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Autore: Clay92    11/03/2024    0 recensioni
Ho 28 anni, sono una ragazza come tante, niente caratteristiche particolari, niente successi da ricordare, non ci saranno opere o monumenti dedicati in mia memoria. Non vincerò un nobel o un oscar. Di ragazze come me, con una storia come la mia o forse peggio ce ne sono a migliaia, eppure oggi sento il bisogno di raccontarmi. Quando hai una vita come la mia, pensi sempre di esserti ormai abituata al peggio, sei convinta che niente possa più ferirti, deluderti o spezzarti. La vita però, così come la mia famiglia, è sempre pronta a sferrarti dei potenti ganci. Quando ormai pensavo che non si potesse toccare di più il fondo, quando ormai pensavo di aver sconfitto i fantasmi che mi portavo dietro ecco che proprio come una soap opera scadente, arriva l’ennesimo colpo di scena. Gli scheletri sembrano infiniti e alcune rivelazioni fanno più male che altre. Sono nata e cresciuta in un covo di vipere, circondata da tanto fango, le persone che mi hanno aiutato ad uscirne si contano sulle dite di una mano. È per me e per loro che oggi voglio raccontare la mia storia e soprattutto perché sono stanca che gente come “i Forrester dei poveri”, così
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A sette anni Psyco mi dice che mi vuole presentare una persona, sembra felice e io sono felice per lei.
Le cose a casa non sono cambiate, la sera ho sempre paura e finisco sempre in bagno a piangere. Ora non chiedo più a Dio perché si è preso mio padre e mi ha lasciato con Psyco, non dico più a Dio che mi odia però ogni sera gli chiedo di portarmi via, di portarmi da mio papà.
Gli anni passano ma io sono sempre la solita bambina debole che piange e non sa come difendersi.
Psyco ora sembra felice, non si è nemmeno arrabbiata quando le ho detto che non volevo andare più a danza e nuoto. Amavo ballare e quando ho visto nonno Armando con gli occhi lucidi al mio saggio al teatro mi sono sentita molto orgogliosa e fiera di me. Ma sono sempre la solita bambina paurosa e quando l’insegnante mi ha detto che sarei passata a ballare con le persone più grandi di me ho voluto smettere. Ho avuto paura, paura di non essere abbastanza brava, paura di quei ragazzi che avevano quattro o cinque anni in più di me. Ho continuato a ballare a casa, a scuola con le mie compagne, per la strada. Ballare mi rendeva felice, quando partiva la musica esistevo solo io. Nonostante la timidezza quando ballavo esisteva solo la coreografia e la musica, non importava se c’era un pubblico, io non li vedevo.
Il fatto di aver visto Psyco così contenta mi aveva messo di buon umore, speravo che le cose potessero cambiare ma infondo stiamo parlando di Psyco e lei non si smentisce mai. Quando mi disse che la persona che dovevo conoscere era il suo fidanzato ero confusa. Sapevo che aveva tutto il diritto di innamorarsi ancora, di costruire una famiglia ma allo stesso tempo lo vedevo come un tradimento nei confronti di mio papà. Io non volevo un altro papà, mi piaceva il mio anche se non l’avevo mai conosciuto. Nonna Matilde mi ha sempre parlato di lui, rispondendo a tutte le mie domande. Psyco invece no. Molte di quelle sere chiusa in bagno mi chiedevo se Psyco mi odiasse perché assomigliavo tanto al mio papà, all’uomo che in qualche modo l’aveva abbandonata lasciandola sola con una bambina da crescere. Non ho mai avuto il coraggio di chiedere a Psyco perché mi odiasse tanto, perché si arrabbiasse tanto nei miei confronti.
Il giorno che conobbi il fidanzato di Psyco mi sentivo a disagio, eravamo in prigione e avevamo dovuto superare dei controlli. La gente che era in quella stanza non mi piaceva, non mi piaceva l’aria che si respirava e non mi piaceva quella sensazione. Mi sentivo osservata. Nonna Matilde mi aveva spiegato che solo le persone cattive finiscono in prigione e io non capivo perché Psyco volesse stare insieme a una persona cattiva. Avevo paura che fosse solo una finta il fidanzato e che in realtà mi aveva portato lì per abbandonarmi, perché io ero una bambina cattiva, ed essendo una bambina cattiva forse era per quello che venivo sempre picchiata.
Invece quel fidanzato esisteva davvero e Psyco era tutta felice di vederlo. Io sarei voluta scappare, non volevo andare in prigione, non volevo conoscere quell’uomo e per di più ora che lo vedevo quell’uomo mi faceva paura. Era brutto e molto alto. Io avevo visto le foto del mio papà e non capivo come un tipo così differente dal mio papà potesse piacere a Psyco. Oltre a perdere mio padre Psyco doveva aver perso buona dose della sua vista, altrimenti non si spiegava.
L’uomo cercò di essere gentile con me ma continuava a non piacermi. Non mi piaceva come guardava Psyco, non so perché sentivo di dover proteggerla quando per tutta la vita avevo cercato di proteggere me stessa da lei. Non ricordo di cosa parlarono né cosa mi chiesero ma quella sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere me la ricordo ancora.
Nonna Matilde mi ha sempre detto che noi discendiamo dalle streghe bianche e che il nostro sesto senso è più sviluppato e che dovevo sempre affidarmi a lui e non avrei mai sbagliato o quasi.
Uscimmo da quel posto e tornai a respirare.
Nei giorni e mesi seguenti arrivarono lettere da parte di quell’uomo, Golfredo. A volte mandava delle cartoline fatte con del filo che rappresentavano farfalle, erano davvero carine ma a ogni cartolina la sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere non mi lasciava. Psyco era sempre felice quando arrivavano queste lettere e quelle erano delle buone giornate per me perché non venivo picchiata né sgridata. Psyco però a un certo punto iniziò sempre più spesso a chiedermi cosa ne pensavo di Golfredo, cosa ne pensavo se fossimo andati ad abitare insieme. All’inizio erano domande generiche, ipotetiche, fatte di tanti se e poche certezze.
Poi successe.
Un giorno Golfredo era a casa nostra e ci sarebbe rimasto. Io non lo volevo. Continuavo a chiedermi quando nonno Armando lo avrebbe sbattuto fuori casa. Quel giorno non avvenne mai, in compenso però ce ne andammo via tutte e tre il giorno che Psyco e Golfredo decisero di sposarsi. Non ricordo nemmeno se Psyco mi chiese qualcosa al riguardo, di certo anche se l’ha fatto non mi ha dato retta. Non volevo quell’uomo nella nostra vita, avevamo già così tanti problemi. Avevo ancora paura di Psyco e il suo futuro marito era un bestione di quasi due metri con mani grandi quanto la mia faccia, se anche lui fosse stato come lei e avesse iniziato a picchiarmi? Non ne sarei uscita viva.
Il giorno del matrimonio si dimenticarono di me, passai la maggior parte del tempo con la sorella di zia Giselle, fidanzata di zio Simone, nelle poche foto che feci con Psyco e consorte avevo sempre il muso. La settimana prima del matrimonio mi obbligarono a tagliarmi i miei splendidi capelli, dal sedere finirono corti fino alle spalle, entrai in lutto per una settimana senza uscire dalla mia cameretta. L’unica cosa positiva di quella convivenza e matrimonio fù la casa in cui ci trasferimmo.
Mi mancavano i miei nonni e i miei zii. Zia Angela per me è sempre stata una sorella e l’ammiravo tanto. Zio Simone è sempre stato come un papà, la mia figura maschile di riferimento.


La casa in cui eravamo andati a vivere era bella grande e avevo una cameretta tutta per me, con un bellissimo letto a castello. La stanza l’aveva imbiancata nonno Armando, e non perché sia mio nonno ma di certo era il miglior imbianchino della Lombardia, che seguendo le mie indicazioni aveva dato vita alla cameretta dei miei sogni. Le pareti erano azzurro cielo e mi aveva disegnato a mano le nuvole, sul soffitto Psyco mi aveva comprato le stelle fluorescenti che si illuminavano al buio. In quella cameretta non avevo mai avuto paura del buio e soprattutto di notte mi sentivo ancora più vicino al mio papà. Non avevo bisogno di andare fuori al balcone per cercarlo, le stelle le avevo nella stanza e mio padre nel cuore, era la stanza perfetta, doveva essere il mio rifugio invece divenne invece la mia gabbia.
   
 
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