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Autore: pietradiluna    23/02/2024    2 recensioni
La vita di Hermione dopo la guerra è stabile e soddisfacente: circondata dagli amici di una vita, ha un lavoro in una sala da tè e molte passioni. Ma l'arrivo di una lettera cambierà inaspettatamente tutta la sua routine, trascinandola in una nuova avventura…
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Theodore Nott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Ciao a tutti! Era da un po' che non pubblicavo ma sono stata davvero impegnata con il mio lavoro e ho avuto un po' un blocco nella scrittura che non mi ha fatto andare avanti molto, ma finalmente sono riuscita a finire questo nuovo capitolo, anche se un po' più breve degli altri.
Cercherò di pubblicare più regolarmente e auguro una buona lettura a chi avrà ancora voglia di sapere come va a finire questa storia.

Un bacio *








Minerva McGranitt stava pigramente sorseggiando la sua tazza di tè amaro, non prestando troppa attenzione all’ambiente circostante, quando percepì distrattamente le parole concitate del giovane Nott rivolte all’amico Longbottom.
Hermione.
Mancante.
Huxley non è qui
.

Tutto il corpo dell’anziana preside si irrigidì mentre davanti a lei la scena sembrava procedere a rallentatore: Theodore Nott, estremamente pallido, si era alzato bruscamente dal lungo tavolo della colazione e si stava precipitando verso l’uscita della grande sala senza guardarsi indietro neanche per un attimo, oltrepassando l’imponente portone appena un attimo prima che le porte si sigillassero con un incantesimo.
Poco dopo scoppiò il caos.
Neville, lontano ormai dall’essere soltanto il semplice e pacifico professore di erbologia, aveva appena indossato la sua maschera più risoluta mentre si affrettava a seguire l’amico, accorgendosi però che le porte erano apparentemente bloccate da una magia sconosciuta, una magia oscura che Minerva riconobbe immediatamente: quel sottile incantesimo, poco efficace ma particolarmente noioso da sciogliere stava ottenendo esattamente lo scopo per il quale era stato programmato: far perdere tempo.
E Minerva sentiva nel profondo del suo stomaco che ogni singolo secondo sarebbe stato invece fondamentale.

“Per tutti gli studenti, rimanete nei vostri posti”, esclamò la voce decisa di Neville, amplificata da un incantesimo Sonorus.
“Io, la preside e gli altri colleghi ci occuperemo di qualsiasi cosa stia succedendo qui, rimanete calmi e seduti nei vostri posti”.

Mormorii di preoccupazione si alzarono fra i giovani di tutte e quattro le case e nessuno di loro pensò neanche per un momento di non ascoltare il comando dell’insegnante, probabilmente anche a causa della guerra ancora recente nei loro ricordi, ma anche i più curiosi non sembravano essere troppo contenti degli sguardi preoccupati che continuavano a lanciarsi i due adulti, mentre si affrettavano a sciogliere i reparti messi sulla sala grande.

Non appena si udì il familiare sblocco dell’incantesimo contenitivo, Neville fu il primo a precipitarsi verso il pesante picco di magia che proveniva dai sotterranei: qualcuno stava duellando, e non stava duellando soltanto con lo scopo di disarmare.
La magia oscura frizzava effervescente nell’aria e la pelle del giovane professore cominciò ad accapponarsi sotto l’aria pesante e anticipatoria di qualcosa che non doveva rappresentare nulla di buono ma continuò, motivato dalla sua determinazione, ad avanzare senza sosta, trovando infine la fonte di tutta quella magia: l’aula, ancora fresca dall’oscura firma magica di Theodore Nott ed Edwin Huxley, era ormai vuota.
Ad un angolo, buttata a terra in maniera disordinata, c’era la borsa di Hermione.



 
 
___________________________






Hermione sentiva il suo cuore battere forte nella sua cassa toracica mentre veniva trascinata, senza alcuna premura, attraverso i corridoi bui di quello che doveva essere, secondo le parole di Huxley, il maniero dell’antica casata dei Nott.
Il grande edificio incombeva sinistramente su di loro, buio, minaccioso, come se neanche la luce riuscisse a penetrare attraverso le scure finestre.
È qui che è cresciuto Theo? Pensò Hermione con un brivido, immaginando lo sfortunato bambino cresciuto fra queste mura gelide.
Si voltò per un attimo verso il ragazzo, che attualmente stava camminando proprio accanto a lei con la bacchetta di un mangiamorte puntata senza alcuna esitazione sulla sua schiena.
Huxley nel frattempo stava tenendo le sue dita strettamente aggrovigliate sul braccio della ragazza, senza alcuna fretta, con l’atteggiamento sicuro di chi pensava di avere già vinto.
Hermione fece una smorfia, pensando che probabilmente erano davvero nei guai.
Avrebbe dovuto soltanto sperare che al Castello qualcuno si fosse già accorto della loro sparizione, con una piccola dose di fortuna magari l’avrebbe fatto proprio Neville, ed Hermione non poteva essere più grata come in quel momento del fatto che Theo avesse voluto confidarsi proprio con l’amico di tutti i sospetti che aveva avuto su Huxley fin dal primo giorno in cui era arrivato al Castello, sospetti che lei stessa aveva inizialmente minimizzato, pensò con orrore, ma non ebbe il tempo di continuare ad autocommiserarsi poiché dopo pochi passi furono bruscamente gettati in una stanza, bloccata immediatamente da un incantesimo che non era riuscita a riconoscere.
Come se avessero le loro bacchette con loro, sbuffò.

Si voltò verso Theodore che ora stava cercando di evitare il più possibile il contatto con i suoi occhi e si avvicinò per posargli dolcemente una mano sulla guancia tumefatta dal precedente duello con Huxley, cercando di rassicurarlo.
Per la prima volta aveva visto Theodore Nott sotto un altro punto di vista, quello dell’astuto, calcolatore e amante delle arti oscure, un serpeverde che aveva maneggiato abilmente e in maniera elegante incantesimi difficili e letali, e contro ogni giudizio questo l’aveva attratta ancora di più.
La sua sete di conoscenza non poteva negare quanto fosse per lo meno incuriosita da questo differente lato della sua personalità, ma ora non era il momento di pensare a queste cose.
“Non è colpa tua, nessuno sapeva cosa stesse succedendo, non avremmo potuto prevederlo”, gli sussurrò mentre avvolgeva le sue braccia intorno a lui.
Theodore cominciò ad allontanarla ma poi decise di stringerla ancora di più contro di sé.
“Ma io avrei dovuto, conoscevo Huxley, cosa era in grado di fare, gli ho permesso che ti facesse questo!”
“Smettila, Theo, se qualcuno deve avere la colpa di certo non sei tu, è quel viscido di Huxley e tuo padre! Non tu, mi hai capito?”
Theodore deglutì a disagio, incolpandosi ancora della situazione precaria in cui si trovavano in questo momento.
“Smettila di scusarti, Theo, e pensiamo ad un piano per uscire di qui, preferibilmente vivi. Insieme”.
“La casa è sicuramente protetta dalla magia del sangue”, storse la bocca con disgusto. “Questo spiega perché gli Auror non sono stati in grado di notare che effettivamente qualcuno era dentro la casa, o almeno credo che sia successo questo, dato che il Ministero mi aveva assicurato che la casa fosse sorvegliata”.
Hermione sembrava pensierosa, come se qualcosa continuasse a sfuggirle.
“Ma tu sei un Nott, puoi passare attraverso i reparti”.
Theo la guardò preoccupato. “Dovremmo provare a smaterializzarci, se riuscissimo a recuperare una bacchetta”.
“La magia senza bacchetta...”
“No, Hermione, è troppo rischioso. Molto probabilmente ci spezzeremmo”.
Theo continuava a camminare per la stanza, cercando disperatamente una soluzione.
“Abbiamo il vantaggio di conoscere i passaggi segreti, suppongo che il mio arrivo insieme a te non era previsto. Dobbiamo soltanto uscire da questa maledetta stanza”.
Hermione nel frattempo aveva evocato qualunque incantesimo di apertura le fosse venuto in mente e ad un certo punto Theo aveva provato anche ad utilizzare il suo sangue sulla porta, che però continuava a rimanere fastidiosamente chiusa.
“Aspetta!” Disse finalmente Theo, con un briciolo di speranza.
“Dippy? Dippy!”
“Theo cosa... O Merlino”, spalancò gli occhi Hermione. “Il tuo elfo domestico!”
Un piccolo esserino malconcio stava di fronte a loro tenendosi le grandi orecchie, mentre guardava verso il basso, continuando a torcere nervosamente i piedi.
“Padrone ha chiamato?”.
“Dippy... Ti ho sempre chiesto di chiamarmi Theo” gli sorrise il ragazzo, prima di continuare.
“Dippy, questa è Hermione, una mia cara amica”.
“Piacere, miss Hermione”, si piegò Dippy, prima di rivolgere nuovamente i suoi grandi occhi verso Theo.
“Dippy, dobbiamo chiederti un favore, un favore enorme...”, ma fu interrotto dallo sguardo spaventato dell’elfo, che nel frattempo si stava riempendo di lacrime.
“Dippy non può far uscire padron Theo e la sua amica, Dippy non può, Dippy è dispiaciuta...”
Hermione guardò Theo con preoccupazione.
“Il padrone cattivo ha punito Dippy, maledizione cruciatus”.
Theo inspirò con preoccupazione, ma non fece in tempo ad aggiungere nulla poiché la porta che avevano disperatamente cercato di aprire si spalancò di colpo, facendo scomparire con un urlo il piccolo elfo domestico.

Un mangiamorte che Theo non aveva mai visto prima si trovava davanti la porta, osservandoli con un ghigno che decorava orribilmente la sua faccia sfregiata probabilmente da qualche oscura maledizione, mentre fra le mani giocherellava con una lunga bacchetta di legno scuro.
“È ora di andare, piccioncini”, li derise, avanzando di qualche passo verso di loro.
“Non andiamo proprio da nessuna parte”, si ribellò Theo, mettendosi di fronte ad Hermione, preparandosi a proteggerla.
“Bene, questa è esattamente la risposta che tuo padre mi ha detto che avresti dato, perciò... Mi ha dato il permesso di utilizzare un piccolo incentivo per farvi muovere più velocemente”, rise con cattiveria, mentre lanciava un Incarceramus a Theo, che si rese conto troppo tardi di quello che stava succedendo.
Crucio!”

No!”, urlò, cercando di dimenarsi fra le corde invisibili lanciate dall’incantesimo.

Hermione cadde a terra, colpita dal dolore. Aveva dimenticato quanto fosse terribile la maledizione del Cruciatus. O meglio, per quanto continuasse occasionalmente a sognare il terribile evento, riceverla nuovamente dal vivo era mille volte peggio. Continuò a mordersi l’interno delle labbra per non dare la soddisfazione di urlare al vile mangiamorte che le stava puntando la bacchetta contro, ansimando pesantemente non appena questi sollevò la maledizione da lei.
“Alzati sanguesporco”, le ordinò. “...Sempre che tu non voglia una ripetizione. Sei un bel bocconcino, però, sarebbe un peccato sprecarlo così”.
Hermione rabbrividì, mentre Theodore, libero dai legami magici, si chinava per sostenerla.
Era senza dubbio consapevole che uscire da quella stanza non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione ma la sua mente, nel panico, non riusciva a visualizzare alcuna via d’uscita.
Hermione si stava ancora riprendendo dalla spregevole maledizione, sembrando tutto ad un tratto estremamente pallida e molto meno determinata di pochi momenti prima.
Con riluttanza, non avendo per il momento nessuna scelta, cominciarono ad uscire dalla piccola stanza che per un attimo li aveva ingannati con una fugace sensazione di speranza.

Dopo quelle che sembrarono ore mentre in realtà erano passati soltanto pochi minuti, furono condotti in un grande salotto, lugubre e scuro come il resto della casa.
Hermione, se possibile, impallidì ancora di più, associando la grande sala che normalmente avrebbe potuto ospitare sfarzosi balli e magnifiche feste ad un evento molto meno gradevole che era avvenuto in un altro salotto nel grande maniero dei Malfoy.
Si rese conto che probabilmente le loro sessioni di tortura erano appena iniziate.
Al centro della sala, con un sorriso beffardo e gli occhi intrisi di cattiveria, li stava aspettando Thoros Nott.
“Bene bene, ma che sopresa. Il figlio prodigo finalmente ha deciso di degnarci della sua onorevole presenza”, iniziò a bassa voce, aggiungendo del veleno ad ogni parola, mentre si alzava dalla poltrona dove era fiduciosamente seduto per avvicinarsi ai due ragazzi.
“Pensavi davvero di poter seguire una sanguesporco, a mia insaputa?” Gli sbraitò addosso, lanciandogli una maledizione che gli lasciò una profonda ferita sul braccio. “Non pensare che non sappia cosa hai fatto in tutti questi mesi, e con chi”.
Theo ansimò, sfidandolo.
“Mentre tu marcivi ad Azkaban, vuoi dire?”
“Crucio!”
“Theo!”
“Dopo tutti questi anni ancora non hai imparato il tuo posto? Sei soltanto una delusione, una pallida imitazione di quello che sarebbe dovuto diventare il mio nobile erede”, disse, rilasciandolo.
Il vecchio Mangiamorte si fermò a poco meno di mezzo metro da Hermione, osservando divertito la fragile figura davanti a lui, senza nascondere il sottile ghigno di soddisfazione che stava provando nel vederla agitarsi debolmente. Sbuffò.
“È questa la scoria che ha deviato mio figlio”, borbottò quasi fra sé e sé. “Quel debole inetto...”.
“Thedore vale mille volte tutti voi” lo interruppe coraggiosamente Hermione, con uno sguardo combattivo, prima di essere colpita da un pesante schiaffo.
“Sta zitta, lurida sanguesporco”.
“Hermione! Non toccarla!” scattò Theo, cercando di liberarsi dalla ferrea presa del mangiamorte che lo teneva.
“O cosa?” Lo prese in giro suo padre. “Finalmente hai deciso di farti crescere una spina dorsale?”
La sua voce era bassa e minacciosa, mentre faceva un altro passo avanti.
“Cosa farai? Non riuscivi neanche a ribellarti a me”.
Il petto di Theo iniziò a diventare pesante, scosso da intensi respiri, ancora nel dolore a causa delle maledizioni e delle parole crudeli del padre.
“Sei diventato un uomo, per caso?” Gli chiese sarcasticamente.
“Stai zitto!”
“Povero, piccolo, Theo... Così patetico”.
Theo si voltò verso Hermione che sembrava congelata dallo scambio dei due e prendendo un profondo respiro guardò nuovamente suo padre negli occhi, alzando il mento per dimostrargli che non poteva più essere colpito dalle sue parole di odio.
“L’unico patetico qui sei tu”.
Thoros, paonazzo dall’audacia del suo unico figlio, allargò le narici con sdegno mentre cominciava ad alzare nuovamente la bacchetta quando sentì una mano posarsi delicatamente ma in maniera ferma sul suo braccio.
“Thoros, amico mio. Non vorrai toglierci tutto il divertimento, ora”, esclamò Huxley, divertito dalla situazione.
“Lasciaci giocare”, continuò a bassa voce. “Lascia che faccia un piccolo spettacolo per voi prima di procedere con il nostro, grande, piano”.

Thoros non sembrava troppo convinto, mentre teneva ancora la bacchetta leggermente alzata verso di loro, ma dopo qualche istante fece qualche passo indietro, alzando le spalle.
Afferrando un bicchiere lo riempì di Firewhiskey e si sedette di nuovo sulla vecchia poltrona di pelle.
Ad uno sguardo di Huxley il mangiamorte rilasciò Theodore, continuando però a puntargli la bacchetta contro, e anche gli altri si ritirarono nei lati della sala, guardandosi ironicamente mentre pregustavano qualsiasi cosa avesse avuto in mente il professore. Theodore sembrava valutare la situazione, teso, dolorosamente consapevole di quanto potesse essere pericoloso Huxley sotto quella facciata tranquilla.

“Tu, vile bastardo-” iniziò Hermione, bloccata subito da Huxley.
“Cara, imprecare non si addice affatto a questa tua bocca delicata”, la prese in giro, avvicinandosi a lei, girandole intorno lentamente, come un predatore che si preparava ad attaccare la sua preda, sempre più vicino.
Hermione stava per dire qualche altra cosa quando si congelò, mentre l’uomo le fece scorrere la punta della bacchetta lungo la guancia e fino al collo.
Con una scintilla perfida la guardò direttamente negli occhi. “Imperio”.

Hermione aveva soltanto letto gli strani effetti della maledizione Imperius; la strana atmosfera galleggiante e rilassata che sembrava avvolgerla però non sembrava totalmente giusta, c’era una piccola parte del suo cervello che le stava gridando di fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma era una voce debole, lontana, ed Hermione non era neanche sicura che la stesse sentendo davvero o soltanto immaginando.
Ogni sua preoccupazione sembrava stranamente scomparsa anche se, ancora, qualcosa nel profondo di lei cercava di urlarle con urgenza che tutto era sbagliato.

Theo inalò bruscamente, immaginando mille scenari che sarebbero potuti accadere da lì a poco tempo, uno peggiore dell’altro.
Le risate beffarde dei mangiamorte sembravano provenire dall’esterno, e tutto sembrò sfocato mentre l’affascinante professore si avvicinò all’orecchio di Hermione, facendole scivolare la sua vecchia bacchetta fra le mani, sussurrando dolcemente una parola che Theo non aveva proprio visto arrivare.

“Uccidilo”.
  
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