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Autore: RLandH    26/02/2024    0 recensioni
[ POST- ROW; FUTURE!FIC; OCs]
Favole del Mare Vero.
Nel quarantesimo anniversario dalla Dissoluzione della Faglia, Matthias Grimjer viaggia con sua madre, la Buona Regina Mila, a Ravka, forse in cerca di una moglie, forse in cerca di un'identità.
Nel ventottesimo anno dalla Dissoluzione della Faglia, Shu Han si preparava ad avere la sua regina, dopo una lunga guerra sociale, ma i figli del Drago di Ravka hanno i loro piani.
Nel ventiduesimo anno dalla Dissoluzione della Faglia, un gruppo di ragazzini grisha si ritrova costretto ad un viaggio desolante e mortale.
E gli equilibri si spostano ogni volta.
Dal 3 capitolo:
“Quando mi darete la parem?” aveva chiesto la materialki, appena aveva sentito il suono dell’interfono. Parlava nella lingua shu, il suo accento ravkiano era molto più morbido di quello di Elen, segno della sua origine meridionale, forse confinante con Shu da qualche parte. “Vuoi la parem?” aveva chiesto confuso Lu.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Genya Safin, Inej Ghafa, Nina Zenik, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Edit: il capitolo è decisamente troppo pieno di refusi; presto sarà modificato

UN PAIO DI NOTE:
Questo capitolo doveva essere l’ultimo del 40 DF per un po’, ma il capitolo stava diventando mastodontico e probabilmente tra correzione e quant’altro lo avrei postato tra cinque mesi, quindi ho deciso di spezzarlo. Onestamente non sono sicura che la divisione sia a metà, perché in realtà manca praticamente solo una “scena” ma è una scena molto importante. Quindi avremmo Alina II e “prossimamente” Alina III.
Oltre questo: il capitolo è un delirio, il problema principale è che il POV di Alina è stato alterato per tutto il tempo e voglio che sia una cosa che teniate a mente, Alina è alterata per tutta la durata del capitolo.

Se il capitolo avesse un titolo sarebbe: La brutta serata di Alina

TW: Vomito, alterazione della percezione, ubriacatura, bere alcool, minorenni che bevono alcool, voyeurismo non consensuale. Intossicazione alcolica. Adolescenti che pensano al sesso.
MAL/NIKOLAI E RIFERIMENTI AD ALTRI INTRIGHI AMOROSI.
Con questo intendo che Alina non conosce bene l’estensione di certi avvenimenti e relazioni, questo perché i genitori hanno pensato bene che tenerla all’oscuro fosse una cosa “sana”.

 

 

Alina II

(40 anni dalla D.F.)

 

Alina non era stata affatto sorpresa di aver trovato il segnaposto con il suo nome affiancato a quello di Matthias Grimjor.

L’avevano sistemata tra il principe di Fjerda e Genya – così che la donna probabilmente potesse tenerla d’occhio perché non avesse un comportamento sconsiderato. Era allo stesso tavolo di sua sorella Lilyiana ma ben lontana da lei e al tavolo opposto quello di Dominik e Vasilissa e odiava che fosse lontana dalla sua amica.

Era la serata più importante della vita di Lissa e chiunque si fosse occupato della disposizione dei posti aveva avuto l’audacia di mettere la sua amica che non conosceva nessuno o quasi in un tavolo diverso.
Alina non poteva fare a meno di cercarla con lo sguardo, mentre la vedeva parlottare di tanto in tanto con qualcuno dei suoi vicini, indossava l’abito d’oro che la giovane Caitlyn aveva recuperato da uno dei suoi vecchi. L’unica cosa che la distraeva da Vasilissa – che sembrava cavarsela meglio di lei sullo scegliere con qualche forchetta fosse d’uopo mangiare cose – era la presenza rigida di Matthias al suo fianco e la presenza quasi ingombrante di Meesha alle sue spalle. Di tutti i maledetti posti in cui la soldatessa doveva essere schierata nella sua bella kefta rosso sangue, era capitata alle sue spalle.

Alina provava un sentimento inesprimibile, da un lato calore all’idea che gli occhi di Meesha dovessero finire volenti o nolenti su di lei e disagio nel saperla così vicina, così distante, mischiata al nervosismo che le dava il principe di Fjerda.

Matthias era una persona noiosa, ma almeno in tutte le altre occasioni in cui avevano speso tempo insieme il principe si era sforzato di essere di compagnia, di tanto in tanto era stato anche piacevole, divertente, ma quella sera aveva continuato a fissare il suo piatto e sorseggiare coppe di kvas che non sembravano svuotarsi mai.

Alina lo aveva imitato, mischiando anche brandy e vino, ignorando lo sguardo acuto e rapace di Genya su di lei.

Il brandy con il suo sapore forte da spirito le aveva guastato la lingua ed ogni pietanza sembrava essersi fatta amara, ma le aveva dato un bacio morbido ai nervi.

Era già alla terza coppa quando finalmente Matthias si era deciso a rompere il suo silenzio mortale, “L’Ingresso è stato di un certo effetto” aveva detto placido. “Sì” aveva concesso lei, era stato d’un certo effetto.

Erano arrivata cavalcando sul garrese della loro madre plasmata in forma di drago, maestosa e spaventosa, un’enormità oscura stagliata davanti al sole morente e poi Alina aveva fatto friggere le sue mani in fulmini blu, solo per spiegare di chi era il vero potere nel Mare Vero, Alina si era sentita molto simile a un orpello.

Avrebbe potuto essere sul dorso di sua madre, come in camera sua rintanata nel letto a dormire e non avrebbe fatto differenza e se la questione normalmente le sarebbe scivolata addosso come l’acqua, quella sera la indisponeva, forse perché per tutta la giornata aveva goduto di attenzione. Prima erano stati Genya ed il duca di Keramzin, poi si erano aggiunti Tatiana e l’aitante Fjerdiano poeta – che le aveva fatto non poche domande e sembrava così ammirato – e poi si era aggiunto Kuume Fa il ministro dei trasporti di Novy Zem con la sua adorabile e super curiosa moglie ed altri due suoi attendenti, poi era stata la volta di Laghoire Farrel, sorellastra del Marshal, accompagnata dal suo scudo giurato e due ambasciatori delle colonie del su e per ultimi la regina Dalai, il suo concubino favorito e almeno due donne guerriere. Anche alcuni servi avevano interrotto le loro faccende, in maniera discreta e ben attenti a non essere osservati troppo, per ascoltarla

E tutti loro erano penduti dalle sue labbra mentre Alina con orgoglio spiegava gli orrori artici e storici del Gran Palazzo, come un piccolo esercito l’avevano seguita lungo i corridoi e le stanze e avevano fatto domande, l’avevano interrogata e l’avevano ascoltata. E Alina ne aveva amato ogni minuto.

“Sì, è stata un ingresso abbastanza trionfale. Mia madre non è mai stata per la discrezione” aveva aggiunto, decidendo di accogliere l’intervento di Matthias e non permettere al suo nervosismo di vincere.
“Oggi ho sentito che hai tenuto una lezione di storia dell’arte, mi è dispiaciuto averla persa. Ioren dice che sei stata sublime” aveva riprovato lui, non la stava guardando in faccia ed aveva le dita serrate sul gambo del calice, “L’arte è una mia passione” aveva ammesso.

“Così ho sentito” aveva constato lui, artificioso. “Tu?” aveva chiesto lei, avevano deciso di darsi del tu ed anche se sembrava innaturale sulle loro lingue avevano continuato, “A me l’arte non dispiace” aveva considerato, “Hai passioni?” aveva inquisito Alina. “Mi piace sparare e leggere” aveva risposto pigro lui.

“Sei bravo, te lo concedo” aveva scherzato, prima di recuperare la coppa che le era stata riempita di nuovo, “Voglio la rivincita” aveva aggiunto. Non era una menzogna, aveva perso di proposito ma non aveva dovuto faticare per farlo, i Fjerdiani probabilmente imparavano a cavalcare e sparare prima ancora di camminare e parlare.  

 

Sua madre dalla tavola dei Cinque Re, come era stata soprannominata, nonostante nessun re vi fosse seduto, si era alzata per fare un brindisi. Ne aveva fatto uno a Sankta Alina, ma anche a Vasilissa. La sua amica si era alzata con il suo abito d’oro e le gote in fiamme. Alina si era tirata su quasi subito dopo la sua amica, guardandola. Vasilissa aveva aggrottato le sopracciglia zenzero, poi lei aveva guardato sua madre: “Per questa occasione, moya Tsarina, considerando la mia lunga amicizia con Vasilisssa, io e Tatiana avremmo preparato un pezzo con il balalaika” e si era rivolta a Tatiana.
La donna non aveva fatto una piega sorridendo accomodante, sempre pronta la sua Tatiana.

“Ah davvero?” aveva chiesto Genya in un sussurro in quell’orecchio, proprio quella mattina aveva detto che non avrebbe suonato e non aveva intenzione di farlo, ma si era sentita in colpa, era una gran sera per Lissa e lei non si era preoccupata per nulla di organizzare qualcosa di bello.

Non si era preoccupata per nulla di Lissa in generale, aveva avuto l’impressione che negli ultimi giorni non l’avesse vista abbastanza, complici gli impegni dell’altra – lavoro, preparazione alla nuova titolatura e matrimoni segreti – ma che tutto sommato neanche l’altra si fosse impegnata poi molto. Alina sapeva di essere egoista, ma non le importava.

“Oh, suoni il balalaika? Mi hanno detto che è uno strumento molto difficile” aveva considerato il principe Matthias, “Ebbene sì” aveva risposto sfacciata, anche se non era né portata né particolarmente brava né lo strumento era particolarmente più difficile di altri, Alina sapeva che la principessa Zetian sapesse suonare il kathur a diciotto-corde come una professionista. “Io ho imparato un po’ a suonicchiare la domra, potremmo suonare assieme” aveva proposto il principe, la proposta sarebbe sembrata in bocca a qualcun altro quasi piacevole e disinteressata, ma il principe Matthias faceva sembrare tutto sempre formale.

“Certo” aveva ammesso Alina e immaginava che probabilmente il bellissimo principe di Fjerda sapesse suonare la domra come se ci fosse nato con lo strumento in mano e non fosse una sgraziata creatura.
Aveva bevuto una coppa di vino intera – sotto lo sguardo giudicante di Genya.

 

 

“Scusami per averti messo in questo pasticcio” aveva detto Alina, prima di ingollare l’ultimo bicchiere di vino che era riuscita a sgraffignare – Genya era stata troppo presa da tutte le vicende nobiliari che stavano avvenendo pubblicamente e meno, per contare effettivamente quante coppe stesse consumando Alina. Tatiana aveva ridacchiato, aveva raccolto i riccioli in una crocchia morbida ed era vestita con un abito azzurro su cui erano appuntate pietre luccicanti ed un colletto di pelliccia di callorino; Alina sapeva che Tatiana voleva apparire come una regina delle nevi, ma l’effetto era tragicamente lontano. I sankti l’avevano dotata di molti talenti e doni, ma non l’aspetto elegante e algido che desiderava possedere. “Non si deve preoccupare, moya tsarevich” aveva risposto la nobil donna, agitando una mano piena di gioielli e preziosi, “Avrei preferito avere il mio strumento, questo pesa di più e non è neanche accordato bene” aveva aggiunto Tatiana, facendo ruotare i bulloni sulla sommità, per tendere le corde.

I balalaika, che avevano dato loro, erano enormi e triangolari, in un legno chiaro su cui aveva tinto del bianco, con dei plessi arancio e oro. “Scusa” aveva ripreso colpevole Alina. Tatiana aveva ridacchiato con un certo divertimento, “Che ne dici di suonare Valenki? So che la sai suonare ed è facile” aveva proposto, “Valenki non è facile” aveva risposto Alina, “Preferisce la Danza dei Goblin[1]?” aveva chiesto di rimando l’altra. Alina si era morsa il labbro, “Avrei bisogno di altre due mani per quella. Valenki andrà bene … ma …” aveva provato, “Moya Tsarevich, non suoneremo niente che non sia degno di questa nobile platea” aveva considerato Tatiana che aveva perso il suo sorriso dolce per un’espressione più assertiva.

Tatiana godeva degli scherzi, dei giochi e quant’altro ma non quando si esibiva. A dodici anni aveva suonato per la prima volta al Teatro di Ketterdam davanti a tutti i membri del Consiglio dei Mercanti, delle Maree e tutti i ricchi signori e banchieri dell’isola e di qualsiasi altro membro delle corti del Mare Vero fosse lì; da quel momento la sua capacità era solo accresciuta.

Alina sapeva che per il decimo giorno delle Dieci Giornate si sarebbe esibita assieme all’Orchestra Reale di Ravka.

“Valenki sia” aveva ammesso Alina, forzando la sua calma, mentre prendeva posto accanto a Tatiana. “Chi era il fjerdiano di oggi?” aveva chiesto poi, sebbene sapesse esattamente chi fosse – l’istitutore del principe consorte; quello che non sapeva e quanto illustre dovesse essere la sua stirpe per essere invitato alla cena. “Non lo sa davvero?” aveva inquisito Tatiana, aveva perso la serietà e la sua espressione era più lucente divertimento.

“Dovrei?” aveva chiesto Alina, “Non so. Era all’ambasciata di Fjerda a Kerch negli stessi anni che c’ero io. Possiamo dire che era un assiduo frequentatore della Corte-Oltre-Mare” aveva recitato sibillina.
La Corte-Oltre-Mare era un soprannome stupido e insulso che aveva acquisto l’Ambasciata nei quartieri della Piccola Ravka a Ketterdam durante gli anni di studio di suo fratello nell’isola della perdizione. Era una storia ormai obsoleta e vecchia più di dieci anni – Alina era solo una bambina a quei tempi.
Tatiana le aveva passato la balalaika che aveva appena finito di accordare, prima di procedere con la successiva. Alina l’aveva raccolta con delicatezza, come se fosse stata di cristallo, “Forse ho bevuto troppo” aveva scherzato o non abbastanza, si era detta. Decisamente non abbastanza per aver il coraggio di suonare in pubblico, davanti a tutte le grige eminenze delle corti del Mare Vero senza essersi esercitata neanche un po’ il giorno prima. “Il nobile signor Birstorr è anche l’istitutore del Principe Matthias” aveva chiacchierato slavata Tatiana, mentre con dita sagge ed attenti sistemava le corde.
Alina aveva sentito quel nome pioverle addosso come soda caustica, nonostante lo avesse saputo, ma la menzione del principe l’aveva alterata, senza vergogna lo aveva cercato tra la folla di curiosi che guardava l’orchestra prendere posto sul prato. Matthias la stava guardando, avrebbe voluto dire con l’intensità di soli ardenti, ma i suoi occhi grigio-blu sembravano più lame di ghiaccio e vetro. Era rigido e duro, come se fosse stato scomodo nella sua stessa pelle, e stava lì di fianco a Meesha, che era tutto un roborante fuoco, in un caldo satin rosso. Sembrava che i sankti stessi avessero voluto punire Alina per le sue sciocchezze, affiancandoli. “Il principe è proprio un uomo attraente” aveva considerato Tatiana con quei suoi occhi leziosi, Alina aveva annuito, “Il più bello.”

Il principe non era un uomo, non come lo era Dominik almeno, aveva ancora l’aspetto sbarbato ed innocente di un ragazzo, e non era attraente, perché il concetto stesso avrebbe sminuito la verità: il principe era bellissimo.

Di una bellezza così totalizzante da fare male, stargli vicino era fisicamente fastidioso e lei era certa che tutta quella magnificenza così perfetta, così brutale, fosse opera di una sartoria finissima.
Nessuno al mondo era così bello, neanche i genitori di Alina e … nessun uomo poteva essere così bello, non secondo i gusti di Alina, che apprezzava di più i seni pieni, i fianchi tondi e le morbidezze gentili delle donne. “Se lo sposerà, avrete sicuramente figli bellissimi” aveva aggiunto quasi con casualità Tatiana. “Se non mi sfinirà a noia” aveva borbottato.

Tatiana non era sua amica, aveva sei anni buoni più di lei, ma era stata una delle poche dame di compagnia che le erano state affibbiate a non essere finita in un dimenticatoio in base al vento politico che soffiava, forse perché prima di essere una dama di compagnia era stata un’insegnante e nessuno, in tutta Ravka, era più bravo e capace di lei con la balalaika. “Da lui mi farei sfinire in ogni modo, anche di noia” aveva risposto la donna selvaggia.

“Suoniamo, dai” aveva implorato con le gote un po’ rosse Alina, non permettendo alla lingua velenosa di Tatiana di aggiungere altro. “Va bene” aveva concesso l’altra, pizzicando una nota e valutando se questa avesse l’intonazione che cercava; Alina si era accomodata sulla sedia, alle loro spalle l’orchestra minore del palazzo e davanti a loro in semicerchio nello spiazzale dedicato alle danze tutti che le guardavano attenti ed affamati. Alina aveva sperato potessero ballare, ma sembravano tutti più curiosi di vederla esibirsi e lei si era sentita profondamente sciocca per essersi proposta.
Lilyiana la stava guardando con uno sguardo leggermente preoccupato ed al suo fianco Dominik sembrava fin troppo divertito con quel suo sorriso sornione. Alina aveva deciso di evitare completamente i suoi genitori – sankti sperava di non mettere in imbarazzo sua madre davanti a quattro corti straniere – o quello di Meesha o del principe Matthias ed aveva, invece, cercato lo sguardo di Lissa.

Vasilissa, dritta come una pertica, incerta, incastrata tra la contessa Najima Polnudist e Genya, la sua amica era traboccante di nervosismo e verde in viso, ma nonostante tutto con gli occhi rivolti lei, e lei sola, e la sua espressione vibrava di un solo sentimento: fiducia.

Alina era stata, ovviamente, un’esecutrice pietosa, ma la buona mano di Tatiana aveva nascosto le note stonate e quelle sbagliate. Alina era stata lenta nel pizzicare e nelle pressioni, inoltre, non che volesse giustificare la sua impreparazione, ma era abituata a suonare con il plettro ed usare un balalaika accordato a mi-mi-la invece di un la-la-re che aveva anche una conformazione più grande nelle dimensioni e le era risultato più ostico destreggiarsi[2]. Ovviamente nessuna delle due cose aveva reso difficile per Tatiana strimpellare le note.

Ma alla fine erano riuscite a creare una rispettosa imitazione della Valenki[3] – per merito di Tatiana Dubrivin e dell’orchestra che li aveva accompagnati solerte, come se si fossero preparati per settimane prima a suonare quel brano e non fosse stato completamente fuori scaletta.

Tutti gli ospiti erano eruttati in un ovazione – una così grande che Alina aveva pensato presto si sarebbero ritrovate imbrattate di uova – e anche se non era giusto perché la gran parte del lavoro era stata fatta da Tatiana, si era sentita il cuore gonfio di orgoglio.

Aveva cercato i suoi genitori, mentre Tatiana la trascinava in un generoso inchino, come si era tirata su aveva intercettato lo sguardo pieno di divertimento e riconoscenza di suo padre, che aveva capito i suoi errori, ma ne aveva apprezzato comunque la riuscita. Era così soddisfatta da non sentire neanche il dolore dei tagli sui polpastrelli di una delle mani dovute alle rigide corde.

“Credo che con della preparazione più adeguata potremmo fare meglio, prossimamente” aveva sussurrato Tatiana, “Abbiamo nove giorni credi che riuscirò ad imparare qualcos’altro?” aveva scherzato Alina, “La Barinya due volte[4]” aveva riso Tatiana, con un’espressione sorniona.
“Dovrò farmi solo crescere dieci dita in più” aveva riso Alina.

 

Alina aveva preso una coppa di qualcos’altro, era un vino frizzante dello stesso colore d’oro dei capelli di suo fratello e dei gioielli che indossava lei. “È stata brava, moya tsarevich” aveva sussurrato una voce lei aveva quasi mandato di traverso l’ultimo sorso di vino frizzante che stava trangugiando, “Meesha … ehm, volevo dire luogotenente Effimov” aveva sospirato stanca e leggermente acuta.
Meesha aveva raccolto i suoi capelli riccioluti in una piccola crocchia stretta, e l’unico orpello decorativo che indossava era un gioello rosso che le pendeva tra gli occhi, legato con una catenina d’oro rosa, per il resto non aveva né un filo di trucco né alcun monile, tranne che il piccolo orecchino da cui pendeva la falangetta che usava come amplificatore, mischiato all’argento grisha. Era un ossicino umano e Alina era una delle poche persone a saperlo. Ad Alina dava un po’ la vertigine pensare appartenesse ad un amplificatore umano, perché possederne uno non lasciava molto spazio a diverse possibilità su come poteva essere ottenuto, Meesha però non era voluta entrare di più nel dettaglio e Alina aveva preferito baciare vorace quelle labbra che chiedere.
Meesha era ben stritolata nella kefta rossa con i riccioli grigio-nero, che evocavano le figure di cuori segmentati sul bordo delle maniche, l’orlo della lunga gonna e sulle spalle e il petto, fino al colletto, di taffetà. Segno che era in servizio, come membro dell’esercito e non come figlia di un membro della dvorjanstvo.
Meesha aveva sorriso, con i denti bianchi come perle, piccoli e graziosi, che avevano fatto batte il cuore di Alina, “Grazie, comunque” aveva biascicato, finendo il suo vino. “Però ho visto che ti sei graffiata i polpastrelli” aveva considerato, lei aveva alzato la mano libera notante le piccole linee rosse e le bolle rosse di sangue, “Forse ho bevuto così tanto da non sentire neanche il fastidio” aveva mentito colma di imbarazzo. Meesha aveva quasi riso, “L’alcool anestetizza i nervi, anche quelli del dolore, sì” aveva considerato la corporalki, “Posso?” aveva chiesto poi allungando una mano verso di lui.

Alina aveva avuto un brivido quando aveva steso la sua mano su quella di Meesha, e dal brivido era passata a scintille di fuoco quando le loro carni erano state a contato. Aveva ricordato i loro furiosi baci durante l’ultima Festa del Burro, prima che Meesha fosse rilocata di servizio da tutt’altra parte. Il loro sbaciucchiamento non era fiorito dal nulla, non per Alina, le basi e i sospiri erano fioriti da che aveva cominciato a pensare a sé stessa in relazione con altre persone.

Quando l’aveva vista al Piccolo Palazzo era stata così felice che aveva abbandonato il Principe di Fjerda in mezzo ad una conversazione e lo aveva lasciato in balia dello strano uomo del Bosco di Sankt Feliks da cui suo padre si era sempre raccomandata che stesse lontana.

Alina aveva osservato la mano libera di Meesha muoversi, aveva chiuso anulare, mignolo e pollice in un pugno, lasciando stesi solo medio e indice, che aveva fatto vibrare sotto e sopra alternati, da quel piccolo movimento Alina aveva sentito la sua pelle formicolare, un bruciore appena, prima che le linee rosse di carne tagliata si riunissero in pelle intera. “Sei diventata una healer” aveva considerato Alina, sapendo bene che Meesha era una heartreander e l’altra specializzazione fosse quella di suo padre. “Come dico sempre a Lissa: la materia è la stessa” le aveva detto tranquilla, sciogliendo la loro presa, questo le ricordava che non aveva ancora parlato con la sua amica, “Volevi dire la baronetta Pavlov” l’aveva presa in giro.

“Non vedo l’ora di doverla istruire a tutte le stupide facezie di corte” aveva ridacchiato Meesha, “Adoro da impazzire l’esercito: un cucchiaio e una forchetta, se sei fortunata un coltello per tagliare la carne, ma solo il martedì” aveva aggiunto. Alina aveva riso, “Ti va un po’ di brandy?” aveva domandato poi, “Vorrei, giuro, ma sono qui come membro dell’esercito della grande e potente Ravka, non vorrei creare vergogna alla mia regina” aveva spiegato. Comprensibile.

“E ora penso di doverla lasciare, ero venuta solo per congratularmi e per le dita” si era congedata con quelle parole ed un inchino amichevole. Alina odiava quando usava quel tono così formale, quando usava il lei.

 

 

“Quanti bicchieri hai bevuto?” aveva chiesto Lilyiana quando le aveva visto riempirsi un calice, “Sento ancora dolore ai piedi; quindi, non abbastanza” aveva risposto Alina con un sorriso sarcastico, “Ti prego” le aveva detto sua sorella maggiore, “Solleva le dita” le aveva risposto la minore. Lilyiana aveva sollevato tutte le dita meno in pollice, tenuto premuto contro il palmo, “Quattro dita! Vedi sono ancora sobria” aveva risposto, ma per qualche ragione l’espressione seria di sua sorella le creava un senso di ilarità difficile da spiegare. “Non posso lamentarmi, la prima sbronza io la ho presa che di anni ne avevo meno di te” aveva soppesato sua sorella. “Me lo ricordo bene” aveva scherzato Drina che l’aveva affiancata, Alina era rimasta molto stupita dalla sua inaspettata comparsa al banchetto, pensava si stesse congelando da qualche parte a Fjerda.

“Ti ho dovuto tenere la testa mentre vomitavi” aveva aggiunto spietata Drina, l’attimo prima che Alina si sporgesse per abbracciarla, “Ben tornata!” le aveva detto, “Eh, che accoglienza” aveva ridacchiato la giovane donna, ricambiando la stretta. “Oggi ho passato la giornata con tuo padre, a spiegare l’arte tysibeiana; sembrava interessato” aveva rivelato, “Mio padre? Il mio rozzissimo padre che pensa che l’azzurro, il ciano e l’indaco siano lo stesso colore?” aveva riso Drina con una punta di divertimento, “La gente può cambiare e ampliare i propri orizzonti” aveva ammesso sua sorella, versandosi un po’ di brandy nel suo calice. “Non mio padre, ya slomayus', no ne sognus' è il suo motto” aveva risposto Drina, mi spezzerò ma non mi piegherò, in antico ravkiano; “Dopo e’ya sta rezku” aveva ricordato Lilyiana.

Io sono una lama, anche quello in ravkiano antico.

Alina era inciampata nei due diversi motti duranti i suoi studi di storia. Il primo Mi spezzerò ma non mi piegherò, apparteneva al periodo subito posteriore alla Rafka unificata, contro gli assalti sempre più invadenti degli Atili, che avevano poi fatto nascere il bisogno di conquista dello stato: da difesa ad attacco. Il secondo apparteneva ad un ordine di monaci guerrieri che seguivano le vie di un Dio dimenticato e della spada, che avevano combattuto sia contro gli oyriandi, sia contro gli eserciti del Grande Sulinato e di Rafka stessa che si univa sotto un credo che non era il loro. Due moniti ormai persi e dimenticati che sopravvivevano nei fieri uomini del sud[5].

“Comunque non vedo l’ora di raccontarlo a mia madre, così potrà subissarlo di informazioni relative all’arte” aveva ridacchiato Drina, sollevando una mano per soffocare una risata con le dita. Al polso aveva un piccolo bracciale di ferro argentato, come quello di suo padre – Alina lo ricordava perché Genya lo aveva commentato – e non si era potuta trattenere dal chiedere.

Drina aveva guardato il bracciale, come se si fosse stupita di averlo al polso o lo avesse dimenticato, “Oh, sì. Gli ho fatti quando sono rimasta incinta, al loro interno hanno l’iridio … non è solo uno dei materiali più rari in natura ma anche uno dei più difficili da corrodere. Lavorarlo è stato davvero una faticaccia, ma ho avuto nove mesi di letto per farlo” aveva spiegato poi tronfia, “L’ho realizzato per tutti i membri della mia famiglia, così posso sempre trovarli sai, se per caso qualcuno finisse rapito dagli schiavisti. La rarità lo rende facilmente rilevabile, la resistenza lo rende difficilmente distruttibile e, grazie alle mie doti scarse da fabrikator, la bruttezza lo rende improbabilmente rubabile” aveva scherzato Drina.

“Non hai pessime dote da fabrikator, sei semplicemente più artistica” si era introdotta Lilyiana, ed era vero. Nonostante Alina non conoscesse così bene Drina, aveva visto nel corso degli anni l’amica di sua sorella piegare la materia in forme ambigue, divertenti e suggestivi, senza mai concedersi all’arte dell’invenzione, nonostante fosse stata – per un periodo – un membro degli zero di suo padre.
‘Drina ha una percezione che veramente pochi grisha hanno’ ricordava di aver sentito sua madre commentare una volta, mentre si passava tra le mani una rosa d’ottone con petali così arcuati e imperfetti da sembrare che qualcuno avesse colorato un fiore vero del colore metallico. Era quello il suo talento superbo, poteva trovare il proverbiale ago nel pagliaio, anche se il pagliaio era composto di chiodi di ferro e l’ago del medesimo materiale.

Alina ricordava di averla vista spuntare tra gli alberi soldati, con la coda alta, la benda di seta con il sole – come Genya – e la kefta porpora che raccoglieva i ragazzini scalmanati fuggiaschi dall’orfanotrofio con la stessa maestria di una cacciatrice di tartufi. Quando erano scesi a sud per la nomina al rango di ducale della famiglia Rosen.

“Ovviamente questo non ha reso le cose semplici al Bosco” si era lamentata Drina.

“Oh, sì come va nella ridente Fjerdia?” aveva chiesto Alina sfacciata, dopo aver udito la menzione del luogo dove Drina alloggiava. Era un po’ di parte sulla questione Fjerda, non aveva mai provato particolare attenzione o interesse per il luogo, se non per l’algida architettura, massiccia, imponente ma anche stranamente alta, avendolo sempre relegato ad un posto freddo e buio. Alina sognava con più interesse le terre dell’estate perenne e i frutti dolci del sud.

“Fjerda? Orribile come poche cose al mondo, il Bosco di Sankt Feliks? Peggio. Un posto dove ci sono poche ore di luce, il sole è una leggenda e un freddo così infame da gelarti l’aria nei polmoni. Inoltre, gli altri studiosi sono una noio colossale, per conquistarli ci vuole una fatica infame e non ne vale la pena” aveva risposto annoiata Drina, “E la corte?” aveva chiesto invece lei, facendo sollevare un sopracciglio scuro a Lilyiana, “Rispetto al Gran Palazzo è uno spettacolo, ma anche una cascina in campagna lo sarebbe. Però, sì, la Corte di Ghiaccio è un vero miracolo dell’ingegneria e dell’architettura, è davvero splendida ed ha il dono di farti sentire minuscolo, degno del titolo di una delle Cinque Meraviglie del Mondo. E nonostante fuori possa esserci neve e ghiaccio, dentro non fa mai freddo! Peccato esserci stata molto poco … e peccato che con l’eccezione della Regina Mila sia un posto incredibilmente austero dove stare” aveva risposto, “Perfino Re Egmond parla poco, il principe Bjorn d’altronde è molto chiacchierone”.

Il famoso cugino di Matthias, “Peccato che sua maestà la regina Mila ha fatto tutto ciò che era in suo potere per tenermelo lontano. Infondo, sono l’erede di un podere e la nota amica dell’erede di Ravka. Non che mi interessasse parlare con lui nello specifico, ma almeno aveva una personalità frizzantina” si era giustificata.

“In realtà credo ti abbia fatto davvero bene” si era intromessa Lilyiana, Drina aveva aggrottato le sopracciglia, aveva pettinato i capelli affinché l’occhio cieco fosse nascosto – Alina non aveva idea di cosa fosse successo e una parte di lei smaniava per chiederlo, anche in quel preciso momento – “Cosa intendi?” aveva chiesto la materialki, “Che non sei mai stata così chiacchierona” aveva buttato fuori Alina.

Sua sorella le aveva tirato una gomitata senza grazia. In realtà Alina sapeva che era esistita una Drina chiacchierona, con gli occhi azzurri vispi e la gioia di vivere tatuata in viso, ogni tanto Cignaz – l’amico di Lissa che lavorava alla lavanderia – ne parlava e anche Genya, che le passava sempre le mani tra i capelli, materna e gentile. Alina però non l’aveva mai vista.

Non le sarebbe dovuto importare, ma una parte di lei si sentiva defraudata di un’Alina solare ed allegra e di una Lilyiana che, come la sua amica, era morta prima che lei emettesse il primo vagito.

Dopo diciassette anni, Alina si sentiva ancora defraudata.

“Ah, sì, certo. Al Bosco chiacchierano così poco che perfino io ho fatto un accumulo di tutte le parole che non ho potuto dire” aveva scherzato con un sorriso allegro. “E tuo marito?” aveva inquisito Alina, “Sì, ecco …un’altra cosa che mi manca è il sesso, vero. Giuro, mi è sempre piaciuto fare sesso, ma dopo aver sgravato i miei ormoni si erano acquietati un attimo, ma invece no, dopo un paio d’anni, fuoco tra le cosce” aveva risposto Drina, sorprendendola, Alina voleva più sapere dove fosse, “Al Bosco non si copula, non che potrei farlo, mio marito non è lì” aveva risposto quella con una risata.
“Non credevo avrei vissuto fino al giorno in cui ti avrei visto fedele” aveva detto sua sorella, con un tono stuzzicante, “Mi offendi! Io sono sempre stata fedele, se non nel corpo, almeno nello spirito” aveva stabilito, guardando sua sorella con l’unico occhio sano con un’intensità tale che Alina aveva sentito freddo per Lilyiana.

“Sì, è stata una cosa profondamente ingiusta da dire, da parte mia” aveva sussurrato Lilyiana ed il suo tono era stato lacrimoso, per Alina era già sconvolgente che sua sorella si stesse scusando, ma che avesse preso quella vena smielata sembrava surreale. Drina aveva allungato una mano e l’aveva afferrata per la vita prima di spingersela addosso e strizzarla in un abbraccio da orsa. Lilyiana era arrossita e l’aveva ricambiata, morbida, prima di schioccarle un bacio sulla guancia.
“Oh, per fortuna che il mio maritino non è qui, potrebbe diventare geloso” aveva scherzato Drina, “Il mio è qui, ma conoscendolo probabilmente si starà facendo corteggiare da mio fratello” aveva ridacchiato Lilyiana.

Alina era un po’ gelosa. Malcom, Najima, Dimitriji e suo marito riuscivano ad addolcire sua sorella, ma Drina – e il Juris, anche, ovviamente – riusciva a renderla una creatura morbida e ruffiana come una gatta, in una maniera morbida e bellissima che rendeva sempre Alina invidiosa. Non era gelosa del loro rapporto, Alina aveva Lissa, era gelosa che qualcuno potesse rendere sua sorella così e che quel qualcuno non fosse lei, ne avesse mai condiviso i segreti con lei. Alina avrebbe voluto avere un po’ della Lilyiana di cui Drina poteva disporre. “Per spezzare una lancia a suo favore, tuo fratello è un uomo molto attraente e con un discreto talento in camera da letto” aveva scherzato la donna. “Sankti! Drina!” lo aveva rimproverato Lilyiana quasi scandalizzata, “Non mi dire che ci sei giaciuta!” aveva invece esclamato Alina sboccata, “Chi io? No, no, per me non importa quanto bello e affascinante diventi Dominik, per me rimane lo stesso rospetto che ho conosciuto quando avevo nove anni. Nonostante mia madre ci sperasse moltissimo” aveva replicato Drina, “Ma ho gli occhi, oh, be, ho almeno un occhio che ci vede!” aveva risposto Drina, strizzando verso di loro l’unico occhio che si vedeva sul viso, mentre quello cieco, ben nascosto dalla pettinatura, “O delle orecchie per sentire. Ed ho sentito un mucchio di cose, alcune così depravate da aver messo in imbarazzo anche me.”

Alina era abbastanza sicura di averle sentite anche lei o, meglio, lette, i libelli erotici erano spudorati quando si trattava di Dominik e suo fratello sembrava quasi gioire nel voler nutrire le dissolute fantasie degli scrittori più sfacciati. “Voglio che sia noto, anche alle pietre, che per quel che mi riguarda Dominik e Alina per me sono pari a creature asessuate” aveva stabilito Lilyiana, piazzandole una mano protettiva sulla spalla. Alina era saltata dalla sorpresa ma poi aveva sentito il cuore scaldarle il petto. Aveva ricordato Dominik definirla la loro lapushka.

Era più facile amare suo fratello, di quanto non fosse sua sorella. Dominik era sempre così aperto, onesto e sentimentale, mentre Lilyiana sembrava una tigre delle nevi rimasta prigioniera in una trappola per orsi che cercava di graffiare anche l’avventore che tentava di aiutarla – almeno con loro, in pubblico sapeva mostrarsi la più raffinata ed educata delle signore. “Comunque dove è il mio bracciale?” aveva inquisito Lilyiana, cogliendole di sorpresa, toccando il piccolo capolavoro di Drina. “Tu non indossi monili” l’aveva rimproverata bonariamente Drina, passandosi una mano su uno degli orecchini pendenti. Era una cosa strana ed anche abbastanza risaputa, sua sorella non vestiva gioielli, neanche la fede – e nella corte si scommetteva se quando sarebbe ascesa al trono avesse o meno indossato la corona – di nessun genere. Per anni, cortigiani, mercanti e quant’altro avevano cercato di guadagnare i favori di sua sorella donandole pietre preziose, che puntualmente finivano o restituite, o date in beneficenza o ad Alina. La stessa collana che indossava in quel momento, una collana di una lega d’oro ed argento, che raffigurava un drago a quattro zampe di profilo, con ali spiegate e la coda che si arrotolava sul collo sottile, con pietre d’ametista come occhi, era un regalo che Lilyiana aveva ricevuto dal precedente Presidente del Consiglio di Kerch – prima che avesse uno sfortunato incidente con una scala da tre gradini – e che non poteva essere restituito. Era oggettivamente una collana ingombrante e piuttosto brutta, ma ad Alina piaceva, sembrava proprio urlare: sono la figlia del drago.

“Una spilletta?” aveva proposto Lilyiana, Drina aveva ridacchiato, “Ho fatto dei gemelli sia per Juris sia per il Piccolo Nikolai quando crescerà” le aveva detto, prima di allungare la mano ed accarezzarle i capelli quasi materna.

 

“Oh! Il principe di Fjerda!” aveva squittito Lilyiana attirando la loro attenzione, ammiccando a Matthias che incedeva a passo lento – molto lento – verso di loro, evitando i bagordi della festa e delle danze. Avevano ballato insieme almeno due volte erano stati rigidi e pieni di fatica.
“Il bellissimo principe di Fjerda” aveva bisbigliato Alina, “Ti ho già detto che penso la sua faccia sia opera di sartoria?” aveva chiesto, era un commento rivolto più a sua sorella, che alla giovane futura duchessa, guardando il fondo del suo bicchiere. “Decisamente sì” aveva accordato Drina, con una mezza risata, “Ti prego” l’aveva rimproverata Lilyiana, dandole un buffetto.

“Vostra altezza reale, vostra altezza e vostra grazia” aveva detto il principe Matthias quando era stato alla portata delle loro orecchie, facendo un inchino con gentilezza alla loro presenza.
Vostra grazia” lo aveva scimmiottato un po’ Drina, “Due mesi fa ero Drina!” aveva aggiunto ridente. Era balenato un rosso vivo sul viso di Matthias, “Non volevo essere sfacciato” aveva miagolato. “Gli uomini di Fjerda possono esserlo?” aveva chiesto Alina, prima di guadagnarsi un pizzico sulla spalla da sua sorella. Matthias aveva sgranato gli occhi azzurrissimi, “Oh, sì possono esserlo!” aveva ghignato Drina, “Non sai quanto possano esserlo i druskelle” aveva sospirato sua sorella, ma non c’era gioco o gentilezza nella sua voce. “Sua altezza reale, perdona mia sorella, la principessa Alina è piuttosto agitata questa sera” aveva provato con un tono più sicuro Lilyiana, “Più allegra, direi” si era intromessa lei stessa.

Matthias l’aveva guardata, aveva deglutito pesantemente e poi aveva detto: “Nessun bisogno di scusare nulla e nessuno” poi aveva fatto una lunga pausa, con gli occhi blu spaesati come un cervo cacciato, “Era mio interesse passeggiare con t-voi, principessa Alina” aveva aggiunto.
“Oh, certo!” aveva risposto Alina, anticipando Lilyiana, prima di buttare giù l’ultimo sorso del bicchiere. “Non dovrebbe esserci uno stuolo di accompagnatori?” aveva inquisito Drina, mentre Alina si divincolava dalle due, per raggiungere Matthias e prenderlo a braccetto. Il principe era sembrato in leggera difficoltà, “Dovrebbe” aveva considerato. “Fortunatamente siamo in territorio Ravkiano e se una fanciulla e un fanciullo vengono trovati da soli, in atteggiamenti non ostili, si ipotizza stiano solo parlando o, forse anche amoreggiando, ma non è un problema” aveva ponderato Lilyiana, dandole un buffetto incoraggiante sulla schiena.

 

“Grazie per avermi salvato da quelle due” aveva ridacchiato Alina, aggrappandosi a lui, “Mia madre dice sempre che quando sono insieme Lilyiana e Drina perdono tutta la loro compostezza e diventando due cinciallegre” aveva rivelato, “Mio padre dice che è ereditario, perché mia madre e Marina Rosen sono uguali” aveva scherzato. “Due contadinotte, passate per l’esercito, fino ad un ruolo nobiliare che mal si confaceva” aveva detto sguainata – una vita completamente diversa da quella in cui Alina era stata costretta, tra etichette e lezioni di matematica, letterature e buone maniere.
Ed era stata patetica nell’ultimo.

Matthias si era morso un labbro, “Devo dire che i miei genitori non hanno conservato molte amicizie della giovinezza. Mia madre era la vedova di un pescatore e mio padre era un ragazzino malato; si sono avvicinati uniti dal cordoglio di Hanne Brum; hanno nutrito una bella corte poi” aveva considerato, “Ma hanno pochi amici” l’ultima sentenza l’aveva detta con un tono basso e tinto di tristezza.
“Tua madre mi pare la donna più allegra e socievole del mondo, riesce a tenersi in competizione con mio padre” aveva ridacchiato, Alina non aveva chiesto nulla su di lui, era abbastanza nota che il principe Matthias non fosse particolarmente loquace e socievole, le sue compagnie più note erano stati il cugino Bjorn e la giovane nobile hetsjut con loro, oltre la Frusta di Mare – a detta di quello che lui stesso aveva detto.

“In base a questo …” aveva cominciato Matthias, mentre lo trascinava in luoghi più appartati, verso i boschi di pioppi circostanti la palude, che divideva lo spiazzale della festa – con il ballo, l’orchestra e i tavoli imbanditi – e la villa e l’alcova di Kirigin e Demidov. “Sta sera è stato molto bello quello che hai fatto per la baronetta” aveva considerato gentile, “Se mi fossi preparata meglio, sarebbe stato più bello” aveva sospirato Alina, “Penso sia stato un gesto così gentile che non importi” aveva considerato e il suo tono era stato mesto, onesto, e stucchevole, che Alina si era sentita quasi in colpa per qualcosa. “Grazie” aveva pigolato. “C’è qualche parte dove vuoi andare?” aveva inquisito Alina, poi recuperando la sua compostezza, per quanto l’alcol lo permettesse, “In un posto … solitario” aveva risposto Matthias, “Devo chiederti di una cosa seria.”

 

“Uh … siamo in un posto parecchio isolato” aveva considerato Alina, posandosi al tronco nodoso di un albero, senza preoccuparsi che la resina rovinasse l’albero. Matthias era ad una distanza ragionevole da lei, che per un Fjerdiano sarebbe probabilmente costata una scudisciata sulla schiena per atti osceni. Doveva essere un posto molto triste Fjerda, freddo, cupo e repressivo, nonostante la regina Mila avesse fatto più miracoli di una sankta per renderlo un lugo fresco ed aperto. Alina non era abituata alle scorribande dei suoi fratelli, ma perché l’avevano sempre tenuta prigioniera in una campana di vetro ed ogni sua fuga era stata abortita prima di poter avere vita, e forse nell’intimità era stata piuttosto carente – e ancora ricordava i baci feroci di Meesha e le sue carezze avide – ma aveva letto libelli di ogni genere, e libri e poesie, così come quadri e litografie; aveva tormentato Genya in ogni modo. Una volta aveva anche cercato di infilarsi in un postribolo per guardare.

Sapeva che, se avesse avuto la libertà non sarebbe stata dissimile dal resto della sua famiglia.
“Se tu volessi uccidermi, questo potrebbe esser un luogo adatto. Potrei urlare fino a squarciarmi la gola e nessuno mi sentirebbe” aveva scherzato. Non sarebbe stato utile solo per quello, pensandoci attentamente.
“Non voglio ucciderti!” si era difeso il principe.

Matthias la guardava come se fosse stata l’incarnazione del Vampiro e dalle sue mani avessero potuto zampillare fiocchi di oscurità, la nuova venuta dell’Oscuro. “Meno male, perché devo dirti che Tamar Yul-Baatar mi ha insegnato l’autodifesa e so atterrare una persona due volte me” aveva stabilito.
Il principe di Fjerda non era due volte lei, anzi era anche piuttosto magro in confronto ai fisici statuari dei druskelle che aveva visto, e più secco di suo fratello Dominik, però aveva le spalle ampie ed era più alto di Alina di almeno mezza testa. Matthias aveva sollevato le mani, in una posizione di resa, pieno di disagio in viso.

“Appurato che tu non voglia uccidermi e che io non debba romperti qualche osso …Cosa volevi chiedermi?” aveva chiesto poi, leggermente spazientita, lontano, come echi distanti sentiva la musica dell’orchestra ancora vivace.

“La tua mano” aveva risposto Matthias freddo. Alina aveva sollevato la mano sinistra, contraendola dalla posizione molle in cui aveva costretto il braccio, “Eccola” aveva scherzato, allungandola verso di lui. Matthias aveva fatto zampettare l’azzurro dei suoi occhi dalla sua mano al suo viso, con un’espressione che tradiva la sua stoica apatia in qualcosa di molto più umano: incredulità e sorpresa. “Non in quel senso” aveva detto leggermente a disagio. Onestamente non capiva a pieno il perché, lui aveva chiesto, lei aveva dato. “Non mi hai appena chiesto la mano?” aveva chiesto Alina con ovvietà facendo roteare il polso. “Non in quel senso” aveva insistito il principe, portandosi una mano sul viso, sconfortato.

“E in quale sens-oh!” aveva provato, prima di capire, “In matrimonio! Tu stai chiedendo la mia mano in matrimonio!” aveva esclamato Alina. Stupita!

“Sì, so che non è molto ortodosso. Di norma dovrebbero parlarne mio padre e tua madre e noi dovremmo a malapena saperlo. Mio padre si era raccomandato di scegliere bene e mia madre parteggia molto per te, però ho pensato fosse d’uopo parlarne con te prima di dar via alla chiassosa burocrazia necessaria” aveva spiegato pratico.

“Come?” aveva chiesto. “Mio padre ha sposato una pescivendola, ma io non avrò la stessa grazia di poter sposare qualcuno che amo, ai tuoi genitori è capitata la stessa fortuna che non sarà estesa a te. Questo perché siamo principi e principesse e ci si aspetta che stendiamo alleanze” aveva cominciato a recitare con un tono insicuro, “I nostri genitori hanno potuto sfruttare situazioni eccezionali che a noi probabilmente non saranno concesse” aveva considerato.

Come era stato per Lilyiana, almeno pensava Alina, che un giorno aveva annunciato che avrebbe sposato il figlio di un ministro di Shu-Han di cui lei non sapeva nulla – forse non era proprio come immaginava la storia Alina, ma immaginava che sua sorella avesse semplicemente scelto il partito più appetibile per i suoi giochi cortesi.

“Però, ecco, pensavo prima di incastrarti in questa cosa di chiedere se ti andasse bene” aveva buttato fuori Dominik. Alina aveva sbattuto gli occhi realizzando la portata di quella dichiarazione.
“Vuoi sposarmi?” aveva chiesto con una certa perplessità, “Ci conosciamo a malapena!” aveva aggiunto. Matthias aveva battuto gli occhi blu come se lei fosse stata un elefante con ali piumate di colore arcobaleno. “Sì, di sicuro non è perché sei l’amore della mia vita, ma …” aveva borbottato il ragazzo con una goffa incertezza. “Hai bisogno di una principessa, sì” aveva ponderato Alina, “Dalai ha un sacco di cugine.” “Ho bis-Ma preferirei te” aveva detto Matthias, deviando lo sguardo, puntando gli occhi azzurri sulle sue scarpe leggermente infangate. Alina non riusciva a spiegarsi perché questa improvvisa dichiarazione la lasciasse leggermente scossa – non provava niente per il principe, ma …

“Io credo vada bene” aveva borbottato alla fine. Sua madre ne sarebbe stata felice, adorava la regina Mila, la Corte di Ghiaccio non distava troppo da Os Alto e … Alina non avrebbe avuto poi molta scelta.

“Credi?” aveva chiesto Matthias, “Sì credo, comunque non ci sposeremo domani, no? Ci saranno organizzazione, incontri. Sono sicura che Fjerda ha una rigida etichetta per il corteggiamento” aveva borbottato. Matthias aveva ridacchiato, la sua voce era sembrata più leggera, “In effetti sì. È una procedura lunga e piuttosto nevrotica” aveva ammesso, grattandosi il capo biondo, “Però credo sarebbe d’uopo fare una cerimonia mista. Il vecchio Karl impazzirà per organizzarla” aveva considerato.
Si sarebbe sposata, era un pensiero che le dava una leggera nausea; le era venuto in mente il matrimonio di sua sorella qualche anno fa e l’espressione affranta di Anya quando aveva le aveva comunicato che si sarebbe unita in giuste nozze a Viktor Semyon. In effetti anche Alina avrebbe indossato il colore del lutto se avesse dovuto sposare il promesso sposo di Anya. Però a lei non sarebbe toccato l’insofferente Viktor Semyon, a lei spettava l’algido principe di Fjerda. Per un solido secondo aveva pensato che si sarebbe piegata in due in quel momento e che avrebbe vomitato tutto quello che aveva bevuto e mangiato fino a quel momento. Ma aveva ricacciato a fatica la bile nello stomaco, per voltare lo sguardo verso il principe.

C’era qualcosa in lui di titubante, quasi tremolante – Oh Sankti! Alina lo avrebbe sposato, questo noioso ragazzo perfetto, perfettamente ben educato, con una faccia finta e che scommetteva dentro dovesse avere qualcosa di marcio.

“Parlo il fjerdiano come una bambina, sappilo” aveva considerato, cercando di alleggerire la situazione, quando si sentiva tutt’altro che leggera, Matthias aveva annuito: “Probabilmente la lingua sarà l’ultimo dei problemi” aveva valutato lui. Alina si era allontanata dal tronco di pioppo, per avvicinarsi, “Immagino” aveva detto enigmatica, lui si era fatto leggermente rosso in viso, “Potrebbe anche essere la tua faccia” aveva berciato lei. Il rossore dolce aveva lasciato spazio ad un bianco cadaverico sconvolto, toccandosi le guance con un movimento meccanico, “La mia faccia?” aveva balbettato.

Alina aveva toccato la guancia che Matthias non stava toccando, aveva sentito la pelle del principe infiammata sotto i suoi polpastrelli, “Questa non è la tua vera faccia, vero?” aveva biascicato, l’espressione sul viso di Matthias era impagabile, sconvolta “Nel senso ti aggiusti, no?” aveva considerato divertita.

Matthias le aveva allontanato la mano dalla sua faccia con un tocco delicato, ma imperioso, come se non avesse voluto farle male ma non tollerasse di essere ancora toccato, “Cosa … intendi?” aveva chiesto. “Nessuno è così bello. Nessun uomo almeno” aveva ridacchiato.

Matthias aveva battuto le ciglia colto di sorpresa, “No?” aveva proposto, “Ti ho letteralmente trovato con le mani di Genya sulla faccia!” aveva replicato Alina.

“Questa è la mia faccia!” aveva replicato Matthias ed era sembrato profondamente offeso dalle illazioni di Alina, che quasi aveva sentito un leggero manifestarsi di un senso di colpa.
Però, il viso irritato di Matthias era quasi delizioso, “Va bene, tieni i tuoi segreti. Ma se ci dovessimo mai sposare, mi dispiacerebbe svegliarmi la mattina con uno sconosciuto” aveva buttato fuori.
“Non succederà” l’aveva rassicurata Matthias ma il suo tono era leggermente aspro di panico, “Va bene, va bene” aveva ammesso Alina ridacchiando, non sapeva perché ma era decisamente compiaciuta dalla difficoltà di Matthias, fino a quel momento era sempre sembrato una creatura così posata, anche sotto l’incalzante interrogatorio di Dominik.

Sempre perfetto, sempre cheto, il principe d’oro e di ghiaccio, che Alina era sicura sua madre avrebbe voluto al posto della sua irruenza fastidiosa, dei modi vezzosi di Dominik e dell’atteggiamento bisbetico di Lilyiana. Eppure, eccolo, umano e con le gote paonazze di vergogna e vino.

“Potresti quasi piacermi, ora” aveva detto.

“Perché non ti piaccio?” aveva chiesto Matthias, ma non aveva avuto indignazione nella voce, ma quasi genuina curiosità. Alina aveva ridacchiato, “Oh, … ehm … come dire, sei noioso?” aveva buttato fuori, “Guardati: bellissimo, perfetto, bravo in tutto, non mi sono neanche dovuta sforzare per perdere la competizione di tiro al piattello, sei così calmo, stoico, non sembri vero, non hai alzato neanche una volta la voce con Dominik che è stato orribile per tutto il tè che abbiamo preso assieme, suoni la domra, reciti bene le poesie, sankti, ieri hai recitato un sonetto che hai scritto tu nella mia lingua, forse non era perfetto, ma hai rispettato la metrica e hai usato rime sagaci tipo radicchio e crocchio … come hai pensato di metterle in rima?” aveva buttato fuori. “Non mi sembrano cose … cose brutte” aveva provato il principe. “Praticamente se aggiornassimo La Giusta Immagine di un Principe, dovremmo scriverci: Matthias Grimojor” aveva buttato fuori. Matthias sembrava confuso.
Non mi piaci perché mi fai sentire inferiore e inadatta e io sono la dannata principessa di Ravka! Avrebbe voluto urlare ma non era stato il buon senso a fermare la sua lingua, quanto la vergogna, anche alterata e sciatta, Alina non lo avrebbe mai ammesso.
Non avrebbe mai permesso di vincere a quella piccola vocina che sussurrava nelle sue orecchie che non era abbastanza.

“E soprattutto sei bello, bello da far schifo, cioè sul serio, guardarti soltanto mi fa drizzare i capezzoli!” aveva buttato fuori, invece, e non era neanche una menzogna. Arrabbiato, confuso ed impacciato il principe Matthias sembrava davvero accettabile. Il fjerdiano era diventato rosso come un pomodoro, “Questo è molto audace” aveva buttato fuori, “Per un fjerdiano sicuramente … scommetto che essere qui al buio a parlare con me sia la cosa più spericolata che tu abbia mai fatto” aveva sogghignato.

“Perché tu?” aveva risposto schietto il principe, con un tono leggermente irritato ma le guance ancora rosse, “Io? Io sono scappata di casa tre volte, ho fatto il Sentiero dei Pellegrini” – non era vero, non del tutto, dopo che Vasilissa era partita per l’Agroverde, Alina aveva scongiurato di poter andare, ma non aveva ricevuto l’assenzo, dopo tempo ancora le bruciava, “Ho scalato le rovine dell’Arcolaio e ho camminato tra gli Alberi Soldato con i bambini di Keramzin e ho visto l’Uccello di Fuoco” aveva quasi urlato, quello, quello era vero.

In particolare, l’ultima; Alina lo ricordava come una memoria febbrile. Ricordava di averlo raccontato a Drina e Lilyiana dopo certissima e ricordava lo sguardo leggermente accondiscendente di sua sorella, nessuno dei bambini che era fuggito allo sguardo attento di Marina quando avevano fatto l’escursione dei boschi lo aveva visto, quindi nessuno le aveva creduto.
A parte la duchessa: ‘forse è stato per il nome nome’, aveva ipotizzato gentile.

‘Ma lei mi crede, vero?’ aveva chiesto impaziente, ‘Certo. Anche a me è capitato di vederlo’ aveva risposto lei con gentilezza.

“Io ho attraversato il fossato di ghiaccio per l’Isola Bianca come un druskelle ed ho ascoltato la voce di Djel” aveva buttato fuori. “Noioso” lo aveva preso in giro Alina, “Quante belle principesse o campagnole hai baciato?” aveva chiesto, “Sei mai stato così vicino a qualcuno?” aveva chiesto audace, posandoli una mano sul petto, dove c’era il cuore. Avrebbe voluto essere una corporalki in quel momento per leggere quel nervoso ragazzo come un libro.

Matthias l’aveva colta di sorpresa, imprigionando le sue mani guance come una morsa ed aveva schiacciato i loro nasi insieme, anche le loro labbra e i denti, ma Alina aveva notato di più l’appendice sul viso. Si era ritratta con fatica, con una mano a massaggiarsi la punta del naso.

“Cosa doveva essere quello?” aveva chiesto sconvolta e fin troppo divertita, “Un bacio” aveva provato il principe di Fjerda bianco in faccia, mortificato. La risata proruppe dalle labbra di Alina senza il suo controllo, prepotente dal suo ventre, fino alla luce. “Oh, sankti, cosa era questo?” aveva chiesto tenendo malamente l’ilarità. “Un bacio” aveva risposto scandalizzato il principe.

“Oh, Sankto Juris del Drago, se questo era un bacio, siamo messi proprio male” lo aveva preso in giro spietatamente, “Mi sa che il parlare sarà davvero l’ultimo dei nostri problemi.”
Si era aspettata che Matthias rispondesse per le rime, ma il principe di Fjerda era rosso di frustrazione e la sua espressione era così contrita che aveva quasi fatto appassire la risata sulle labbra di Alina,

“Possiamo riprovare se ti va” aveva proposto.

Matthias sembrava spinoso e nervoso, si era sporto leggermente di nuovo meno irruente, questa volta senza toccarla con le mani, come se Alina fosse fatta di fuoco.

Non era stato comunque un bel bacio, era stato un cozzare di denti, scoordinato e la lingua di Matthias nella sua bocca sembrava lo strisciare di una lumaca. Alina non aveva potuto imbrigliare in alcun modo la sua mente che davanti tutta quella scomodità aveva ricordato un altro bacio, un’altra ebrezza, un’altra festa.

Meesha è le sue labbra morbide, quella lingua esperta, che le aveva fatto sentire le scintille, i brividi lungo la schiena e quelle mani svelte, che l’avevano resa nervosa e umida.

E, sankti, Matthias era completamente negato. Si era staccata di fretta con ancora un filo di saliva ad unirli, “Almeno ho trovato qualcosa in cui non sei bravo” aveva scherzato con ancora la risata sulle labbra.
L’espressione del principe era stato molto meno divertita, “Neanche tu sei particolarmente capace” aveva stabilito, “Come se avessi un metro di paragone” aveva risposto Alina, cogliendo la sua inesperienza. Il principe era sembrato inviperito, “Forse è il caso che ci fermiamo questa sera” aveva proposto il principe gonfiando le guance. “Vogliamo tornare indietro?” aveva proposto lei, “Forse resto qui per un po’, devo … riflettere” aveva detto. “Va bene” aveva concesso Alina, incerta di quello che fosse appena successo, “Forse …” aveva borbottato qualcosa lui, senza che lei lo comprendesse.

“Cosa?” aveva chiesto Alina, ma Matthias l’aveva ignorata, si era poggiato al tronco di un pioppo con un braccio, ed aveva posato la fronte sul suo avambraccio, per nascondere il viso, come se avesse dovuto nascondere qualcosa. Alina aveva deciso di lasciarlo alle sue contemplazioni, la notte d’altronde era giovane, mentre seguiva la strada che si era lasciata alle spalle, la risata era tornata sulle sue labbra.

Era una cosa stupida, ma provava un piacere difficile da spiegare nel sapere che il perfettissimo principe Matthias fosse negato in qualcosa, anche se era una cosa sciocca.

 

Aveva sentito di nuovo la musica inondarle le orecchie ed aveva osservato il caos che si palesava davanti a lei, aveva cercato sua sorella con lo sguardo, ma non la riusciva a distinguere, c’era sua madre però, che dominava la sala con il suo abito di scaglie viola-nera e tulle, come la regina che era, mentre duettava con il Marshal delle Isole Erranti.

Mentre osservava le giravolte di sua madre, aveva riconosciuto anche la sua migliore amica.
Il vestito d’oro di Alina, non era bello come l’abito lillà che Najima le aveva fatto confezionare, quindi, Alina non aveva chiaro perché avesse indossato quel vestito, considerato che Genya lo aveva fatto modificare a posta per la sposa segreta.  Però Vasilissa era bellissima lo stesso, lo era perché indossava il suo sorriso più bello e sembrava felice, con le gote arrossate dalla fatica e l’uomo con cui stava ballando – il vice-segretario di Novy Zem – la stava rendendo felice.

Aveva attraversato il campo visivo di Anya Karkoff, vestita come una colata di melassa, che aveva l’espressione verde di qualcuno che aveva mangiato qualcosa di indigesto, e Viktor Semyon che aveva lo sguardo truce dei soldati, verso la sala. Si era diretta verso uno dei tavoli, aveva raccolto un’altra coppa di vino con cui soffocare le risate al pensiero di quel bacio così impicciato e dopo aver tracannato un po’ di quel vino, si era diretta verso la pista, abbandonando le scarpe che cominciavano a dolerle. Ci aveva decisamente camminato troppo e se avesse voluto ballare sarebbero state più un problema che altro.

Quando Lissa l’aveva vista, si era sciolta dalla presa dell’uomo con una giravolta felpata e le era andata incontro. Alina le aveva gettato le braccia al collo, “Sei stata bravissima!” le aveva sussurrato la sua amica piena di riconoscenza e gioia. “Per favore, ho sbaglio più accordi io che tutti i musicisti di Ravka negli ultimi cinquant’anni. Tatiana è stata bravissima … a nascondere tutto! Andiamo a ballare!” le aveva urlato trascinandola ancora al centro della sala.
Aveva cercato di raccontarle tra una giravolta ed una risata quanto era accaduto, ma la presenza molesta di Dominik in compagnia di Saroise, l’altra sorellastra del Marshal, le aveva impedito di essere esplicita. Non voleva dire a Dominik di Matthias, non quando suo fratello era stato così antagonista da quel famoso tè nel Giardino Segreto di sua madre.

E poi era arrivata anche Anya Karkoff ancora più verde in viso, come se avesse voluto vomitare tutta la sua cena sulle scarpe di Alina. Era stata anche egoista ma aveva trovato anche terribilmente fastidioso che la giovane principessa della Seta avesse bisogno della sua amica.

Da quando erano amiche?

Alina era terribilmente invidiosa, Anya era stata una sua compagna di giochi da bambina ed anche se da piccole si erano trovate accettabili, da adulte non era rimasto così. Anya era tutto quello che Alina non aveva potuto essere: libera. Anya Karkoff poteva rotolarsi sull’erba, fare a gare con gli uomini per sputare i noccioli dei ciliegi, ballare sui tavoli e scappare dalla campana dei suoi genitori.
E voleva anche Lissa?

Aveva accompagnato la sua amica da suo padre che le aveva concesso le chiavi delle sue nuove stanze – Alina non sapeva dove fossero, ma immaginava dovessero essere più vicine al Corridoio Principesco e lontane dalla cucina – ma pensava che avrebbero dovuto battezzarle insieme. Forse Alina l’avrebbe raggiunta, dopo gli spettacoli pirotecnici; per onore avrebbe dovuto accompagnare Lissa, ma non voleva perdere la sua prima festa alla Palude, voleva godersela per intero, dall’inizio alla fine.

Aveva perso l’ultimo scambio tra suo padre e la sua amica, tornando consapevole nella realtà solo quando aveva sentito il suo nome in bocca al suo vecchio.

“Per essere dama di Alina, dovrai essere insignita del titolo di Damigella di Corte ed entrare nell’ordine di Sankta Vasilka” stava spiegando suo padre. Lissa non sembrava molto convinta delle sue parole, la sua faccia era bianca come un lenzuolo e si stringeva la chiave di ferro dorato al petto come se fosse stato un galleggiante, “C-Certo” aveva balbettato. Alina aveva strizzato l’occhio verso di lei, per darle fiducia, sicura che qualsiasi manfrina fosse richiesta, Genya l’avrebbe sistemata a dovere.

Mentre Lissa e Anya in gran carriera si allontanavano dalla festa per raggiungere le zone delle carrozze, Alina era rimasta a vegetare nell’arco di suo padre.

Lui però non sembrava molto interessato a lei – cosa che non l’aveva stupita molto, Alina non era ne Lilyiana ne Dominik – preferendo tornare a parlare con i suoi commensali.

Il duca di Keramzin le aveva rivolto uno sguardo, “Sarà un po’ frastornante per la tua amica” le aveva detto, “La nobilità. Sembra una cosa da niente così, ma cambia” aveva detto l’uomo con voce calma, “Immagino” aveva provato lei.

Non credeva che la vita di Lissa sarebbe cambiata così tanto, alla fine la sua amica era cresciuta a Palazzo e fino a qualche anno prima non aveva svolto nessuna incombenza domestica. Sarebbe tornato tutto a come quando erano bambine; avrebbero passeggiato per i giardini, avrebbero spettegolato insieme e forse avrebbero potuto fare il Cammino dei Pellegrini insieme e avrebbero viaggiato, per vedere la Tsaraskaya e qualsiasi altra terra, perché Alina entro un anno avrebbe avuto diciotto anni e non sarebbe più stata una bambina. Già immaginava quello che avrebbero veduto, dalle terre calde di Shu, alle peccaminose strade di Kerch, le città di Stoffa delle Colonie, le stranezze delle Isole Erranti, i campi d’oro di Novy Zem, solcato le acque blu del Mare Vero e le innevate distese di Fjerda … dove Alina avrebbe vissuto.

Quel pensiero la colpì con la stessa intensità di una pioggia estiva improvvisa.

Se avesse sposato Matthias avrebbe vissuto nell’algida bellezza della Corte di Ghiaccio, tra le nevi e gli uomini tristi.

“Sta bene, moya tsarevich?” aveva chiesto preoccupato il duca di Keramzin, che veniva da una terra a sud, florida, con gli alberi di melo e pesco nel giardino e la casa piena di risate. Era un pensiero stupido ma si chiese se anche sua madre si fosse sentita così, quando aveva deciso di sposare suo padre, sapendo che avrebbe rinunciato al mondo intero per una corona, per un palazzo da cui non sarebbe mai potuta uscire. Certo, sua madre non era stata la principessa di Ravka, ma la figlia di un contadino, ma era un Drago, suo era il cielo e Alina non riusciva ad immaginare, o ricordare, una sensazione più inebriante del volo. Però sua madre rimaneva confinata lì, sulla terra. “Sì. Penso tornerò a ballare” aveva risposto Alina, allontanandosi di fretta.

 

Aveva ballato con Genya, che si era dichiarato troppo stana e troppo vecchia, con il ministro Sonan, con il principe Huoion, due volte, con Lagohire e con Samir A-Far, che era il segretario di Novy Zem ed aveva fatto non poche domande su Vasilissa e a cui meschinamente Alina aveva mentito di tutto punto. Non voleva che tra lei e Lissa ci fosse il Mare Vero in mezzo.

E ogni ballo era stato intervallato da un sorso di brandy o altro, anche dell’acqua. Aveva cercato Matthias con lo sguardo ma il principe era scomparso come la neve alle prime avvisaglie di primavera.

Ed un ballo anche con sua madre.

“Finalmente riesco a vedere uno di voi” aveva scherzato sua madre, “Tua sorella e tuo fratello si sono fatti incredibilmente sfuggenti questa sera” aveva considerato quella, mentre la conduceva, con una morsa ferrea e precisa. “Sono sicura di aver visto Dominik singhiozzare verso il bosco” aveva commentato, “Da che sono arrivate le delegazioni sembra aver perso il suo fascino ed è un fascio di nervi e piagnistei” aveva detto senza vergogna, “Quello che hai detto non è carino, Lina” l’aveva rimproverata sua madre, dandole un buffetto sulla spalla, prima di osservare il suo viso, “Hai bevuto? Non mentirmi ho sensi più sviluppati” aveva risposto, “Senti il mio battito del cuore?” aveva chiesto lei, “No, sento il tuo fiato” aveva risposto piccata sua madre. Alina aveva riso, “Solo un po’! Sono del tutto consapevole” aveva ridacchiato, prima di fare una giravolta, sua madre aveva scosso il capo, “Ciò non toglie che domani io sarò sobria e Dominik ancora arrabbiato” aveva considerato.

“Oh, lapushka, tuo fratello ha il cuore spezzato” aveva soffiato lei, mentre le faceva fare una giravolta con gentilezza, “Dominik?” aveva chiesto, “Ha un cuore da essere spezzato?” aveva chiesto.

Nella sua testa, suo fratello era meraviglioso, ma era anche uno spirito libero, una farfalla, non credeva avesse qualcuno da amare e da cui farsi spezzare il cuore. Onestamente, sapeva fosse giaciuto con la bella Min-Han ma non credeva di averlo mai visto innamorato. “Non gli piace parlarne, ma una madre queste cose le sa” aveva sospirato sua madre, per la prima volta era sembrata stanca, “Non riesco ad immaginare ne Dominik ne Lilyiana con il cuore spezzato. Loro sono sempre così eterei” aveva borbottato.
“Nessun cuore è immune ad una frattura, bambina mia” aveva sussurrato sua madre, “È quello che hai provato quando il signor Rosen ha sposato Marina?” aveva chiesto senza vergogna, aveva avuto quell’idea in testa per molto tempo.

Suo padre era principe, il secondo genito, e corteggiava la Sankta del Sole, sua madre era un soldato e probabilmente neanche pensava a suo padre e … i coniugi Rosen si erano sposati mentre suo padre era ancora Re e sua madre era soldatessa, due ragazzini, più giovani dell’età che Alina stessa aveva in quel momento.

Sua madre aveva riso in una maniera grave e gutturale, “Ma come ti è venuto in mente?” aveva chiesto, “Sankti che idee bislacche che hai bambina” le aveva detto. “Schievich mi piaceva molto, mi piaceva più di altri; aveva delle capacità notevoli, per certi versi molto più creativo di tuo padre, ma tra noi non vi era intessuto amore” le aveva confidato, allungando una mano per accarezzarle il viso, “Penso che sentimentalmente sia molto più legata a Marina” aveva confessato.

Alina per tempo si era chiesta se Lilyiana e Drina fossero un’ombra di Zoya e Schievich, ma forse erano delle loro madri.

“Nessuno ti ha mai spezzato il cuore, mamma?” aveva chiesto confusa, perché non credeva che suo padre avesse mai voluto, per un po’ di tempo il loro rapporto si era raffreddato, ma Alina aveva sempre visto che, anche se arrabbiati o frustrati, non avevano mai smesso di cercarsi.

“Sì certo. L’Oscuro” le aveva detto e in diciassette anni di vita, Alina non aveva mai sentito il nome dell’oscuro generale del secondo esercito pronunciato dalle labbra di sua madre. La regina aveva sempre usato perifrasi e pseudonimi per rivolgerli a quell’oscura figura, come se anche solo pronunciare il suo nome lo avrebbe evocato dalla morte.

“Avevate una relazione?” aveva chiesto sconvolta, Alina aveva sentito parecchie storie sulla gioventù dissoluta di sua madre, lei non era mai stata molto discreta e alla servitù del Piccolo e del Gran Palazzo piaceva parlare e se nessuno di loro tre principi si erano ritrovati cuciti addosso l’ingiuria di bastardi era perché era lei ad essere la regina ed era la sua dinastia che contava[6] – inoltre, Dominik e Alina somigliavano molto al Re Consorte – ma non aveva mai sentito una voce su sua madre e l’Oscuro Generale. “No, no …” aveva detto sua madre, “Ma ero innamorata di lui, lo eravamo tutte … e lui ha spezzato il paese e il mio cuore[7]” aveva ammesso sincera come Alina non l’aveva mai sentita, forse anche sua madre aveva ecceduto con il vino. “Posso dire che è stato proprio una testa di cazzo” aveva detto sobria Alina, “Signorina, credo di averti disciplinato meglio!” l’aveva rimproverata bonariamente sua madre, “Non dovevi lasciarmi con Genya, all’ora” aveva risposto per le rime Alina, mentre una risata allegra si era aperta tra le due.

Nonostante la piccola prigione d’oro in cui sua madre sembrava così ansiosa di tenerlo, Alina adorava quella loro complicità, quel loro legame.

Era il Frutto dell’Autunno infondo, la principessa avuta dopo, avuta tardi, per quanto sembrasse stupida come definizione, sua madre era ancora bella e forte come nel fiore dei suoi anni. Certe volte perfino Lilyiana, che aveva la stessa stregante bellezza grisha che confondeva, sembrava più vecchia di lei.
“Comunque per frugare ogni dubbio che tu possa avere, ero innamorata dell’Oscuro come lo sono le giovani, in maniera connaturata e deludente, più di un’idea che un uomo” aveva sospirato, “Il mio cuore, quando ho deciso di amare, è sempre stato per tuo padre …” aveva confessato gentile.
“E Dominik?” aveva chiesto Alina, “Quando si è giovani si crede che l’amore che provi durerà per sempre … a volte succede, a volte no. Dominik non somiglia a me in questo, molto più a Nik, ama in maniera totalizzante[8]” aveva considerato con un tono un po’ più spento.

Aveva ballato ancora e bevuto, aveva cercato sfacciatamente Matthias, finendo per trovare solo la bella regina Mila e l’istitutore del principe, l’uomo che scriveva poesie e che quella mattina Alina aveva intrattenuto con nozioni d’arte – Joran o Ioren, non ricordava bene il nome. “Il principe Matthias ha deciso di ritirarsi dalla festa” aveva risposto con un tono calmo e pratico il giovane. I capelli biondo chiaro erano aggrovigliati per i saltelli ed aveva allentato il nodo del fazzolo sul collo – Alina ricordava di averlo visto ballare parecchio quella notte, per lo più con la sfavillante Merissa Nassau.

“Immagino che questo tipo di intrattenimento possa turbare un morigerato uomo fjerdiano” aveva considerato Alina, continuava ad avere nella sua mente l’immagine cotta di imbarazzo e frustrazione di Matthias, che quella sera non riusciva ad imbrigliare in alcuna maniera la sua lingua, l’altro aveva riso, “Potrebbe” aveva concesso, “Ma non per lei” aveva considerato, “Ho frequentato l’università a Ketterdam, penso sia rimasto poco che possa sconvolgermi” aveva valutato.

Joran-Ioren sembrava più grande di Tatiana, più vicina all’età dei suoi fratelli maggiori, un uomo alto e allampanato, non molto muscoloso, e un po’ ingobbito, come se la sua altezza fosse per lui uno svantaggio, con i capelli biondo cenere e gli occhi blu-verde. “Per caso ha conosciuto anche mio fratello? Studiava anche lui a Ketterdam” aveva considerato, probabilmente sì, immaginava che un giovane uomo dovesse essere entrato in contatto con la cugina dodicenne di un ambasciatore frequentando le varie ambasciate, forse una volta Joran-Ioren era stata a quella di Ravka e qualche volta suo fratello era andata a quella di Fjerda. Inoltre, Tatiana lo aveva definito un frequentatore della Corte-Oltre-il-Mare.

L’uomo aveva roteato il viso verso di lei, svolto, come colto da una spina, “Sì … vostra altezza” aveva detto piano, “Io e il principe Dominik ci siamo conosciuti durante i nostri anni di studi.

Avevamo conoscenze in comune” aveva considerato.

Merissa Nassau, supponeva Alina.

“Non mi inviti a ballare?” aveva chiesto poi, era stato un pensiero stupido ma con l’eccezione di Matthias non aveva ballato con nessun membro della delegazione Fjerdiana, “Sfortunatamente mia signora non posso invitarla, sono il fratello di un margravio minore e non ho il permesso di invitarla” aveva risposto Joran-Ioren. Oh. La raccapricciante cultura fjerdiana.

“Non hai il permesso di ballare con me o di chiedermi di ballare?” aveva inquisito lei, “La seconda, vostra altezza” aveva risposto l’uomo, “Quindi io posso effettivamente chiedere di ballarti” aveva soppesato, Joran-Ioren aveva annuito, “Va bene, balliamo” aveva stabilito perentoria, porgendo la mano verso la faccia dell’uomo, “E mentre ci siamo potreste raccontarmi qualcosa sul principe Matthias” aveva considerato.

“Uhm” aveva ponderato l’uomo, “Non so quanto mi è concesso dire” aveva squittito divertito l’uomo, “Ci si aspetta da un cortigiano la fedeltà assoluta” aveva stabilito, facendo ridacchiare Alina.

Joran-Ioren era stato il ballerino migliore con cui avesse danzato quella sera, era stato aggraziato, elegante e a, modo suo, indomito, non permettendo mai ad Alina di prendere il controllo – un Fjerdiano fatto e finito, dietro le sue parole raffinate e le rime eleganti. Alina era rimasta quasi stupita da quell’autorità e non aveva potuto fare a meno di metterlo a confronto con l’insicurezza divorante di Matthias.

E non le aveva detto niente sul principe, era stata Alina che aveva permesso alla sua lingua sciolta di parlare, di sua sorella, di sua madre e di suo fratello. “A fatto questo?” aveva chiesto con una punta di divertimento l’uomo, gli occhi chiari erano luccicati di autentica gioia, “Mia madre era sconvolta, ma non quanto l’Apparat Vladim, la sua faccia era meravigliosa” aveva raccontato con una risata allegra, ricordando la scena, “Anche durante gli anni dell’università, Dom-Il principe Dominik era in grado di fare questo genere” di cose, la sua voce aveva preso una sfumatura incredibilmente dolce, “La duchessa Katjia ha ammesso che mio fratello ha rischiarato la sua triste vita da quando era rimasta vedova quart’anni fa” aveva aggiunto.

C’era qualcosa di bello in Joran-Ioren in quel momento, come se quelle storie avessero riempito il cuore.
“Il principe Matthias mi piace molto, comunque” aveva considerato Alina, quando si erano sciolte le loro mani e si erano allontanati, “Ne sono contento è un giovano uomo adorabile” aveva detto Joran-Ioren, dandole un bacio audace sulle dita, “Spero di aver modo di parlare ancora con voi, moya tsarevich, c’è molto di cui le vorrei parlare” le aveva sussurrato, Alina avrebbe voluto che il tono dell’uomo fosse pregno di malizia, ma c’era solo fredda e placida cortesia.

“Con piacere … mio nobile signore” aveva ammesso, realizzando di non sapere neanche il nome dell’uomo, “Mi aspetto che lei racconti qualcosa” aveva aggiunto. Joran-Ioren si era allontanato, lanciandole un altro lungo sguardo e un sorriso lezioso. Alina aveva guardato la mano che era stata baciata dolcemente ed aveva aperto e chiuso le dita delle mani con un movimento nervoso, pensando alle labbra soffice dell’uomo e alle dita incandescenti di Meesha.

 

Dopo altri due bicchieri in presenza di Najima – che senza pietà aveva chiesto cosa si fosse detta con il fjerdiano e ad Alina era sembrata stranamente ansiosa – e un rimprovero di Genya, Alina aveva deciso di essere pronta a ritirarsi, aveva cominciato a sentire la testa girare come una trottola, così si era appropinquata per avvertire suo padre. Avrebbe volentieri avvertito sua madre, ma l’aveva vista ridere divertita a braccetto della scandalosa regina Mila, che davanti quella dolcezza, aveva solo sentito il bisogno di rientrate a Palazzo e potersi stendere sulle lenzuola con Lissa e raccontarle quanto era stato della giornata.

Toyla non era stato capace di indicarli dove fosse finito suo padre, ma qualcun altro sì, anche se Alina non aveva compreso bene chi si.

Era stata indirizzata verso il lato ovest del parco, sull’ansa limosa della laguna, per camminare aveva finito per immergere le scarpe fino alle caviglie nel fango, ma aveva seguito le istruzioni, aspettando che il primo sparo previsto sull’acqua apparisse davanti a lei. Era lontana dal posto in cui avrebbe potuto vedere i fiori nel cielo shu-hanniti come erano previsti, ma avrebbe potuto vederli comunque.
I fuochi d’artificio Ravkiani erano belli, ma Alina sapeva che la regina Dalai aveva promesso i suoi: e Shu Han poteva dipingere nel cielo come un pittore sulla tela.

“Merda, sono diventato troppo vecchio per queste cose!” aveva sentito la voce pesante di suo padre, colma di divertimento e allegrezza, “Non sei diventato troppo vecchio, ma solo troppo ricco e borioso” aveva replicato una voce, era il duca di Keramzin.

“Dove è finto il mio pirata da strapazzo?” aveva chiesto il Duca ed Alina era riuscita finalmente a vederli, con il viso arrossato dal vino. Erano immersi nella laguna fino alle cosce, indossavano ancora i calzoni eleganti ma si erano svestiti delle giacche raffinate rimanendo solamente in camiciola.
Il suo vecchio padre aveva deciso di mettersi a fare una nuotata notturna in un lago con un vecchio amico?
Pericoloso.
Alina aveva fatto un passo, non ancora notata, per rimproverarlo – perché a lei mai era stata concessa niente di così divertente come un bagno notturno al lago. “Corsaro. Sono passati quarant’anni e ancora non te lo metti in zucca” aveva ridacchiato suo padre, indicando con l’indice la tempia del Duca. “Corsaro, soldato, principe e re. Non ti sei mai fatto mancare niente” aveva scherzato l’uomo, schioccando l’indice verso suo padre per vendetta, “E guardami ora a fare il marito trofeo” aveva ammesso suo padre con un tono nostalgico. “Vorresti abbandonare tutto, Zoya, Ravka e figli per andartene per mare come ai vecchi tempi?” aveva chiesto il Duca, “Ogni tanto sì” aveva ammesso, “Ogni tanto penso al mare e penso a quanto adoravo stare lì. Lo sai che a nessuno dei miei figli piace? Neanche un giro di regata sono riuscito a convincerli a fare” aveva detto lugubre suo padre.
Alina lo avrebbe amato – ma non era mai stata invitata a fare un giro in regata.

“A te manca?” aveva chiesto, “L’esercito?” aveva risposto il Duca, “Non mi mancano né le lunghe marce, né la Faglia, né la Chiesa. Mi manca cacciare, mi manca cacciare come facevo prima, quello sì” aveva risposto l’uomo, “Sulle barche, la Rusalye, tra le grotte” aveva detto suo padre, la sua voce era stata enigmatica, evocativa.

“Ti inviterei a farti le vacanze giù al sud da me, con la tua ragazzina chiacchierona” aveva detto il Duca, Alina si era sentita chiamata in causa ed avrebbe voluto correre da loro ed urlare la sua approvazione; aveva fatto solo un passo però, nel silenzio. “Potremmo organizzare una caccia ai Moschi selvatici” aveva ponderato, “Una di quelle che durano giorni, seguendo le tracce, accampati nei boschi” aveva proposto l’uomo. Suo padre aveva riso, “Oh, Mal, ti prego. Non tentarmi, è la proposta più bella che ho ricevuto da dieci anni a questa parte. Ma ho la vaga sensazione che, se entrassi nella sua proprietà potrei ritrovarmi io cacciato al posto di un mosco” aveva commentato, la sua voce nel finale si era velata di una certa tristezza. “Posso darti il mio benestare, ma non posso fare promesse per Alina” aveva risposto il duca di Kermazin, e Alina si era sentita confusa.

“Non molte donne mi hanno schiaffeggiato, ma due moglie lo ha fatto due volte e ricordo bene le sue sberle” aveva detto suo padre leggermente melodrammatica.
Anche Alina lo ricordava, erano giunti con mezza corte al Castello di Kermazin e quello era stata la calda accoglienza che la duchessa, prossima all’investitura, aveva riservato al suo Re, per poco non era successo un putiferio tra baionette e movimenti grisha. Ma sua padre aveva riso e detto che lo meritava.

“Avrei voluto davvero che venisse, Zoya ci teneva moltissimo” aveva aggiunto, il suo tono era triste e colpevole. “Togliti quell’espressione cupa dal viso, moy tsar. Alina sta arrivando” aveva risposto Schievich, “Probabilmente sarà qui domani o dopo domani” aveva spiegato con estrema calma, “Davvero?” aveva chiesto confuso suo padre. “Sì, saremmo dovuti arrivare insieme tutti appassionatamente, ma il tuo telegramma sembrava abbastanza perentorio e così qualcuno è dovuto partire” aveva risposto il Duca, suo padre doveva essere stato sul punto di dire qualcosa, ma il suo interlocutore lo aveva anticipato: “ma non poteva Alina.”

“Quindi mi hai fatto pensare tutto il giorno che Alina fosse ancora arrabbiata con me e non volesse vedere Zoya” aveva detto con un tono offeso suo padre, ma era un’esagerazione.

“Alina vorrà sempre vedere Zoya, ma è ancora arrabbiata con te, ma non è capace di provare rancore. Voglio dire: nostra figlia si chiama Aleksandra” aveva ricordato, c’era della rabbia nelle sue parole e aveva allungato una mano per toccare quelle di suo padre. Solo in quel momento che Alina aveva notato che il suo vecchio aveva tolto i guanti.

Fuori dalla famiglia stretta, e Genya, Alina non aveva mai visto suo padre senza i guanti. In realtà, anche davanti a loro, suo padre non indugiava mai troppo con le mani nude. Non erano dita umane: erano nere, curve, spigolose, con unghia d’onice affilate. Ma in quel momento non c’era titubanza ne vergogna.

“E tu sì?” aveva chiesto suo padre, il suo tono era pieno di colpevolezza, “Oh, io sì. Sono orribile. Mi nutro della rabbia di Alina e l’alimento a mio piacere – Ulla me lo dice sempre” aveva replicato il Duca. Alina ancora frastornata dall’utilizzo del suo nome era riuscita a comprendere che non stavano parlando di lei, e lo ricollegava al discorso che aveva sentito fare a Genya quella mattina; però la moglie di Schievich, la duchessa, si chiamava Marina! Che avesse sentito male per tutto il tempo?
“La tua Moronzova è la ragione per cui non mi addentrerei mai più al sud” aveva replicato, “Parli tu che hai l’Oscuro nascosto nel Piccolo Palazzo? Ulla è decisamente meglio. Anche se ogni tanto ha questi momenti d’assenza in cui dice che le manca il mondo sotto l’acqua” aveva raccontato con una punta di divertimento.

L’Oscuro era al Piccolo Palazzo? Ma l’Oscuro non era morto quarant’anni fa?

Nella faglia? Con … Alina.

Le avevano mentito, aveva realizzato, non solo a lei, a tutta la nazione! A tutto il mondo!

“Per favore non ricordarmelo. Sto ancora cercando di comprendere cosa spinga Zoya a non averlo chiuso in una cella grande quanto una scatola per trucchi” aveva risposto suo padre, la sua voce era stata allegra, ma nel momento in cui aveva pronunciato l’ultima sillaba la sua espressione si era fatta immediatamente colpevole, come se avesse realizzato di aver detto … qualcosa di sbagliato.
Doveva essere stato così perché tutto il tono morbido del corpo del Duca era stato risucchiato via in favore di una posa dura e risentita.

Suo padre aveva sospirato, la sua espressione era come quella di un cucciolo colpevole, “Mi dispiace, sul serio, ancora, per quello che è successo a Drina” aveva ammesso suo padre pieno di rammarico, “Quale delle volte, Nikolai?” aveva risposto crudele Schievich, la sua voce era dura come la roccia su roccia. “Quando hai permesso che la rapissero gli schiavisti? Che la spezzassero sulla Ji-han? O quando hai pensato che la Matej fosse un posto adatto per passare la degenza?” aveva chiesto con un filo di rabbia, nervoso, “Non ho scusanti” aveva sospirato, “Mi hai affidato Drina ed io ho … fatto degli errori” aveva ammesso suo padre, con totale abnegazione. “Tu li chiami errori?” aveva chiesto con una rabbia malcelata il Duca di Keramzin, “Errore lo fatto io quando non ti ho a pugni in faccia quando dovevo! Io ti ho dato mia figlia, con la promessa che tu l’avresti trattata come fosse tua” aveva dichiarato, “Ed ho mancato quella promessa, sì. E me ne vergogno ogni giorno, come un verme” aveva ammesso suo padre solenne. C’era una sincerità spaventosa nella sua voce.
Il duca aveva sospirato, “Drina mi ha chiesto di non portare rancore, anche se non riesco proprio a concepire come. Questo non lo ha chiaramente ereditato dal mio lato della famiglia” aveva concesso, “Ulla cova rancori vecchi di secoli” aveva aggiunto.

“Potrò mai farmi perdonare?” aveva chiesto Nikolai invece, “Pensavo che il ducato fosse la tua lettera di scusa” aveva considerato quello, “Quello è stato tutta opera della buona volontà tua e di Alina e l’affetto che il duca ha sviluppato per voi. Zoya ha solo dovuto ratificare una richiesta” aveva ammesso suo padre, “Bene, all’ora, succhiami il cazzo” aveva risposto.

“Ti prego Mal, ho passato i sessanta, le mie ginocchia sono diventata deboli” aveva ponderato suo padre con una mezza risata, “Inoltre in acqua” aveva ponderato, “Nuotare, sì?” lo aveva preso in giro il duca, “Ogni tanto qualche bella follia è meglio farla. Inoltre, se mi prendessi un colpo di febbre potrei avere pace da questa caotica fiera” aveva ammesso, “Pensavo fossi un animale politico” aveva ponderato l’uomo, “Lo sono ancora, ma inizio ad essere stanco. Diciamo che finalmente capisco perché il mio patrigno fosse un uomo così amareggiato. Inoltre, mi divertirei molto a vedere tutti quei figuranti camminare sui gusci delle uova cercando di non irritare il drago” aveva ridacchiato, “Zoya ha una personalità esplosiva, ma Juris e il drago non scherzano neanche” aveva borbottato, “Ho sempre pensato che la mia camera da letto fosse affollata con la presenza-assenza dell’Oscuro, ma credo tu mi batta” aveva ponderato il Duca, “Sicuramente sì, tre figli, un drago, un sankto quattro-volte-centenario e un demone d’ombra, direi che sì” aveva ammesso suo padre, doveva essere una battuta, ma la sua voce aveva assunto un tono leggermente più cupo.

“Oh, giusto e te e Alina” aveva ponderato, “E Genya mai?” aveva chiesto Mal, “No, Genya è un problema tutto tuo e di Alina, per me sarebbe strano” aveva risposto suo padre con un tono leggermente nervoso.

“Io posso intuire” aveva detto il Duca, “Mi sei mancato, mi siete mancati, in questi anni” aveva detto suo padre con un tono più languido.

Alina iniziava ad essere terribilmente confusa da tutto quel discorso, si sarebbe allontanata, scompaginata e stanca, lasciando i due vecchi ciarlare per conto suo, si era già quasi voltata ed aveva smesso di ascoltare, quando con la coda dell’occhio aveva osservato un movimento.
Si era girata di nuovo e le labbra di suo padre erano premute contro quelle del Duca.

Era rimasta scioccata per un secondo, un intero, lunghissimo, interminabile secondo. Ma era bastato, perché doveva aver perso il controllo di qualcosa, della sua voce, perché i due uomini si erano voltati verso di lei, confusi, spaventati.

“Alina!” aveva esclamato suo padre, riconoscendola, facendo un passo nell’acqua verso la battigia, ma Alina era già voltata ed aveva cominciato a correre verso il bosco, inciampando nel limo e macchiando il sarafan azzurro ravka.

 

Era sicura che suo padre l’avesse inseguita, ma lei era andata alla cieca nel bosco, piena di … tutto.
Confusione e poi rabbia che aveva cominciato a montare nel suo petto, pensando a quel bacio che non aveva il minimo senso.

Il mio cuore è sempre stato per tuo padre …

Così aveva detto sua madre, neanche qualche ora prima.

Alina aveva sentito per tutta la vita storie su Re Nikolai, che era uscita dalla porta principale del palazzo come bastardo di una regina decaduta e di un funzionario straniero, lasciando titoli, ninnoli e ed educazione reale alle spalle, per farvi ritorno passando dalla finestra della camera da letto della regina che lui stesso aveva incoronato. Alina aveva sentito per tutta la vita, vili insinuazioni che sua madre, una strega potente, capace di ogni dove, rimaneva un soldato ed una poveraccia affamata d’amore e facile alle lusinghe di un uomo ben più affamato di potere di lei.
Suo padre che aveva fatto esiliare il Re che lo precedeva, usando pretesti al limite del plausibile, aveva sempre esibito un comportamento atto a screditare l’erede e che aveva quasi portato all’altare la luce di Ravka, la Sankta del Sole e poi aveva sposato il drago – potente quanto inetta davanti alle politiche.

Alina aveva accantonato quei discorsi, riducendoli a nulla di più che i libelli pieni di insinuazioni nauseanti sui suoi fratelli, giochi stupidi e chiacchiere stupidi di chi non conosceva la verità.
Ma, in quel momento, era Alina a pensare che era lei a non conoscere niente.
Si era fermata, quando si era addentrata nel bosco di pioppi, non riconoscendo più dove fosse, arrabbiata, nervosa e nauseata.

Il mio cuore è sempre stato per tuo padre …

Aveva continuato a correre con un dolore bruciante alle gambe e sentendo la rabbia gonfiarsi addosso.
Poi si era arrestata arrabbiata e nauseata, letteralmente, si era fermata ed aveva vomitato tra le radici di un pioppo, prima di collassare sulle ginocchia per piangere.

Non aveva neanche badato se avesse o meno colpito il suo stesso vomito, prima di cominciare a sentire le lacrime strisciare via dai suoi occhi e qualcosa di diverso dalla bile salire sulla sua gola, così, aveva sentito il primo singhiozzo emergere dalle sue labbra e i singulti sconvolgerla.
Provava una rabbia folle e un dolore quasi sordo, mentre sentiva di non riuscire a trattenere i singhiozzi.
Non sapeva neanche perché le fosse venuta tutta quella voglia di piangere, quando il fastidio allo stomaco si era fatto più intenso ed aveva rimesso ancora, sentendo ora la bile acida sulla lingua.
Si era tirata su con fatica, tremolante ma animata di rabbia, nauseata tra il giramento alla testa e il sapore in bocca del vomito e delle lacrime, quando si era accorta di qualcosa di storto.
Era buio e i suoi occhi vedevano male, ma era certa che ci fosse qualcosa di sbagliato nell’erba sotto i suoi piedi. Sembrava secca e arida. L’aveva calpestata con i piedi sentendo sotto di se lo stesso trillare della paglia arida.

Aveva sentito un fruscio e la voce di suo padre, chiamarla, questo le aveva dato la scossa per tirarsi dritta e correre via, facendo la gincana tra gli alberi.

Non sapeva fino quando le forze l’avessero guidata, ma poi qualcuno l’aveva presa.

 

“Alina!” la voce di Meesha l’aveva risvegliata. Le teneva i polsi con una morsa ferrea e dura come un soldato. La sua espressione era piena di febrile preoccupazione e gli occhi scuri dilatati, “Meesha! Come?” aveva chiesto pregna di confusione, “Ho seguito il battito del tuo cuore” le aveva risposto subito. “Da quando?” aveva chiesto poi con nervosismo lei, pensando che avesse potuto seguirla fino all’ansa del lago, che avesse potuto vedere quello che aveva visto lei.

Ed un panico che non riusciva a spiegare l’aveva accolta.

“Da … poco. Io, mi ero allontanata per … prendere aria dalla festa e ti ho sentita” aveva detto calma Meesha, lasciando il suo polso, “Ho sentito il tuo battito così veloce e spaventato” aveva ammesso, sfiorandole la clavicola con la mano, “Non è mai così il tuo. Quasi credevo di essermi sbagliata.”
“Sai riconoscere il mio battito?” aveva chiesto Alina, nervosa, quasi dimenticando ogni cosa, davanti quell’unica informazione, “La prima lezione di Genya è imparare a riconoscere i battiti famigliari, riconoscerei il tuo in una folla di centinaia di persone” le disse. Non aveva usato formalismi, si era rivolta a lei come una sua pari, non erano la principessa Alina o il luogotenente Effimov in quell’occasione.
Era arrossita davanti quell’informazione, che aveva riempito la sua testa ed il suo petto dimenticando ogni resto, si era lanciata ed aveva baciato Meesha quasi selvaggia, urtando le loro fronti, i loro nasi e i loro denti.

Un bacio schifoso non dissimile da quello che si era scambiata con Matthias.

Meesha l’aveva allontanata con fermezza ed Alina aveva sentito la vergogna galoppare nel suo stomaco per quel rifiuto, si era ritratta come una bestia ferita ed aveva sentito ancora quell’angoscia rabbiosa sorgere il lei, l’altra doveva aver compreso qualcosa perché aveva aggiunto: “Vomito!”
Alina si era fatta dritta, “Come?” aveva chiesto, “Hai vomitato?” aveva chiesto Meesha.
Oh, questo aveva senso.

Alina ricordava che i baci di Meesha erano stati pieni di fame e scintille. “Potrei” aveva ammesso piena di vergogna, “Per questo eri sconvolta?” aveva chiesto.

No, perché tutto si è fatto stupido, avrebbe voluto rispondere, ma alla fine aveva semplicemente annuito, “Forse, ho bevuto troppo” aveva ammesso piena di vergogna, che non era neanche una menzogna. “Potremmo tornare alla festa?” aveva proposto la soldatessa, ma Alina aveva scosso il capo decisa, non voleva tornare alla festa, fino a poco tempo fa aveva voluto tornare a casa, ma ora non voleva neanche quello, voleva solamente stare da qualche parte e non essere sola.
Avrebbe voluto Lissa, ma anche Meesha sarebbe potuta andare bene, “Forse vorrei solo … del silenzio e forse acqua” aveva ammesso tremolante.

“Possiamo andare a prendere dell’acqua alle cantine di Kirigen, non credo abbiano solo vino” aveva spiegato Meesha con calma, accarezzandole un braccio in maniera calmante e caritatevole, Alina aveva sollevato una mano ed aveva stretto quella di Meesha posata sulla sua spalla, in cerca di qualcosa, di sostegno. L’altra le aveva sorriso con gentilezza, prima di guidarla nella direzione delle cantine, quando aveva sentito lo scricchiolio della paglia secca sotto i suoi piedi, aveva abbassato lo sguardo ed aveva notato che l’erba della foresta, anche al buio, sembrava diversa.
Meesha si era chinata, “Secca. Strano, in questa stagione” aveva ponderato, toccandola con le dita, “Ma solo in questa zona” aveva aggiunto, tastando un po’ più in là, dove l’era sembrava soffice ed umidiccia come sarebbe stato auspicabile nella tarda primavera del centro ravkiano.
“Strano” aveva sospirato Alina muovendosi, affondando le scarpe sporche di fango limoso, sulla terra umida, più piacevole, nel buio del bosco, lo strato d’erba era ugualmente nero e lugubre, ma in qualche modo quella macchia morta sembrava estremamente visibile.

“Cosa pensi che sia?” aveva chiesto preoccupata, Mesha aveva giocato con un filo d’erba che si era disintegrato tra le sue dita come polvere, “Non ne ho idea, ma non è di sicuro una cosa buona” aveva ponderato, “Dovremmo parlarne con la tsarina” aveva considerato, “Domani quando non sarò ubriaca e la cosa non mi sembrerà meno … importante?” aveva proposto Alina.

Meesha aveva annuito, ma aveva frugato nelle sue tasche prima di tirare fuori un boccetta, spessa come un dito ed alta come un mignolo, di vetro, con un tappo in sughero, “Perché hai un’ampolla con te?” aveva chiesto, “Uhm …” aveva boccheggiato Meesha, “Io, non lo so? Di solito raccolgo campioni di acque …” aveva ammesso, le gote anche nel buio si erano manifestate in un rosso incantevole, “La cosa bella dell’essere un marinaio è scoprire che non tutta l’acqua è uguale” aveva rivelato, con un sorriso allegro.

Meesha aveva raccolto del campione di terra ed erba secca, c’era qualcosa di incredibilmente preoccupate, “Solo una macchia” aveva considerato, passando la suola dello stivale sull’erba.
Proprio dove ero io, aveva pensato Alina ma non l’aveva detto ad alta voce. “Tutto bene? Sei bianchissima” aveva considerato Meesha, guardandola preoccupata, “Sto per vomitare di nuovo” aveva risposto onesta, prima di piegarsi e vomitare, l’altra le aveva afferrato i capelli per cercare di toglierli dal viso, mentre Alina tossicchiava, “Posso fare una cosa?” aveva chiesto con gentilezza, “Non sono una healer ma posso aiutare un corpo intossicato” aveva ammesso, “Posso farti stare un po’ meglio.”

Meesha era riuscita, in effetti, a farla stare leggermente più in salute, non sembrava avere più il desiderio di rimettere tutto quello che aveva bevuto, ma aveva ancora la bocca nauseata. Una parte di lei voleva quasi bere ancora, per cercare di togliere dalla sua mente quello stupido bacio, quella stupida idea.

Succhiami il cazzo.’

Però sentiva ancora la Piccola Scienza di Meesha agire su di lei, come mille formiche che vagavano sulla sua pelle, qualcosa di mostruosamente simile ad un intorpidimento. Però era piacevole, era come sentire il calore dell’abbraccio di Meesha contro il suo corpo; le ricordava quanto erano state strette alla festa del burro e si era chiesta se anche all’ora, senza dirglielo, la grisha avesse usato la sua Piccola Scienza.

 

“Quindi la festa alla Palude è stata come la immaginavi?” aveva chiesto Meesha, “Sì” aveva mentito Alina, avrebbe voluto che fosse stato leggermente diverso, che non avesse mai deciso di camminare per prendere aria, avrebbe voluto ballare, sbaciucchiarsi con il principe Matthias – trovarlo piacevole – e poi ritirarsi con Lissa e passare la notte a mangiare dolci, nonostante la lunga cena, su un letto di piume e spettegolare di ogni evento. “Ti avevo detto che non era così eclatante, ma i giovani hanno sempre voglia di correre” l’aveva recriminata con divertimento la donna, riconoscendo la sua menzogna. “Parli come se avessi l’età di mia madre, quando sei giusto un po’ più vecchia di me” aveva soffiato Alina, con una punta di divertimento.

Meesha aveva riso, la sua risata era così bella, così piena di gioia e vita, “Però avevo ragione” aveva replicato la soldatessa, “Diciamo che è il regno di perdizione che mi aspettavo, sì” aveva considerato, provando ancora quel brivido e quel fastidio, ricordando suo padre e il duca.

Si chiese se Drina e Lilyiana ne avessero anche solo una vaga idea.

Dovevano averne, se Alina di cui avevano parlato il duca e suo padre tutto il tempo era Marina, questo faceva di Drina la figlia di Alina … di Alina Starkov.

Che era viva e come l’Oscuro – di cui sua madre le aveva detto di essere stata innamorata – e viveva al Piccolo Palazzo.

Forse Alina stessa doveva averlo incontrato qualche volta. Improvvisamente le era tornata addosso quella rabbia e quel dolore, così oscuri e travolgenti, ma si era impegnata a ricacciarli dietro, quando aveva sentito la mano gentile di Meesha raggiungere la sua.

“Avevi detto che volevi trasferirti dal mare all’aria” aveva detto alla fine Alina, decidendo di soffocare la sua angoscia. Meesha lo aveva detto mesi prima. Suo nonno era stato un ammiraglio della marina, mentre suo padre era stato un colonnello dell’aviazione ravkiana, anche se aveva la sua giusta conoscenza del mare e delle navi – Ravka Ovest era un luogo di marinai e l’aviazione ravkiana somigliava molto alla sua marina. “Ho fatto la richiesta, ma è stata cestinata, mi è stato detto di poter imparare a timonare navi volanti” aveva ammesso Meesha, “Continuano ad essere preferite agli aerei” aveva detto.

I velivoli erano più piccoli e veloci, potevano volare più in alto ed erano più difficili da vedere, ma anche più facili da abbattere. Le navi volanti potevano atterrare e ammarare ed anche un buco sullo scavo poteva permettere alla nave di rimanere su, se c’era un bravo etherealki a manovrare i venti. Nonostante i progressi fatti negli altri continenti, Ravka restava sulla vetta del mondo nell’utilizzo della Piccola Scienza ad aiutare la Grande.

 

“Che strano c’è una guardia” aveva ammesso Meesha, notando l’uomo vestito in livrea blu, sopra la kafka azzurra rinforzata, che stanziava ritto come una pertica davanti l’ingresso della cantina. “Sono vini preziosi” aveva scherzato con un punto di divertimento Alina, “Forse” aveva ponderato Meesha, “Ma di solito pattugliano, non stanno dritti come baionette” aveva rivelato. “Qualcosa di segreto sta avvenendo all’ora” aveva considerato Alina, “Io voglio disperatamente dell’acqua e …” non aveva aggiunto altro, ma voleva pensare a qualsiasi altra cosa, “Mia madre era alla festa e mio padre era … altrove” aveva detto, “Probabilmente è qualche piccolo scandalo di Lilyiana o Dominik” aveva considerato.
Forse, Dominik con il suo cuore spezzato, forse si era unito di nuovo all’enigmatica Min-Han, forse Alina avrebbe dovuto dare le spalle e decidere di non voler scoprire qualsiasi altra cosa della sua famiglia, ma non riusciva a reprimere quel bisogno.

Era stata cieca, pensava, fino a quel momento, e si chiedeva quanto ancora non avesse davvero visto.
Non voleva più essere cieca, né stupida.

“Puoi fare quella cosa … sai, quella cosa …” aveva provato, “In cui rilasso il corpo di una persona così tanto da metterlo a dormire?” aveva chiesto retorica Meesha, con un’espressione preoccupata, lei aveva annuito. “Alina …” aveva provato l’altra, prima di mordersi il labbro, “Principessa Alina” si era corretta – ecco! Quello non le piaceva per nulla – “Forse per lei è un gioco, ma per me potrebbe essere alto tradimento” aveva ammesso, “Sei con me, prenderò io tutta la responsabilità” aveva replicato Alina, non credeva fosse necessario.

Meesha non era solo uno luogotenente e suo padre non era solo un membro di alto profilo dell’esercito, ma era uno dei pari del regno, uno degli uomini più importanti della corte di suo padre, un uomo dei miracoli a detta di tutti e lei era la sua unica erede.

“Spero questo non ci crei problemi” aveva sospirato la corporalki.

 

 




 



[1] https://www.youtube.com/watch?v=ECRdSBfQLOI

[2] Spoiler: non ho idea di come funzioni la balailaka o qualsiasi strumento a corda da ‘pizzicata’ insomma chitarre, etc … ma anche i violini. Cioè so solo come funziona il piano e i fiati lol.

[3] https://www.youtube.com/watch?v=UAfuMol1e-0 La Valenki eseguita con il Balailaka

[4] https://www.youtube.com/watch?v=t1a2_Idawo0

[5] Scusate non potevo lasciare la questione della Lama così, forse sono troppo esagerata ma mi sembrava fin troppo ridicola nei libri buttata così. Cioè, nel caso specifico di Mal ha senso ma: a) lui lo fa prima di scoprire chi sia, b) la cosa continuava a sembrarmi terribilmente vaga buttata così.

[6] Diciamo che da aggiungere a questa cosa, per evitare una situazione alla Rhaenyra Targaryen dove non importava se i figli fossero bastardi o meno perché “suoi”, lei era la Targaryen e lei era l’erede, ma si poteva creare attrito perché sposata con un uomo nobile con famiglia annessa, Nikolai aveva più o meno lo stesso valore strategico di un gatto raccolto dalla strada, circa. Letteralmente: sua madre era in esilio, suo “padre” lo aveva ripudiato e il suo padre naturale era un uomo di una corte straniera, ricercato dal suo stesso paese. Cioè. Zoya poteva pure avere tre figli da tre uomini diversi e sarebbe andata bene uguale a tutti – anche perché ricordiamo che Zoya è il Drago, cioè come ti appelli contro un drago?

[7] Se non sbaglio lo dice Genya stessa che erano tutte innamorate del Darkling. Nella serie tv è fortemente implicato che Zoya dormisse anche con Aleksander prima dell’arrivo di Alina, mentre nei libri no, nei libri lui era il suo maestro e lei la sua protetta … e Zoya era comunque gelosa di Alina (probabilmente del ruolo di pupilla e non di amante) ma mi piaceva l’idea che ne fosse innamorata. Inoltre, Zoya dice di non aver mai provato amore per nessuno dei suoi amanti, quindi era una situazione strana.

[8] Scusate ma Nikolai che chiede alle donne di sposarlo prima di limonarle per me è sinonimo di una persona che ama senza mezze misure, tipo: prima assicurami che ci ameremo per la vita, poi possiamo limonare. La Bardougo può dirmi che era un seduttore ma non ci crederò mai, è proprio l’uomo dalle proposte romantiche a caso, tipo Ted Mosby.

   
 
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