Un’altra
estate
Le
parole di Genzo non lo abbandonano più.
Gli
sembra di sentire la sua voce quando l’altro se ne
è andato ormai da un pezzo,
e lui, Kojiro, è rimasto seduto in quello spogliatoio a
fissare il vuoto, le
dita delle mani intrecciate, il respiro corto.
Non
lo lasciano nemmeno mentre attende il treno per Osaka qualche ora dopo.
Percepisce
la sua voce, è come se fosse ancora lì vicino a
lui.
Si
sente all’improvviso stanco, anzi sfinito, e si addormenta
poco dopo la
partenza dello Shinkansen per Tokyo.
E
sogna.
Sogna
la malinconia di un pomeriggio parigino, e poi il mare di Cap Ferrat
con le sue
acque turchesi, le viuzze acciottolate di Antibes di una sera di inizio
estate.
La piscina a sfioro di una villa con vista sulla costa.
Avverte
un brivido, sorride mentre è ancora abbandonato al sonno.
Giugno
Torna
a Monaco più leggero.
Ci
sono voluti mesi ma alla fine è riuscito a dire tutto quello
che pensa ad alta
voce, e a farsi ascoltare. Non ha idea di quali saranno le reazioni di
Kojiro, ma
in quel momento è convinto di aver fatto la cosa giusta.
È stato trasparente, e
coraggioso, e qualunque cosa accadrà non vivrà
con il rimpianto di essersi
nascosto facendosi scudo con le menzogne.
Ha
davanti a sé tre settimane di vacanza, e per la prima volta
nella sua vita non
ha pianificato niente, ma va bene così. Ha appuntamento con
Karl e Katrin, poi
l’amico partirà per una decina di giorni per la
Sardegna. Pensa che deciderà
all’ultimo, per una volta potrebbe fare una pazzia,
presentarsi in aeroporto
con la valigia e comprare un biglietto per una destinazione a caso.
Si
ritrova a sogghignare, si ripete che va bene così,
può permettersi di fare
quello che gli pare. È libero, non porta zavorre sulle sue
spalle.
È
libero, ma soprattutto è solo.
Glielo
ricordano bene le parole di Lena due giorni dopo, lei le pronuncia
senza darci
troppo peso mentre la sta riaccompagnando a casa dopo quel pranzo da
Fausto.
Gli chiede se stia uscendo con qualcuna perché non sente
parlare da tempo delle
sue avventure, e aggiunge che le sembra piuttosto strano.
Genzo
in quel momento glissa, risponde che si tratta di un’altra
storia, e che magari
un giorno gliela racconterà.
Si
domanda se ci potrebbe mai riuscire, non ne è sicuro.
Forse
è semplicemente ancora troppo presto.
È
ormai giugno inoltrato. Le giornate sono luminose, e promettono
un’altra estate
calda e soleggiata.
Gli
Schneider si sono riappacificati e saranno lontani ancora per una
settimana,
Genzo decide che è arrivato anche per lui il momento di
partire.
Quella
sera prepara la valigia, ci mette dentro solo il minimo necessario.
Comprerà
sul posto ciò che gli serve.
Si
siede sulla chaise longue in terrazzo, guarda il profilo della
città che si
scorge dal suo attico.
È
quasi ora del tramonto, la luce è cambiata.
Si
sente in pace con sé stesso, si sente quasi felice.
E
poi qualcuno suona il citofono.
È
perplesso, non aspetta nessuno.
Risponde.
Il
portiere lo avvisa che c’è Kojiro Hyuga, che si
è presentato come suo amico, e che
vorrebbe salire.
Può
farlo salire?
Non
ci deve pensare neanche per un secondo.
«Sì.
Lo faccia salire, grazie.»
Lo
aspetta sulla porta.
Kojiro
esce dall’ascensore, gli occhiali da sole appesi al collo
della t-shirt e uno
zaino sulla spalla.
Genzo
inclina la testa, incuriosito e timoroso, l’espressione
dell’altro non lo aiuta
a decifrare le sue intenzioni.
Si
fronteggiano lì all’ingresso, poi il padrone di
casa si sposta e lo fa entrare.
Kojiro
prende un bel respiro prima di parlare.
«Ho
copiato la tua idea di presentarti senza preavviso e senza
invito.»
Lo
osserva in silenzio.
«Spero
solo che non finirà allo stesso modo, perché io
non ce l’ho la compostezza che
hai dimostrato di avere tu.»
Genzo
scuote appena la testa, l’altro continua.
«Quindi,
eccomi qui.» deglutisce e si guarda attorno, nota la valigia
in un angolo «Ma sei
in partenza?»
«Già.
Domani.»
«Ah.»
«Ma
non ho prenotato niente. Domani vado in aeroporto e decido una volta
lì. Ho
voglia di improvvisare.»
Kojiro
sospira annuendo e si umetta le labbra, nervoso.
«Ok.
Però io adesso devo parlarti. Voglio dirti che non
è andata esattamente come
hai detto tu. Non sono mai stato disgustato. Turbato sì,
all’inverosimile.
Cazzo, non è facile, questa cosa mette addosso
paura…»
«Senti,
Hyuga, io…»
Ma
Kojiro non ascolta, non vuole interrompersi perché teme di
non riuscire più a
dire tutto quello che vorrebbe dirgli.
«No,
non ho finito. Non chiamarmi Hyuga, chiamami con il mio
nome.» gli sorride
«Miami ha sconvolto anche me, non ti credere.»
Sbatte
le palpebre, poi torna a guardarlo negli occhi. Li punta dritti in
quelli di
Genzo.
«Mi
ha sconvolto perché avevi già toccato qualcosa
quando siamo stati a Parigi, tre
anni fa, e in Costa Azzurra. Te lo ricordi, vero?»
Genzo
annuisce.
«Ma
allora mi ero girato dall’altra parte, erano pensieri che
trovavo sbagliati.
Perché io avevo una ragazza, tu mille, e mi avevi appena
raccontato di Sanae, e
tutto sembrava tranne questo...» prende fiato «Poi
Miami. Non solo per la
storia della festa, ma tutto il contorno. È…
è stato bello stare insieme per
tanti giorni. Bello in modo strano. Totale.»
Sospira.
«Genzo,
io non lo so bene cosa sto per dirti, non mi sono preparato un
discorso. Ma so
che non voglio perderti. Mi terrorizza l’idea di perderti, e
l’ho capito
davvero dopo che mi hai parlato a Nishimoniya. Io vorrei averti sempre
nella
mia vita, quando sono insieme a te mi sento bene come non mi
è mai successo. Mai.
Con nessuna.»
Si
stropiccia il viso con la mano, torna a fissarlo.
«Però
io non lo so di cosa sarei capace. Non mi è mai successo
niente di simile...»
«Nemmeno
a me.» la voce di Genzo esce come un bisbiglio.
«Hai
ragione tu. Hai avuto sempre ragione. Non sono gay, a questo punto sono
certo di
non essere nemmeno solo etero, ma non serve mettersi addosso una
definizione,
no?»
Fa
un cenno di diniego con la testa.
«Ecco.
Non serve. Ma ho capito, e sono sicuro di questa cosa, che vorrei
starti
vicino. Voglio starti vicino. E non come un amico. Voglio molto di
più. Voglio
tutto di te. E voglio darti tutto di me.»
Genzo
lo guarda. Percepisce le emozioni di Kojiro come se fossero le sue.
Quel
disagio che lascia il posto al sollievo, quella punta di turbamento che
diventa
eccitazione. La gioia che se ne sta lì, pronta ad esplodere.
Annuisce
lentamente.
«Sarà
complicato…»
«Lo
so.»
«Sarà
complicato tra noi e lo sarà certamente fuori. Ci hai
pensato?»
«Lo
so. Sarà complicatissimo, sì. Ma in questo
momento non mi importa. Lo terremo
nascosto o magari un giorno lo diremo al mondo, ma lo affronteremo
insieme, un
pezzo per volta. Se siamo insieme ci possiamo riuscire.»
Tornano
a guardarsi negli occhi.
Tutto
ad un tratto il mondo sembra fermarsi.
Genzo
alza la mano destra, fa per toccarlo ma poi non osa.
È
tanto bello da sembrare irreale.
Kojiro
afferra quella mano e se la porta sul petto.
Sente
il cuore battere all’impazzata, sente il tepore del suo corpo.
Torna
a fissarlo, il viso e poi la bocca, quel sorriso.
Vorrebbe
baciarlo ma non sa come fare.
E
allora è Kojiro a fare quel passo, gli si avvicina e posa le
labbra sulle sue.
E
glielo dice, lo sussurra nella sua bocca.
«Ci
vengo anch’io con te in aeroporto domani.»
Questa
è la fine, voglio chiudere così quel percorso
iniziato un po’ per caso con
quella mini oneshot scritta quasi due anni fa. Li ho fatti incontrare
in
aeroporto, li lascio pronti a volare via, insieme.
Non
è stato facile per me scrivere questa storia, ma
è stato uno stimolo continuo e
sono contenta di averla compiuta e condivisa. Spero, come in altre
occasioni,
di essere riuscita a strapparvi qualche emozione e di avervi fatto
sorridere
sul finale.
Genzo&Kojiro
torneranno probabilmente con qualche comparsata in The cuddle
collection, ma
non ci saranno altri sviluppi nella loro storia all’interno
di questo filone e
questa serie.
Li
saluto qui e li guardo andare via, e mando loro un bacio soffiandolo
dal palmo
della mano.
Ringrazio
tutte voi che avete letto, recensito, e che mi avete scritto in mp. Ho
cercato
di cogliere ogni spunto e di riflettere su ciò che mi avete
fatto notare e vi
sono grata per la possibilità di un confronto.
Grazie,
davvero.