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Autore: Bloodred Ridin Hood    09/03/2024    2 recensioni
I ricordi dei giorni più bui, prima di una nuova alba.
[Ambientazione Tekken 2]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Anna Williams, Kazuya Mishima, Lee Chaolan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Entra nella sua camera da letto e chiude la porta con impeto. Espira, si sfila la giacca. Si leva la cravatta.
Si passa una mano sui capelli argentei.
Chiude gli occhi, stira i muscoli del collo. Ascolta il suo battito accelerato.
L’adrenalina è ancora a mille dentro le sue vene e lo sarà ancora per un po’, ma si concentra per cercare la calma.
Si muove, raggiunge il mobile davanti alla finestra.
Mette in azione il giradischi, un brano internazionale degli anni ‘70 inizia ad avvolgere la stanza, come per forzare una finta atmosfera di normalità. Come piace fare a lui.
Si dirige in bagno, accende la luce.
Posa le mani sul lavandino, chino in avanti.
Lee guarda il suo riflesso nello specchio incorniciato d’oro.
Nota il labbro rotto, ancora pulsante, le gocce di sangue sulla camicia bianca, le pupille dilatate.
“Tsk.”
Prende un fazzoletto con uno sbuffo infastidito.
Quell’idiota era riuscito a tirargli un pugno, giusto un attimo prima che Lee lo stendesse con un calcio. Ma quell'incosciente avrà giusto il tempo di recitare le sue preghiere stasera in una cella della Tekken Force, reo del crimine imperdonabile di aver venduto delle informazioni sulle prossime azioni della Mishima Zaibatsu alle autorità giapponesi.
Come ha osato recare danno al suo viso perfetto e armonioso?
Lee si medica il labbro, poi guarda ancora il suo riflesso, soddisfatto della sua immagine perfetta.
Cerca di ignorare il fatto che vede anche il riflesso di un uomo che ha perso completamente la sua morale. Un uomo più preoccupato di mantenere impeccabile il suo aspetto esteriore, perché sa bene quanto marcio c’è al suo interno.
Forse era questo il suo destino, fin da quel maledetto giorno della sua infanzia in cui è stato accolto nella famiglia Mishima.
O forse, diciamoci la verità, è solo colpa sua. Quel lavoro paga bene. Certo, lui finirà all’inferno, se ne esiste uno, ma almeno avrà il piacere di vivere nel lusso finché questa vita dura.
Si autoconvince ogni giorno che in fondo può andare bene, per questo periodo nella sua vita.
Non è neanche male lavorare per Kazuya la maggior parte delle volte. Si potrebbe dire che un grosso aspetto del suo lavoro consiste nel semplicemente convincere le persone a fare la cosa giusta. E lui convincere lo sa fare bene. È carismatico, ha la giusta parlantina, piace alle persone.
Il problema è che a volte le parole non bastano per convincere gli altri a fare la cosa giusta, e finisce che queste non seguono i suoi consigli. E poi così finisce che ci si fa male.
E quando questo succede, non è mai piacevole per nessuno.
Le urla del disertore risuonano ancora vivide nelle sue orecchie.
Si lava il viso, è piacevole la carezza dell’acqua fresca sulla sua pelle. Apre un cassetto del mobile di legno massiccio ed estrae un flacone di pastiglie bianche e il suo prezioso contorno occhi.
Si asciuga il viso, poi applica la crema delicatamente con la punta del polpastrello, con piccoli movimenti circolari per far assorbire meglio il prodotto. Un’altra giornata di lavoro si è conclusa.
È ora di prendere le sue medicine per la buonanotte e dimenticarsi del mondo per un paio di ore, almeno fino a domani.

 

“L’abbiamo intercettato all’aeroporto, mentre si preparava a lasciare il paese.” dà il resoconto Lee a Kazuya nel suo ufficio la mattina dopo “Non è più un problema.”
“Perfetto.” risponde piano Kazuya, mentre controlla le notizie sul giornale alla sua scrivania.
Lee guarda la città attraverso i vetri delle finestre a parete.
È rientrato da meno di una settimana a Tokyo, dopo un mese di trasferta negli Stati Uniti per pulire qualche affare da quelle parti. Nulla di troppo scomodo, in realtà, tanto che era stata proprio la missione del giorno prima, così presto al suo ritorno, a ritrascinarlo nel turbine della sua ruotine abituale.
Infila le mani in tasca e si volta da Kazuya, deciso a voler affrontare finalmente l’argomento che non lascia i suoi pensieri dal giorno prima.
“Cooomunque…” riprende con la sua solita maschera di nonchalance “non mi hai ancora detto per quale motivo segretissimo lo abbiamo arrestato.” dice “Cosa è che il nostro uomo stava per rendere pubblico riguardo alla Zaibatsu?”
Kazuya sogghigna e solleva appena lo sguardo dal giornale.
“L’informazione riguardo alla nostra prossima operazione.”
Lee non ha idea a che accidenti stia alludendo.
Kazuya lascia il giornale, si spinge dietro contro lo schienale e incrocia le braccia.
“Aspettavo giusto l'occasione per aggiornarti.” aggiunge poi il fratello maggiore “L’invasione dell’Hokkaido.”
“L’in… invasione dell’Hokkaido.” ripete Lee, come a voler cercare una conferma di aver sentito bene.
Gli sfugge una risata.
Spera di vedere un ghigno divertito anche in Kazuya, che stava solo facendo una brutta battuta e lui scemotto ci era cascato, ma questo non arriva.
Lo sguardo di Kazuya resta impassibile.
Lee si ricompone, torna serio. Si massaggia la fronte con una mano.
“Quando contavi di dirmelo?”
Kazuya aspetta qualche secondo.
“Sei appena tornato dall’America.” risponde serio “Lee, questa non è di certo un piano che può essere comunicato per telefono.”
La cosa più assurda è come stesse pure cercando di dare una giusta spiegazione. Come se ce ne potesse mai essere una.
“E poi so bene quale sarebbe stata la tua opinione a riguardo.” riprende sempre Kazuya con una certa di sufficienza nella voce.
Torna a focalizzarsi sul giornale.
“Avresti certamente votato contro.” aggiugne.
Lee lo guarda immobile, le labbra serrate.
“Mi conosci.” conferma “Non avrei mai votato a favore di una tale follia.”
Kazuya non risponde.
“Perché esattamente ci interessa l’Hokkaido?” chiede allora Lee poco dopo.
“È il posto che ho scelto per ripartire con la nostra nazione indipendente e nuova potenza militare.” risponde Kazuya come se fosse roba da poco conto.
Lee alza le sopracciglia, si muove nervosamente sul posto.
“La nazione indipendente.” ripete Lee a voce alta “Certo, ricordo quella tua vecchia ambizione.”
Il modo più drastico per potersi sottrarre alle leggi è quello di dettare le proprie. Conquistandosi il proprio spazio con la violenza.
Lee suda freddo, consapevole adesso di aver condannato un uomo a quella sorte perché aveva cercato di fermare la conquista di Kazuya dell’Hokkaido.
Lee sospira.
“Capisco.” dice con finta indifferenza.
Ha bisogno delle sue sigarette al mentolo appena lascerà quella stanza.
Urgentemente.

 

L’ascensore arriva al trentesimo piano e apre le porte.
Escono quasi tutti a parte Lee e una donna bruna con i tacchi alti.
Lee si concentra su di lei.
Conosce tutte le persone autorizzate a salire oltre quel piano, ma quella donna, che ha comunque già notato altre volte da quando è tornato, non ha ancora avuto modo di capire chi sia.
“Sei una delle nuove guardie del corpo di Kazuya?” rompe il ghiaccio.
È l’ipotesi più probabile. Ha sentito Kazuya accennare all’allargamento del team di sicurezza. È una necessità visto che le cose ultimamente si fanno parecchio delicate.
La donna lo degna di una brevissima occhiata annoiata e non risponde.
Lee alza un sopracciglio e sorride.
È un po’ divertito da quella reazione. Non sono in molti ad avere il coraggio di trattare lui con indisponenza. Ma d’altronde, non si aspetta di meno da qualcuno che è stato scelto appositamente da Kazuya per stargli intorno.
“Ok, devi essere per forza una delle sue nuove guardie del corpo.” arriva alla conclusione Lee a bassa voce.
La donna lo guarda per un momento, senza aprire bocca.
Lee si porta una mano sul mento, pensieroso.
Il fatto è che è sicuro di averla già vista. Direbbe da qualche parte fuori da questi uffici, tempo fa.
“Ci conosciamo?” insiste.
La donna a questo punto lo guarda con aria tagliente, gli occhi azzurri sono gelidi sui suoi.
Sembra quasi offesa.
Lee è incuriosito davanti a quella reazione improvvisa. Un po’ anche intrigato.
“Che ti prende?” chiede col suo solito modo di fare “Sono solo curioso. Ci siamo già incontrati da qualche parte?”
“Non credo.” risponde lei finalmente.
Ha una bella voce, nota Lee. Decisa, cattiva, ma ha anche una certa nota avvolgente.
E sì, pure quella voce non gli è nuova.
“Ci siamo visti al biliardo?” Lee fa un tentativo.
La donna torna a guardare la porta dell’ascensore.
“... può darsi.” risponde secca “Il tuo diretto fa pena.”
Questa l’ha decisamente già sentita.
“Hey, un momento!” esclama Lee avendo di colpo la rivelazione “Ma certo! Eri al torneo. Tu sei la sorella di Nina Williams?”
Si erano sfidati tutti e tre dopo qualche birra, una serata dopo la fine del torneo di arti marziali sponsorizzato dalla Zaibatsu un anno prima.
A questo punto la donna lo guarda furiosa e si scaglia contro di lui, bloccandolo contro la parete dell’ascensore e puntandogli un coltello contro la gola.
“Attento a come parli, fratellino sfigato di Kazuya.” sussurra minacciosa “Non osare più definirmi per mezzo di mia sorella o la prossima volta non mi limiterò ad una finta.”
Lee alza le mani in segno di resa, con un ghigno a metà tra spavento e divertimento.
Ricorda anche questo. Tra quelle due non scorre decisamente buon sangue.
“Wow. Sei stata chiarissima. Messaggio ricevuto.” dice Lee con un risolino nervoso “Potresti allora ricordarmi come posso chiamarti?”
La donna lo guarda in silenzio per qualche secondo, poi sgancia la presa.
“Anna.” risponde, rimettendo a posto il coltello nella sua guaina.
“Anna, giusto. Io sono Chaolan, nel caso non lo ricordassi. Ma tutti mi chiamano Lee.”
Anna lo guarda con sufficienza. Poi gli rivolge un sorrisetto altezzoso.
“Comunque se stavi cercando di fare conversazione perché avevi un doppio fine, caro fratellino di Kazuya, sappi che non esco con i perdenti.”
Lee sogghigna, massaggiandosi la gola.
“Vola basso, Williams. Ti ricordo che aveva vinto Nina quella sera e io e te avevamo fatto lo stesso punteggio, pure con il mio diretto che faceva pena.” dice con un ghigno cattivo “E poi… sono un tipo romantico io, non esco con le psicopatiche.”
La donna lo guarda furiosa.
“Modera il linguaggio, stronzetto. A chi hai dato della psicopatica?”
“Mi hai appena puntato un coltello alla gola o sbaglio?” alza le spalle Lee con fare sfrontato.
La porta dell’ascensore si apre.
“Ecco il mio piano.” Lee indica la porta con un cenno della testa “Mi aspettano per la riunione in sala guerra.” mostra un sorrisetto ironico prima di uscire “Si gioca a Risiko oggi!”

 

“Eccellente!” commenta Lee con un ghigno soddisfatto, dopo aver appena sputato del sangue sul pavimento metallico.
Il dottore si avvicina con passi lenti per vedere le sue condizioni.
“Tutto bene?” chiede guardandolo con occhi inquisitori da dietro le sue lenti spesse.
Lee si alza in piedi, cercando di non badare al dolore.
“Sono ancora intero.” risponde muovendo le articolazioni.
Una volta in piedi ammira il suo avversario di metallo.
“Il sinistro di questo bestione è decisamente migliorato dall’ultima volta.”
Lee bussa con le nocche sul petto di Prototype Jack, nome con il quale era stato battezzato quell’androide da combattimento.
Il dottor Bosconovitch gli porge un bicchiere e delle pastiglie.
“Per le ferite.” dice “Ti sentirai meglio.”
“Oh senz’altro!” sorride Lee accettando l’offerta all’istante.
Il dottor Bosconovitch è senza troppi dubbi uno degli scienziati più brillanti che questa terra abbia mai conosciuto. Incredibile come ingegnere, voluto a tutti i costi da Kazuya per lavorare al suo servizio, superlativo come chimico, assunto da Lee come pusher personale.
“Per quanto credi che potremo ultimare i test su questa bellezza?” chiede poi, mandando giù medicine e acqua in un colpo solo “Sai bene che ho sempre avuto un debole per i robot, mi chiedo quando riusciremo a vederlo ultimato.”
Il dottore abbassa lo sguardo inespressivo.
“Abbiamo una scadenza?” chiede lo scienziato con tono servile.
Lee si fa serio.
“Una settimana.”
Il dottore si volta e si dirige verso il suo tavolo da lavoro, coperto da un cumulo di fogli con formule, grafici e calcoli di ogni tipo.
“L’operazione Hokkaido è alle porte quindi.” commenta grave.
Lee decide di ignorare quel tono e indossa la sua solita maschera.
“Le voci sono arrivate fin quaggiù eh?” ironizza come se non si stesse parlando di andare in guerra “A quanto pare ero l’unico a non essere stato ancora avvertito.”
Bosconovitch si siede alla sua postazione e torna a guardare Lee con i suoi occhi pallidi.
Lee si sente a disagio. È chiaro che se c’è qualcuno a cui non può darla a bere, quello è proprio colui che rifornisce la sua farmacia personale.
“Non abbiamo ancora decretato niente.” dice allora Lee “Per il momento ci stiamo solo preparando all’eventualità.”
“E tu pensi davvero che Kazuya sarà disposto a ritrattare?”
Lee lo raggiunge e si appoggia allo spigolo del tavolo, incrociando le braccia sul petto.
Guarda a distanza le celle criogeniche, oggetto dello studio personale del dottore, sulla loro potenziale capacità di rigenerare i tessuti morti. Un progetto personale che il dottore sta portando avanti per sfogare il disperato desiderio di riportare in vita l’amata figlia Alisa.
È grazie a quel crudele ricatto che Kazuya lo tiene ancora in pugno, costretto a lavorare per lui, a patto di avere ancora un laboratorio dove poter ultimare quel disperato piano.
“A te non farebbe né caldo né freddo comunque, no?” lo affronta Lee evitando il suo sguardo “A patto che possa andare avanti con le tue ricerche.”
Perché per quanto nel suo profondo Bosconovitch possa deprecare la guerra e la violenza, un lavoro è un lavoro, e il lavoro non è altro che un sacrificio necessario per ottenere qualcosa.
Così come quando Kazuya chiede una macchina di distruzione lui esegue, così come quando Lee chiede una dose maggiore dei suoi farmaci, lui esegue.
“Può darsi.” risponde pacato il dottore “Ma che mi dici di te?”
Lee sospira e fa per incamminarsi verso l’uscita del laboratorio.
“Che ti devo dire, Bosconovitch?” chiede dopo qualche passo “Dici sempre anche tu che la speranza è l’ultima a morire.”

 

Forse si era davvero illuso che Kazuya potesse cambiare idea, che potesse capire quale a follia stesse andando incontro.
O forse semplicemente Lee è un ingenuo sognatore.
Il fratello minore di Kazuya si porta la sigaretta alle labbra con le dita tremanti, nel tetto del palazzo della Zaibatsu.
È ufficiale ormai. Tutto è pronto, piano militare con Prototype Jack compreso. Bosconovitch da buon professionista ha rispettato la consegna e la cosa semplicemente si farà.
Lee chiude gli occhi e cerca di rilassarsi, di godersi la carezza della brezza sul viso, ignorando il battito del cuore che gli pulsa fino alle orecchie.
Ma sì, invadiamo un’isola tanto perché ci piace la sua posizione strategica! Che ci sarà mai di male?!
È stupito da sé stesso per come riesca a mantenere i nervi saldi e persino la sua caratteristica ironia durante quelle folli riunioni che vanno avanti da settimane ormai. Quelle riunioni dove a questo punto Kazuya semplicemente espone il piano e nessuno osa più contraddirlo.
A questo punto non ha neanche più senso che esista un consiglio direttivo. A questo punto non ha più senso che esista un sistema di votazione.
In realtà qualcuno oggi ci ha pure provato ad esprimersi contro, dopo una terribile settimana di silenzi e di paura.
E quel qualcuno, uno dei più fidati consulenti della zaibatsu, fedele all’azienda da almeno trent’anni, si è trovato poco dopo proprio su quel tetto dove si trova ora Lee, con una mano di Kazuya stretta sul collo che minacciava di lasciarlo cadere.
Gli occhi del poveretto cercavano disperatamente l'aiuto di Lee, l'unico che ancora riesce di tanto in tanto a far ragionare il grande capo. Ogni tanto, appunto.
“Dai, Kazuya. Non fare cazzate.” aveva detto Lee a denti stretti, spingendosi gli occhiali da sole sul naso e guardando altrove “Direi che è abbastanza.”
E per fortuna quello era uno di quei giorni.
Kazuya si era convinto che come punizione poteva bastare.
L’uomo non avrebbe più osato sollevare critiche.
Ormai è ufficiale. La spedizione partirà a mezzanotte. Sarà un inferno.
Nulla sarà più come prima.
Espira una lunga boccata di fumo perdendosi a guardare le nuvole sopra Tokyo, quando viene distratto da dei passi a fianco a lui.
“Hey!” sorride solare salutando Anna, seppellendo da qualche parte, come sa fare così bene, la sua personale agonia.
Lei lo raggiunge, non dice nulla.
Non ha bisogno di chiedere, Lee le porge il pacchetto di sigarette.
Ha uno sguardo assente lei, fisso sui palazzi davanti a loro e su niente in particolare.
Lee si fa serio notando il suo umore.
“So hmm… che Kazuya ti ha assegnato il primo… bersaglio.” sussurra.
Lei non risponde.
Alla fine lei oltre a fare la sua guardia del corpo, ha finito per dover svolgere quelle piccole mansioni proprio come Lee, Bruce, e ogni tanto anche Ganryu. Perché il talento di qualcuno addestrato da niente poco di meno che Richard Williams in persona mica può andare sprecato.
Lee e Anna non hanno bisogno di parlare a voce alta in questo momento.
La prima volta che si erano incontrati, lui le aveva dato della psicopatica.
Niente di più sbagliato, come aveva imparato in brevissimo tempo.
Ed era per quello che alla fine probabilmente quei due avevano finito per trovare un’intesa così velocemente dentro a quegli uffici.
Avevano qualcosa di importante in comune. Non erano come il fratello o la sorella maggiore.

 

È quando Lee calpesta il suolo di Hokkaido dopo l’occupazione, davanti allo sguardo impietrito dei locali, con gli occhi colmi di terrore puntati su Kazuya, che avanza possente, che si domanda se suo fratello sia sempre stato così.
Non ne è sicuro.
Certo, Kazuya è sempre stato un tipo sui generis, su questo non ci piove. E il loro rapporto è stato problematico fin da quando ha memoria. Sangue, sputi e ossa rotte sono cicatrici ancora indelebili nei ricordi della loro infanzia trascorsa insieme.
Però, forse per distrazione, forse solo per ingenuità, Lee ha sempre ritenuto Kazuya il male minore tra lui ed Heihachi.
Ha sempre preso le parti del fratello, quando vedeva la crudeltà del trattamento di Heihachi nei suoi confronti, quando vedeva l’ingiustificata severità delle punizioni che subiva Kazuya fin da bambino.
Sapeva che persino l’aver adottato Lee in un certo senso serviva per punire Kazuya.
“Lui non è un ragazzo normale.” ripeteva spesso Heihachi.
Lee non aveva mai capito cosa intendesse dire con quelle parole.
Kazuya era così perché Heihachi gli aveva fatto vivere un inferno, aveva sempre pensato.
Allora perché ora che Heihachi era fuori dai giochi, ora che avrebbe finalmente dovuto placare la sua ostilità e vivere una vita normale, una vita che aveva provato a cercare quando aveva lasciato la casa paterna, che era ancora un ragazzino, perché si comportava così?
“È la sua natura.” ripensa a delle parole che aveva detto Heihachi in un momento preciso.
Un giorno indelebile nei suoi ricordi di tanti anni fa.
Lee era ancora un bambino e si era risvegliato in un letto di ospedale, dopo essere sopravvissuto all’incendio che aveva quasi distrutto la loro mansione.
“Non sarai mai al sicuro finché Kazuya sarà parte della tua vita. Ricordatelo.” aveva continuato Heihachi solenne senza neanche guardarlo.
E Lee ricordava il terrore che aveva provato in quel momento, un terrore tale da fargli avere incubi per anni.
Era sempre lo stesso sogno, di cui ormai ricordava solo un paio di occhi rossi e un bagliore accecante.

 

“È interessante che tu sia venuto a cercarmi fin qui, Lee Chaolan.” commenta Wang Jinrei in mandarino.
Lee, ancora sull’uscio del dojo di Wang, nota una giovane donna intenta ad eseguire un esercizio di equilibrio al centro della sala.
“Ho scelto un momento sbagliato? Torno più tardi?” chiede Lee.
Wang Jinrei sembra ignorare la domanda.
“Sai com’è, volevo parlarti di questioni abbastanza private.” riprova allora Lee un po’ a disagio.
Il vecchio sorride.
“Oh, ti stai preoccupando di mia nipote?” sorride passando al giapponese “Nessun problema, se parliamo così non ci capirà! Sai, è un po’ testarda ma ha del talento. Il problema è che è un po’ pigra negli esercizi.”
La ragazza si lamenta in cinese, volendo sapere che cosa ha appena detto il maestro su di lei.
“Si tratta di qualcosa che è successo quando eravamo bambini.” rivela allora Lee guardando distrattamente la ragazza, come se ancora non si fidasse che davvero non avrebbe capito la loro conversazione.
Wang torna serio.
“È singolare che tu voglia parlare della tua infanzia proprio in un momento storico come questo.”
Lee sospira e si passa una mano tra i capelli.
“Hai visto le notizie, eh Jinrei?” mormora con un risolino nervoso.
Domanda retorica. Ovvio che ha visto. Tutto il mondo ha assistito a quella follia.
“L’Hokkaido eh?” chiede il vecchio.
Lee nota la ragazza farsi seria e quasi spaventata. Interrompe l’esercizio, riconoscendo la parola per Hokkaido.
Lee deglutisce imbarazzato.
“Davvero Jinrei, possiamo parlare da soli da qualche parte?”
“So benissimo di che episodio vuoi parlare, Lee.”
L’uomo più giovane si gela.
“Abbiamo già avuto altre volte questa conversazione negli anni.” continua Wang Jinrei serio “Cosa ricordi di quella sera?”
“Jinrei, per favore.” insiste Lee a denti stretti facendo un cenno con la testa verso la ragazza.
Wang Jinrei batte con forza un piede a terra.
“Lee Chaolan!” tuona Wang, che non alza quasi mai la voce “Non posso parlare con te se ti vergogni tu stesso delle tue azioni, braccio destro di Kazuya!”
Lee deglutisce, la ragazza li guarda interdetta senza emettere un suono.
E allora si arrende.
“Jinpachi era sparito. Kazuya e Heihachi avevano litigato violentemente e…”
“E…? Cos’era successo poi?” lo incita Wang Jinrei.
“Kazuya accusava Heihachi di aver ucciso Jinpachi.” riprende Lee tremante “Heihachi quindi aveva punito Kazuya per questo e…”
“E…?”
“Cosa è successo, Jinrei?!” chiede Lee in preda all’agitazione “Anche tu eri lì, dimmi che cosa è successo.”
“Lo sai benissimo cosa è successo.” risponde il vecchio con tono grave “Ne abbiamo già parlato una volta. So che l’hai visto con i tuoi occhi, Lee. Kazuya si è trasformato.”
Un brivido gelido corre lungo la schiena di Lee, il cuore inizia a martellare dentro al petto.
“Lo sai, Lee.” continua Wang Jinrei “Me lo raccontasti proprio tu.”
“Ma… ma non ha senso.” mormora Lee disperato.
“Kazuya si è trasformato…” riprende il vecchio “Prima di incendiare la casa.”
“Non ha senso. Questo…” riprende Lee sudando freddo “... questo è quello che ha elaborato la mia mente infantile perché ero terrorizzato.”
Wang Jinrei esita qualche secondo in silenzio. Guardandolo severo.
“Perché dovrei mentirti, Lee?” domanda in tono triste.
Lee abbassa lo sguardo a terra.
“Perché, Lee… perché sei venuto qui fino in Cina per parlare con me?” chiede poi “Se non sei ancora pronto per accettare la realtà?”

 

Kazuya è appena tornato dal Brasile per una missione stavolta senza Lee stavolta. Lui aveva ancora una lista di attività da completare in patria. In Brasile Kazuya ha chiuso l’affare Gordo, a quanto pare. Un altro personaggio scomodo convinto a starsene al suo posto.
La questione Gordo era talmente delicata che se n’è voluto occupare Kazuya in persona stavolta.
Lee è nell’ufficio di Kazuya, ascolta delle nuove disposizioni.
Ultimamente va avanti a fatica. Ha difficoltà a concentrarsi, ha spesso la nausea, non dorme più. Ha dovuto aumentare pericolosamente le dosi delle sue sostanze per riuscire a prendere un po' di sonno per notte.
La consapevolezza di essere troppo debole per quel compito inizia a farsi pesante, soffocante su di lui. La consapevolezza crescente di non aver a che fare più semplicemente con suo fratello, ma con qualcosa più grande di lui.
“A che diavolo stai pensando, Lee?” chiede Kazuya con un soffio “Non hai ascoltato nulla nell’ultima mezz’ora, vero?”
“Credo di aver bisogno… di prendermi qualche giorno.” risponde Lee “Non credo di sentirmi bene.”
Lee suda freddo, le mani tremano fuori dal suo controllo.
Kazuya alza un sopracciglio.
“Che ti prende?” chiede con un ghigno “Hai una faccia di merda in effetti. Non metti più le tue cremine prima di andare a dormire?”
“Credi che possa fare a meno di me per qualche giorno?” chiede Lee massaggiandosi la fronte con una mano.
Kazuya lo guarda incerto, se Lee fosse impazzito oserebbe dire che sembra quasi preoccupato.
“Facciamo che torni a casa, ti metti in sesto e ci vediamo tra una settimana, ok?”
“Una settimana?” chiede Lee stupito, poi gli sfugge un abbozzo di sorriso timidamente ironico “Non hai paura di perdere il tuo braccio destro per tutto questo tempo?”
“Braccio destro… Non essere ridicolo, Lee.” controbatte subito Kazuya “Posso trovare qualcuno che faccia il tuo lavoro nel giro di mezz’ora se voglio. E che rompa meno le palle pure.”

 

Il giorno del suo rientro, si concede una pausa di metà mattina in sala relax, con Anna.
Ci sono solo loro in quel momento e si dividono l’ennesima sigaretta, nonostante i divieti di fumo all’interno. Nessuno può comunque osare dire niente ai diretti sottoposti del presidente, se non lui in persona, che tanto non frequenta mai gli spazi comuni.
“Kazuya è stato carino ad essersi preoccupato per la tua salute” Anna gli sfila la sigaretta dalle labbra e gli dà un buffetto sul mento “... fratellino.”
Lee la guarda di traverso senza commentare.
“Ora hai sempre un aspetto di merda, ma il colorito è vagamente migliore, dopo una settimana di pausa.”
Certo, quell’accorgimento ha sorpreso anche lui. Kazuya è una contraddizione vivente, in certi momenti sembra satana in persona, ma in altri sembra avere ancora uno strascico di quel ragazzo con cui ha avuto ogni tanto dei rari momenti di complicità crescendo insieme.
“Ho anche perso del peso, non l’hai notato?” sogghigna Lee.
Anna però resta seria, immersa nei suoi pensieri. Amareggiata soffia via una boccata di fumo.
“A mia sorella non sarebbe mai importato.”
Lee aggrotta le sopracciglia riprendendosi il turno per la sigaretta.
“Non è detto.” le fa notare “Mica Nina può essere peggio di Kazuya.”
Ma Anna è ferma nelle sue convinzioni.
“Tu non la conosci. Non le importa più di niente a parte sé stessa.”
Lee fa una smorfia.
Come dire a qualcuno che Kazuya ha un demone dentro senza dire che ha un demone dentro?
“Anna, tu…” farfuglia “Tu non conosci Kazuya come lo conosco io. Fidati.”
“E tu non conosci Nina come la conosco io!” sbotta lei rubandogli ancora la sigaretta.
“Ne riparliamo quando Nina invaderà la Scozia, ok?” ribatte Lee a denti stretti, poi fa un cenno con la testa “Arriva qualcuno, comunque. Chiudiamo il discorso, che non mi va di parlare di mio fratello davanti alla gente.”
Una ragazza sconosciuta fa capolino alla porta e si guarda intorno.
Ha degli occhi seri e profondi, uno sguardo determinato ma dolce.
Vestita di bianco, ha una presenza particolare, quasi angelica.
Lee non sa spiegare il perché, ma si ritrova a sorridere guardandola.
Anna lo nota. Eccome se lo nota.
Ridacchia.
“Perché hai quella faccia da idiota?” lo schernisce.
Anche a Lee viene da ridacchiare.
“Credo di essermi innamorato.” risponde sognante.
Anna sgrana gli occhi prima di alzarli al cielo.
“Mio dio, Lee! Ma le senti le cose da sfigato che dici?!” Anna scoppia a ridere.
“No davvero.” insiste Lee sognante “Intendo dire che quella ragazza è proprio il mio tipo.”
Anna sorride ancora.
“Davvero quello sarebbe il tuo tipo?” chiede ridacchiando “Caschi un po' male allora mio caro, a prima vista mi sembra ben diversa dal tipo che potrebbe adattarsi allo stile di vita sex, drugs and risiko! che segui tu ultimamente.”
Lee sospira continuando a tener d’occhio la ragazza con occhi teneri.
“Ha degli occhi così dolci.” commenta, ignorando completamente il commento dell'amica.
“Oi, ma hai sentito che ho detto?” Anna alza le spalle.
“Sembra disorientata.” osserva invece Lee “Forse ha bisogno di un’indicazione,”
L'amica scoppia a ridere.
“Cosa stai pensando? Vuoi provare ad affascinarla, playboy? Sei davvero così disposto a farti male?!” chiede poi schiacciando quel che resta della sigaretta contro un posacenere.
“Sta’ a vedere.” risponde Lee con un sorriso ammiccante “D'altronde non mi hai mai visto all'azione.”
Sogghigna e si allontana dall’amica.
Raggiunge la ragazza sconosciuta, che nel mentre ha preso posto in un divanetto vicino alla porta della sala relax.
“Salve, posso esserti d’aiuto in qualche modo? Stai cercando qualcuno?” chiede alla ragazza.
Lei risponde senza esitazione.
“Kazuya Mishima.”
A Lee muore il sorriso sulle labbra.
“Kazuya Mishima?” ripete Lee un po’ nervoso alzando la voce “Hai un appuntamento con Kazuya Mishima?”
Decisamente strano. Nessuno ha appuntamenti con Kazuya Mishima di questi tempi.
È improbabile che questa ragazza abbia il permesso di stare qui.
Lee è certo che anche Anna abbia sentito. Si scambiano un’occhiata veloce, seri.
“Sì. Lo devo incontrare con urgenza.” dice la ragazza sconosciuta.
Lee si schiarisce la gola.
“Si da il caso che io sia il fratello, nonché diretto sottoposto.” si presenta Lee con un sorriso smagliante “Il signor Mishima ora è molto impegnato, ma puoi lasciar detto a me e farò in modo di…”
“Oh…” la donna estrae fuori da una borsa un enorme fascicolo “Come diretto sottoposto allora potresti iniziare a occupartene anche tu.”
Ha un modo di parlare gentile, in armonia con il suo aspetto delicato, eppure c’è una severità quasi intimidatoria nel suo tono.
Le braccia di Lee cedono sotto il peso della moltitudine di fogli.
“E vergognati anche tu!” lo rimprovera con un tono che suona come un rimprovero e un consiglio al tempo stesso. Poi se ne va verso la porta.
“Ehm… posso dare un nome a Kazuya per fargli sapere chi l’ha cercato?” chiede Lee confuso.
“Kazama. Jun Kazama.” dice la donna prima di uscire.
“Ma come hai fatto ad entrare e ad arrivare fino a qui?” chiede Lee appoggiando il mattone di fogli su un tavolino e guardandolo disorientato.
Ma la donna è ormai andata via e non può rispondere.
“Ma chi è?” chiede Anna avvicinandosi poco dopo.
Lee legge il nome sul fascicolo e sospira. Capendo all’istante.
“Un’associazione animalista che ha qualcosa da ridire su come abbiamo mutato quei canguri… ci hanno mandato un bel po’ di lettere.”
Anna strabuzza gli occhi.
“Canguri… cosa?”
“Non sai di che parlo, vero novellina?” chiede Lee buttandosi su un divanetto.
“No.” sogghigna Anna “Ma lasciamo da parte i canguri.”
Si lancia sul divanetto, sedendosi a fianco a lui.
“Mi spiace, stallone.” gli sussurra in un orecchio “Come flirt dovrai ammettere che non è stato il massimo.”

 

Esce dall'ascensore al trentatreesimo piano di corsa.
Gli occhi degli impiegati nel corridoio sono puntati su di lui.
Scorge Bruce che va nella stessa direzione. Gli si avvicina.
“Bruce! Che succede?” chiede Lee serio, continuando a camminare.
“Non lo so, mi hanno chiamato ora. Pare qualcosa di serio.”
Si sente un altro frastuono dall'ufficio in fondo al corridoio.
Lee deglutisce.
Ferma Bruce mettendogli una mano sull’avambraccio.
“Ci penso io.” dice serio “Fa’ entrare me.”
Prende la maniglia e apre la porta dell'ufficio di Kazuya.
Richiude subito dietro di lui. Vede Kazuya, sulla scrivania, spaccata a metà. l'intero ufficio è ridotto a soqquadro.
“Kazuya…”
Il cuore gli batte come impazzito nel cuore. Si sente le gambe come se avessero la consistenza di gelatina.
“Che… che diavolo succede?”
E diavolo è proprio la parola giusta, quando Kazuya si gira e Lee vede che non è proprio lui, come già poteva intuire guardandolo di spalle, si sente mancare.
Deve tenersi con una mano sulla porta, mentre la stanza sembra girargli intorno.
La pelle viola di Kazuya è la stessa che tormenta i suoi incubi da quando era un bambino. Quegli incubi che ha disperatamente cercato di negare la veridicità.
“Kazuya…” dice Lee con un sibilo, implorando che ci sia ancora Kazuya dall’altra parte "C'è tutto il piano qua fuori. Vuoi… vuoi che ti vedano così?”
Lee si pente subito di aver usato quel tono patronale. Perché quello… quello non è proprio suo fratello. Quello è il Kazuya di cui è terrorizzato, nella sua forma meno razionale di tutte.
Col cuore ancora in gola, Lee è risollevato nel vedere che Kazuya abbandona quella forma.
Senza neanche voltarsi, torna al suo colorito naturale.
“Che è successo?” ripete allora Lee, provando a chiedere di nuovo.
Kazuya non si volta.
“È vivo.” dice semplicemente con tono grave.
Lee inspira a fondo. Non ha bisogno di chiedere di chi sta parlando.
Aveva sentito anche lui certi mormorii.
“È vivo?” chiede incerto “Ma Kaz, com'è possibile che sia vivo? Tu l'avevi…”
“È sopravvissuto.” taglia corto “In qualche modo.”
Segue un momento di pausa.
“Una nostra squadra stava indagando su alcuni strani movimenti nel Kansai. Mi hanno dato la notizia poco fa… hanno scoperto che c’è lui dietro. Si sta preparando all’attacco.”
Lee non vorrebbe più ascoltare.
Heihachi e Kazuya insieme di nuovo non sa se può essere qualcosa che può ancora reggere senza impazzire.
Vuole svegliarsi da questo incubo.
“Lee.” Kazuya si volta per guardarlo negli occhi “Dobbiamo inaugurare un altro torneo. È il modo più veloce per far uscire quel bastardo allo scoperto.”

 

Wang Jinrei è distratto dal rumore della porta del suo dojo che si apre con impeto.
Il vecchio apre un solo occhio, disturbando solo per un attimo il flusso dei movimenti della sua sequenza.
Lee taglia la stanza per arrivare di fronte a lui, ignorando stavolta la giovane allieva intenta a copiare il maestro nei suoi esercizi.
“Kazuya vuole fare un nuovo torneo.” riporta subito la notizia, saltando anche i convenevoli.
Wang Jinrei ancora ad occhi chiusi stira la colonna vertebrale, muovendo poi armonicamente le braccia e piegando le gambe per spostare il baricentro del corpo su un lato.
Non risponde.
“L’ho…” allora prova a riprendere Lee.
Rabbrdividisce e scuote la testa ancora incredulo.
“L'ho visto ancora, Jinrei.”
Il vecchio è colpito da quel suo stato, apre gli occhi e interrompe momentaneamente l’esercizio.
“Cosa hai visto?”
Un momento di esitazione.
“Il demone.” risponde Lee abbassando il tono di voce “L'ho visto di nuovo. Come quando eravamo bambini.”
È a questo punto che sul volto di Wang Jinrei compare una nota di compassione.
Lee sospira nervoso. Si passa una mano sui capelli.
“E in più…” riprende schiarendosi la voce “L'hanno visto anche altri in ufficio. E ora… ora iniziano a girare strane voci.”
“L’hanno visto?” chiede conferma Jinrei.
Lee annuisce.
“Ho fatto il possibile, ma sì. Purtroppo sono arrivato troppo tardi.” spiega.
“Heihachi…” sospira “Heihachi è vivo e lui l’ha scoperto. Per quello ha dato di matto.”
“Il torneo.” mormora Wang “per questo il nuovo torneo.”
“Sì.” ammette Lee.
“Deve essere fermato, Lee.” dice Wang guardandolo serio.
“Non… non so come fare, Jinrei.”
Wang abbassa lo sguardo, tristemente.
“Non avrei mai voluto che questa responsabilità si ripiegasse su di te, piccolo Chaolan.” dice con un sussurro gentile.
L’aveva chiamato come faceva quando era bambino e il vecchio Wang Jinrei lavorava come giardiniere dei Mishima. Al piccolo Chaolan piacevano tanto le rose e stava spesso a guardarlo lavorare.
“Ma sei probabilmente l’unica persona al mondo che ha un minimo di influenza su di lui a questo punto.” continua piano “Devi almeno provarci.”

 

È tarda sera. Lee è tornato in ufficio dopo una nuova missione sul campo, come a Kazuya piace definirle. Per Lee non sono altro che spedizioni punitive.
Aveva bisogno di scambiare delle chiacchiere con qualcuno prima di tornare a casa nelle braccia della solitudine e dei sensi di colpa.
Oggi si sente vuoto. Non ha voglia di fingere che tutto questo non abbia un prezzo.
“Pensi mai di fuggire?” chiede ad Anna con un soffio di voce, guardando in silenzio le luci della città, seduti sulla moquette.
Ha ancora i capelli bagnati dalla doccia fatta poco prima per lavare via sangue e peccati.
Anna lo guarda seria, ma non risponde.
“Sai, stavo studiando per diventare ingegnere un tempo, prima di venire a lavorare per la Zaibatsu. Studiavo ingegneria robotica in America.”
Anna sogghigna.
“Lo sapevo che eri un secchione, Lee Chaolan.”
Lui si volta da lei e sorride di quella piccola presa in giro. Abbastanza per fargli sentire qualcosa, anche se scherno.
“Sicura che i secchioni siano per forza degli sfigati?” chiede poi sogghignando “D’altronde abbiamo la furbizia dalla nostra parte.”
Anna lo guarda seria, poi si sposta sulle ginocchia, davanti a lui.
“Sicurissima.” dice.
Gli tira la cravatta, per avvicinarlo a sé.
“Ma vediamo se oggi riuscirai a farmi cambiare idea.”
Il tocco con le sue labbra è dolce in un primo momento, come se dietro quella spinta audace e sicura di Anna, ci fosse una vera ricerca di contatto e affetto.
Continuano a cercarsi con la bocca, la lingua, poi le mani.
Si alzano in piedi. Si strappano di dosso i vestiti.
Soffocano quella condivisa sofferenza barattandola con il mero, autentico piacere. Sulla scrivania, contro il muro, sulla poltrona girevole.
Intensamente, affannosamente, disperatamente.
“Ricorda che non sei nient'altro che un passatempo, Chaolan. Non montarti la testa.”

 

Kazuya ha conquistato un'altra città in Hokkaido. Versa del sake nel bicchierino di Lee e lo spinge verso di lui, seduto dall’altro lato della scrivania.
Lee guarda in silenzio il liquido traballante dentro al bicchiere, mentre Kazuya si serve a sua volta.
Lee si vergognerebbe ad ammettere che non gli capita di rado di bere anche durante l’orario di lavoro, negli ultimi tempi. E sta diventando via via un’abitudine più frequente.
Per Kazuya invece è una rara occasione. Vuole festeggiare.
E ha voluto condividere il successo invitando suo fratello.
“A cosa è che punti?” chiede Lee secco, continuando a osservare il sake.
Kazuya solleva appena lo sguardo, ma non risponde. Si porta alle labbra il bicchiere e gusta la bevanda.
Lee tiene gli occhi fissi su di lui.
“Devi pur avere un piano in mente.” continua “Uno scopo per tutto questo.”
“Non è quello a cui ambiscono tutti?” risponde Kazuya con un ghigno “Tutti noi vogliamo definire il nostro posto nel mondo, no?”
Lee stringe le labbra e prende il bicchiere.
“Il tuo posto nel mondo? Si tratta davvero di questo?”
“Tutti noi abbiamo delle potenzialità, Lee.” spiega sempre Kazuya “Si tratta di capire se si ha il coraggio di metterle in atto.”
Lee prende il bicchiere. Beve con un gesto secco.
Lo riappoggia brusco sul tavolo.
Guarda Kazuya.
“Stronzate. Io so che tu non eri così, Kaz.”
Lee gli strappa la bottiglia e si versa un altro bicchiere.
Kazuya sorride malvagiamente.
"Chissà. O forse non mi hai mai conosciuto veramente.”
Lee gli lancia solo un’occhiata fulminea.
Kazuya emette un’inquietante, debole risata.
“So che odi tutto questo, Lee.” sussurra poi “E potresti andartene quando vuoi. Mi chiedo perché tu ancora non l'abbia fatto.”
Lee beve il secondo bicchiere.
“Forse mi illudo che se resisto al tuo fianco prima o poi possa ancora riuscire a convincerti a fermarti.” ammette poi in totale, lucida onestà.
Kazuya sogghigna.
“Cercare di fermarmi?” lo schernisce Kazuya crudele.
Scuote la testa.
“Prendi parte a una causa in cui non credi, ti torturi seguendo i miei ordini giorno dopo giorno… e tutto questo per una vana, impossibile speranza come questa?”
“Ti sembra così assurdo?” chiede Lee a denti stretti.
“Più che un’assurdità, Lee, mi sembra una scusa. Mi sembrano i deliri di un tossico.” lo guarda serissimo “Il quale ormai sei.”
Lee sogghigna.
“Non sei mai convincente nella parte del fratello protettivo, Kaz.” dice Lee con la mano salda sulla bottiglia “Ma devo ammettere che mi sorprende che tu te ne sia anche accorto.”
“Sei pur sempre mio fratello.” risponde Kazuya semplicemente “Puoi ingannare gli altri, ma non me. Ti conosco meglio di chiunque altro.”
Lee increspa la fronte.
“Ed è così che affronti tuo fratello tossico, Kazuya?” chiede versando ancora un bicchiere di sakè “Invitandolo a bere durante il giorno?”
“La tua salute non è una mia responsabilità.” risponde l’altro incrociando le braccia al petto “Ma la tua prestazione? Sarai in grado di stare lucido nelle tue valutazioni?”
“Dove cazzo vuoi arrivare con questo discorso, Kazuya?” Lee comincia ad innervosirsi.
“Non desidero la tua morte, ma quello che fai della tua vita non mi riguarda e non ne entro nel merito.” comincia Kazuya “Tuttavia, devo essere certo di una cosa.”
Gli occhi di Kazuya si illuminano di rosso.
“Che non ti schiererai dalla parte di Heihachi.” sibila minaccioso “Perché in quel caso, Lee, sappilo. Non esiterò ad ucciderti nel più atroce, doloroso dei modi.”

 

Anna apre la porta di Lee e solo dopo bussa alla porta.
Lui alza la testa dalla scrivania.
“Che vuoi?” borbotta.
Anna lo guarda disgustata.
“Mio dio, Lee. Non hai per niente una bella cera.”
“Cosa vuoi Anna? Non sono dell'umore “ taglia corto Lee, massaggiandosi le tempie, sperando invano che possa aiutare a placare il mal di testa.
Anna si stringe nelle spalle.
“Vedo che sei suscettibile stamattina, volevo solo avvisarti che la tua donna dei sogni è tornata qui. E vuole vedere Kazuya.”
“Cosa?! Kazama è di nuovo qui?” Lee si alza in piedi bruscamente, facendo quasi cadere indietro la sedia “L'hai fermata?! Kazuya, non è in condizioni di vedere nessuno ultimamente. Tanto meno un'attivista indispettita.”
Anna alza le spalle un'altra volta.
“Ma ti pare che è compito mio?! Non sono mica l'usciere. “
Lee sospira ed esce velocemente dalla stanza, percorrendo a passi rapidi il corridoio in direzione dell'ufficio di Kazuya.
Eccola lì, vede Jun Kazama che picchia insistente contro la porta di Kazuya.
Lee rabbrdividisce al pensiero di quello che potrebbe succedere se Kazuya si infastidisse troppo.
Lee la raggiunge e le ferma le braccia, afferrandola per i polsi.
“Hey, ma che fai?” cerca di divincolarsi lei.
“Come hai fatto ad arrivare fino a qui una seconda volta?! Come sei riuscita a sorpassare i controlli?!”
Lei sta per rispondere qualcosa, ma la porta di Kazuya improvvisamente si apre.
Guarda severo la scena.
“Kazuya, posso occuparmene io.” dice subito Lee, sperando che quei colpi sulla sua porta non l’abbiano già infastidito troppo.
“Mishima-san.” insiste invece Kazama “Sono qui per parlarle delle sue violazioni alle leggi per la protezione e tutela degli animali, come le avevo già anticipato per posta.”
Ma Kazuya fa qualcosa di inaspettato.
“Non c'è problema, Lee.” dice, parlando pure con una certa ragionevolezza nel tono.
“La signora Kazama ha impiegato un impegno notevole per ottenere questo colloquio e io sono dell’idea che l'impegno debba essere sempre premiato.”
Lee si gela.
Che diavolo vorrebbe dire premiare l’impegno in questo caso?
Guarda la donna preoccupato.
Kazuya, si posiziona di fianco alla porta, per far sì che Kazama possa passare.
Lee agghiacciato scioglie la stretta sui polsi della donna, che lei libera con uno strattone e si appresta a seguire Kazuya dentro all’ufficio.
“Vorrei assistere al colloquio anche io.” prova allora Lee.
“Non ce ne sarà bisogno.” lo blocca Kazuya e poi lo guarda penetrante “Ti lascio il tempo per prepararti alla tua missione di stanotte. Sempre che tu sia in grado di poterlo fare.”
Jun Kazama entra nella stanza, non senza aver lanciato un'occhiata di rimprovero a Lee, e Kazuya chiude la porta.
Passano dei minuti interminabili, in cui Lee resta all'erta con le orecchie tese, pronto ad intervenire qualora sentisse o avvertisse qualcosa di strano provenire da quell'ufficio.
Ma semplicemente, una decina di minuti dopo, la porta si riapre e Kazama lascia la stanza, scortata da Kazuya che l'aveva accompagnata alla porta.
“Signor Mishima. Signor Lee.” Kazama saluta educatamente con un piccolo inchino “Tornerò presto con il mandato d'arresto.”
E se ne va.
Lee guarda Kazuya esterrefatto.
“Mandato d'arresto?”
Kazuya sogghigna.
“Come te, è convinta di potermi fermare.”
“Sì, ma comunque è solo una ragazza. Una civile.” inizia a dire Lee cercando di tenere sotto controllo la situazione.
Kazuya capisce la preoccupazione di Lee e ride malvagiamente.
“Rilassati, Lee. Non diventerà uno dei bersagli delle tue missioni.” commenta Kazuya con una risata “Come se potessi sentirmi minacciato da un gruppo di animalisti offesi!” 

 

La missione di quella notte è la prima volta che Lee, Anna e Bruce si ritrovano ad operare insieme. Il livello del bersaglio che devono fronteggiare questa volta richiede una cautela eccezionale. Sia per la pericolosità dell’elemento, sia perché il suo obiettivo era niente poco di meno che l’assassinio di Kazuya Mishima.
E ce l’hanno fatta infine, mettendo i loro sforzi insieme e non senza qualche evidente difficoltà, ma a questo punto guardando Nina Williams immobilizzata, legata a terra, che ansima gli ultimi istanti prima che il sonnifero di Bosconovitch faccia effetto.
Nina si addormenta. Bruce la prende e la carica sulle spalle, pronti a lasciare quella stanza d’albergo.
Lee guarda Anna. Il suo viso è segnato da una striscia di sangue che le cola dal naso, dopo aver ricevuto un violentissimo colpo da parte della sorella, nel corso della lotta. Ma oltre a quello, anche due strisciate nere le solcano le guance a partire dagli angoli degli occhi.
Lee le offre un fazzoletto dalla tasca che estrae dalla tasca dell’abito. Ha una strana abitudine Lee, per quel genere di lavori gli piace vestirsi con i suoi abiti migliori.
“Tieni.” le dice “Pulisciti la faccia, che hai un aspetto orribile.”
Lei prende il fazzoletto con un gesto secco.
“Sta’ zitto, Lee. Sei tu hai un aspetto orribile.” dice con una voce che tradisce l’emozione “Hai le occhiaie, devi rifarti la tinta e raderti il viso.” borbotta “Neanche pensavo crescesse la barba ad uno come te.”
Lee sorride, non può dire nulla per negare quegli accorgimenti.
Nonostante l’eleganza nell’abbigliamento, sono giorni difficili e qualche passaggio della sua normale routine di cura dell’aspetto è stato sacrificato.
“Non c’è di che.” risponde invece Lee con un sorriso comprensivo.
Anna lo guarda e si lascia sfuggire un’altra lacrima silente.
Bruce procede davanti a loro con le braccia di Nina che dondolano inermi ad ogni suo passo. Entra in ascensore e li guarda per capire se deve aspettarli.
“Va’ pure, Bruce.” dice Lee, mentre Anna si volta di spalle per poter continuare a piangere senza essere vista “Arriviamo tra un attimo.”
Bruce risponde con un cenno di assenso del capo e scende in ascensore.
Non sarà neanche necessario per Bruce doversi nascondere o giustificare dal dover trasportare e depositare una persona inerme in un auto scura nel parcheggio dell’albergo. Ormai il mondo è abituato alle strane dinamiche della Mishima zaibatsu. Ormai il potere di Kazuya è troppo forte perché vengano poste domande o addirittura mosse delle sfide nei suoi confronti.
Rimasti soli, Lee infila le mani nelle tasche e guarda Anna che si asciuga le lacrime di spalle.
“Non pensare di consolarmi!” lo minaccia.
“Non lo farò.” risponde Lee.
Eppure non si muove. Resta lì con lei, nella stanza d’albergo che fino a poco prima era la stanza di Nina Williams. La stanza dalla quale l’assassina stava pianificando il suo piano per l’uccisione di Kazuya Mishima.
Questo finché molto abilmente Anna aveva scoperto del suo complotto e avvertito Kazuya. Al che lui le aveva concesso il premio di partecipare in prima persona alla cattura di sua sorella.
“So che non ti aspetti che te lo dica io, e sappi che non ti sto parlando in quanto amico stavolta. Ti parlo da collega. E da collega, Anna Williams, devo congratularmi per l’ottimo lavoro che hai svolto in questa operazione.” dice Lee sinceramente convinto “Nina Williams è un’assassina estremamente pericolosa e attenta. Non è da tutti riuscire a scoprire e a poter sventare preventivamente un suo attacco in questo modo.”
Lei non risponde.
Non ce n’è bisogno.
“Insomma, gli hai salvato il culo e hai sconfitto per farlo una persona della tua stessa famiglia.” continua Lee con un sorriso ironico “Non penso potessi fare niente di più efficace per conquistare il rispetto di Kazuya. O altro.”
“Te lo dico per l’ultima volta, scemo.” borbotta lei “Non voglio farmi Kazuya!”
“Dici così solo perché sai che non potrà mai succedere.” sogghigna Lee.
Anna si asciuga le ultime lacrime e finalmente si volta ancora, lasciando cadere il fazzoletto al centro della stanza, in mezzo al disordine della stanza distrutta dalla lotta.
Le cose di Nina sono ancora sparse un po’ ovunque. Non ne avrà bisogno per un bel po’ tanto.
“Nina verrà addormentata.” dice Anna piano, evitando lo sguardo di Lee “Nella cella criogenica di Bosconovitch. Kazuya l’ha reputata un’arma troppo preziosa per farla uccidere.”
Guarda finalmente Lee negli occhi.
“Potrebbe risvegliarla tra un anno. Tra cinque. Dieci. Venti. Cinquant’anni.” continua Anna “Potrebbero svegliarla tra duecento anni per quel che ne sappiamo.”
“Anna.” parla serio Lee “Sarà difficile all’inizio, ma ti abituerai alla sua mancanza.”
“Oh sta’ zitto, idiota!” lo zittisce Anna infastidita “Io… pensavo al…” guarda a terra “Al fatto che quando si sveglierà… io sarò invecchiata e lei no, maledetta stronza.”
“Oh.” fa Lee, fingendo non troppo abilmente di crederci “Capisco, certo.”
“È un pensiero insopportabile per la sorella più piccola. Tu mi capisci vero?”
“Assolutamente.”
Anna sospira nervosa, scalcia via una sedia finita per caso vicino ai suoi piedi con rabbia.
“Andiamo.” dice poi “Missione compiuta. Non abbiamo altro da fare qui.”

 

Il torneo è cominciato.
Nina non può presentarsi agli incontri e viene eliminata in prima fase.
Anna non ha più motivo di stare iscritta, si ritira in prima fase.
Tra i partecipanti spiccano nomi che Lee conosce bene, come Paul Phoenix, Marshall Law, di nuovo un tizio strano con la maschera da ghepardo… Jun Kazama.
Jun Kazama si è iscritta al torneo.
Che si arrangi a questo punto.
Perché se ancora non ha capito che Kazuya ha un demone dentro e non gliene frega un cazzo di niente del mondo intorno, Lee è certo di non poter fare nient’altro per convincerla.
Ma il nome che più gli reca disagio dover leggere in quel tabellone, soprattutto dal momento che sarà il prossimo avversario che lui stesso dovrà affrontare, è il nome di Heihachi Mishima.
Suo padre adottivo, tornato improvvisamente dall'inferno dopo che tutti l'avevano creduto morto.

“Lee…” tuona rabbioso arrivando al centro dell’arena, pronto per cominciare il combattimento “Che cazzo fai? Ti sei bevuto il cervello?! Non ti ho adottato perché diventassi lo scagnozzo di Kazuya.”
Ma Lee è troppo fatto stamattina per avere paura di affrontarlo senza peli sulla lingua.
“No, Heihachi.” risponde “Dimmi invece perché mai mi hai adottato?”
Heihachi accartoccia i muscoli della fronte, furibondo.
“Che diavolo intendi dire?”
“Kazuya non è un ragazzo come tutti gli altri.” mi ripetevi da bambino “E io ero consapevole che c’erano tante cose che non andavano nella vostra cazzo di famiglia! E nel mentre ho anche capito che c’è qualcosa che non va in Kazuya… ma perché mi hai trascinato se non per usarmi come un perverso dispetto nei suoi confronti?”
“Ma che cazzo stai dicendo?! Ti ho dato la possibilità di vivere una vita di lusso e agevolezze, piccolo stupido ingrato!” ruggisce Heihachi.
Lee ridacchia amaramente.
“Quello è il problema, voi ricchi stronzi pensate di poter risolvere tutto con il denaro. Pensate di poter comprare qualsiasi cosa con i soldi.” sbotta “Lo dico perché lo so. Perché nel mentre sono diventato esattamente ricco e stronzo come voi.”
“Che diavolo ti è preso, Lee?” continua Heihachi ancora furioso, ma anche un po’ perplesso “Quindi è vero quel che mi dicevano su di te?”
“Stronzo, pezzo di merda. Ti odio.” gli sputa addosso quelle parole Lee, ignorando la domanda.
Heihachi sgrana gli occhi.
Mai e poi mai l'aveva sentito rivolgersi a lui in quel modo.
“Vaffanculo. Fatti avanti, vecchio di merda.” sogghigna Lee mettendosi in posizione di guardia.
Sa bene che non ha speranze di poter battere Heihachi. Non in quelle condizioni di certo. Ma non gli importa. Si sente bene per aver parlato così sfrontatamente ad Heihachi e averlo finalmente mandato a fanculo.
Potrà sembrare una cosa da poco, ma per lui è una rivoluzione.

 

I giorni dopo una sconfitta fanno sempre male. Ancora di più se ci aggiungiamo i sintomi di una crisi di astinenza.
Lee segue il resto del torneo sulla TV nazionale dalla sua stanza. Giorno dopo giorno. Fino alla seconda settimana del torneo.
Si è liberato di tutte le sostanze che assopivano in qualche modo la sua coscienza e in ogni caso Bosconovitch ha lasciato la Zaibatsu. Il suo pusher non c’è più e ha buttato nel gabinetto tutte le sue scorte.
Ha chiuso per sempre con quella roba. Ha bisogno di vivere questo momento con il pieno delle sue capacità intellettive. È l’unico modo per poterlo assimilare, superare, andare avanti.
“Sono fiera di te.” gli dice Anna al telefono.
“Tutto questo tempo volevo fermare Kazuya, ma non sono riuscito a cambiare nulla.” si rimprovera Lee scosso dai brividi, seduto sul pavimento del bagno, con il filo del telefono teso fino all’altra stanza “Sono stato troppo debole.”
“Non avrai salvato il mondo. Ma sei riuscito ad essere un buon amico per me, ogni volta che ne avevo bisogno.” risponde Anna.
Segue una breve pausa, poi la ragazza riprende.
“Lee, non era tuo compito fermare Kazuya. Ma se davvero è quello che ambisci a fare, puoi ancora riuscirci. Puoi ancora fermare Kazuya, Heihachi. Entrambi. Anche dopo questo torneo.”
Vorrebbe crederle, ma non può. Apprezza comunque il suo tentativo di farlo sentire un po’ meno schifo di così.
“Quanto sei carina. Se non ti conoscessi penserei che ci stessi provando con me, Anna.”
Sente uno sbuffo dall’altra parte della cornetta.
“Nei tuoi sogni, secchione sfigato.” borbotta Anna.
Risponde come la solita Anna, eppure non è la solita Anna. Lee se ne accorge.
“Come stai tu?” chiede poi serio “Ti sento un po’ giù di tono.”
“Sto bene.” risponde Anna dopo un momento di esitazione “È solo strano che sapere che lei non è più là fuori. Tutto qui.”

 

Anna non risponde alle telefonate il giorno successivo. Neanche quello dopo. Neanche quello dopo ancora. E così via.
Il torneo è finito quando Lee scopre la verità una decina di giorni dopo. Quando fresco di tinta per capelli argentata, skincare e con il suo migliore abito formale firmato ritirato la sera prima dalla lavanderia, lascia la sua casa per tornare alla zaibatsu la prima volta dalla fine del torneo. La prima volta dalla sconfitta di Kazuya da parte di Heihachi.
Non c’era nessuna ragione sensata per la scomparsa improvvisa di Anna. Quella di Lee era stata più che altro un'intuizione.
“E così hai deciso che sarò io ad essere invecchiato quando tornerai.” dice Lee con un sussurro dolce, posando una mano sulla cella criogenica di Anna, nei laboratori sotterranei ormai vuoti della zaibatsu.
Nella cella accanto alla sua, dorme Nina.
Alla fine Anna non aveva sopportato l’idea di dover aspettare la sorella, forse per sempre, tanto era stata abituata tutta la vita a rincorrerla per doverla superare.
In un certo senso Lee la capisce. Anche a Lee fa strano ora che lui non sia più là fuori.
“Mi mancherai, amica mia.” la saluta prima di andarsene, lasciandole un'unica rosa rossa sul vetro freddo della cella, chiedendosi se si rincontreranno mai.

 

Ai piani alti della Zaibatsu, Lee è sereno prima di accedere al trentatreesimo piano per quella che è consapevole sarà l'ultima volta.
“Ah! Hai una bella faccia di merda a farti rivedere qui!” ruggisce Heihachi vedendolo entrare con assoluta disinvoltura nel suo ufficio.
Lee chiude la porta e sostiene lo sguardo del padre adottivo senza indugio.
“Sta’ pure calmo, vecchio.” risponde con tono ironico “Sono tornato solo per restituire il tesserino aziendale e a recuperare i miei effetti personali.”
Heihachi lo guarda con rabbia.
Lee si siede su quella poltrona, dove si era accomodato tante volte durante i suoi colloqui con Kazuya.
“Ma…” riprende Lee tamburellando le dita sulla scrivania “non me ne andrò prima di sapere che fine ha fatto Kazuya.”
Heihachi lascia sfuggire un ghigno cattivo.
“Avanti, che n’è stato di lui?” avanza Lee “Non mi bevo la stronzata che hai sparato ai giornalisti, che non hai idea di dove sia fuggito dopo essere sfuggito alla cattura.”
“Dimmi tu allora quale pensi che sia la verità.” lo sfida Heihachi.
Lee esita qualche secondo.
“Avanti, dì quello che stai pensando, piccolo Chaolan.”
“Non è ovvio?” risponde Lee con un sussurro minaccioso “L'hai eliminato ma non vuoi far sapere al mondo di aver ucciso il tuo stesso figlio.”
Heihachi sogghigna.
“Tuo fratello sta facendo adesso un bagno nel fondo di un vulcano.” risponde poi sibilando a denti stretti.
Lee elabora per qualche secondo.
“Nel fondo di un vulcano?” chiede poi cauto.
Perverso, ma non troppo perverso per Heihachi. Inaspettato, ma non impossibile.
L'altro smette di sorridere, lo guarda serio.
“Nel fondo di un vulcano.” ripete Heihachi come conferma, e Lee è certo che suo padre non bluffa stavolta.
Riconosce quel tono di voce. È il tono di Heihachi quando non ha più voglia di scherzare.
Lee annuisce, come a rispondere di aver capito.
“Sai bene che è meglio così. Per tutti.” continua Heihachi “Kazuya… non era un uomo come gli altri.”
Lee non ha bisogno di sentire altro.
Certo, per il mondo probabilmente è davvero meglio così. Heihachi certo non è il massimo, ma è meno propenso a invadere regioni e a organizzare guerre come non si metteva nessun problema a fare Kazuya.
Per un po’, forse ci potrà davvero essere un momento di respiro per tutti.
“Bene. Credo di non aver altro da fare qui allora.” dice Lee forzando un sorriso.
Si alza.
“Ottimo, allora vai a prendere le tue cose e non farti più vedere da queste parti.” ringhia Heihachi.
Poi gli lancia un’ultima occhiata disgustata.
“E vattene in riabilitazione, che sei patetico.” dice con sprezzo, aprendo il giornale con un gesto secco e smettendo di prestargli la minima attenzione.
“Ti manderò una cartolina!” Lee sorride prima di lasciare la stanza.
Ma a prescindere dalla delicatezza mancata di Heihachi nel dare certi tipi di consigli, è davvero nei piani di Lee quello di una totale, completa disintossicazione. Ha deciso che rinuncerà persino alle sigarette al mentolo.
È uno sforzo necessario per il primo passo per il suo nuovo obiettivo: l’emancipazione totale dai Mishima.
Purificazione estrema. Dentro e fuori.
Il secondo passo sarà poi riprendere a studiare robotica, la sua più grande passione.
Con i soldi guadagnati in questo periodo  potrebbe avviare una sua azienda di robotica dopo la laurea e se ne potrà andare a fare la bella vita da qualche parte. Sogna di vivere in un posto di mare, dove potrà godersi il sole, la natura, stare in costume tutto il giorno, in mezzo a tanta altra bella gente in costume.
La vita può cambiare. Si può andare avanti.
Si può sempre costruire qualcosa di meglio.
Immerso nel suo spirito di speranza e ottimismo, Lee si pietrifica appena fuori dalla zaibatsu, con lo scatolone pieno dei suoi oggetti tra le mani.
Una persona che non si aspetta è seduta solitaria sul bordo della grande fontana davanti alla sede della zaibatsu.
Si avvicina confuso, lei si scherma gli occhi con una mano per guardarlo.
“Non mi aspettavo di vederti di nuovo qui, Jun Kazama.”
La ragazza lo incontra con quegli occhi grandi e dolci che l’avevano tanto colpito la prima volta che l’aveva vista.
Occhi che però oggi hanno un velo di tristezza.
Jun abbassa la mano e si ritira i capelli dietro le orecchie.
“Sono qui perché speravo di poter trovare delle risposte.” risponde timidamente “Ma non ho avuto molta fortuna finora.”
“Se è ancora la questione dei canguri, penso che ora Heihachi…” inizia a dire Lee.
“Tu sai dove è Kazuya, Lee?” chiede invece Jun senza farlo finire.
“Ka… Kazuya?”
Non si aspettava di sentirlo chiamare così da lei.
Lee inizia a sentirsi a disagio.
È impossibile che non sappia che Kazuya non è più il presidente qui. Tutti i notiziari ne parlano costantemente. Ora è Heihachi a dover bacchettare per il rispetto dei diritti degli animali.
Uno strano dubbio inizia ad insinuarsi nella sua mente, anche se non vuole dargli ascolto.
“Kazuya Mishima non è più qui.” risponde Lee senza dare troppe spiegazioni “Dovresti riprovare a contattare l'ufficio comunicazioni e ..”
“No, non sono qui per questo oggi.” lo ferma lei scuotendo la testa.
Poi guarda altrove. Gli occhi le luccicano.
“Io e Kazuya ci siamo avvicinati negli ultimi tempi.” spiega a bassa voce, e Lee non riesce a crederci.
“Avvicinati?” chiede conferma con un filo di voce.
Jun Kazama sorride tristemente e Lee non può fare a meno di notare che sia bella come un angelo.
“So che potrà sembrarti difficile da credere, dopo tutto quel che è successo, ma c'è del buono in Kazuya. Persino lui ha diritto di essere salvato.”
Lee è spiazzato da quell’affermazione.
Ripensa brevemente al dialogo di neanche un'ora prima con Heihachi.
Kazuya è nel fondo di un vulcano.
Per qualche motivo, se già prima quell'immagine aveva avuto un certo peso sul suo cuore, solo ora inizia a farsi più grave.
Lee abbassa la testa, lasciando che i capelli gli nascondano gli occhi.
Jun intanto riprende a parlare.
“So che può sembrarti assurdo, sono consapevole delle cose terribili che ha fatto, ma ad un certo punto io ho visto veramente dentro l'anima di Kazuya e…”
“Lo so.” risponde Lee piano “Non devi sforzarti di convincermi.”
Lee sorride tristemente.
“Conosco bene Kazuya, meglio di chiunque altro.”
Jun apre di più gli occhi.
“Tu mi capisci quindi?”
Lee fa un piccolo cenno con la testa
“Ma il fatto è che però…” ricomincia poco dopo “lui ha deciso di prendere un'altra strada e noi non possiamo farci niente.”
Lee torna a guardare Jun.
Lei è seria, serissima.
“Sono incinta.” dice lei a quel punto lanciando un'altra bomba. Quella più potente.
Ed è troppo.
Lo scatolone con gli oggetti dell’ufficio di Lee cade sui suoi piedi con un tonfo secco.
Neanche il fragore sembra risvegliarlo dal suo torpore mentale.
Probabilmente non avrebbe reagito così neanche se gli avessero detto che era lui a stare per avere un figlio.
Si abbassa meccanicamente per riprendere le cose, con le mani che gli tremano. Il cuore improvvisamente tachicardico.
Anche Jun si abbassa ad aiutarlo.
“No… non ti preoccupare.” dice allora lui per fermarla.
Allunga una mano, tocca quella di Jun.
Si rincontrano con lo sguardo, chinati a terra entrambi.
Lee chiude gli occhi e inspira. Iniziando solo a quel punto a elaborare il pensiero.
Kazuya avrà un figlio.
Jun si risiede sulla fontana. Lee si rialza.
Appoggia la scatola. Si riavvia i capelli.
“Cazzo, Kazuya.” mormora tra sé e sé.
Guarda Jun.
Ha pur sempre diritto di sapere.
Si siede a fianco a lei.
“Ho motivo di credere che Kazuya sia morto e non tornerà più.” spiega allora Lee, preferendo risparmiarle ulteriori dettagli crudeli sulla sua dipartita.
“È morto quindi.”
Jun abbassa lo sguardo.
Non sembra in realtà particolarmente sorpresa. Probabilmente già lo sapeva.
Aveva solo bisogno di sentirselo confermare.
“Vivi una bella vita, Jun Kazama.” prosegue Lee serio guardando la vita della città davanti a loro “Vai a vivere in un posto sicuro, lontano da questo mondo, lontano dalla Mishima Zaibatsu. Dimenticati di noi, se possibile.”
Alza lo sguardo fino al cielo. È una giornata serena, con un sole piacevole.
“Dai a tuo figlio ciò che è mancato a Kazuya, la dolcezza di una famiglia.” ricomincia poco dopo “Il sentirsi amato.”
Lee abbassa di nuovo lo sguardo. Sente le lacrime che lottano per fuggire dagli angoli degli occhi.
Prima Anna che si iberna, poi Kazuya in fondo a un vulcano e ora scoprire che presto diventerà zio. Di un nipote che forse non avrà mai occasione di conoscere. Troppe emozioni per un giorno solo, maledizione!
Forza una risata per cercare di mascherare le sue vere emozioni.
Si alza in piedi e dà le spalle a Jun, le mani infilate dentro le tasche.
“Ho capito fin dal primo momento in cui ti ho vista che eri una ragazza fuori dal comune.” ridacchia cercando rifugio nell'ironia “E avevo ragione, Jun Kazama. Salvare Kazuya Mishima! Hai certo delle ambizioni tu!”
Il sorriso si addolcisce.
“Mi dispiace. Era un’ambizione troppo alta persino per una persona speciale come te.” continua piano, ancora senza guardarla “Ma penso che salvare suo figlio dall'influenza della famiglia Mishima sia la cosa migliore che potresti fare in suo ricordo.”
Jun che ha ascoltato in silenzio fino ad allora, sorride con occhi lucidi.
Si asciuga una lacrima e si alza in piedi, affiancandosi a Lee.
“Kazuya mi ha detto che tu e lui avevate un rapporto complicato, Lee. Mi ha sorpreso sentire parole di comprensione spese per lui.” ammette “Forse avrebbe sorpreso pure lui.”
Lee sogghigna.
“Non hai idea di quanto abbia voluto massacrare di botte quel bastardo!” dice a denti stretti, sentendo sulle labbra il sapore del sale.
Poi sorride.
“Ma alla fine di tutto, è pur sempre mio fratello.”













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NOTE: Mentre tutti stanno nel tempo e giustamente qui si scrive e si pensa a T8 appena uscito, ecco che arrivo io con una cosa ambientata nel T2. Ma il fatto è che semplicemente T8 mi ha dato l'ispirazione per riaprire la mia solita cartella di bozze e idee mai portate a termine. Questa era una di quelle, rivista, decisamente tagliata, e riarrangiata un po’. Una storia che vuole essere una interpretazione di un certo momento della saga, abbastanza carica di headcanon, una cosuccia da poco, ma che spero possa essere una lettura piacevole per qualcuno, come per me è stato piacevole scriverla.
Detto ciò, scappo. Alla prossima.

  
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