Anime & Manga > Yuukoku no Moriarty/Moriarty the Patriot
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Autore: Rjsecretful    05/03/2024    0 recensioni
Cosa è successo tra la fine del volume 8 e l'inizio del volume 9? Aver avuto un momento amichevole con Sherlock a Durham ha dato tanta gioia a William, come in ogni momento trascorso insieme all'eccentrico investigatore. Ma che cosa succederebbe se in questo intervallo di tempo fra i due volumi, dato per scontato nel manga, accadessero degli eventi eccezionali, in cui il Professor Moriarty, per la prima volta, scoprisse qualcosa di più? Qualcosa di leggermente oltre il suo legame con Holmes, che lo induce a rivedere se stesso con una visione alternativa?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Una mattina come le altre, William trascorreva la sua giornata all’Universitá di Durham, svolgendo la sua professione di insegnante di matematica. Il tempo sembrava scorrere pacifico e sereno. Il professore all’alba si era svegliato con un animo leggero, allietato dagli eventi del giorno precedente, in cui aveva avuto opportunità di scambiare chiacchiere amichevoli con il Signor Holmes, che era venuto a fargli una visita.
Per puro caso si erano ritrovati a dover risolvere l’enigma di una verifica svolta in maniera anonima, e in seguito all’adempimento di tale enigma, si erano calorosamente salutati, nel momento in cui Holmes aveva preso il treno per tornare a Londra. Quel pomeriggio era stato uno dei momenti piú piacevoli della vita di William, era stata giá la terza volta che si confrontava faccia a faccia con quello squinternato investigatore, dopo l’incontro sul Noahtic e quello sul treno, e come queste altre volte era stato piacevole interagire con lui. Quella persona era l’unica al mondo che era in grado di far sentire il professore a proprio agio, l’unica con cui sentiva di poter parlare la stessa lingua senza filtri.
William si era reso conto, dopo il giorno precedente, che la sua sola presenza lo rallegrava, e che gli regalava sempre degli attimi per dimenticare i suoi ideali, i suoi obbiettivi e il fardello di cui si era fatto carico fin da quando era bambino.
Quando poi peró si erano salutati, ovviamente Moriarty aveva dovuto tornare alla realtà, e ricordarsi di tutto. Se avessero potuto trascorrere maggior tempo insieme, il celebre detective di Londra e il Signore del Crimine, il professore sentiva che avrebbe finito con il lasciarsi andare troppo e cedere ai propri sentimenti. Non avrebbe mai potuto farlo. Moriarty sapeva di dover continuare a combattere per quello in cui credeva, doveva farlo per chi gli era vicino e anche per tutti coloro che aveva aiutato a farsi giustizia, che avevano creduto in lui offrendogli il proprio pieno appoggio.
Di fronte a tutto questo, William aveva fatto un compromesso con sé stesso. Avrebbe fatto di tutto per portare a compimento il suo piano di epurazione contro la nobiltà corrotta, e, per conciliare il suo obbiettivo con la sua amicizia nei confronti di Sherlock, sperava che l’investigatore sarebbe stato la persona che avrebbe portato alla conclusione del gioco del Signore del Crimine.
Era grazie a questo che anche quella mattina era riuscito a svegliarsi svolgendo le sue attività e le sue mansioni in maniera ordinaria, senza lasciarsi sopraffare da quell’istante di felicità che aveva avuto.
A metà mattinata, il professore stava raccogliendo le verifiche della classe che avrebbe seguito dopo l’ora buca. La sera antecedente le aveva corrette tutte, ed erano pronte per essere restituite ciascuna al rispettivo studente con il voto. William sistemó bene i fogli, sbattendoli sul tavolo dello studio per allinearli, li ripose nella sua 24 ore, e in seguito uscí nei corridoi dirigendosi nei cortili del campus per godersi la pausa leggendo qualche libro.
Camminando, lungo la strada trovó un manipolo di studenti che si erano attorniati ad un angolo. La scena, che sembrava alquanto curiosa, chiamó l’attenzione di William che si fermó ad ascoltare.
“Allora dicci…” disse uno dei ragazzi. “Con quale raccomandazione sei entrato all’universitá?”
Moriarty sentí le orecchie come se gli si fossero aperte a tutto spiano. Comprese che stava assistendo ad un atto di bullismo.
“Sí, dicci tutto.” disse un altro ragazzo. “Perché tu, che sei un mezzosangue, sei venuto a studiare qui? Quest’università é riservata ai nobili, lo sai?”
Udendo queste ultime parole, William avvertí la sua vena di giustiziere pulsare. Quello che stava vedendo non era solo bullismo, era una discriminazione nei confronti di una persona appartenente ad una classe inferiore. Con uno scatto d’ira riprese a camminare, stringendo i pugni, uno dei quali teneva ben stretta la 24 ore, e facendo dei passi che si fecero ben sentire, inducendo i bulli a girarsi. Appena i giovani videro il Professor Moriarty arrivare, sbiancarono come dei cadaveri. Tutti, nell’Università di Durham, sapevano che quel giovane uomo era una persona paziente, ma con cui era meglio non scherzare. I ragazzi allora, s’irrigidirono in una posa composta, cercando di dimostrare rispetto.
“P-p-professore, buongiorno!” dissero all’unisono col cuore che gli batteva a mille.
“Non mi sembra affatto un buon giorno. Posso sapere che cosa sta succedendo?” disse Moriarty sfoggiando la sua espressione omicida.
Gli studenti si guardarono tra loro. Nessuno sapeva cosa rispondere, e cercarono di leggersi nel pensiero per capire cosa fare. Qualcuno cercó di parlare, improvvisando.
“N… n-n… niente. Sta-stavamo… stavamo solo…”
“Chiacchierando.” Intervenne un altro.
Gli altri membri del gruppo annuirono facendo un sorriso pieno di imbarazzo. “Sí, sí, certo… vero…”
“Sí, stavamo chiacchierando con questa matricola.” Uno degli studenti piú interni al cerchio, dicendo queste parole, fece venire avanti un ragazzo basso di statura, che, effettivamente, portava la divisa. Questo giovanotto aveva dei lineamenti delicati, occhi verdi come uno smeraldo e i capelli, di colore castano chiaro, mossi e raccolti in una treccia che pendeva dalla nuca.
“Giá, infatti é cosí. È il nostro nuovo compagno, gli stavamo facendo la festa di benvenuto. Vero, amico?” Continuó lo studente abbracciando in maniera amichevole la matricola e facendole la grattugia.
“Oh, ma davvero?” disse William. “Se permettete, vi suggerisco di dare al vostro caro nuovo compagno un’accoglienza magari piú calorosa. Siete d’accordo?”
I ragazzi si sentirono ancora piú schiacciati dalla presenza autorevole del Professor Moriarty, e fecero cenno di sí piú impauriti che mai. Se le circostanze fossero state favorevoli, e ci fosse stato un valido pretesto, William avrebbe quasi voluto tanto uccidere quei giovincelli arroganti che si stavano prendendo gioco di uno studente solo perché non era nobile del tutto.
“Va bene. Potete dileguarvi ora, non vorrete sprecare il vostro tempo libero, spero.”
“Ce-certo… subito… Via ragazzi, via…”
Il manipolo si congedó immediatamente, abbandonando la matricola, che rimase un attimo allibita dal cambiamento del comportamento dei compagni che l’avevano bullizzata.
“È tutto a posto?” disse William.
La matricola si scosse, colta alla sprovvista dalla domanda improvvisa e si voltó verso l’insegnante. Rimase sorpresa nel vedere che il viso del professore era completamente cambiato, quasi come se avesse davanti una persona diversa. Quando lo aveva visto arrabbiarsi coi bulli che l’avevano accerchiata si era spaventata persino essa. Ma in quell’istante vide che l’espressione di Moriarty era molto gentile, tanto che il giovane rimase quasi senza parole.
“Oh… io… certo!” disse il ragazzo annuendo col capo. Si mise poi una mano dietro la nuca. “Ecco…” stava cercando di rompere il ghiaccio. La situazione lo aveva leggermente messo in imbarazzo, sembrava non sapere come comportarsi. “Fanno sempre cosí coi nuovi arrivati qui?” disse alla fine.
William rispose con un sorriso divertito. “Quindi tu sei un primino, eh?”
“S-sí!” balbettó lo studente. “M-mi chiamo Sam… Samuel, Samuel Cooper.”
“Mi fa piacere conoscerti. Puoi anche stare tranquillo, per come ti hanno trattato. Nessuno studente si azzarda a fare sconsideratezze, dopo che vengono ripresi da me. Nessuno ti dará piú fastidio.”
Dopo aver detto quelle parole, William notò che gli occhi di Samuel parevano scintillare, come se davanti a lui avesse un essere di un altro mondo.
“Da… davvero?” disse la matricola. “Non… non so come ringraziarla…” continuó. Le sue spalle, senza che se ne accorgesse, erano tese.
“Su, rilassati.” disse il professore dandogli una pacca su un braccio. “Adesso vai pure, altrimenti perderai le lezioni.”
E con questo, William si congedó allontanandosi e lasciandosi dietro il primino.

Quella sera stessa, la famiglia Moriarty e i suoi sottoposti, mentre consumavano la cena, trascorsero dei momenti tranquilli, dialogando semplicemente delle faccende legate alle loro mansioni.
“Ci sono novitá particolari, fratello Albert?” disse Lewis, l’occhialuto terzogenito della famiglia.
“No.” rispose il maggiore dei fratelli. “Questi ultimi giorni sta procedendo tutto normalmente, non sono stati rivelati casi in cui il Signore del Crimine potrebbe intervenire.”
“Sembra proprio che il tempo ci stia concedendo una tregua.” disse Sebastian Moran, il cuoco che predisponeva i pasti e che, nell’ombra del piano di epurazione dei Moriarty, svolgeva il ruolo di cecchino.
“È proprio cosí.” disse Bond, uno dei piú recenti membri aggregati all’organizzazione del Signore del Crimine. “Ho quasi la sensazione che stia per succedere qualcosa di bello, per concederci un periodo di distrazione. Non sei d’accordo anche tu, Fred?”
“Non vedo cosa ci sia di strano.” disse il piú giovane della banda, nonché giardiniere al servizio della famiglia. “Ci é giá capitato altre volte che avessimo delle brevi pause.”
Come sempre, il ragazzo era introverso e poco loquace.
“Io, invece, credo che Bond e Moran abbiano ragione.” disse Jack, il maggiordomo e maestro nell’arte di uccidere che aveva addestrato i fratelli Moriarty. “Anche se io e Bond ci siamo associati da poco, questa volta é diverso. Ultimamente le giornate sono molto tranquille e serene, e ci stiamo distendendo come non mai. Lei che ne dice, signorino Will?”
Udendo il proprio nome, William quasi si scosse e fu colto alla sprovvista dalla domanda.
“Oh, eravate forse distratto? È strano che lo siate, siete sempre cosí attento e vigile anche quando dormite.”
“Puó darsi…” rispose William.
“Fratello.” intervenne Lewis. “È forse successo qualcosa all’universitá?”
William si sentí alquanto messo a disagio da quelle domande e sguardi indagatori, ed ebbe difficoltá a nasconderlo. Quasi non si riconobbe. Lui, che era sempre lucido e non si lasciava mai andare, in quel momento stava perdendo le staffe. Le sue labbra s’incurvarono in un sorriso insolito, e per un soffio non si morse le labbra.
“No, nulla di particolare.” disse rivolgendo gli occhi nel piatto per consumare il pasto.
“William, ti senti bene? Non sentirti in imbarazzo, raccontaci pure.” disse Albert.
Il professore allora cedette, poggiando le posate sul tavolo e rilassando le spalle.
“Se proprio deve essere successo qualcosa, oggi ho salvato un nuovo studente da un atto di bullismo.”
“Tutto qua? Ti sei turbato per questo?” disse Lewis.
“Non saprei dire.” disse William. “Dopo che ho liquidato gli studenti che lo avevano accerchiato, ho percepito da lui qualcosa di strano.”
“Che puó esserci di strano?” disse Money Penny, la maid quattrocchi con l’aria da secchiona.
“È che mi ha guardato in un modo inconsueto, quando mi ha ringraziato. Era come se i suoi occhi fossero abbagliati.”
“E con questo? Forse é solo rimasto ammirato perché lo avete salvato.” continuó la donna.
In seguito, William fece il suo solito sorriso divertito e concluse. “Sí, dovrebbe essere cosí. Potrebbe essere solo una sensazione.”
   
 
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