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Autore: Maryfiore    23/02/2024    0 recensioni
[Chainsawman]
Pairing: AkixHimeno
Aki alzò la testa verso di lei.
Doveva ammettere che aveva un certo carisma così: porgendogli il pennello come un signore avrebbe porto una spada al proprio cavaliere. Trovò impossibile rifiutare. Mise da parte la lattina e prese il pennello dalla mano di Himeno, accettando tacitamente di diventare il suo cavaliere in quella battaglia.
Battaglia che aveva per nemico un riquadro di tela bianco.
~
Oppure: l'Akihime artist au che nessuno ha richiesto ma di cui io avevo disperatamente bisogno.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il soggiorno di Himeno era immerso in un'atmosfera sospesa. Il vento settembrino sollevava le tende, gonfiandole come teste di meduse.

In giornate come queste la matita sembrava scorrere sul foglio più facilmente, e Aki non poteva che apprezzare i benefici che ciò aveva sulla sua arte.

Un leggero odore di tabacco e margherite gli avvolse i sensi, manifestando la presenza di Himeno dietro di lui.

"Wow... questo ti sta venendo particolarmente bene" contemplò a bassa voce, china sulla sua spalla. Il suo fiato tiepido gli accarezzava la mandibola.

Aki interruppe il tratteggio.

"Grazie."

"Solo... posso?" gli indicò la matita.

Lui fece per passargliela, ma Himeno lo fermò. Fece scorrere la mano lungo il suo braccio fino a raggiungere l'impugnatura.

Aki si ritrovò a trattenere il respiro mentre lo faceva.

Il tocco di Himeno era leggero e fresco, come la carezza di un fantasma. Le sue dita poggiavano delicatamente sulle sue e le guidavano sulla carta con movimenti fluidi. Aki cercò di concentrarsi sulla correzione del disegno e non sulla vicinanza del suo viso, o sui suoi capelli che gli solleticavano l'orecchio, o sul suo battito cardiaco improvvisamente accelerato...

Rilasciò il fiato quando la sua mano scivolò via.

Mise a fuoco il disegno e vide un netto miglioramento nella prospettiva della spalle di Taiyo.

"È tuo fratello?"

Aki si voltò sorpreso.

Himeno gli sorrise.

"All'inizio pensavo che fosse un autoritratto" gli disse, "poi mi sono accorta che mancavano i buchi alle orecchie, e che la struttura del viso era chiaramente quella di un bambino."

"Quest'anno avrebbe compiuto diciotto anni" pensò.

Si accorse di aver parlato ad alta voce solo quando sentì una mano sulla spalla e Himeno sussurrare:

"Dai... vieni a fare una pausa con me."

Aki acconsentì e l'accompagnò fuori al balcone per fumare. Himeno picchiettò con l'indice l'interno del pacchetto, estrasse una sigaretta e usò una mano come schermo dal vento per accenderla. La osservò per tutto il procedimento.

Gli piaceva guardarla fumare: l'atto monotono aveva un che di rilassante e seducente. Gli piaceva il modo in cui il fumo abbandonava le sue labbra, il modo in cui socchiudeva gli occhi e inclinava la testa all'indietro durante l'espirazione, esponendo la curva aggraziata del suo collo.

"Ti manca molto?" gli chiese a un tratto. "Tuo fratello, intendo."

Molte persone glielo avevano già chiesto in passato, Aki aveva sempre dato la stessa risposta: quella che più ci aspetterebbe a una domanda del genere. Ma questa volta, guardando Himeno negli occhi, capì che non si trattava di una domanda di circostanza, e per qualche motivo si sentì incapace di mentirle. Sospirò e rispose.

"È complicato."

"Di sicuro lo è" mormorò lei con la sigaretta tra i denti. Prese un altro tiro e poi continuò. "C'è molta nostalgia in quel tuo disegno, ma anche molta rabbia. E un forte senso di colpa."

Aki si passò una mano dietro al collo e distolse lo sguardo. La precisione con cui Himeno riusciva a leggere certe cose in mezzo a trame di grafite e colore non avrebbe mai finito di stupirlo.

"Come sempre, un occhio molto perspicace, senpai..."

Lei fece una breve risata. "Dove sarei adesso se così non fosse?"

Spostò lo sguardo sugli agglomerati di palazzi e riprese a fumare, lasciandogli libero spazio sia per parlare che per tacere. Aki decise di parlare.

"Onestamente" iniziò, "credo di aver amato mio fratello più da morto che da vivo."

Himeno non commentò, ma Aki sapeva che lo stava ascoltando, così andò avanti.

"Da bambino ho desiderato molte volte che Taiyo scomparisse... nel modo meno fantasioso possibile" confessò, "La cosa più spaventosa è che il pensiero non mi turbava per niente: non una singola traccia di senso di colpa. Mai. Solo rabbia. Una stupida, invidiosa rabbia infantile... e parole fredde in bocca a un bambino stupido."

Immagini di una Hokkaido innevata e di un guantone da baseball abbandonato sul ghiaccio si insinuarono nella sua mente.

"Poi ecco che, all'improvviso, in un giorno come tanti, Taiyo scompare per davvero. E in un colpo solo mi ritrovo ad annegare in tutto il senso di colpa che fino ad allora non mi aveva mai toccato..."

Le sue dita iniziarono a grattare la vernice arrugginita del parapetto con fare nervoso.

"Essere bambini non significa essere privi di cattiveria. La gente commette sempre un grosso errore a credere il contrario." Himeno lasciò cadere la cenere al vento e si voltò verso di lui. "Sono capaci di odiare con la stessa purezza e la stessa intensità con la quale amano, se non maggiore, a volte. I tuoi pensieri non devono scandalizzarti."

Gli sorrise attraverso il fumo.

"Sei stato un bambino e hai odiato come un bambino, adesso non lo sei più e stai iniziando ad amare come un adulto. Tutto qui."

Aki si limitò ad accogliere quella nuova spiegazione in silenzio, meditando sulle parole. Fino a quando Himeno non parlò di nuovo.

"Ho avuto cinque relazioni finora" se ne uscì all'improvviso.

Aki smise di grattare la vernice. I suoi occhi si spalancarono, si girò per guardarla, ma lei era tornata a rivolgersi alla strada.

"Cinque partner. Cinque disastri..."

Inspirò il fumo, stavolta indugiando più a lungo. Un'aria malinconica le piegava i tratti del viso.

"Sai, non ero esattamente una ragazza a modo. Non il tipo che porteresti a casa dei tuoi genitori, per intenderci."

Aki rimase ad ascoltarla in rispettoso silenzio, non osando interromperla. Era la prima volta che Himeno gli parlava di sé, e l'ultima cosa che voleva era che si sentisse giudicata a causa di qualche parola inopportuna.

"Ho scatenato furiosi litigi di famiglia e ricevuto schiaffi in mezzo alla strada da madri, sorelle e fidanzate arrabbiate... È divertente il fatto che pensassi fosse tutto immeritato." Accennò un sorriso ironico.

"La verità è che il problema ero sempre stata io" disse.

"Avevo i miei vizi e le mie cattive abitudini. Alcune sono ancora qui..." Fece oscillare la sigaretta tra le dita per dimostrare il punto. "Ero egoista e immatura: volevo a tutti i costi essere amata, ma non avevo realmente idea di come si tenesse un cuore tra le mani."

Detto questo, tornò finalmente a guardarlo negli occhi.

"Conseguenza di questa realizzazione? Senso di colpa" gli sorrise.

Aki ricambiò con occhi bassi, cominciando a capire cosa Himeno stava cercando di dirgli.

"Lo so, fa schifo." Girò il fianco sulla ringhiera per stargli di fronte. "Ma a volte e per di là che dobbiamo passare per maturare. E poi... non si può cambiare il passato, no?"

"No..." concordò sospirando.

"È per questo che ho iniziato a fare arte" rivelò, "Vedere che dalle mie mani poteva uscire qualcosa di bello mi ha fatto pensare che, forse, non ero condannata a corrompere tutto quello che toccavo."

L'ultima frase accese qualcosa dentro di lui, qualcosa che iniziò ad ardergli fastidiosamente nello stomaco. La guardò intensamente, le parole gli uscirono dalle labbra con una spontaneità disarmante.

"Di certo non stai corrompendo me. Il contrario, semmai."

La sigaretta interruppe il suo tragitto, immobile a pochi centimetri dalla meta.

Le parole sembrarono colpirla.

Si voltò per incontrare i suoi occhi, e il sorriso che gli regalò era colmo di gratitudine.

"Sono contenta di sentirlo."

Il silenzio calò di nuovo. Non era scomodo. Aki si rese conto di come il silenzio con Himeno non lo fosse mai.

Lei gli si avvicinò di poco. Gratitudine sulle sue labbra e determinazione nella voce.

"C'è bellezza dentro di te, Aki" gli disse, guardandolo risoluta. "E io ti convincerò di questo."

Gli diede le spalle e iniziò a farsi strada tra le tende svolazzanti.

"Così come ho convinto me stessa."

E in quel preciso momento Aki ci credette. Credette fermamente che se esisteva qualcuno che poteva portare luce sulle sue ombre, qualcuno che poteva far fiorire gli anfratti di sale del suo cuore... quella era lei.

Se esisteva qualcuno che poteva trasformarlo in meglio, quella era Himeno.

*

È incredibile come i dettagli più piccoli e banali, quelli che hai sotto gli occhi tutto il giorno e nemmeno te ne accorgi, possano assumere all'improvviso un carattere rivelatore, mettendo a fuoco tutta una serie di pensieri e sentimenti fino ad allora rimasti sfocati nell'inconscio.

Ad Aki capitò quello stesso pomeriggio.

Era seduto alla sua solita postazione nel soggiorno di Himeno e stava litigando per la prima volta contro i carboncini.
Himeno era accovacciata sul pavimento con la schiena che dava al balcone (c'era una luce migliore in quel punto, a detta sua). Teneva la tela sulle gambe piegate e non gli dava modo di vedere su cosa stesse lavorando, ma a giudicare dal suo silenzio e dalla sua espressione concentrata, la riuscita di quel lavoro doveva essere molto importante.

Questo però non le impediva di tenere d'occhio anche il suo operato.

"Se continui così bucherai il foglio" avvertì al rumore del suo pesante raschiare sulla carta.

"Tieni la mano inclinata, non perpendicolare al tavolo" ricordò.

"Sto cercando di sporcarmi quanto meno possibile."

Himeno ridacchiò senza staccare gli occhi dalla tela.

"Così ti perdi la metà del divertimento."

Aki sospirò davanti ai suoi palmi anneriti e lanciò un'occhiata alla sua senpai. In effetti, anche la sua pelle era cosparsa di colore.
Era evidente che stesse armeggiando con una palette di verdi, perché numerose strisce di questo colore le percorrevano gli avambracci. La pittura era arrivata perfino più in alto: partendo da un punto tra il collo e la spalla, un goccia fresca stava scivolando verso l'incavo della clavicola.

Aki si mise ad osservarne distrattamente il percorso. Himeno inclinò il busto e la linea verde si curvò.

Lo stelo di un fiore...

La sua mente assecondò lo spunto e Aki iniziò a immaginare una margherita sbocciare proprio lì, su quel punto tra spalla e collo. Poi lunghi, esili fili d'ebra accarezzare i suoi avambracci.
Pensò che non gli sarebbe affatto dispiaciuto... disegnare foglie e fiori sul suo corpo.

Ed eccolo lì. Il dettaglio banale. La rivelazione. Una goccia di pittura verde sulla pelle di un'artista.

"Lo stai facendo di nuovo."

Aki non capì a cosa si riferisse finché non sentì il carboncino spezzarsi in mano. Guardò rassegnato il foro sul disegno.

Quando si voltò di nuovo verso di lei, Himeno aveva staccato gli occhi dalla tela e lo stava guardando. Sotto i suoi occhi turchesi, pericolosamente perspicaci, Aki si sentì colto in fallo.
Lentamente, tornò al suo misero foglio bucato.

"Oggi sei un po' distratto" osservò lei in tono canzonatorio, senza rimprovero.

"Mi dispiace..."

Sentì i suoi passi avvicinarsi e il consueto odore di tabacco e margherite. Poi una mano gli comparve davanti agli occhi e una pennellata gli accarezzò il ponte del naso. Adesso tutto quello che riusciva a sentire era l'odore penetrante del composto acrilico.

"Mi hai fatto il naso verde?" domandò alzando il mento e trovando Himeno che gli sorrideva dall'alto.

"Penitenza."

"Meritata" concordò strofinandosi il naso.

"Posso posare i carboncini ora?"

"Nemmeno per sogno" canticchiò lei. "Se continui a evitare gli strumenti che ti mettono in difficoltà non imparerai mai niente di nuovo. Ti do un altro foglio."

In realtà dovette dargliene altri due prima che Aki riuscisse a disegnarci sopra qualcosa. Il risultato era chiaramente il peggiore dei suoi lavori, ma l'esortazione di Himeno a vedere quella piccola difficoltà come una sfida lo aveva reso motivato.

Quella sera tornò a casa con i palmi neri, diverse pennellate verdi sul viso e un formicolio nel petto che si rifiutava di andar via.

Quando Kishibe lo vide entrare in quello stato strabuzzò gli occhi. Con il mento basso e le sopracciglia alzate, osservò attentamente il ragazzo mentre si toglieva le scarpe all'ingresso.

Lo salutò, provando ad attirare la sua attenzione.

"Ehilà."

Aki non lo guardò nemmeno, tutto intento a fissare l'appendiabiti mentre vi sistemava sopra la giacca.

" 'Sera."

Kishibe incalzò.

"Bene?" chiese.

"Bene."

"Mh..."

Be', colpa sua, suppose. Domande banali portavano a risposte banali. Non voleva dargli l'impressione di essere invadente, né dire inavvertitamente qualcosa che potesse togliergli quel così raro buon umore, dunque si limitò a studiarlo in silenzio.

"Vado in camera" annunciò lui.

Kishibe annuì e si accese una sigaretta.

"La cena è già pronta, prenditi il tempo che vuoi."

Aki mormorò un ringraziamento e si voltò per attraversare il corridoio. Nel momento in cui Kishibe ebbe una visione intera del suo volto, la sorpresa lasciò il posto alla consapevolezza. Il ragazzo aveva certi occhi... Conosceva quegli occhi: accesi come stelle, ardenti e smaniosi, densi di bramosia e struggimento. Anche lui era stato giovane, dopotutto.

La sua mente rievocò il ricordo di una morbida coda argentea su una canotta nera, e di una voce femminile dal forte accento cinese.

Un mezzo sbuffo gli uscì dal naso e le sua bocca si curvò appena verso l'alto.

Himeno... che cosa diavolo hai combinato, pensò.

Nel frattempo l'ombra di Aki scompariva dietro la porta della sua stanza.

*

Accettare di essere romanticamente interessato a Himeno era un processo che il suo cervello doveva ancora portare a termine.

In compenso, aveva impiegato meno di un attimo a stilare una lista di tutte le problematiche che la cosa comportava.

Prima fra tutte: per quanto Himeno continuasse a storcere il naso e a ridere quando veniva definita tale, era effettivamente la sua insegnante. E già questo presupposto era abbastanza per mettere Aki a disagio.

Le persone non avevano mai mancato di fargli notare quanto sembrasse più grande della sua età, con quell'espressione sempre così stoica e il suo parlare sempre così serio.
Pensare invece al loro vincolo studente/insegnante lo faceva sentire scomodamente... piccolo. Niente di più di un ragazzino problematico.

Con ogni probabilità era così che doveva apparire agli occhi di Himeno.

E poi veniva già da cinque relazioni inconcludenti, quasi sicuramente non aveva alcuna intenzione di iniziarne un'altra. Non che gli avesse mai detto esplicitamente di essere single, tra l'altro... Magari adesso vedeva qualcuno e lui non lo sapeva.

Un macigno d'aria salì dai suoi polmoni al setto nasale.

C'erano ancora così tante cose che non sapeva di Himeno... eppure non si era mai sentito così a suo agio con nessuno prima di lei. Parlare con lei, condividere i silenzi, le merende, gli spazi... gli sembrava, paradossalmente, la cosa più naturale del mondo. Come se in quel piccolo appartamento che sapeva di tabacco e acrilici avesse ritrovato una casa che non sapeva di avere.

Inoltre non poteva ignorare quel calore che nasceva nel suo petto ogni volta che incontrava il suo sguardo. Non poteva ignorare quel desiderio pulsante sotto la sua pelle ogni volta che lei gli sfiorava la mano per correggere un disegno, o quella pura sensazione di beatitudine che provava semplicemente avendola vicino. Aki si sentiva come un corpo celeste caduto nella sua orbita: trascinato dal suo magnetismo e costretto a girarle intorno di continuo senza mai arrivare a raggiungerla.

Chiese a se stesso se avesse potuto farselo andar bene: stare con lei semplicemente così, avere l'opportunità di guardarla a distanza e nutrirsi delle briciole che quei pochi incontri settimanali potevano offrire.
Ma nemmeno quelli sarebbero durati in eterno. Prima o poi Himeno avrebbe smesso di insegnargli e lui non avrebbe più avuto nessuna scusa per vederla. A quel punto cosa avrebbe fatto?

Questi e altri pensieri affollavano la sua mente, e continuarono a farlo anche dopo cena.

Aki rimase a guardarsi le mani per più di un'ora, senza riuscire a prendere sonno.
Pensò a Himeno nel suo appartamento dalle tinte notturne, alla sua pelle diafana sotto la luce della luna. Stava già dormendo? Era ancora sveglia a lavorare su quella tela? Oppure era appoggiata al parapetto del balcone, fumando una sigaretta e guardando le stelle?

Trascorse un'altra mezz'ora e alla fine Aki si alzò.

Accese il lume sulla scrivania, tirò fuori il suo sketchbook, prese una gomma e la prima matita che gli capitò davanti, e si sedette. Avrebbe svuotato la mente dai pensieri e il cuore dalle emozioni nell'unico modo pacifico che conosceva.

Scelse una pagina vuota e iniziò a disegnare.

   
 
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