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Autore: Nadine_Rose    11/03/2024    1 recensioni
Sarah ed Hermann sono rispettivamente due tra le tante vittime e i tanti carnefici nell’ora più buia della storia dell’umanità. Il campo di Fossoli, anticamera dell’inferno nazista, sarà la loro comune e perenne prigione d’amore malato.
Matteo, un giovane pescatore, sarà colui che proverà a sciogliere il cuore di Sarah dalle catene del tenente Hermann, nello speranzoso e disperato scenario del dopoguerra napoletano.
[Capitolo 65: Un amore a Fossoli]
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Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
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Capitolo 65

 

Un amore a Fossoli

 

“Suona, risuona il mare lontano.

Questo è un porto.

Qui ti amo.

Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde.

Ti sto amando anche tra queste fredde cose.

A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,

che corrono per il mare verso dove non giungono.

Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.

I moli sono più tristi quando attracca la sera.

La mia vita s’affatica invano affamata.

Amo ciò che non ho. Tu sei così distante.”

Pablo Neruda, Qui ti amo

 


Capitolo-65

Immagine dal film “Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey”

 

Castellammare di Stabia, 28 aprile 1946

 

Miei cari,

vi scrivo guardando dalla mia finestra lo spettacolo del sole al tramonto che si specchia sul mare tra le barche ormeggiate nel porto con il Vesuvio che fa da sfondo. Quanto vorrei che foste qui con me!

Non saprei da dove cominciare a raccontarvi gli accadimenti di questi ultimi difficili anni, ma lo farò partendo dal mio oggi per darvi conforto.

Sicura che avreste approvato la mia scelta, ho deciso di trasferirmi nella città natale del signor Gennaro che mi ha proposto di lavorare come cameriera al Gran Cafè, dandomi anche ospitalità in un piccolo appartamento vicino alla Torre dell’Orologio.

Non sono sola. Con me abita Hannah, la figlia dei nostri vicini di casa che ho ritrovato non appena sono tornata a Roma e che oramai è diventata come una sorella. In questo momento, mi sta porgendo una tazza di tè caldo che ha preparato anche per me.

Sono molto grata. Come papà aveva previsto, il signor Gennaro ha saputo proteggere la nostra casa e tutto ciò che ci apparteneva è tornato ad essere nostro. è davvero una persona tanto cara e, assieme a sua moglie, si preoccupa affinché non mi manchi nulla. Qui tutti sono oltremodo affabili e solari e mi fanno sentire in famiglia.

Nulla mi è mai mancato in questi anni, anche quando mi trovavo nel campo di transito a Fossoli, dove, lavorando come cameriera, mi sono guadagnata il necessario per vivere dignitosamente e lì sono rimasta finché i partigiani non hanno liberato una gran parte di noi.

Questi mi hanno poi affidata ad una famiglia di antifascisti sull’Appennino modenese, marito e moglie sulla sessantina, due persone squisite e disponibilissime che tenevano già nascosta nel loro seminterrato una bambina ebrea milanese di cinque anni dai grandi occhi scuri, bellissimi. Si chiamava Maria Luisa e con lei sono rimasta fino alla fine della guerra.

Proprio qualche settimana fa, con mia grande gioia e stupore, sono venuta a sapere tramite corrispondenza che la piccola ha riabbracciato i suoi cari e spero e prego che questo possa accadere presto anche a noi.

Di tanto in tanto, dai vicoli della città si odono le voci di gente festante e musica di tamburelli, talora per il ritorno di un soldato, altre volte per il rimpatrio di un prigioniero di guerra e sempre il cuore si riapre alla speranza per noi e per tutte quelle persone che ho incontrato lungo il mio tortuoso cammino e che hanno saputo mitigarne le asperità facendomi sentire meno sola.

Intanto, vi abbraccio forte col pensiero, affinché possa raggiungervi tutto il mio amore ovunque voi siate.

Vostra,

Sarah

 

Mentre leggeva la lettera di Sarah, Hermann poteva udirne la voce, delicata e risoluta, e rivederla nei gesti, nello scrivere appoggiata a un tavolo dinanzi alla finestra coi capelli lunghi a ombreggiare il foglio e nel sorridere sospirando grata all’amica, e negli avvenimenti da lei raccontati, dal suo ritorno a Roma, passando per la prigionia nel campo di Fossoli e nel nascondiglio sull’Appennino modenese, sino alle scene di ricongiungimento alle quali aveva assistito nella ridente provincia di Napoli.

Nelle sue parole non v’erano velature d’odio né di sentimento di vendetta e del suo racconto aveva filtrato gli accadimenti, smorzando al meglio le asperità del passato.

Le sue erano parole di speranza e d’amore volte a proteggere i suoi cari e, tra le righe del suo racconto, di lui non v’era neanche un accenno mistificato.

Sarah s’era soffermata sulla premurosità di un tal signor Gennaro e di sua moglie, sulla cordialità delle persone, sulla gentilezza della famiglia modenese e persino sulla forma e il colore degli occhi di una bambina, omettendo però l’esperienza di un amore a Fossoli.

Di lui avrebbe potuto accennare, cambiandone il nome, la patria, il ruolo all’interno del campo e, mentre il cervello s’arrovellava in tali congetture, la paura che Sarah lo avesse dimenticato gli strinse il cuore in una morsa.

Si piegò su se stesso, premendo i gomiti sulle ginocchia e sulla fronte la lettera dove gli pareva ch’ella avesse lasciato impresso il sigillo del suo profumo, dei suoi aneliti, del tocco delle sue mani.

 

Castellammare di Stabia, 28 aprile 1946

 

Una mano scorreva fluida sul foglio a scrivere per i suoi cari parole esprimenti una più accomodante e consolatoria verità, mentre l’altra poggiata sopra ne sosteneva un’estremità spiegazzandola leggermente.

A distrarla, ispirandola a un tono carezzevole, v’erano il gioco di luci e ombre al tramonto che penetrava dalla finestra aperta e l’andirivieni di Hannah alle sue spalle che s’affaccendava vicino ai fornelli.

Fra i tanti appellativi di cui godeva, Castellammare era denominata anche «la città dei tramonti», vantando un panorama mozzafiato durante ogni tramonto, mai uguale, sempre emozionante.

La brezza di mare soffiò fra i capelli che ricadevano sul foglio, vento fresco eppur piacevole che, assieme al ricordo, raggricciò i centimetri di pelle scoperta, mentre s’apprestava a mutilare la sua verità su Fossoli. E tacque su quanto fosse stato per lei scintilla di bene nel buio del male antisemita, sofferenza e desiderio nei giorni e nelle notti altalenanti tra delusioni e speranze, amore nell’odio, Hermann.

 

“Ci vorrebbe un mare dove naufragare

come quelle strane storie di delfini che

vanno a riva per morir vicini e non si sa perché

come vorrei fare ancora, amore mio, con te.

Ci vorrebbe il mare per andarci a fondo

ora che mi lasci come un pacco per il mondo.

Ci vorrebbe il mare con le sue tempeste

che battesse ancora e forte sulle tue finestre.

Ci vorrebbe il mare dove non c’è amore,

il mare in questo mondo da rifare.”

 

Marco Masini, Ci vorrebbe il mare

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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