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Autore: whitemushroom    11/03/2024    1 recensioni
Un investigatore della Santa Sede indaga sulla scomparsa di un potente magus, muovendosi in una Roma distorta, più interessata a proteggere i propri segreti che a rivelarli. In un' isola poco lontana Njal, un giovane turista, perde una persona di a lui cara e scopre che qualcosa, nel suo corpo, inizia a non comportarsi come dovrebbe.
Il primo ha dedicato la sua intera vita alla caccia di uomini e creature sovrannaturali, il secondo si ritrova suo malgrado in un universo di cui nemmeno conosceva l'esistenza; eppure entrambi rincorrono fantasmi presenti e passati sulla scia di qualcuno che, come un pittore, lascia la sua Firma su degli eventi di cui è impossibile rimanere soltanto passivi spettatori.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hai mai pensato a come sarebbe il mondo se tutte le armi si trasformassero di colpo in fiori?”
Njal si voltò, preso alla sprovvista dalla domanda.
Se al loro arrivo sull’isola aveva già intuito che sarebbe stata di tutto, fuorché una vacanza all’insegna del riposo, in quell’esatto momento, con la folla che sembrava un unico essere vivente pronto ad inghiottirli, il pensiero principale era che gli sarebbe servita una vacanza per riprendersi dalla vacanza. Qualunque santo stessero festeggiando in quel minuscolo comune dell’isola era riuscito a richiamare più gente di quella che aveva visto spintonarsi al molo di Napoli.
E qualunque demone avesse convinto Astrid a trascorrere un paio di giorni sull’isola di Ischia dopo la gara per un weekend romantico doveva aver volontariamente trascurato la confusione, il rumore, la gente che urlava per strada senza alcun motivo logico e la musica ad alto volume che usciva da qualsiasi edificio avessero avuto la sfortuna di superare. Da ogni locale una musica diversa sembrava uscire fuori per sovrastare le altre, col risultato che le note e le voci si erano trasformate dopo mezz’ora in una gigantesca cacofonia; le casse di una giostra gigante, montata in fretta e furia in una delle tante, minuscole piazze, si erano aggiunte al tutto promettendogli il miglior mal di testa degli ultimi diciotto anni.
La propria faccia, riflessa nel vetro un po’ opaco di uno dei tremila ristoranti di pesce, aveva qualcosa di vagamente disperato. Non avrebbe scommesso nemmeno un centesimo che sarebbe stata Astrid, tra loro due, a reggere meglio l’impatto. Sospirò, avvicinandosi a lei prima che l’ennesimo signore sovrappeso li scaraventasse sulle sedute in pietra che decoravano l’ingresso al castello. “Prima o poi mi spiegherai come riesci a pensare a cose del genere …”
“Non saprei. Ma mi era venuto in mente e te l’ho chiesto” disse lei. Il cartoccio unto pieno di fritti che doveva essere la loro cena si era magicamente ridotto di metà, e i polpastrelli appiccicosi e carichi d’olio della sua ragazza contro la sua mano erano una chiara prova di colpevolezza.
Non che gliene facesse una colpa, ovviamente. Era stato lui l’idiota a lasciarle il prezioso bottino nella sciocca illusione che sarebbe rimasto intatto.
Se non avesse dovuto affrontare la folla contromano per andare a prendere un secondo cartoccio sarebbe stato più che contento di procedere con l’acquisto e, perché no, a concludere con uno di quei gelati giganti che un gruppo di ragazzi lì vicino sfoggiava con esuberanza.
“Dai, stai facendo una faccia!”
Astrid gli diede una sonora gomitata “Finalmente un po’ di vita!”
Di certo vi era più gente su quell’isola sperduta che a Rekjavík durante gli assalti dei turisti.
Quando il loro allenatore aveva annunciato che la loro prima gara in trasferta sarebbe stata in Italia, Astrid aveva trasformato tutte le ore seguenti agli allenamenti in una serie infinita di foto, mappe, mete che avrebbe assolutamente dovuto visitare, senza contare i vocali whatsapp di una sua amica che era stata a Napoli e le aveva descritto per filo e per segno tutti i locali dove era andata a mangiare la pizza le cui indicazioni si erano rivelate incredibilmente imprecise in una città che probabilmente da sola contava dieci volte più abitanti dell’intera Islanda. Avevano promesso solennemente al loro coach che si sarebbero concessi degli strappi alla dieta soltanto dopo la gara, e non appena avevano intascato la loro meritata qualificazione si erano aggirati per le strade della città scegliendo i pasti in base ai profumi migliori.
Quella piccola isola di fronte a Napoli non faceva eccezione, anche se in fondo vi erano andati soltanto perché Astrid aveva terribilmente insistito.
Per carità, a Njal non dispiaceva quella costante aria di festa, ma alle lunghe quel brusio perenne e la sensazione di aria chiusa persino all’aperto gli facevano girare la testa. “Ma se andassimo a vedere i fuochi da qualche altra parte? Qui se ci danno un’altra gomitata ci sfracelliamo sugli scogli …”
“Uff, e va bene …”
Gli restituì il cartoccio, ormai vuoto. “Però solo se me ne compri un altro”.
“Sai che era anche la mia cena?”
“Lo dici sempre tu che non devi esagerare col fritto. Io ti ho fatto un favore!”
“Se non entri nei pantaloni non voglio saperne niente!” rispose, per poi prenderla per mano e farsi strada nella calca.
I minuti successivi furono un delirio. Almeno un centinaio di persone si era compresso lungo delle cancellate improvvisate per ascoltare un gruppo di cantanti e soprattutto fissare una signora che ballava su un palco a picco sul molo, e altrettanti stavano fotografando il castello incuranti di intralciare il passaggio. Almeno un paio di volte rischiò di perdere la presa sulla piccola mano di Astrid.
Tornarono al negozio e per sicurezza comprarono tre cartocci e due tranci di pizza, giusto per essere sicuri di tornare in albergo a stomaco pieno. Njal gettò un’occhiataccia al ragazzo al bancone sorprendendolo a fissare con troppa attenzione il sedere della sua ragazza, e fu grato all’universo quando riuscirono ad allontanarsi abbastanza dal fiume di turisti.
Il punto che aveva adocchiato era un piccolo arenile a pochi minuti a piedi. Ci erano passati quella mattina, e lo aveva notato perché gli era sembrato strano che intere famiglie si accalcassero su quella lingua microscopica di sabbia per far fare il bagno a dei bambini in un’acqua dove a pochissimi metri ormeggiavano le barche. Aveva però una visuale ampia sul castello, e senza dubbio tutti lo avrebbero ignorato per andare alla sagra. Infatti, a parte qualche bottiglia di birra abbandonata, la piccola spiaggia era deserta.
“Voglio vedere i fuochi dallo scoglio!” dichiarò Astrid, mollandogli di colpo la busta col cibo per levarsi le scarpe. Il ragazzo replicò il gesto, ritrovandosi con le mani piene e con i piedi in acqua in pochissimi secondi.
La cosa che aveva colpito sia lui che Astrid in quei giorni era la temperatura del mare. In Islanda mettere i piedi nell’acqua dell’oceano sarebbe stato impensabile per via delle onde, ed era così fredda che faceva passare la voglia persino a sua madre, che pure non amava lavarsi con l’acqua calda. Invece lì le onde al massimo arrivavano al suo ginocchio, ed anche in quei primi giorni di settembre l’acqua era piacevole nonostante mancassero pochi minuti a mezzanotte. In alcuni punti la sabbia non era molto gradevole al tatto -dei fastidiosi sassolini finivano per ferirgli la pianta dei piedi- ma ignorò la sensazione per raggiungere lo scoglio prescelto da Astrid e vi si arrampicò. “Visto? Si sta meglio lontani da tutta quella gente!”
“A me non dispiace la confusione. Però anche così non è male!” rispose. Gli riprese i cartocci dalle mani e si appoggiò a lui, mettendogli la testa sulla spalla. “Per essere una cosa che hai scelto tu, è pure romantica!”
“Udite, udite. Oggi, otto settembre duemila diciannove, Astrid Arondóttir dichiara che Njal Njalsson ha fatto qualcosa di romantico. Popoli, scrivete questa data e tramandatela ai vostri figli, perché un evento simile sancirà l’inizio di una nuova era!”
“Sei un cretino …”
“Domani i cieli si oscureranno, il sole si farà nero ed una immensa notte calerà sul mondo. Ma sarà un evento rapido, perché già dalla sera Njal avrà fatto qualcosa che Astrid troverà rozzo e poco romantico, e dunque, gente dell’Italia, ammirate la giornata di domani perché non ve ne saranno altre!”
Nonostante il buio, il broncio di lei era chiaramente ben percepibile “Però te la vai proprio a cercare!”
Per tutta risposta Njal le diede un bacio sui capelli e le mise un braccio intorno alla spalla, mentre con l’altra mano cercò di espugnare la cena.
Poi qualcosa alle loro spalle.
Un tonfo leggero, qualcosa che entrava in acqua. Njal probabilmente nemmeno vi avrebbe fatto caso se Astrid non si fosse voltata con un leggero tremito.
La figura illuminata quasi per errore dalla luce di un lampione distante era a meno di un tiro di sasso da loro. Era un uomo, alto, con delle spalle larghe che giocavano uno strano contrasto con l’abito che a prima vista sembrava molto più elegante della media dei turisti. I lineamenti erano avvolti nel buio, ma uno scintillio catturò la sua attenzione, come se metà del volto fosse coperto da qualcosa di metallico. Sobbalzò leggermente quando lui e Astrid si voltarono, come se fino all’ultimo avesse sperato di non essere notato. Lo sguardo del ragazzo corse alle mani del nuovo venuto, ma non impugnava nulla che potesse ricordargli un’arma.
“Devo davvero essere invecchiato per farmi scoprire così …” disse l’uomo, avanzando di un altro passo nella loro direzione, ormai in acqua fino ad oltre le caviglie “… quindi direi di risparmiarci le formalità”.
Il suo inglese era impeccabile.
Al pensiero che l’uomo li stesse seguendo Njal si protese in avanti, puntando i piedi sullo scogli e mettendosi davanti alla sua ragazza. “Perché non te ne vai a infastidire qualcun altro?”
“Per tua fortuna, ragazzo, non ci metterò molto”.
“Nemmeno io, se è per questo” ringhiò Njal. “Vattene subito o ti gonfio”.
Scese dallo scoglio senza preoccuparsi di scivolare. Gli venne addosso, incurante del fatto che l’uomo lo superasse in altezza di almeno una testa. L’altro aveva lo sguardo puntato solo verso Astrid, e questo gli fece salire ancora di più il sangue alla testa. Lo caricò per spingerlo indietro, ma quando andò ad afferrarlo per la camicia quello nemmeno si mosse; diede una seconda spinta, ma gli sembrò di provare a smuovere una colonna di cemento. L’altro non fece nemmeno un passo nella direzione opposta, e quando Njal cercò di rifilargli una spallata quello si spostò e per tutta risposta si sentì il gomito piantato nella schiena. Ebbe abbastanza equilibrio da non cadere a faccia in giù nell’acqua, ma per tornare in piedi impiegò pochi istanti che bastarono all’uomo per salire sullo scoglio ed allungare una mano. Astrid mandò un grido e per un attimo il ragazzo sperò che qualcuno dalla strada potesse sentirla, poi si buttò di nuovo verso l’altro, stavolta afferrandolo dalle spalle “Levale le mani di dosso, maniaco di merda!”
Gli rifilò un calcio per colpirlo alle caviglie, ma quello si mosse ed il suo piede colpì il polpaccio. Ancora una volta gli sembrò di colpire la pietra, ma ignorò il dolore. Cercò di fare leva appoggiandosi allo scoglio, e quando la sua mano trovò un sasso coperto di alghe abbastanza grande, cercò di colpire l’uomo in faccia. L’altro perse la presa su Astrid e fu costretto a lasciarla andare per parare il colpo; con l’altra mano afferrò il ragazzo per la maglietta, e si ritrovò a perdere la presa sull’arma improvvisata. L’aggressore lo tirò a sé, e a quella distanza Njal vide con precisione un baluginare rossastro nelle sue iridi.
“Sei tenace, ragazzino. Te lo concedo”.
Lo colpì un profumo strano, come qualcosa di buono cotto sotto la cenere. La sensazione fu così improvvisa che il ragazzo si trovò per pochi istanti senza fiato, come se un ricordo lontano gli fosse entrato nella testa con un battito d’ali. E forse fu per quell’attimo di distrazione che si accorse troppo tardi dei denti acuminati dell’uomo.
Fu lui stesso a gridare, ma i fuochi d’artificio coprirono la sua stessa voce
  
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