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Autore: Aliseia    10/03/2024    1 recensioni
[The Adventurer - Il mistero dello scrigno di Mida]
“Ci andavi a letto, Phil?” sussurrò Will chinandosi a sua volta.
Questa volta fu Phileas ad andare indietro con la sedia fino a rischiare di cadere. “Cosa? Ma come si permette?”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Around The Midas Box'
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Fandom: The Adventurer (movie) – Around The Wolrld in 80 days (serie TV 2021) – Good Omens Extended Universe (ispirazione)
Genere: Avventura, Romantico
Rating: Teen and Up
Personaggi: Will Charity, Phileas Fogg, Abigail Fix, Jean Passpartout
Note alla storia: Sono dunque arrivata al crossover. L’idea non è mia, ma dei fenomenali autori e autrici del Good Omens Extended Universe. Ho inventato però il seguito per i personaggi della serie Tv, anche se l’accenno al mostro marino è nel finale della serie e apre ovviamente ai personaggi di Ventimila leghe sotto i mari (ma non saranno trattati nella mia breve serie). E, prima che me lo chiediate, Will Charity si diletta sul serio di illusionismo e spettacoli di magia, è nel film. Lo so, è un adorabile buffone e lo amiamo per questo
A Miky: ancora un capitolo per questi adorabili pasticcioni
A Abby: non li abbandono, hanno diritto al loro lieto fine. Che non è per adesso XD 
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa e nelle future storie in gran parte non appartengono a me ma a G. P. Taylor, a Jules Verne e agli altri autori del Good Omens Extended Universe
 
 
Wine From Your Tears
 
Don't ask me
What you know is true
Don't have to tell you
I love your precious heart

I
I was standing
You were there
Two worlds collided
And they could never tear us apart

We could live
For a thousand years
But if I hurt you
I'd make wine from your tears

Never Tear Us Apert -  Paloma Faith
 
 
Da qualche giorno, superata l’iniziale diffidenza, Phileas Fogg e i suoi due compagni d’avventura, Abigail e Jean, si riunivano con il Capitano Charity per studiare un piano che li guidasse da Lochness alla costa. Alla ricerca di quei collegamenti, di quelle gallerie sotterranee, che secondo le leggende avevano condotto dall’oceano al lago un esemplare di mostro marino e lì lo avevano intrappolato. Ritenevano infatti che consentire al mostro di seguire a ritroso la stessa strada potesse attirare altri della sua specie… e dare una risposta al mistero che circondava i nuovi avvistamenti nell’oceano. Phileas era convinto che si trattasse di una specie preistorica, miracolosamente sopravvissuta all’evoluzione in pochi esemplari che andavano preservati. Al contrario il Capitano Charity temeva si trattasse di un’arma, un congegno meccanico che poteva costituire una minaccia per l’impero.*
Sia come sia, già da una settimana i quattro si trovavano ogni sera al pub per discutere i progressi delle loro ricerche. Charity, sempre sicuro di sé e affascinante, spesso faceva ridere Fix e Passpartou. Fogg dal canto suo restava impassibile. O almeno ci provava: serio e permaloso, non mancava mai di punzecchiare il capitano, la cui noncuranza provocava in lui, sempre così ansioso e pessimista, uno stato d’animo tra il turbamento e l’euforia.
Quella sera però Mister Fogg occupava brillantemente il centro della scena. Costretto dai suoi accompagnatori descriveva minuziosamente l’impresa che lo aveva reso famoso. Mentre si perdeva in ricordi terribili o folcloristici, vedeva gli occhi di Will accendersi di interesse. Will lo ascoltava. Faceva le domande giuste e teneva nella giusta considerazione le risposte. Chiedeva l’opinione di Fogg dando la sensazione di rispettare sia questa sia la persona che la proferiva. L’esatto opposto di Bellamy. Ben presto Abigail e Jean lasciarono la tavolata per andare a dormire (Jean a dire il vero sarebbe restato per scambiare ancora battute con i due uomini, ma Abigail con un sorriso radioso si era congedata per entrambi e sorrideva ancora mentre trascinava uno riluttante Jean verso la loro stanza).
“Bellamy aveva organizzato tutto, ma non credo che desiderasse la nostra morte… La mia rovina, forse. Ma non la morte di tutti noi” argomentò Phileas con scarsa convinzione. Non aveva più parlato di Bellamy da molti anni, aveva evitato qualsiasi discorso che lo riguardasse. Ma ora sembrava morire dalla voglia di raccontarlo al Capitano, in ogni frase metteva un “Bellamy avrebbe detto” “non nell’opinione di Bellamy” “figuriamoci se Bellamy”…
Charity si abbandonò sulla sedia e lo osservò attentamente. “Qual è il suo nome?”
“Cosa? Ma ve l’ho detto!”
“Il suo primo nome”
“Nyle” Phileas arrossì.
“E siete rimasti amici?”
“Capitano, mi sta ascoltando? Non lo vedo da quel giorno, quando pagai i suoi debiti e lo cacciarono dal club”
“E dalla tua vita” aggiunse Will in tono sibillino.
“E comunque non siamo mai stati amici!” aggiunse Phileas.
“Immagino…” Will non voleva smettere di fissarlo.
Phileas si guardò intorno. Dove voleva arrivare quell’uomo insopportabile? “Io non capisco quello che sta dicendo, Capitano” sussurrò Phileas chinandosi sul tavolo con l’aria di chi ha qualcosa da nascondere.
“Ci andavi a letto, Phil?” sussurrò Will chinandosi a sua volta.
Questa volta fu Phileas ad andare indietro con la sedia fino a rischiare di cadere. “Cosa? Ma come si permette?”
Will si sollevò di scatto. “Sto per andare in scena, mi accompagni in camerino”
Phileas era allibito, prima quell’insinuazione poi la sfacciataggine di quell’invito. Non rispose e raddrizzandosi sulla sedia pensò che l’unica cosa giusta fosse declinare l’invito e contrapporre una freddezza indignata all’insolenza di quell’uomo.
Ma Will era già uscito dal salone senza che Phileas fosse riuscito a emettere un altro fiato, niente richieste di spiegazioni o di scuse. Nulla. Avrebbe dovuto pretendere soddisfazione ma certo non poteva alzarsi tanto repentinamente e seguirlo. D’altra parte il momento era quello, come avrebbe potuto in seguito rivangare particolari tanto imbarazzanti? D’impulso si alzò e lo seguì.
 
*
 
 
 
 
Quella sera per qualche ragione Charity aveva deciso di mettere in scena lo spettacolo del Mago, quella buffonata che gli era servita da copertura nei primi giorni al villaggio. Al teatro locale la locandina faceva bella mostra di sé con i suoi colori vivaci e l’immagine improbabile dell’illusionista, in un costume aderente che sarebbe stato più appropriato su una spiaggia popolare (e sempre che fosse appropriato per un uomo indossare una cosa simile) mentre sfidava il “mostro”, un essere confusamente ritratto come un sauro marino.
“Avanti” rispose Charity all’educato bussare dell’altro. “Mi scusi Mister Fogg, mi sto vestendo” Fogg entrò con gli occhi socchiusi, come un bambino a cui capiti di assistere a una scena sconveniente.
Il mago protagonista dell’impresa era attualmente per metà già vestito per la scena. Un gilet nero indossato senza la camicia e per fortuna, pensò Fogg, i suoi pantaloni usuali e non quelle terribili brache attillate. Dalle palpebre socchiuse Phileas si concesse un’altra occhiata: le braccia robuste dell’altro, la sottile peluria bionda che gli copriva il petto. Il ventre piatto era quello di un uomo abituato all’attività fisica. Phileas era agitatissimo, il cuore che batteva all’impazzata, ma non era per quella parziale nudità, né per il suo chiaro intento di provocarlo… Non era neanche questa gran bellezza, a dire il vero. e quel suo affascinante sorriso e quegli occhi luminosi non cancellavano il fatto che fosse basso e tarchiato (pensò Phileas nell’inutile tentativo di ritrovare la calma). No, non erano le sue provocazioni a turbarlo. Era la sensazione che Will leggesse i suoi pensieri. Quando aveva chiesto… No, ovviamente no. Phileas non era un degenerato! Ma lo aveva baciato… Phileas aveva baciato Nyle Bellamy in un lontano giorno al College, sotto un cielo gravido di pioggia in un angolo nascosto dei giardini. Bellamy lo aveva fissato con un’espressione indefinibile. Poi aveva riso. Una risata aspra, volgare. Phileas la sentiva risuonare nella propria testa.
“Voi non potete attirare l’attenzione così!” esclamò Fogg senza un apparente nesso logico.
“Così come?” disse distrattamente Charity mentre cercava tra le proprie carte un documento che doveva stargli molto a cuore.
“Lo spettacolo… questo!” esclamò Fogg gesticolando scompostamente. “Quel via vai di individui…” aggiunse abbassando la voce.
Charity si fermò, fissò Fogg intensamente “I miei informatori” spiegò freddamente studiando le reazioni di Fogg.
“Certo. Informatori…” Fogg resse lo sguardo. Non gli erano sfuggiti un paio di giovanotti locali dall’aria ambigua, braccia robuste e facce da schiaffi. Troppo insolenti e volgari per essere spie.
“Il mio stile di vita la disturba, signore?” Charity ora sembrava un’altra persona. Abbandonate la solita frivolezza e l’amabilità dei modi, le sue labbra erano tirate, gli occhi mandavano lampi. “Signore – replicò Fogg con calma – il suo stile di vita non mi riguarda. Ma Le ricordo che qualsiasi leggerezza potrebbe compromettere l’esito della missione. Ed è alquanto bizzarro che debba ricordarglielo io, dal momento che Lei è un militare”
Charity avanzò di un passo. Fogg trattenne il fiato.
“Dica quello che vorrebbe dire. Fogg. Sia se stesso, per una volta…”
Fogg sbiancò. “Io… cosa c’entra, scusi? Cosa significa, forse non sono me stesso nel momento in cui Le chiedo di mantenere…”
“La decenza?” sussurrò Charity.
“Mister Charity, questa conversazione è durata abbastanza!”
Capitano Charity.”
“E allora sia degno del grado di cui si fregia!” sbottò Fogg.
Charity sussultò. “Oh… la dignità… L’onore. Ha fatto la guerra, Mister Fogg?”
“Io… no… problemi di salute. Ma se crede che questo mi renda meno uomo…”
“No, non lo credo. Lei è un uomo Fogg. Un uomo buono, e a suo modo coraggioso. No, non si schermisca. Vede, ci sono tanti tipi di coraggio… Alcuni lo dispiegano in guerra, altri nella vita di tutti i giorni. Il coraggio è importante, ed è un requisito utile al buon soldato come al brav’uomo. Io… spero di essere entrambe le cose. Uno che non giudica gli altri uomini solo dal loro valore in battaglia… o dalle persone che si portano a letto”
Fogg arrossì violentemente. “Io… Le chiedo scusa, Capitano. Volevo solo invitarLa alla prudenza” Fogg evidentemente non aveva alcuna voglia di scusarsi, lo sguardo s’era fatto sfuggente, il contegno nervoso. Charity invece aveva ripreso la propria calma. “Mi guardi, Fogg” il tono del capitano era imperioso, ben diverso dal suo solito scherzoso. “Faccio questo lavoro da vent’anni. So quando posso espormi e quando passare inosservato. So quando è utile che io faccia il buffone e quando è necessario che io sparisca nell’anonimato. So anche come unire l’utile al dilettevole. Come ho fatto con quei giovanotti… non disdegno qualche notizia dai locali. So quando posso fidarmi, come ho fatto con tutti voi dal primo istante”
In altre occasioni quella dichiarazione di fiducia avrebbe lusingato Fogg, ma in quel momento un’altra questione sembrava tormentarlo. “E avete ritenuto necessario intrattenervi con alcuni giovani camerieri, a che scopo? Anche loro vi portavano notizie?”
“No, quello era solo il dilettevole” Charity fece spallucce, smettendo finalmente di fissare Fogg. “Uomini, Phileas. La cosa ti disturba?”
Fogg si guardò intorno, cercando con gli occhi l’uscita, ma Charity, di nuovo di fronte a lui, gli chiudeva ogni via di fuga. “Io… Non credo di voler giudicare. Di poterlo fare…”
“Conosce il mio numero, Mister Fogg?” Charity era tornato al suo tono scherzoso. “Due minuti in immersione, senza respirare”
Fogg tirò un sospiro di sollievo. “Neanche quello potrei giudicare”
“Eppure potrebbe competere…” Will si voltò un attimo. Sembra impegnato con i ganci del gilet.
“Come, scusi?” balbettò Fogg.
“Lei non respira dal momento in cui è entrato qui” Will si era voltato di nuovo, ed era sicuramente un caso se il gilet ora era completamente sbottonato. La sua pelle nuda s’intravedeva sotto quel ridicolo indumento e Fogg si accorse effettivamente di non respirare.
“Quanto può resistere?” chiese Will in tono seducente.
“Cosa?” rispose Phileas a fatica.
“Senza respirare”
“Io…” istintivamente Phileas allungò una mano, apparentemente nel tentativo di respingere l’altro che però non si era mosso. Lo sfiorò. La pelle di Will era bollente. Egli allora avanzò di un passo, prese Phileas per il bavero della giacca e con molta calma gli impartì la propria lezione di apnea. Un bacio lunghissimo, gentile ma insistito, morbido ma prepotente, una sensazione vellutata inizialmente e poi umida, prima delicato e poi imperioso. Phileas voleva parlare ma aveva la bizzarra sensazione di affogare e ogni tentativo di riemergere lo costringeva tra le braccia di Will, la sua pelle bruciava e Phileas la sentiva attraverso la camicia. Morirò, pensò, morirò così annegando nella vergogna. La sentiva, sentiva la vergogna che gli avvampava le guance e qualcosa che lo faceva bruciare altrove, prima languido e vago e poi prepotente e imbarazzante, sentiva la propria eccitazione. In un ultimo tentativo disperato respinse Charity, entrambe le mani aperte sulla nudità indecente del petto, su quel cuore che batteva contro il suo.
Charity sorrise. “Ottimo, Mister Fogg. Non è morto… La prossima volta vedremo fin dove può spingersi senza morire di vergogna”
Fogg barcollava, riprese l’equilibrio solo per assestare uno schiaffo sonoro sul sorriso insolente dell’altro. Quanto può resistere… Quale resistenza? Non si era sottratto neanche un po’. E Will lo sapeva, gli leggeva dentro al punto di ripetere ad alta voce i suoi stessi pensieri: morire di vergogna…
Phileas lasciò in fretta la stanza senza guardarsi indietro, mentre Will si massaggiava la guancia senza abbandonare quell’irritante sorrisetto. Pensieri di vendetta ribollivano nella mente sconvolta di Fogg, e ogni proposito terminava con lui che per rivalsa baciava Will con più violenza e più a lungo di quanto egli avesse fatto con lui. Un disastro… Una cosa di cui vergognarsi per sempre.
Phileas si arrestò, riprese fiato. D’un tratto e risolutamente si diresse di nuovo verso il camerino. Entrò senza bussare.
Will lo squadrò con aria interrogativa.
“Fu solo un bacio…” ansimò Phileas
“Beh, sì, me ne sono accorto”
“No! – Phileas boccheggiò in cerca delle parole – tra me e Nyle… Fu soltanto un bacio. E rise di me”
“Un uomo stupido. E codardo.” Commentò Will con serietà.
“Evidentemente Bellamy non provava la mia stessa… curiosità” Fogg soffriva moltissimo nel tirar fuori quella confessione, aveva gli occhi lucidi e contorceva le mani, ma quell’imbarazzo non sembrò commuovere Charity. “Ora che ha soddisfatto la sua curiosità, mister Fogg, dovrei andare in scena…”
“Essendo io piuttosto inesperto in queste cose, potrei aver reagito male, poco fa. Le chiedo ancora scusa, Capitano – Phileas era in agonia – Non si ripeterà più…”
“Questo dovrei dirlo io, mister Fogg. E dovrei essere io a porgerle le mie scuse. Mi perdoni, la prego. Comunque… Una volta ogni tanto, è inesperienza. Due baci in quarant’anni è un evento straordinario, tipo cometa di Halley” 
“Molto divertente” commentò Phileas con amarezza. Poi, raddrizzando le spalle e sistemando il colletto della camicia, lasciò finalmente il camerino. Non si voltò, nel timore di sorprendere ancora su di sé quello sguardo. Le sue labbra bruciavano ancora per quel bacio imprevisto e solo con una buona dose di ipocrisia avrebbe detto che quel dolore che gli opprimeva il petto si chiamava vergogna.
 
 
 
*avevo scritto la storia da mesi quando ho visto un vecchio film che da tanto desideravo guardare: Vita privata di Sherlock Holmes. E sono rimasta allibita nello scoprire che riprendeva la stessa teoria del mostro di Lochness come arma meccanica… L’unica spiegazione che mi viene in mente è che si tratti di un vecchio ricordo, di un film che avevo visto da ragazzina… se teniamo conto dell’epoca vittoriana e dell’immancabile slash tra Holmes e Watson, sarebbe una coincidenza davvero affascinante
 
 
 
  
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