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Autore: LorasWeasley    06/03/2024    1 recensioni
AU|Omegaverse [soukoku]
"-Prova a toccarlo e ti faccio a pezzi.
Dazai rise, non allontanandosi neanche di un millimetro dalla posizione che avevano in quel momento -Pensavo di aver capito che non ti interessasse di lui, che ti serviva solo per il suo potere.
-Questo prima di farlo nascere.
-E adesso?
-Adesso brucerei il mondo pur di salvarlo."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CODE 03: Albatross

 

La differenza tra Alpha, Beta e Omega non gli era mai stata spiegata. Non quando tutti i suoi ricordi erano legati a quel laboratorio dove l’unico scopo che il rosso aveva era quello di essere una cavia.

Chuuya era intelligente, quindi aveva iniziato a capire che esistevano gli alpha che stavano al di sopra degli altri e che potevano costringere gli omega a fare quello che volevano con il loro potere, ringhiando e comandando come se tutto gli fosse dovuto.

Nonostante però avesse capito come funzionava il mondo, non ci capiva ancora nulla di biologia.

Quando poi anche Chuuya stesso si presentò come un omega, nessuno batté ciglio. Gli diedero dei soppressori e continuarono gli esperimenti su di lui. Chuuya fece finta che non gli importasse.

 

Erano confusi i suoi ricordi su come e chi l’avesse fatto scappare dal laboratorio, ma di una cosa era certo: questa persona gli aveva dato un collare che avrebbe nascosto il suo odore da omega e gli aveva detto una frase che gli era rimasta impressa prima di svenire.

“Se vuoi sopravvivere in questo mondo, fingi di essere un beta.”

E fu proprio quello che Chuuya decise di fare, entrando nelle pecore come beta e vivendo come se ne fosse uno, attirando sempre di più l’attenzione su di sè non tanto per il suo genere secondario ma per il suo potere e il suo carisma.

Fu proprio in quel gruppo che Chuuya imparò sempre di più sul mondo dei generi secondari, che gli fu spiegata della biologia dei loro corpi, degli odori, dell’imprinting con la propria anima gemella, delle marcature e dei cicli di calore.

Gli omega seguivano uno schema ben preciso, Shirase li aveva descritti come “remissivi e delicati” ed erano tutto quello che Chuuya non era. Un’altra cosa che Chuuya capì sul proprio corpo fu che qualcosa era andato storto in laboratorio, che continuare a fare esperimenti su di lui e sul suo potere gli aveva modificato dettagli importanti, come il calore che non gli veniva ogni tre mesi ma a intervalli di tempo molto più distanti tra di loro.

Non che fosse un male, visto che così poteva fingere senza problemi di essere di un genere secondario che non importava a nessuno.

 

Mori Ougai fu il primo a cui Chuuya confessò il suo genere secondario. E lo fece solo perché fu costretto a farlo.

Quando entrò ufficialmente nella Port Mafia, fu chiamato nell’ufficio del boss e qui Mori gli sorrise in un modo che avrebbe fatto preoccupare chiunque.

-Ho saputo che punti a diventare dirigente, vero Chuuya-kun?

-Sì. Lo farò prima di Dazai.

Mori rise -Mi piacciono le persone determinate, hai tutto il mio appoggio. Ma prima… qual è il tuo genere secondario?

-Sono un beta- rispose in modo meccanico come sempre.

-Chuuya-kun, non posso permettermi di avere dirigenti dei quali non mi fido del tutto, capisci? Ti darò quindi un’altra possibilità, qual è il tuo genere secondario?

La mente del rosso iniziò a correre veloce. Se glielo avesse detto, l’uomo avrebbe avuto motivo di ricattarlo e usarlo per il resto della sua vita, ma allo stesso tempo avrebbe conquistato la sua fiducia. Inoltre, Chuuya dubitava che Mori l’avrebbe detto a qualcuno, sarebbe stato segno di debolezza far diventare, in futuro, un omega dirigente di una grande e temuta organizzazione quale era la Port Mafia.

Così decise e si giocò il tutto nella sua frase successiva -Sono un omega.

 

Come Chuuya aveva immaginato, Mori non aveva detto a nessuno del suo secondo genere e la sua vita era andata avanti mentre diventava un membro sempre più forte e importante all’interno della Port Mafia, ricevendo missioni e sottoposti e tutto quello di cui aveva bisogno.

E poi c’era Dazai. Dazai che era un alpha e si considerava il più intelligente all’interno di quel gruppo.

E se all’inizio Chuuya aveva avuto paura che l’altro potesse scoprire il suo segreto solo guardandolo negli occhi, aveva capito ben presto che a Dazai non fregava nulla di nessuno e qualsiasi tipo di preoccupazione lo abbandonò.

-È rivoltante, l’odore di quell’omega mi è rimasto attaccato sul giubbotto. Lavamelo.

Pretese Dazai porgendogli il capo che aveva appallottolato in una mano. I due avevano appena concluso una missione e si stavano dirigendo verso il punto stabilito dove una macchina stava aspettando.

-Eh? Perché dovrei?- rispose il rosso con una smorfia sul viso.

-Perché sei il mio cane, quante volte devo ripetertelo?

-Non lo sono- ruggì l’altro mentre gli strappava il vestito dalle mani. Gliel’avrebbe lavato non perché l’altro l’aveva preteso, ma solo perché non voleva sentirlo lamentarsi per le successive due settimane. Era tutto per la sua salute mentale.

Salirono all’interno della macchina nera che li avrebbe riportati alla base e, mentre l’autista partiva senza dire una parola, Chuuya commentò -Pensavo che amassi l’odore degli omega. Non dovrebbe essere dolce e buonissimo e farti cadere ai suoi piedi?

Dazai fece una smorfia -Non sono di certo un animale.

-No?- la voce del rosso era piena di derisione. Non parlava di Dazai nello specifico ma aveva ormai capito come funzionava la società e come quelli come lui venivano trattati.

-Non mi interessa accoppiarmi con un omega. Sono appiccicosi, bisognosi e puzzano.

Chuuya non disse nulla.

 

Gli sfuggì un gemito non troppo silenzioso mentre il punto ben preciso dentro di lui veniva toccato. Il sudore gli imperlava la fronte che aveva poggiato tra le sue braccia mentre se ne stava chinato su quella superficie in metallo non troppo pulita.

I suoi pantaloni e il suo intimo erano stati abbassati solo fino alle caviglie e il suo cappello era gettato a terra da qualche parte insieme al suo giubbotto, se Chuuya non fosse stato preso dal piacere così tanto se ne sarebbe sicuramente lamentato.

Non era l’unico che stava facendo dei rumori, anche Dazai alle sue spalle grugnì di piacere quando Chuuya lo strinse al suo interno.

E se al rosso avessero chiesto come diavolo c’era finito chinato su un bancone a farsi scopare con foga da Dazai, non avrebbe avuto una risposta. Non aveva idea di come erano arrivati a quel punto, quello che però sapeva era quanto fosse piacevole, aveva capito che era un buon modo per sfogarsi e che Dazai comunque era ancora lontano dal comprendere che si stava facendo un omega. Chuuya doveva solo non farlo sembrare strano e non togliersi il collare.

Un po’ troppo tardi si rese conto che, oltre quelle due cose, sarebbe stato opportuno far mettere all’altro anche il preservativo.

 

Chuuya aveva aspettato così tanto tempo per aprire quella bottiglia di Petrus che forse aveva alzato di troppo le sue aspettative. 

Era stato un regalo e gli era stato detto “usalo per un’occasione importante”. Questa occasione non era mai arrivata, ma Dazai che lasciava la mafia e, quasi in contemporanea, la scoperta di aspettare un figlio proprio dallo sgombro di merda poteva essere un buon modo per utilizzarla.

Aveva la nausea, ma non sapeva se era dovuta al vino, alla situazione o alla creatura che stava iniziando a formarsi nella sua pancia. Probabilmente era solo l’unione di tutte quelle cose.

Beveva direttamente dalla bottiglia, chiuso nella sua stanza e stravaccato sulla sua poltrona in modo scomposto, un leggero odore di fumo che ancora persisteva nell’aria dopo essersi avvicinato troppo all’esplosione che aveva distrutto la sua macchina.

La stanza non era illuminata se non per il chiarore della luna che entrava dalla finestra. Il liquido all’interno della bottiglia sembrava nero, gli macchiava le mani e i vestiti come un mostro con i suoi tentacoli che cercava di catturarlo, di farlo cadere nell’oscurità.

Rise, per nulla divertito, mentre si rendeva conto che non avrebbe dovuto bere, non con un bambino che portava in grembo. Ma alla fine non era davvero importante, perché non aveva alcuna intenzione di tenerlo.

-Tanto saremmo stati dei genitori pessimi- borbottò a nessuno di particolare prima di prendere un nuovo grande sorso che gli gocciolò sul mento.

-É stato un errore. Ma un errore non è qualcosa che posso permettermi.

La bottiglia gli scivolò a terra e si ruppe, il poco vino che era rimasto al suo interno macchiò il pavimento già scuro. Chuuya chiuse gli occhi e inclinò la testa contro uno dei braccioli.

-Forse in un’altra vita sarai più fortunato.

 

-

 

Chuuya aveva tenuto segreto il suo essere omega e il suo bambino a tutti per ben quattro anni, poi aveva perso la calma con Dazai solo mezzo secondo e gli aveva spiattellato ogni cosa. Ma perché gli faceva quell’effetto? Voleva picchiarsi ma, soprattutto, voleva picchiarlo.

A sua discolpa però non aveva pensato alle conseguenze. O meglio, non aveva pensato che ci potessero essere perché gli veniva impossibile immaginare che Dazai volesse prendersi un qualsiasi tipo di responsabilità sul bambino o, semplicemente, ammettere che sì, fosse anche suo. Ma, come sempre, l’alpha era riuscito a sorprenderlo.

C’erano stati fin troppi sguardi confusi e sconvolti da parte dei membri della Port Mafia che videro Dazai seguire tranquillamente Chuuya nella sua casa, ma nessuno ebbe il coraggio di fare domande. Anche Arthur l’aveva guardato con un cipiglio infastidito per tutto il tempo, ma non si era mai opposto a quello che la sua mamma diceva di fare, quindi non aveva protestato alla scoperta che quell’uomo stava per distruggere la loro quotidianità.

Essendo che nel suo appartamento nessuno metteva piede (se non Mori o Kouyou in casi di estrema urgenza), l’odore da omega di Chuuya divenne palese e persistente fin dal primo passo che Dazai fece all’interno della casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Tuttavia, quello che Dazai sentiva era un odore molto flebile, l’odore di chi cercava il meno possibile di impregnare il luogo o gli oggetti nonostante fosse il suo nido sicuro. Era un odore talmente flebile che fece venire a Dazai l’istinto di strappargli quel collarino che portava al collo per poter sentire a pieni polmoni quale fosse il suo vero profumo.

Nel mentre che l’alpha viveva tutte queste cose, Chuuya lo stava completamente ignorando dedicandosi solo al suo bambino. 

-Hai mangiato?- gli stava chiedendo mentre lo aiutava a togliersi le scarpe.

Arthur annuì.

-Hai ancora fame?

-No, sto bene. Tu invece perdi sangue- Arthur lo scrutò con il cipiglio giudicante di un adulto.

Chuuya sorrise e gli baciò la fronte -Va tutto bene, ha smesso di sanguinare, dopo vado a medicarlo.

-Ma…

-Arthur, non si discute.

Arthur chiuse immediatamente la bocca e di sottecchi lanciò un’occhiataccia all’alpha, ricordandosi della sua presenza e del fatto che non avesse idea di cose potesse dire o meno.

-Perché si chiama Arthur?- Dazai era entrato del tutto all’interno dell’appartamento e si era andato a sedere su una poltrona come se fosse casa propria, sistemandosi totalmente a suo agio e porgendo quella domanda con un tono di voce tranquillo e cantilenante.

Chuuya lo ignorò, Arthur rispose -E tu perché ti chiami stupido?

-Mi ferisci tesoro, non mi chiamo mica così, la tua mamma non ti ha insegnato le buone maniere per quando parli con gli estranei?

Arthur non si scompose e continuò a rispondere a tono mettendo le mani sui fianchi -Non uso le buone maniere con quelli che non piacciono alla mamma.

-Oh fidati, alla tua mamma piaccio molto quando…

Chuuya interruppe qualsiasi cosa l’alpha stesse dicendo, parlandogli sopra e rispondendo alla prima domanda -Arthur Rimbaud mi ha salvato la vita, quindi gli ho dato il suo nome.

-Ha anche provato a ucciderci- fece presente Dazai.

-Tutti quelli che abbiamo incontrato hanno sempre provato a ucciderci.

-Touché.

Chuuya tornò a rivolgersi al suo bambino -Visto che hai già mangiato, adesso ti aiuto a lavarti e sistemarti e poi te ne vai in camera a dormire.

-Ma è presto!- si lamentò subito il bambino.

-Se non vuoi dormire puoi vedere quello che vuoi dal tablet- cercò di contrattare Chuuya mentre entrambi raggiungevano il bagno e iniziava a spogliarlo per aiutarlo a lavarsi e fargli indossare dei vestiti comodi per la notte.

-Mhmm- Arthur continuava ad avere quel cipiglio infastidito e non si trattenne dal lanciare un’altra occhiataccia all’alpha, il quale li aveva seguiti fintamente annoiato e si era appoggiato allo stipite della porta, curiosando tutto intorno.

-Lui deve restare qui?- c’era fin troppo disprezzo nella sua voce per essere solo un bambino.

-No, dobbiamo solo parlare, poi non si farà più vedere.

-Davvero?

In realtà Chuuya non poteva rispondere a quella domanda, perché con Dazai era sempre tutto così imprevedibile che non poteva passare per bugiardo con il suo bambino.

Non ricevendo risposta, Arthur si rivolse direttamente a Dazai -Sei davvero il mio papà?

-Così sembra.

-Quindi vuoi bene alla mamma.

E la sua non era una domanda, ma un’affermazione.

-Arthur, non è così che funziona- Chuuya ringhiò piano, infilandogli i pantaloni con un po’ troppa foga e cercando di nascondere con i capelli il rossore che stava iniziando a colorare il suo collo.

-Sì invece, me lo ha spiegato lo zio Mori.

Lo sguardo azzurro di Chuuya si assottigliò, il suo tono si fece molto più basso e minaccioso mentre chiedeva -Cosa ti avrebbe spiegato lo zio Mori?

-Mi ha detto che per fare un bambino ci devono essere una mamma e un papà che si vogliono tanto bene e che dormono insieme nello stesso letto. Poi mi ha detto che io non ho più un papà perché se n’è andato visto che non gli era più piaciuto il tuo letto. Quindi ora che è tornato è perché ne hai comprato uno nuovo?

Chuuya sentiva Dazai alle sue spalle mentre non faceva nulla per cercare di trattenere la sua risata. Aveva solo voglia di picchiarlo ma, per una volta, aveva più voglia di picchiare Mori in quel momento.

Decise che ne aveva abbastanza di quelle conversazioni. Il problema è che non aveva ancora iniziato quella più difficile e che al solo pensiero gli faceva venire il mal di testa. Finì di sistemare il suo bambino e affermò -Niente letto nuovo, parliamo e se ne va. Tu vai nella tua stanza.

-Va bene- cedette alla fine abbracciandolo e dandogli il bacio della buonanotte, poi si chiuse in camera come promesso, senza prima non lanciare un’ultima occhiataccia infastidita all’alpha.

Rimasti soli, Chuuya recuperò la cassetta del pronto soccorso e si strappò di dosso la camicia, restando solo con pantaloni e collarino. Poi si diresse in cucina pronto a medicarsi da solo.

-Perché non ho mai saputo della sua esistenza?- fu quella la prima domanda che Dazai gli porse seguendolo disinteressato.

Chuuya fece uno sbuffo mentre cercava di capire la portata della sua ferita -Perché non ti è mai interessata la tua vita, figurati quella di qualcun’altro.

Il taglio che aveva tra la spalla e il braccio era più profondo di quello che aveva immaginato, si era cicatrizzata in tutto quel tempo insieme alla camicia, ma nel momento in cui l’aveva strappata via il sangue aveva ripreso a scorrere sul suo braccio.

Nel mentre iniziò a lavarsi e a medicarsi, decise di raccontare velocemente tutto quello che l’atro voleva sapere, così magari se ne andava in fretta e lui poteva concludere quella giornata di merda.

-Ho scoperto di essere in attesa il giorno che hai abbandonato la Port Mafia. Ironico, vero? Non avevo alcuna intenzione di tenerlo, volevo ucciderlo ed eliminare l’errore prima che potessi davvero rendermi conto di quello che avevamo fatto.

-Mhmm- Dazai non sembrava troppo colpito della cosa e rispose mentre apriva le ante della cucina e cercava qualcosa da bere -Cosa ti ha fatto cambiare idea?

-Mori. Tutt’ora lui e Kouyou sono gli unici che sanno che sono un omega e che Arthur è mio figlio. O meglio, penso che tutti ormai l’abbiano capito ma hanno troppa paura per chiedere e, come te, pensano semplicemente che io sia il padre. La smetti di toccare tutte le mie bottiglie di vino?

Dazai fece una smorfia -Non è colpa mia se bevi ancora quell’alcool scadente- sembrò soddisfatto solo quando trovò sul fondo della dispensa una bottiglia di scotch che era piena poco meno della metà, la prese e se ne versò un bicchiere -Come ti ha convinto Mori?

Chuuya fece una smorfia infastidita sia per il dolore di passare il disinfettante sulla ferita, sia per le azioni dell’altro che si stava servendo delle sue cose senza chiedere. Poi rispose -Visto che è un dottore, ero andato da lui per chiedergli di farmi abortire. Mi ha detto che l’avrebbe fatto senza problemi se era quello che volevo, ma mi ha fatto anche notare qualcosa che ha attirato la mia attenzione. Ovvero che, essendo anche figlio tuo…

-Avrebbe potuto ereditare il mio potere per salvarti dalla corruzione- concluse Dazai per lui, girandosi finalmente a fissarlo con il bicchiere in mano, prendendone un sorso.

-Esatto. Non ero molto convinto perché non volevo fare il genitore, ma Mori mi ha promesso che non me ne sarei dovuto occupare se non avessi voluto, che avrebbe pensato a tutto la Port Mafia e che dovevo solo fare lo sforzo in quei nove mesi. Quindi ho accettato fingendo di partire per una missione all’estero…

-Mori voleva solo qualcuno che sostituisse il mio potere dopo che me ne sono andato, non l’ha fatto per te.

Le parole di Dazai erano state dure e crude, Chuuya rispose allo stesso modo.

-E allora? Nessuno fa nulla se non per un tornaconto personale, io stesso ho fatto nascere quel bambino solo per la mia sopravvivenza. Hai intenzione di versare un bicchiere anche per me?

Dazai gli si avvicinò arrivando a solo un passo di distanza, gli porse il proprio bicchiere e con le mani libere gli prese la benda dalle mani che il rosso stava faticando a mettersi da solo e iniziò a fasciarlo in un gesto automatico che faceva ogni giorno su se stesso.

Chuuya lo lasciò fare fissandolo guardingo e prendendo un sorso di alchool.

-E hai vinto la scommessa contro il destino? Ha ereditato il mio potere?

-Sì. Ed è pure migliore, perché riesce a usarlo a distanza entro un certo raggio d’azione.

Gli occhi di Dazai si illuminarono di curiosità mentre chiudeva la fascia al braccio con un nodo forse troppo stretto, aveva lo sguardo folle di chi stava pensando di chiudere il bambino in un laboratorio per capire come funzionasse.

Chuuya sbattè il bicchiere di vetro sul bancone alle sue spalle e gli ringhiò contro come solo un omega ferito e al quale stavano minacciando di togliere la famiglia poteva fare -Prova a toccarlo e ti faccio a pezzi.

Dazai rise, non allontanandosi neanche di un millimetro dalla posizione che avevano in quel momento -Pensavo di aver capito che non ti interessasse di lui, che ti serviva solo per il suo potere.

-Questo prima di farlo nascere.

-E adesso?

-Adesso brucerei il mondo pur di salvarlo.

Dazai sorrise di più, poi spostò lo sguardo sulla benda candida e pulita al braccio del rosso e chiese -Chi ha minacciato di fargli del male?

Chuuya si irrigidì, poi sibilò piano -Gli Angeli. Dovresti conoscerli bene, visto che vogliono lui perché non sono riusciti ad arrivare a te.

-Non sei riuscito a farli fuori? Mi deludi, Chuuya- e usava sempre quel tono cantilenante che portava l’omega a volerlo strozzare e fargli sempre più male.

Il rosso ringhiò ancora -Non sono riuscito a ucciderli perché si nascondono come topi. Codardi del cazzo.

-Oh beh, immagino che tu abbia bisogno del mio aiuto. Potrei farlo se me lo chiedi strisciando.

Chuuya si bloccò, tutta la sua rabbia passò in secondo piano e si perse solo qualche secondo a scrutare l’altro e a percepire quello che era diventato il suo odore, poi rise divertito -Strisciando? Io? Pochi secondi e sarai tu a strisciare ai miei piedi.

Dazai alzò un sopracciglio -Hai dimenticato che sei tu il mio cane?

-Ironica come frase se detta da qualcuno che sta sbavando al mio odore.

E fu solo in quel momento che Dazai ebbe la consapevolezza di fin troppe cose. Si rese conto che, involontariamente, si stava facendo sempre più vicino all’altro, si rese conto che il proprio odore era cambiato e si era fatto più profondo, si rese conto che stava respirando a pieni polmoni e che le sue iridi erano dilatate e si rese conto, infine, che avrebbe dovuto faticare per tirarsi indietro.

Ebbe fastidio nel constatare che Chuuya si era già accorto di tutte quelle cose e che le stava usando a suo favore, Osamu non si poteva permettere di dargli tutte quelle libertà e, come al solito, si limitò a prenderlo in giro.

-Sei proprio disperato se stai cercando in tutti i modi di spingermi a scoparti.

Il rosso non batté ciglio rispondendo a tono -Sei tu che vuoi scoparmi, io ti sto solo dando il permesso.

Era più consenso di quanto entrambi avessero mai espresso durante le loro scappatelle, quattro anni prima. Fu quindi naturale per Chuuya trovarsi spinto seduto sopra il bancone alle sue spalle, mentre stringeva le gambe intorno al busto dell’altro e si aggrappava alla sua camicia quasi come se volesse strapparla. Anche Dazai non era messo meglio, con il braccio destro che gli stringeva i fianchi e con la mano sinistra che gli stava scompigliando fin troppo i capelli.

Si stavano baciando ed era del tutto nuovo. Non avevano mai sentito il bisogno di farlo prima, quando scopavano nei punti meno indicati della città e nei momenti peggiori, non avevano mai avuto tempo per fare una cosa così inutile. Adesso invece sembrava qualcosa di essenziale, qualcosa che non potevano fare a meno di fare.

Labbra calde che si rincorrevano, lingue che esploravano, saliva che gocciolava sul mento e denti che mordevano. Tutto faceva parte di quella lotta in cui nessuno dei due aveva intenzione di lasciar vincere l’altro.

La stanza si stava surriscaldando, i loro corpi si facevano sempre più vicini e a Dazai mancava solo una cosa di vitale importanza.

-Toglilo- ringhiò stringendogli leggermente il collo e riferendosi all’evidente collare che stava ancora nascondendo il suo odore.

Chuuya sorrise soddisfatto, lo accontentò ma non senza prenderlo in giro -Sbaglio o dicevi che non avevi alcun interesse a scopare con un omega? 

-Ti stai definendo un omega bisognoso, appiccicoso e puzzolente?

Chuuya ringhiò -Non insultarmi.

Dazai rise vittorioso, ma durò poco. Perché fu uno shock per lui sentire l’odore di Chuuya per la prima volta: l’odore dolce e pungente del melograno. Fu la prima volta in cui l’odore di un omega eccitato gli stava facendo cose strane al cervello, portandolo a non pensare nulla.

L’unico istinto che aveva era quello di affondare faccia e denti in quell’odore e diventarne il proprietario.

Stava perdendo sempre di più la ragione e i gemiti di Chuuya, con il suo strusciarsi contro di lui senza neanche accorgersene, stavano solo peggiorando la situazione.

Fu solo l’istinto di protezione dell’omega e l’ultimo briciolo di sanità mentale di Dazai a farli staccare congelati quando sentirono l’urlo di terrore di Arthur.

Due secondi dopo Chuuya aveva aperto la porta della cameretta del bambino con così tanta foga che l’aveva scardinata. Quello che si trovavano davanti fu un Arthur che cercava di divincolarsi da Nikolaj Gogol, colui il quale stava cercando di tenerlo buono tra le sue braccia mentre imprecava -Dio! Quanto cazzo è fastidioso il tuo potere!

-LASCIALO SUBITO!- Chuuya urlò lanciandogli contro la porta che gli era rimasta tra le mani.

Gogol riuscì a schivarla ma questo permise ad Arthur di morderlo e liberarsi.

Poi successe tutto insieme e nell’arco di tre secondi scarsi: Arthur corse da Chuuya che rimase in posizione di attacco e si limitò a urlare al bambino “ALBATROSS”. Dazai si spinse in avanti pronto a toccare il loro nemico per impedirgli di tornare a usare il suo potere, ma questo si era già liberato dal potere del bambino che si era distratto e aveva smesso di utilizzarlo. Di conseguenza, Gogol ebbe modo di sparire dentro il suo mantello, per poi riapparire dietro i due rossi, colpirli, tramortire il bambino e portarselo via.

Qualche istante dopo, la casa esplose per la forza del potere della corruzione di Chuuya.

  
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