Libri > Il Conte di Montecristo
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Autore: Chri    18/09/2009    1 recensioni
Ciao a tutti!! Questa storia è basata sul racconto di Dumas, solo che gli avvenimenti non seguiranno quelli del libro..leggete la storia, e vedrete che le cose andranno diversamente da quanto vi aspettate...lasciate i vostri commenti, mi aiuteranno a migliorare!!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5
Il volto di Edmond stava diventando viola, oramai prossimo alla morte, quando, ad un tratto, l’asse a cui il giovane aveva appeso la sua “fune” e le sue speranze si staccò dal muro, facendo cadere Dantès a terra. Il ragazzo rimase a terra, svenuto, per circa un’ora; poi si ridestò. Riaprendo gli occhi, tuttavia, si accorse che non era accasciato sul pavimento, bensì in una specie di fossa profonda circa mezzo metro. Ancora un po’ intontito, si alzò in piedi e allora tutto fu chiaro: cadendo violentemente per terra, i mattoni su cui era atterrato erano precipitati in quella fossa insieme al suo corpo, poiché essi erano semplicemente appoggiati l’uno accanto all’altro, senza una base sotto. Edmond rimase stupito del fatto che quei massi erano riusciti a sostenere il peso di un uomo che, anche se raramente, vi aveva messo piede sopra. Non riusciva, tuttavia, a capire lo scopo di quella fossa che non conteneva niente. Poi, come un lampo, gli vennero in mente le parole di Orleàk pronunciate poco prima di chiudere il portone: “ il precedente detenuto è scomparso qui dentro e non è stato mai trovato”. Immediatamente, Edmond scese in quella fossa, intento a capire se quello potesse essere l’inizio di un tunnel verso la libertà. Quella speranza, quel lampo di luce nelle tenebre di quell’ultimo mese, avevano fatto avvertire al giovane una sensazione che non avvertiva più da quando era stato arrestato: quella di sentirsi vivo. Cosi, con la candela in mano, esplorò quella fossa e gli vennero le lacrime agli occhi per la gioia quando si accorse che in un lato vi era un’apertura, un tunnel appunto. Subito, Dantès vi si insinuò e iniziò a strisciarvi all’interno rapidamente. La sua gioia aumentò ancor di più quando ad un tratto iniziò a sentire il rumore del mare. Sembrava un miracolo per Edmond, che poco più di un’ora prima si stava uccidendo e ora era felice di vivere e pieno di speranze. La sua felicità, tuttavia, si interruppe quando si accorse che il tunnel era senza uscita. Edmond, comunque, continuò ad avvicinarsi alla fine del tunnel, quando, ad un tratto, la candela illuminò il piede di un uomo, sdraiato supino e immobile. Dantès sentì gelarsi il sangue nelle vene. Era lui la persona scomparsa? Aveva scavato lui quel passaggio? Il giovane si fece forza e si avvicinò al corpo ormai senza vita Lo voltò, ma ormai di quell’uomo non restava che solo lo scheletro vestito con una camicetta e un paio di pantaloni strappati. Accanto allo scheletro, vi era una specie di paletta e un foglio di carta. Edmond lo prese e, facendosi luce, lo lesse: “ Sono l’abate Faria, rinchiuso nella cella numero 34 dal 1795. Ho iniziato a scavare questo tunnel poco dopo il mio arresto con la forza della disperazione e la brama di libertà, ma purtroppo in questo ultimo periodo sento arrivare per me l’ora della morte. Per questo motivo scrivo questa lettera, nella speranza che il povero disgraziato che verrà qui rinchiuso dopo di me mi trovi e cerchi il tesoro di cui solo io conosco il nascondiglio. Un mio avo, di nome Faria anch’egli e anche lui monaco, fu colui che ascoltò l’ultima confessione del signore If. Egli sentiva in cuor suo che il duello che avrebbe disputato il giorno dopo gli sarebbe stato fatale, cosi consegnò al suo confessore la mappa del suo tesoro, credendo, con la sua generosissima offerta alla chiesa, di guadagnarsi il paradiso promesso da Dio. Tuttavia, né il mio avo né alcun suo successore riuscì a trovarlo. Nel 1794 anch’io venni ordinato abate e anch’io venni in possesso della mappa, ma dopo poco più pi un anno lo stesso re francese mi convocò affinché gli consegnassi la mappa, in quanto, secondo lui, quel tesoro apparteneva alla corona di Francia. Io rifiutai, cosi venni rinchiuso qui fin quando non mi fossi deciso a consegnare la mappa. Essa la consegno a voi, chiunque voi siate, pregandovi di versare il 50 % al monastero di Saint Germain di Bourdaux; la restante metà è vostra. Potete trovarla nel taschino della mia camicia. Vi esorto, infine, a continuare a scavare in questa direzione; ci vorranno forse anni per arrivare alla luce, ma la ricompensa sarà grande”. Subito, Edmond mise la mano nella tasca della camicia e trovò un foglio, lo aprì e vide che in effetti vi era scritta una mappa da seguire sull’isola di Montecristo, poco distante dalle coste italiane. Quella lettera e quella mappa potevano essere benissimo il frutto del delirio di un vecchio, ma il rumore del mare non poteva essere falso. Cosi Dantès, rinvigorito e vivo, prese la piccola pale e iniziò a continuare il lavoro interrotto da Faria.
  
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