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Autore: Placebogirl_Black Stones    03/03/2024    1 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 48: Uno sguardo al futuro
 
 
- Piuttosto, dimmi come va la situazione ragazzi: c’è qualcuno che ti piace?-
 
Quella domanda così diretta aveva chiaramente messo in imbarazzo la sua amica, se ne accorse dal fatto che spostò lo sguardo di lato mentre sorseggiava il suo succo con la cannuccia. Shiho era sempre molto riservata e restia quando si toccava questo argomento.
Avevano deciso di passare il pomeriggio insieme, dal momento che il giorno dopo sarebbe ripartita per l’America e non avrebbero più avuto occasione di vedersi per diversi mesi. Erano andate in giro per negozi a fare qualche acquisto e poi avevano fatto una sosta al Poirot per fare merenda con un dolcetto e qualcosa da bere.
 
- Non ho tempo per queste cose- le rispose, tagliando corto.
- Ma se hai tutto il tempo del mondo!- replicò.
- Devo occuparmi di Mendel-
- Sai che questa è la scusa più assurda che potessi trovare, vero?-
 
La giovane scienziata tacque nuovamente, non sapendo più cosa replicare di fronte alla sua insistenza. Non riusciva a comprendere cosa la spaventasse al punto tale da non cercare quello che tutte le ragazze della sua età cercavano: un amore da sogno, come quelli dei film, che ti fanno battere forte il cuore e sentire le farfalle nello stomaco. Aveva poco più della sua età quando si era sentita così per la prima volta, dopo aver conosciuto Shuichi. Le dispiaceva che la sua amica si privasse di ciò e temeva che la motivazione potesse essere il giovane detective che viveva accanto a lei, per il quale aveva sempre dimostrato un interesse più che evidente (o almeno così le era sempre parso).
 
- Posso farti una domanda?- le chiese, consapevole di dover introdurre la cosa con i giusti modi.
- Hai deciso di torturarmi?-
- Certo che no! Vorrei solo capire perché hai così paura di legarti sentimentalmente a qualcuno-
- Io non ho paura-
- E allora cosa c’è dietro? Non dirmi che c’entra Kudo- azzardò.
 
La ramata abbassò lo sguardo, sospirando. Forse aveva centrato il bersaglio.
 
- Lui ha la sua signorina dell’agenzia investigativa, non ho mai pensato che andasse diversamente- ammise - Però…-
- Però?-
- È difficile fidarsi pienamente di qualcuno-
 
Quella confessione la colpì come un pugno nello stomaco e riaprì quell’antica ferita che pensava di aver ormai addomesticato. Le immagini della sua infanzia e della sua adolescenza le scorsero davanti come macchine su un’autostrada, facendole rivivere quelle sensazioni che per lungo tempo l’avevano accompagnata.
Da bambina, durante la ricreazione, tutti i bambini correvano e giocavano nel cortile della scuola, mentre lei si guardava costantemente intorno, al di là delle sbarre della recinzione, con la paura di vedere quella donna dai capelli biondo platino che aveva ucciso il suo papà e che ora era tornata per finire il lavoro con lei.
Al liceo, con una maturità diversa e dopo aver compreso molte cose dal costante contatto con l’FBI, faticava a farsi degli amici, perché non sapeva quanto poteva fidarsi degli altri. Gli insegnanti potevano essere uomini o donne dell’Organizzazione sotto copertura, così come i suoi compagni di classe. Non aveva mai smesso di sentirsi una preda, fino a quando aveva stretto fra le mani la sua prima pistola e il badge di riconoscimento con lo stemma dell’aquila: a quel punto si era trasformata in una cacciatrice e aveva iniziato a considerarsi allo stesso livello della sua carnefice. Entrare nell’FBI l’aveva messa in una posizione rassicurante, che Shiho evidentemente non aveva ancora trovato. Era una giovane ragazza di quasi vent’anni, senza genitori e senza un lavoro, con pochi amici e troppi fantasmi a tormentarla. Un ritratto interessante che corrispondeva esattamente al suo quando aveva la sua età.
 
- Lo capisco, meglio di chiunque altro- le rispose - Anche io ero come te-
- E come sei riuscita a diventare così?-
- Così come?-
- Espansiva. Sempre sorridente. Amichevole-
- Forse sapere di avere le spalle coperte dall’FBI mi ha aiutata, o semplicemente mi sono resa conto che continuare a diffidare di tutto e di tutti non mi avrebbe aiutata ad andare avanti. Con questo non voglio dire che ci si debba fidare del primo che passa, è sempre giusto mantenere un occhio critico, ma è anche giusto non avere pregiudizi a prescindere-
- Pensi che siano ancora qui?-
- Chi?-
- Quelli dell’Organizzazione-
- Lo hai visto tu stessa: alcuni sono sotto terra e altri marciranno in prigione. È finita-
- Ne sei davvero sicura?- la fissò seria - E se ce ne fossero altri? Avevano membri ovunque, come possiamo essere certi di averli presi tutti?-
- Non possiamo, ma abbiamo distrutto il nucleo e gli altri erano tutti pesci piccoli che senza una guida non andranno da nessuna parte. Senza nessuno che dia loro ordini sono come marionette senza il burattinaio che le muove-
- “Ma qualunque cosa sia e comunque sia, secondo me l’inferno è vuoto e i diavoli sono qui”-
- Shakespeare, eh?-
- Già-
- Forse hai ragione, forse i diavoli camminano in mezzo a noi. In quel caso c’è solo una cosa da fare-
- Cosa?-
- Dimostrargli che siamo più forti di loro. I demoni vincono solo se glielo permetti. Se vedono che hai paura di loro, sanno di avere potere su di te. Dimostragli che non ti spaventano, perché sei superiore a loro-
- Ma io non sono superiore a loro-
- Scherzi? Non hai nemmeno l’età che serve in America per bere legalmente e hai già inventato un farmaco capace di alterare la crescita cellulare. Tu sei un genio e loro hanno paura di te-
- Quindi sono come loro? Un diavolo?-
- Ma un diavolo buono- sorrise.
- Non esistono diavoli buoni-
- Lucifero era un angelo. Se esistono angeli cattivi, perché non possono esistere diavoli buoni?- le picchettò scherzosamente la punta del naso con l’indice.
 
La loro conversazione fu interrotta dal suono dello scacciaspiriti appeso sopra la porta, che tintinnò quando quest’ultima si aprì. Una voce familiare giunse alle loro orecchie, costringendole entrambe a voltarsi in direzione del bancone dietro il quale la cameriera stava preparando dei sandwich.
Vestito in un completo giacca e pantaloni grigio, con la solita carnagione olivastra e gli inconfondibili capelli biondo chiaro, Tooru Amuro (ormai divenuto semplicemente Rei Furuya) salutò con un sorriso la ragazza, chiamandola per nome.
 
- Buon pomeriggio Azusa-san, come va oggi?-
- Oh, Amuro-san, che sorpresa! Come mai sei qui a quest’ora?-
- Avevo bisogno di un caffè e di uno spuntino. Inoltre, volevo vedere come te la cavi nella preparazione dei miei sandwich. Ma ti prego, chiamami Rei-
- Scusami, è l’abitudine-
 
Dal modo in cui si parlavano sembrava che avessero mantenuto un buon rapporto nonostante il fatto che l’agente della polizia segreta giapponese avesse dovuto confessare la sua vera identità, rinunciando così al lavoro sotto copertura di cameriere. Probabilmente quella giovane donna, il cui nome a quanto pareva era Azusa, non era a conoscenza di tutti i dettagli della vicenda. Quanto a lei, anche dopo aver chiarito le loro posizioni e dopo aver raggiunto una sorta di armistizio con Shuichi, continuava a non vederlo di buon occhio. Provava una sensazione di fastidio a pelle ogni volta che lo vedeva, memore della farsa che aveva messo in piedi quando si era travestito da Shuichi con la cicatrice sull’occhio e delle frecciatine gratuite sull’FBI.
 
- A proposito di diavoli…basta nominarlo e spunta fuori subito…- commentò, storcendo il naso.
- Ce l’hai ancora con lui?- chiese la ramata.
- Diciamo che non godiamo della reciproca simpatia-
 
Scelse un pasticcino dal piccolo vassoio che avevano sistemato al centro del tavolino e fece per portarselo alla bocca, ma il suono dei passi che si avvicinavano e quella voce alle sue orecchie così seccante la dissuase dal morderlo. Lo posò nel piattino di fronte a lei e alzò gli occhi al cielo, implorando l’aiuto di qualche santo perché facesse andare via quel disturbatore non desiderato.
 
- Ma guarda chi si rivede, l’agente Jodie Starling- esclamò Furuya, fermandosi con le mani in tasca di fronte a loro - A cosa dobbiamo l’onore di questo ritorno? Non dirmi che siete venuti di nuovo a ficcare il naso negli affari della polizia giapponese-
 
Strinse forte i pugni, lasciando i segni delle unghie sui palmi, mentre si mordeva l’interno delle guance per evitare di sputargli in faccia epiteti poco carini. Quell’uomo aveva il potere di mandarla su tutte le furie.
 
- Sono venuta per partecipare a un matrimonio- rispose secca - Domani tolgo il disturbo-
- Un matrimonio?- si stupì - Shibuya-san si è sposata?-
- Eh?! Ma cosa c’entra Natsuko?!-
- Beh, hai detto che sei venuta per un matrimonio e ho creduto fosse quello della tua amica. Per chi altro ti saresti presa il disturbo di venire fin qui?-
- E a te che importa?- replicò infastidita.
- Calmiamoci tutti- intervenne Shiho - Jodie è qui perché si è sposato mio cugino, che è il fratello minore del suo fidanzato. Non sta facendo niente di male, quindi sei pregato di rivolgerti a lei con più cordialità- puntualizzò al biondo - Quanto a te- si rivolse a lei - “É anche giusto non avere pregiudizi a prescindere”- mimò le parole che lei stessa le aveva detto poco prima.
 
La guardò storto, soffiando sonoramente fuori l’aria dal naso nel tentativo di sbollire la rabbia. Non pensava che avrebbe usato un suo discorso di aiuto contro di lei, specie davanti a quello spocchioso di Amuro. Si consolò pensando che anche a lui era toccata una lavata di capo.
 
- Ma certo, ora che ci penso ne hanno parlato tutti i giornali: il Meijin Taiko si è sposato- rifletté Amuro - E così sei venuta al suo matrimonio…Lui dov’è?- si rivolse a lei.
- A casa con sua moglie per prepararsi per il viaggio di nozze?- replicò, guardandolo come se fosse un ebete per aver fatto quella domanda.
- Intendevo il tuo fidanzato-
- Perché ti interessa saperlo?-
- Volevo salutarlo prima che partisse-
 
Non riuscì a trattenere una risata, una di quelle sarcastiche che le uscivano inevitabilmente quando si trovava di fronte a qualcuno che l’aveva appena sparata grossa. Figurarsi se quello voleva davvero salutare Shuichi!
 
- Lo trovi divertente?-
- No, lo trovo assurdo. Tu lo detesti, perché dovresti volerlo salutare?-
- Ci siamo chiariti, è una vecchia storia che appartiene al passato. Io vado avanti, agente Starling. Fallo anche tu-
 
Stava per dirgliene quattro quando Shiho la bloccò prima che dessero spettacolo al Poirot.
 
- Ok, basta così. Porteremo i tuoi saluti a Shuichi- si rivolse al poliziotto - Ora Jodie finirà il suo tè e poi ce ne andremo- la guardò con aria di rimprovero.
- La trovo un’ottima idea- le rispose, guardandola allo stesso modo.
- In questo caso non vi disturbo oltre. È stato un piacere rivedervi- le salutò con un cenno della mano e uno di quei sorrisi che ai suoi occhi apparivano più falsi delle monete del Monopoly.
 
Senza aggiungere altro voltò loro le spalle e tornò al bancone, dove Azusa lo aspettava con una tazza di caffè caldo appena versata.
 
- “È stato un piacere rivedervi”- scimmiottò le sue parole - Spero che ti ci strozzi con quel caffè!-
- Qual è il tuo problema?- le chiese Shiho.
- Oh, io non ho alcun problema. Semmai ce l’ha lui!-
- Ok, non sarà la persona più simpatica del pianeta, ma non si è comportato così male-
- Stai scherzando?!- sgranò gli occhi - Tutto quello che usciva dalla sua bocca era palese ironia cinica gratuita!-
- E se lo stessi giudicando male? Magari lui si comporta così perché sei tu la prima che non gli da modo di comportarsi diversamente-
- Lo stai davvero difendendo?-
- No, sto solo cercando di guardare le cose da un’altra prospettiva, come mi hai detto tu poco fa. Vedo che predichi bene ma razzoli male-
- Ok, correggo quanto ho detto: è giusto non avere pregiudizi a prescindere quando non c’è motivo di averli. In questo caso ho tutto il diritto di avere dei pregiudizi su di lui-
- Sono cose che appartengono al passato. Abbiamo commesso tutti degli errori in questa storia, chi più e chi meno. Lasciamoceli alle spalle e andiamo avanti, ok?-
 
Sospirò, consapevole che quella giovane e saggia donna non aveva proprio tutti i torti. In quell’ultimo anno era riuscita a superare tante cose, molte altre erano cambiate in meglio e quei noiosi tasselli di un vecchio puzzle che nessuno di loro aveva voglia di ricostruire andavano buttati e basta. Magari un giorno, col tempo, sarebbe riuscita a cancellare il rancore nei confronti di quell’altezzoso poliziotto che tanto aveva cercato di fare del male a Shuichi. Forse era proprio quest’ultima parte, più di tutto il resto, che non riusciva a perdonargli.
Terminarono di mangiare e bere e si diressero al bancone per pagare la consumazione. Amuro era ancora lì a bere il caffè e parlare con la cameriera, che lo abbandonò qualche minuto per lasciare loro la ricevuta del conto e prendere i soldi.
 
- Grazie di essere venute al Poirot, tornate presto- le salutò con un dolce sorriso e una gentilezza quasi angelica.
- La prossima volta perché non ci prendiamo un caffè insieme?- suggerì Furuya.
 
Shihò si girò verso di lei senza dire nulla, ma capì che la stava silenziosamente implorando di non dire niente di avventato e sconsiderato.
Cercò di contenere gli impulsi e alla fine gli rivolse un fintissimo sorriso di cortesia.
 
- Ma certo, volentieri. Chiamerò anche Shu-
 
Salutò e si diresse verso l’uscita, prima che la Jodie cattiva prendesse il sopravvento. Shiho la seguì e quando furono fuori dal locale si complimentò con lei.
 
- Che interpretazione da oscar, i miei complimenti-
- Si vedeva lontano un miglio che stavo fingendo-
- Lo so, ero ironica-
- Non posso diventare carina e gentile con lui dall’oggi al domani-
- Quindi non andremo a bere un caffè con lui e Shuichi?-
- Certo, ma nel suo ci sputo dentro-
- Ci rinuncio- sospirò la ramata - Cosa ti va di fare adesso? Vuoi che andiamo in sala giochi a sbollire il tuo malumore?-
- Temo che a quest’ora ci sia davvero tanta gente e rischiamo di fare file interminabili per poter giocare sì e no dieci minuti-
- C’è altro che vorresti fare prima di tornare a New York?-
- Una cosa a dire il vero ci sarebbe, ma non vorrei annoiarti-
- Di che si tratta?-
- MI piacerebbe far visita al liceo Teitan per rivedere tutti quei ragazzi a cui per un po’ ho insegnato inglese. Era solo una copertura, ma mi sono trovata davvero bene e mi è dispiaciuto andarmene così all’improvviso- ammise - Chissà, forse se non avessi scelto di diventare un’agente dell’FBI sarei diventata insegnante-
- Mi sarebbe piaciuto avere un’insegnate come te- sorrise - Se ti va di andarci ti accompagno-
- Davvero? Sicura che non ti annoierai?-
- No, andrò a prendere un giro quel detective che vive di fianco al Professore- alluse a Shinichi - Oggi aveva una partita di calcio. Possiamo andare a urlargli cose cattive, tanto con Furuya-san hai fatto pratica-
- E sarei io la cattiva?-
- Hai una cattiva influenza su di me-
- Stai diventando impertinente-
- Sarà perché sono un diavolo-
 
Risero entrambe di fronte a quelle affermazioni e si incamminarono in direzione del Liceo Teitan.
 
 
Giunte davanti al cancello notarono subito l’assenza di studenti nel cortile, segno che si trovavano tutti o all’interno dell’edificio o nella zona degli sport, probabilmente ad assistere alla partita di calcio.
Entrarono dal portone principale e si fermarono in segreteria, dove chiese di un suo vecchio collega per essere certa che potessero girare intorno alla scuola senza rischiare di essere cacciate.
Il Professor Yaguchi, insegnante di storia, non tardò ad arrivare e la accolse di buon grado, piacevolmente sorpreso della visita. Probabilmente credeva, come tutti gli altri, che non l’avrebbe mai più rivista dopo il suo ritorno in terra natale.
Gli presentò Shiho, dicendo che era la vicina di casa di Shinichi Kudo e che erano state invitate da quest’ultimo a vedere la partita di calcio. Il Professor Yagushi si offrì di accompagnarle al campo dietro la scuola e lì ritrovò un gruppetto di studentesse (incluse Ran, Sonoko e Masumi) che stavano guardando la partita e facendo il tifo. Non appena la riconobbero esclamarono il suo nome in coro e le corsero incontro ignorando il match che stavano seguendo così attentamente poco prima.
 
- Jodie-sensei, è tornata?- le chiese Michiru, una sua vecchia studentessa della stessa classe di Ran e Sonoko.
- Hi!- li salutò in inglese - Sono qui solo di passaggio ma mi è venuta un po’ di nostalgia e ho pensato di venire a farvi un salutino-
- Che peccato, allora non torna ad insegnare da noi-
- Su, non fate quelle facce! In fondo anche voi presto andrete all’Università e non tornerete più qui-
- Shiho, sei venuta anche tu?- intervenne Ran, notando la presenza della ragazza dietro di lei, rimasta in disparte.
- Sì, ero con Jodie e l’ho accompagnata qui-
- Non eri mai venuta a far visita al nostro liceo, vero?- le chiese Sonoko.
 
In risposta, Shiho scosse la testa.
 
- Sei una studentessa di un’altra scuola?- si fece avanti un’altra del gruppo, incuriosita da lei.
- Beh, ecco…-
 
Vedendola balbettare e faticare a trovare le parole, intervenne in suo soccorso. Era più che comprensibile: Shiho non aveva avuto una vita comune, era da sempre una bambina prodigio e a poco più dell’età di quelle liceali era già a capo di una squadra di scienziati. Non poteva dire la verità e soprattutto non voleva dirla, perché essere guardata come se fosse un mostro o un alieno le faceva troppo male.
 
- Shiho ha studiato in America- le posò una mano sulla spalla mentre pronunciava quelle parole.
- Davvero?- si meravigliarono - Allora parli benissimo l’inglese!-
- Sì- rispose semplicemente, imbarazzata da tutte quelle attenzioni che non era abituata a ricevere.
- Ma è molto più brava con le scienze- esordì Masumi, fino a quel momento rimasta ad ascoltare.
- E tu come lo sai?-
- Perché è mia cugina- disse, con tutta la naturalezza del mondo.
 
Quella rivelazione scatenò lo scompiglio e generò mille domande, ormai la partita in corso era solo un ricordo e l’argomento del momento era Shiho e la sua parentela con Masumi. Per fortuna si concluse poco dopo con la vittoria del liceo Teitan e i maschietti uscirono dal campo per unirsi al gruppo. Ovviamente furono tutti sorpresi e felici di trovarla lì, escluso Shinichi che era più perplesso della presenza di Shiho, la quale fu presentata anche agli altri.
L’orario scolastico era ormai giunto al termine e Sonoko suggerì di andare a prendere un gelato tutti insieme, idea che venne accolta di buon grado da tutti. Essendo un gruppetto numeroso, si spostarono poi in un parchetto adiacente, dove qualcuno ricordò a tutti che la settimana successiva ci sarebbe stato il compito in classe di letteratura inglese e che potevano approfittare della sua presenza per ripassare.
 
- La prego Jodie-sensei, ci aiuti!- la implorò uno dei ragazzi.
- Ma non potete chiedere al vostro attuale professore di fare un ripasso?-
- Fujimaro-sensei non spiega bene come lei- ammise Sonoko - Le sue lezioni sono noiose e pesanti. E inoltre ha l’alito cattivo-
- Questo non è un dettaglio carino da dire- cercò di farla ragionare, anche se la cosa le stava suscitando una risata interiore.
- Però è la verità- intervenne Masumi.
- Le sue lezioni erano così interessanti- la adulò Nakamichi, che continuava a guardarla con gli occhi sognanti tipici di un adolescente invaghito delle donne mature.
- Asciugati la bava, Nakamichi- lo prese in giro Sonoko, scatenando le risate di tutti.
- La prego sensei, un’ultima lezione insieme a noi!-
- Anche io voglio sentire come spieghi- la impietosì Masumi, con quegli occhi da cucciolo ma allo stesso tempo così simili a quelli di Shuichi da farla sciogliere all’istante.
- E va bene- si arrese - Un’ultima lezione per voi, solo perché siete good students! Avete un libro?-
 
Ran le prestò il suo, insieme al quaderno degli appunti. Sfogliò le pagine e si rese subito conto che l’argomento non era niente di meno che il racconto poliziesco, tra cui spiccavano i nomi di Edgar Allan Poe e Arthur Conan Doyle. Buffe le coincidenze, a volte.
 
- Scusate, avete una verifica su un tema del genere e non approfittate del fatto di avere ben due detective in classe- indicò Shinichi e Masumi - Dei quali uno è il più grande fan di Sherlock Holmes che sia mai esistito?-
- Ci siamo stancati di sentirlo parlare di Holmes- disse Ran.
- Beh, io vi parlerò della stessa cosa- strinse le spalle - Che differenza fa?-
- Che spiegato da lei è meglio- rispose Nakamichi.
- Come volete, ma sappiate che mi avvarrò delle conoscenze del giovane Kudo per la mia spiegazione- li avvertì.
 
Trascorse quasi un’ora a riassumere i concetti chiave, cercando di interagire con quei ragazzi che sembravano letteralmente pendere dalle sue labbra, con gli occhi fissi su di lei attenti a non perdersi nemmeno una parola. Non era certa se fosse completamente reale attenzione o se qualcuno (specie i ragazzi) fosse più interessato al suo aspetto fisico o al suo profumo, ma in ogni caso le faceva piacere che quel gruppo di ragazzi confidasse così tanto in lei anche ora che non era più la loro insegnante. In quel breve periodo al liceo Teitan si era chiesta spesso come sarebbe stata la sua vita se le cose fossero andate diversamente, se i suoi non fossero morti e se il desiderio di vendicarli non l’avesse spinta a non vedere nessun’altra carriera all’infuori di quella di agente dell’FBI. A volte sognava un lavoro “normale”, dove non rischiava la vita ogni giorno e dove si poteva sentire serena. Non che odiasse il suo lavoro, al contrario ne era orgogliosa, ma se essere un’agente dell’FBI la rendeva importante, dall’altro lato fare l’insegnante la faceva sentire importante: una differenza apparentemente minimale ma che in realtà significava tanto.
A volte per ottenere qualcosa bisogna rinunciare a qualcos’altro.
 
- Nel racconto “The final problem”, Doyle decide di porre fine alla vita di Sherlock Holmes, dopo numerose avventure. Secondo voi perché questa scelta così drastica?- chiese, dopo aver spiegato e parlato per diverso tempo.
- Forse perché era tempo di concludere il cerchio. Tutte le storie hanno una fine, giusto?- rispose Sonoko.
- Questa potrebbe essere un’interpretazione. Qualcun altro vuole dire la sua? Shiho, tu che ne pensi?- si rivolse direttamente all’amica, seduta accanto a lei.
- Credo che Doyle a un certo punto si fosse stancato del personaggio: un detective impiccione che ficcava sempre il naso ovunque, anche dove non doveva-
- Io invece credo che tu abbia completamente perso di vista il punto- intervenne Shinichi, visibilmente piccato per quella risposta che andava così contro al suo idolo.
- Davvero? Allora illuminami- replicò lei.
- Quando Holmes cade dalla scogliera, trascina il Professor Moriarty con sé. Il bene che sacrifica se stesso per sconfiggere il male. È questo il messaggio che Doyle vuole dare-
 
Ascoltò quella spiegazione con gli stessi occhi affascinati con cui i suoi ex studenti avevano guardato lei sino a quel momento. Non c’era niente da fare, quel ragazzino era il suo tallone di Achille: così sveglio, così preparato, con una mente persino più brillante di quella di Shuichi. Il giovane Kudo aveva di certo un grande avvenire di fronte a sé e forse questa consapevolezza l’aveva anche Shiho: per questo provava un senso di invidia e probabilmente anche di inferiorità nei suoi confronti, che la spingeva ad essere acida (alle volte) nei suoi confronti. Mentre Shinichi aveva chiaro chi fosse e cosa volesse, Shiho non riusciva a ancora a comprenderlo, ma era certa che presto ci sarebbe riuscita.
 
- Credo che Kudo abbia centrato in pieno la questione- disse - D’altra parte non ci aspettavamo nulla di diverso dallo Sherlock dei nostri tempi-
- Allora può farlo lui il compito al posto nostro- commentò qualcuno, scatenando le risate di tutti.
- Bene, direi che siete preparati per questo compito e nel caso avete Kudo che può aiutarvi a ripassare nei prossimi giorni- concluse - Ora si è fatto tardi e dobbiamo tornare tutti a casa-
- Quando tornerà a trovarci, Jodie-sensei?- chiese uno dei ragazzi.
- Non saprei, ma spero presto- sorrise - Se così non fosse, vi faccio un grosso in bocca al lupo per i vostri esami finali e per la vostra nuova avventura nelle Università che avete scelto. Sono certa che sarete tutti bravissimi- alzò il pollice.
- Grazie, sensei!-
 
Salutò un’ultima volta quei ragazzi che si erano ritagliati un piccolo posto nel suo cuore e insieme a Shiho s’incamminò per tornare a Villa Kudo. Shinichi e Ran le seguirono, il primo per ovvi motivi e la seconda perché voleva fare un tratto di strada insieme al suo ragazzo.
 
- Spero non ti sia annoiata troppo- le disse.
- No, anzi, è stato molto interessante. Sei davvero brava come dicevano, forse dovresti valutare di lasciare l’FBI-
- Non lo so, in fondo può essere che anche io sia un po’ come Holmes: un’impicciona a cui piace ficcare il naso ovunque- sorrise, ripetendo le sue stesse parole di poco prima.
- No, quello è il tuo futuro marito. E anche quel fanatico che sta dietro di te- si riferì al giovane detective, il quale stava parlando con Ran, incurante della loro conversazione.
- Anche a me piace risolvere casi-
- Ma non sei come loro. E meno male, direi-
 
Si lasciò sfuggire una risatina che attirò l’attenzione dei due ragazzi alle loro spalle, i quali smisero di chiacchierare per ascoltare la loro conversazione.
 
- Sai, mi piacerebbe trovare un lavoro che mi appassioni-
- Potresti fare domanda in qualche laboratorio come scienziata, in fondo è quello il tuo lavoro, no?-
- Sarebbe la strada più semplice, anche se prima di farlo dovrei prendere una laurea. Non che ne abbia bisogno, ma senza quella nessuno mi assumerebbe sulla fiducia-
- Beh, non dovrebbe essere un grosso problema prenderla. Ci impiegheresti meno del previsto-
- Lo so, ma sarebbero soldi che dovrei chiedere a qualcuno e non voglio pesare ulteriormente sulle spalle del Dottor Agasa, né su quelle dei miei zii. Inoltre…- esitò.
- Inoltre?-
- Fare ogni giorno quello che ho fatto sotto costrizione per anni mi ricorderebbe costantemente di qualcosa che non voglio ricordare-
 
Annuì, comprendendo fin troppo bene quel punto di vista: per anni la sola vista del fuoco di un camino o di una semplice candela le faceva tornare in mente le fiamme che divampavano divorando la sua casa, con i suoi genitori dentro.
 
- Lo capisco. È una tragedia arrivare a detestare qualcosa che ami-
- Io non odio la scienza, al contrario. È solo che ad oggi non so se tornerei a fare la scienziata in un laboratorio-
- Potresti comunque trovare un lavoro che abbia a che fare con la scienza. Per esempio l’insegnante- si indicò.
- Ma ce la vede a fare l’insegnante?- intervenne Shinichi, fino a quel momento rimasto in ascolto.
- Perché? Shiho-chan spiega molto bene, mi ricordo di quando ci ha aiutato per il compito in classe di scienze- la difese Ran.
- Visto? Ti abbiamo già trovato un lavoro- le fece l’occhiolino - La mia amica Natsuko lavora alla scuola elementare Teitan, se vuoi mi posso mettere in contatto con lei per aiutarti ad entrare. Non credo tu possa andare in un liceo visto che hai quasi la stessa età degli studenti dell’ultimo anno, ma in una scuola elementare potresti avere ottime probabilità-
- Serve comunque una laurea- precisò il giovane detective.
- Mmh, ora che ci penso hai ragione-
- È inutile, vuoi o non vuoi quel pezzo di carta mi serve- sospirò.
 
Prima che potessero continuare quella conversazione giunsero a un bivio dove Ran si congedò da loro, dovendo prendere un’altra strada. Rimasti in tre, camminarono ancora pochi metri e poi si ritrovarono di fronte alle rispettive abitazioni. Shinichi le salutò e corse in casa per farsi una meritata doccia post-partita, mentre loro rimasero fuori per salutarsi prima della sua partenza. Era sempre difficile lasciarsi, sapendo che per mesi non avrebbero potuto trascorrere giornate come quella.
 
- Mi raccomando, fai la brava- l’abbracciò - E non preoccuparti, vedrai che troverai la tua strada. Farai grandi cose-
- Non mi interessa fare grandi cose, voglio solo una vita normale. Essere una persona qualunque-
- Ma tu sei speciale, non puoi essere una persona qualunque-
- E se non volessi essere speciale?-
 
Quell’affermazione così forte e contraria a qualunque aspettativa le scatenò un senso di malinconia. L’essere umano, per natura, è incline al desiderio di apparire, di dimostrare il proprio valore, ma quelli come Shiho tendevano a nascondere il proprio talento quando si accorgevano che era così grande da poter diventare persino pericoloso. Era un paradosso davvero triste.
In mezzo a quel senso di vuoto e mestizia, un’idea improvvisa le balenò nella mente.
 
- Se è così, allora ti aiuterò ad essere una persona qualunque- rispose decisa.
- E come?-
- Fidati di me- le sorrise, facendo l’occhiolino.
 
Si abbracciarono ancora una volta prima di separarsi e Shiho le augurò buon viaggio, dal momento che il mattino dopo sarebbero andati in aeroporto in taxi poiché il Dottore aveva un impegno e non poteva accompagnarli.
Non appena entrò a casa Kudo trovò Shuichi che la stava aspettando seduto sul divano nel salotto, in compagnia di uno dei romanzi scritti da Yusaku, “L’investigatore scarlatto”, tratto dall’omonima sceneggiatura con cui aveva vinto i Macademy Awards. Ne aveva acquistata una copia a New York e la teneva in bella vista nella libreria del suo appartamento, orgoglioso di essere il protagonista di quell’opera.
 
- Credevo fossi fuggita insieme alla nostra principessa- la accolse ironizzando sul suo ritardo.
- Hai sentito così tanto la mia mancanza?- replicò, sedendosi accanto a lui e dandogli un bacio sulla guancia.
- Dove siete state?-
- Al centro commerciale, poi a fare merenda al Poirot e infine a far visita ai miei ex studenti-
- Già, il ragazzino mi ha raccontato-
 
Rimase in silenzio per alcuni secondi prima di rivelargli quell’idea che aveva avuto poco prima. Non che avesse paura, era certa che Shuichi avrebbe compreso e non si sarebbe mai rifiutato; tuttavia voleva comunque spiegarsi al meglio.
 
- Senti, Shu, ho pensato a una cosa. Hai un attimo per parlarne?-
- Certo. Di che si tratta?-
- Oggi parlando con Shiho ho capito che vorrebbe trovare un impiego per non pesare troppo sulle spalle del Dottor Agasa, però è molto giovane e senza alcun titolo di studio e questo non la aiuta. Anche se ha grandi conoscenze, senza una laurea a testimoniarlo nessuno crederebbe a ciò che è in grado di fare-
- Se è così può iscriversi all’Università, sono certo che sarà una passeggiata per lei-
- Sono d’accordo con te ed è quello che le ho detto, ma il problema è un altro: l’Università è costosa e lei non vuole chiedere altri soldi al Dottor Agasa, oltre a quelli che sta spendendo per mantenerla a casa sua-
- Perché non chiede ai miei genitori? Sono certo che sarebbero felici di darle una mano-
- Le ho detto anche questo, ma non vuole pesare nemmeno su di loro perché devono già pagare gli studi a Masumi-
- Che sciocchezza, potrebbero pagare per entrambe senza problemi-
- E se le pagassimo noi gli studi?-
 
Shuichi la guardò sorpreso, non aspettandosi quella proposta così diretta.
 
- Vorresti davvero farlo?-
- Vorrei aiutarla a realizzare qualcosa a cui tiene. Se lo merita. Si merita di essere una ragazza come tutte le altre-
 
Stava pronunciando quelle parole in favore di Shiho, ma era come se le stesse dicendo a se stessa. Anche lei aveva desiderato per tanto tempo di essere una ragazza come tutte le altre e purtroppo non ci era riuscita, non completamente almeno. Per la sua amica voleva qualcosa di diverso.
 
- E come pensi di farlo?-
- Potremmo aprirle un fondo o un conto su cui verseremmo una quota ogni mese. Fino a quando non si sarà laureata. Poi lo estingueremo. Cosa ne dici?-
 
Il suo uomo si prese qualche attimo per pensare ad occhi chiusi e infine li riaprì, guardandola e sorridendole.
 
- Credo sia una buona idea-
- Sul serio?- gli regalò un sorriso radioso.
- Sì-
 
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò sulla guancia, sussurrandogli un “ti amo” all’orecchio. Dentro di sé sentiva che il futuro avrebbe riservato solo cose belle e positive per tutti loro.
 
 

 
ANGOLO DELL’AUTORE
La frase di Shiho (“Ma qualunque cosa sia e comunque sia, secondo me l’inferno è vuoto e i diavoli sono qui”) è un pezzo della citazione che chiudeva il capitolo 24. La frase è una citazione di One Tree Hill, ma è a sua volta una citazione di Shakespeare tratta da “La Tempesta”.
Il dialogo tra Shiho e Shinichi sulla morte di Holmes è ispirato da un dialogo simile tra due personaggi nell’episodio diciotto della seconda stagione di One Tree Hill.
Nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale, non perdetelo!
   
 
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