Fett ha mandato alcuni abitanti di Freetown a recuperare il corpo del loro
sindaco, Cobb Vanth, e che adesso è nella vasca di bacta che usa anche lo
stesso Fett” raccontò Din durante la cena. “Si tratta di una tecnologia che
permette a tutti i tessuti del corpo di rigenerarsi, perciò guarisce ogni
ferita. Evidentemente lo sceriffo non era morto, non ancora, e il bacta gli
permetterà di guarire. Sono contento per lui, lo avevo conosciuto durante una
missione su Tatooine e so che sarebbe venuto a combattere al nostro fianco se
Cad Bane non gli avesse sparato.”
“Dunque questa
sostanza permette anche a chi è stato ferito a morte di rigenerarsi?” domandò
Cassian, pensieroso.
“Sì, è così. E poi
Fett ha detto di aver mandato a chiamare anche il modificatore che ha riparato
gli organi interni di Fennec Shand, salvandole la vita. Quindi Cobb Vanth
diventerà anche lui un cyborg, però
potrà sopravvivere” continuò Din. “Vedi, dunque? Non dovevi preoccuparti così
tanto. Se anche fossi rimasto ferito, Boba Fett mi avrebbe infilato dentro
quella vasca e rifatto come nuovo!”
“Sì, sì, scherza,
scherza” bofonchiò Cassian.
Din sorrise.
Chiaramente era arrivato il momento di parlare di quanto era successo durante
la battaglia contro i Pyke e, adesso che avevano finito di cenare, potevano
farlo. Il Mandaloriano condusse Cassian a sedersi sul letto accanto a lui e
iniziò a spiegarsi.
“Cassian, lo so che
tu sei venuto con me per combattere al mio fianco, e lo farai, ma oggi non era
il momento. Come ti ho detto più e più volte, non hai ancora l’armatura da
Mandaloriano e quindi sei vulnerabile” disse. “È solo per questo che ti ho
allontanato. Però il problema era mio quanto tuo, quindi è inutile che tu ti
senta frustrato ed escluso: tu non volevi lasciarmi combattere da solo perché
eri preoccupato per me, ma anch’io mi preoccupavo per te. Ti avevo mandato con
i Mod e la gente di Freetown, ma questo non voleva dire che non potessi
rimanere comunque ferito o, peggio, ucciso. E io mi sono reso conto che… che
non era più la stessa cosa, che non riuscivo a concentrarmi veramente sulla
battaglia.”
Cassian lo guardò,
sorpreso. Non si aspettava una simile ammissione da parte di Din e non ce lo
vedeva proprio a non essere del tutto concentrato durante una battaglia. Voleva
forse dire che…
“Oggi per me sono
accadute delle cose strane, ho provato emozioni che non avevo mai provato prima”
riprese il Mandaloriano. “Sono anni che viaggio per la galassia e compio
missioni, a volte ho dovuto solo catturare dei criminali, a volte ho affrontato
pericoli come quelli di oggi o ancora peggiori, ma non mi sono mai preoccupato,
io facevo il mio dovere e basta. Avrei compiuto quello che mi era stato chiesto
oppure sarei morto nel tentativo, non mi interessava altro.”
“Eh, già, questa è la Via” fece Cassian, non
potendo trattenersi.
“Sì, anche se non nel
tono in cui lo hai detto tu. Comunque, questa è stata la mia vita per anni.
Oggi, però, per la prima volta, mi sono reso conto di due cose: una era quella
che ti ho già detto, ossia che non riuscivo ad essere totalmente concentrato
sulla missione perché ero preoccupato per te, ma questo non era del tutto
nuovo, mi era già capitato qualcosa di simile quando Grogu viaggiava con me. Se
non lo sapevo al sicuro finivo per pensare a lui più che al mio compito. Oggi,
però, mi è successa anche un’altra cosa” Din fece una pausa, come se dovesse
prendere coraggio per ammettere qualcosa di totalmente destabilizzante per lui.
“Ero preoccupato per te, sì, ma lo ero anche per me stesso. Non ero davvero
pronto a morire come richiede il Credo, io volevo sopravvivere perché volevo
tornare da Grogu e volevo tornare da te. Volevo una famiglia con voi più di
quanto avessi mai voluto qualsiasi altra cosa e anche questo non mi permetteva
di essere del tutto concentrato.”
Cassian si sentì
scuotere da un brivido intenso, non riusciva quasi a credere a quello che Din
stava dicendo, che lui e Grogu erano più importanti delle sue missioni, della
sua vita di prima, chissà, forse perfino delle Regole del Credo. Non avrebbe
voluto che Din perdesse la sua identità di Mandaloriano ma, come aveva detto
spesso anche lui, c’erano molte Vie per essere Mandaloriani e forse adesso la
sua Via era diversa, era al fianco di Cassian e Grogu.
Sembrava fin troppo
meraviglioso per essere vero…
“Quindi ora cosa
pensi di fare?” riuscì a mormorare Cassian, con la voce rotta dall’emozione.
“Quello che ho
desiderato per tutta la battaglia di oggi: domattina partiremo presto per
tornare su Hosnian Prime e riabbracciare Grogu, ho davvero troppo bisogno di
vederlo e sapere che sta bene e che sta facendo progressi” rispose Din che,
pragmatico come sempre, aveva già un suo piano. “Dopo aver salutato Grogu
partiremo per Mandalore e là io potrò fare la mia purificazione, immergendomi
nelle Acque Viventi delle miniere e ripetendo il mio giuramento. Solo che anche
tu dovrai venire con me, immergerti e fare il giuramento per diventare un
Mandaloriano. Ti suggerirò io le parole da pronunciare, non preoccuparti. A
quel punto anche tu sarai un Mandaloriano a tutti gli effetti.”
Cassian si stupì: era
davvero così semplice? Cioè, a parte trovare un pianeta che forse non esisteva
più e cercare delle miniere sotto terra che probabilmente erano piene di miasmi
velenosi…
“A quel punto potremo
tornare dall’Armaiola e lei dovrà forgiarti un’armatura da Mandaloriano”
riprese Din.
“Ah, figuriamoci!” lo
interruppe Andor. “La tua amica Armaiola non me la fa certo un’armatura, lei mi
detesta e mi disprezza, sono convinto che pensi che sia io a traviarti e a
farti trasgredire le Regole del Credo. Penso che piuttosto che fabbricarmi un’armatura
preferirà fondere me!”
Il Mandaloriano non
poté fare a meno di ridere, intenerito e divertito.
“Ma no, io non credo
proprio che lei ti odi” replicò. “E comunque tu sarai un vero Mandaloriano e
lei sarà obbligata a forgiarti un’armatura, non potrà rifiutarsi. Così anche tu
sarai protetto dal beskar e potremo
combattere fianco a fianco come oggi ho fatto con Fett, non dovrò più
allontanarti durante una battaglia. Ma la cosa più importante è un’altra…”
Din si avvicinò a
Cassian, i loro visi quasi si sfioravano.
“La cosa più
importante è che ci sposeremo. Il rituale dei Mandaloriani è molto semplice,
sono poche frasi da ripetere davanti a un leader di un clan e noi lo faremo
subito, davanti all’Armaiola. Si tratta di poche e semplici frasi, ma una volta
pronunciate legano gli sposi per sempre, il matrimonio Mandaloriano è forte e
indissolubile. Saremo uniti per sempre e, quando Grogu tornerà da noi, potremo
essere una famiglia e magari, chissà, in futuro potremo anche adottare altri
trovatelli ed educarli nel Credo” mormorò Din, gli occhi fissi in quelli di
Cassian. C’era una luce e un fuoco nel suo sguardo e nelle sue parole che
Cassian non gli aveva mai visto prima e sentì ancora una volta fremere ogni
fibra del suo corpo.
“Tutto questo, naturalmente,
se tu sei d’accordo” concluse il Mandaloriano. “Io non voglio costringerti a
fare niente che tu non desideri.”
Ma come avrebbe
potuto Cassian rifiutare qualcosa, qualsiasi cosa, a quell’uomo che lo guardava
in quel modo e lo stringeva a sé, quell’uomo che in una sola sera aveva
cambiato tutta la sua vita e che lo faceva tremare e emozionare solo standogli
vicino?
“Sì… sì, certo che lo
voglio” riuscì a dire.
Poi non poté dire altro, perché Din si distese sul
letto con lui, abbracciandolo, accarezzandolo e baciandolo, incollandosi a lui, volendo esplorare ogni centimetro del
suo corpo per sentire che era davvero lì, che non gli era accaduto niente, che
era sano e salvo, che quella terribile giornata era passata. Cassian si perse
tra le braccia dell’uomo e si lasciò andare completamente a lui, felice di
pensare che stava bene, che non lo avrebbe mai perduto, che non si sarebbero
mai più separati, che il suo destino era legato per l’eternità a quello del
Mandaloriano. E nel frattempo Din continuava ad accarezzarlo, a percorrere
tutto il suo corpo mentre lo baciava ancora e ancora, con sempre maggior
passione fino a possederlo, delicatamente ma intensamente, diventando una sola
cosa con lui, un solo cuore in due corpi uniti e allacciati. Insieme toccarono
il culmine della passione per poi giungere ad un’estasi totale che si irradiò nei
loro corpi e nel loro sangue, donando loro un calore meraviglioso, unico e
perfetto che faceva bene al cuore e scioglieva ogni tensione e preoccupazione.
Alla fine Din provò comunque il bisogno di
tenere ancora stretto tra le braccia Cassian e anche Andor si aggrappò a lui
disperatamente, avvertendo ancora la necessità di perdersi tra le sue braccia,
di smarrirsi completamente nel suo abbraccio avvolgente e dimenticare le terribili
scene che aveva vissuto durante quella giornata di battaglie in cui aveva
temuto più volte di vederlo ferito o peggio. Doveva sentire che il suo Din era
lì, che non gli sarebbe accaduto mai nulla, che sarebbero rimasti insieme per
sempre.
“Io… riuscirò ad
abituarmi anche alla tirannia del casco,
pur di poter stare sempre con te e combattere al tuo fianco” mormorò Cassian. “Sempre
se imparerò a respirarci e non ci morirò soffocato…”
Din rise piano e lo
baciò dolcemente sulla fronte e sui capelli.
“Non dovrai per forza
tenerlo sempre” gli disse, divertito. “Ci sono altri clan di Mandaloriani meno
rigidi dei Figli della Ronda e ti accoglieranno volentieri, così dovrai tenere
l’elmo solo quando combatti. E, ovviamente, dovrai imparare le tecniche di
combattimento dei Mandaloriani e l’uso delle loro armi, ma a quello ci penserò
io, sarò io ad addestrarti.”
Anche l’idea di farsi
addestrare da Din era qualcosa di eccitante, che faceva fremere Cassian al solo
pensiero. Si strinse di più a lui, accoccolandosi tra le sue braccia. Tutto
sembrava perfetto e meraviglioso in quel momento. Certo, ci sarebbero stati
ancora molti ostacoli da affrontare, ma lo avrebbero fatto insieme perché ormai
erano una sola cosa e lo sarebbero diventati ancora di più.
Erano famiglia, erano
casa, erano tutto l’uno per l’altro e per Grogu.
Né Din né Cassian
avevano mai immaginato che potesse esistere qualcosa di tanto splendido e dolce
e caldo come ciò che stavano vivendo in quel momento e, per averlo per sempre,
erano disposti a superare qualsiasi difficoltà.
Fine capitolo undicesimo
*Arma da fuoco che spara raggi di energia, tipica
dell’universo di Star Wars.