Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: whitemushroom    13/03/2024    1 recensioni
Un investigatore della Santa Sede indaga sulla scomparsa di un potente magus, muovendosi in una Roma distorta, più interessata a proteggere i propri segreti che a rivelarli. In un' isola poco lontana Njal, un giovane turista, perde una persona di a lui cara e scopre che qualcosa, nel suo corpo, inizia a non comportarsi come dovrebbe.
Il primo ha dedicato la sua intera vita alla caccia di uomini e creature sovrannaturali, il secondo si ritrova suo malgrado in un universo di cui nemmeno conosceva l'esistenza; eppure entrambi rincorrono fantasmi presenti e passati sulla scia di qualcuno che, come un pittore, lascia la sua Firma su degli eventi di cui è impossibile rimanere soltanto passivi spettatori.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La vecchia Villa non era molto distante dall’abitazione di Pontieri. Era stata edificata dagli Sciarra, una antica famiglia di magi pontifici, e nonostante il nome della dinastia fosse lentamente svanito nel tempo, l’immenso giardino e gli edifici tra le mura erano da sempre stati sotto la giurisdizione della Santa Sede.
L’autista li lasciò ad uno dei cancelli, e passarono l’ingresso con passo lento.
Entrambi sapevano che avrebbero dovuto aspettare il tramonto.
Padre Tsekani aveva visitato la villa oltre venti volte dalla sua ordinazione ad esecutore, e guidò Padre Samuel verso la sua panchina preferita, dedicando ogni passo a sentire il leggero brecciolino sotto i piedi.
Dei bambini sfrecciavano con le loro biciclette per i viottoli del parco, inseguiti da genitori con gli occhi più fissi sullo smartphone che non sulle prodezze dei pargoli, che spesso per giocare a nascondino si buttavano tra le fontane ormai spente della Villa e sparendo per ore intere. Uomini e donne di ogni età correvano in tuta, spruzzando note di colore tra le antiche mura color mattone, il verde degli alberi e l’azzurro del cielo che ogni volta comprava uno dei suoi rari sorrisi.
La panchina un tempo era stata color verde scuro, ma la vernice era sparita da tempo e rimanevano solo delle scomode assi marroni; dava su una vecchia voliera in ferro battuto, che molti anni prima ospitava volatili di ogni tipo, persino il primo pavone che avesse mai visto. Era stato al suo primissimo ordinamento, e le ore trascorse tra quelle mura erano state così cariche di pensieri, aspettative, paure, che per far scorrere il tempo era andato al chiosco accanto ed aveva nutrito gli uccelli della voliera per oltre un’ora nella speranza quasi infantile che quel pavone giungesse da lui e beccasse dalle sue dita.
Non era venuto, ovviamente. In compenso un cigno nero, grande e cattivo, per poco non gli aveva staccato una falange.
E, adesso, la voliera era vuota. Il chiosco non esisteva più, ed il ferro dell’enorme casa dei volatili aveva assunto un colore quasi nero. Le gabbie interne c’erano ancora, ma l’enorme ciotola dell’acqua era piena di liquido piovano mai più svuotato. Le fontane non erano più attive da almeno un decennio, e il muschio che copriva le statue non era più stato rimosso, donando alla Villa un odore di decadenza, oltre che un aspetto triste. Probabilmente la Santa Sede voleva allontanare i civili da quel posto.
Samuel estrasse un piccolo breviario e glielo porse.
“Padre Whiteflame sostiene che lei potrebbe essere in grado di capirci qualcosa”
Le parole gli furono chiare nel momento in cui aprì il piccolo volume. Non vi erano all’interno preghiere o riflessioni, ma pagine e pagine di scrittura ancestrale. Erano vergate in una grafia elegante, senza la minima sbavatura, e nell’esatto momento in cui le sue dita toccarono la carta la Firma attraversò il suo corpo, scaldandogli i polpastrelli. Era chiaro che la copertina religiosa fosse soltanto uno specchietto per i curiosi.
Si diede un’ultima occhiata intorno prima di aprire. Al contatto delle sue dita il colore dell’inchiostro mutò, diventando in parte scarlatto, in parte di un azzurro chiaro difficile da leggere. La scrittura continuava fissa dalla prima all’ultima pagina, senza nemmeno una illustrazione o anche solo una nota fuori posto. “Non conosco l’ancestrale a questi livelli, ma mi dà tutta l’aria di essere un contratto. E anche uno piuttosto elaborato”.
Sull’ultima pagina la mano fu costretta a ritirarsi. Lungo i fogli le lettere vergate presero a muoversi: quelle rosse scivolarono, trasformandosi in un’unica linea sinuosa dal leggero baluginio, mentre l’inchiostro azzurro si mosse per ultimo, avvolgendosi intorno all’altra per generare un intreccio che diede vita a minuscoli punti azzurri che prese forma persino in aria, come una tenue spruzzata di neve uscita dalla carta stessa. Un’ultima nota nera a bordo pagina si animò quando le altre due avevano già disegnato un piacevole arabesco, e si mosse verso la parte alta della pagina per disegnare una curiosa venatura scura. I tre colori diventarono un corpo unico, lasciando che un’unica parola si formasse sotto i loro occhi.
Poseidon…” recitò Padre Tsekani, concentrandosi sull’energia divina racchiusa nelle pagine.
Rimase forse oltre un minuto così, la parola di comando ancora forte sulla sua lingua come nella sua testa. Un’eco di un potere enorme incatenato dalla volontà di un mago.
Si riprese dopo un po’, e di scatto chiuse la copertina del libro.
“Cosa c’entra questo contratto?”
Padre Samuel era chiaramente in agitazione. Da quando gli aveva posto il breviario in mano aveva preso a guardarsi intorno in maniera peraltro molto sospetta. Il tramonto era iniziato da pochissimi minuti, e le ultime persone civili si stavano preparando a lasciare la Villa. “È della testimone” disse, bisbigliandolo al proprio crocefisso. “È una Fata”.
L’esecutore rotolò gli occhi al cielo.
L’unico magus buono è il magus morto, pensò, ma si trattenne l’espressione tra le labbra. “Pontieri era un contrattista, il migliore della Santa Sede. A casa sua, nella volta di famiglia, abbiamo trovato almeno duecento contratti operativi e quasi il triplo consumati o estinti. Aveva delle Fate attaccate anche al suo dito mignolo, probabilmente” disse Samuel. Il giovane, per qualche motivo, non sembrava riuscire a staccare gli occhi dal breviario.
“E la Fata adesso è qui?”
“Sì. È stata lei a ritrovare ciò che restava del signor Zurlì. Ha seguito i nostri fino alla Villa, ma pare che ci siano stati dei …” tossì, abbassando il tono della voce “… problemi”.
“Problemi?”
“Diciamo di sì. La sua esperienza con le Fate è il motivo principale per cui lei è qui, Padre Tsekani. Padre Whiteflame confida molto nelle sue capacità”.
L’uomo sospirò.
Le prime ombre erano scese nella Villa degli Sciarra; i bambini se ne erano andati da almeno un’oretta e le ultime coppie di anziani avevano attraversato i sentieri di ghiaia dandosi il braccio. Vari cigolii in lontananza annunciavano la chiusura dei cancelli agli ingressi, segnale che l’enorme parco non sarebbe stato disponibile al pubblico prima del giorno successivo.
Nel silenzio innaturale dell’immensa distesa di fontane spente, altalene e panchine rotte, un click li avvisò che l’attesa era terminata.
Si portò davanti all’ingresso della voliera, e con una spinta aprì la porta traforata. La serratura, all’apparenza era un ammasso di ruggine dimenticato dal tempo, si lasciò smuovere senza alcuna difficoltà. Con un ultimo sguardo alla ricerca di qualche coppietta alla ricerca di un’esperienza insolita in un parco pubblico chiuso che potesse scoprirli avanzò dentro la vecchia voliera trascinandosi dentro un titubante Samuel. Girò verso la casa più vecchia, quella che anni addietro era stata la dimora del cigno o del pavone, si abbassò ed entrò; non c’era più l’odore nauseabondo di guano -l’unica cosa per cui lo scorrere del tempo era servito a qualcosa- ma col calare della sera impossibile distinguere un asse di legno dall’altro.
I suoi piedi andarono a memoria: avvertì il sottile rilievo nel pavimento, tra un sassolino di ghiaia e l’altro, e lo spinse finché un secondo click, più leggero, non lo avvisò che la botola era sbloccata. Si chinò, la spinse, e sotto di loro delle scale scendevano per un paio di metri. Fece cenno al suo giovane compagno di entrare, poi lo seguì e chiuse l’ingresso.
I pioli della scala cigolavano, e si chiese se l’ultimo giorno della sua vita si sarebbe concluso in un duello all’ultimo sangue con un magus o con la caduta da uno di quei pioli che chiaramente avevano problemi col suo peso.
Due sacerdoti operativi arrivarono nella loro direzione, li riconobbero e fecero cenno di procedere.
La sede della Villa degli Sciarra era trascurata come l’esterno. I corridoio non vedevano una mano di vernice da oltre due decenni; in qualche angolo la luce delle lampadine sfrigolava, ed i tappeti scuri erano così pieni di polvere che l’uomo si chiese perché non li avessero buttati e basta. Non aveva mai esplorato l’intera struttura, ma sapeva che non era uno dei luoghi preferiti della Santa Sede per ricevere ospiti o trattenere sospettati. L’unico motivo per cui una testimone potesse essere stata portata lì sotto, ragionò, era per impedire che troppi sguardi si posassero su di lei.
“Oh, è proprio il caso di dirlo, Samuel: parli del cane e lo senti abbaiare”
La voce giunse da una delle stanze che avevano superato da pochi passi. Seguì il rumore di una sedia spostata, poi quello di passi cadenzati dal leggero picchiettare di un bastone. Padre Tsekani si voltò, non senza osservare l’espressione scocciata del suo giovane collega.
L’uomo che apparve oltre la soglia indossava una tunica lunga fino alle caviglie, di tessuto pesante, nera come le loro ma portata con un taglio più aderente e stretta in vita a metà del petto; il simbolo dell’ordine teatino, una croce rossa sormontata dalle tre cime verdi di un monte, era incastonata nella fibbia di una cintura scura almeno quanto l’abito. La figura indossava un cappello con una falda larga nonostante si trovassero al chiuso, che contribuiva a darle un aspetto sinistro, almeno quanto il soprabito da viaggio portato su una spalla sola, come pronto a cadere da un momento all’altro. Una mano pallida stringeva un bastone da passeggio con forza, anche se lo sguardo dell’esecutore venne subito attratto da una spilla che scintillava proprio accanto al crocefisso, un diadema di filigrana argentata a forma di occhio dentro cui la figura di un orso color verde scuro sembrava voler uscire dal gioiello ed attaccare chiunque si trovasse davanti al suo padrone.
Fece un paio di passi nella loro direzione, e all’esecutore non sfuggì che il mantello da viaggio copriva una discreta zoppia della gamba destra.
“Sono d’accordo con la saggezza antica, Vescovo. Chi non muore si rivede”
I capelli biondi cadevano in ordine sparso intorno ad un viso incredibilmente sottile, quasi emaciato. La smorfia sul viso era difficile da interpretare, ma l’esecutore si soffermò su un dettaglio: le iridi del suo interlocutore erano di un color verde chiaro strano, lattiginoso, con una pupilla appena percettibile.
“Hai le stesse risposte del vecchio avvoltoio, Samuel. Eppure stavolta non ti trovo appollaiato sul suo trespolo, il che è una novità. Ne desumo che il tuo accompagnatore sia il famoso esecutore del sud”.
Sollevò la mano, mostrando l’anello vescovile, e l’esecutore si chinò per baciarlo. “Padre Tsekani Kaudry. Mi duole non avere l’onore di conoscerla”.
“Le chiacchiere su di lei corrono veloci sotto la Cupola, Padre. È un onore sapere che un uomo del suo valore si trovi con noi a Roma. Un po’ meno un onore sapere che Samuel non mi abbia presentato a lei come si deve …”
Il giovane fece per dire qualcosa, ma si morse il labbro.
“Sono il Vescovo Orbert Vidala. Il mio ordine di origine credo sia chiaro” fece, con un tono di voce casuale indicando il simbolo teatino sul suo vestito. “Sono stato informato della disgraziata vicenda di Angelo, ma la questione della sua testimone credo sia oltre il mio livello di conoscenza e gestione. Mi sono occupato di chiedere al Capitolo un esecutore in grado di gestire la faccenda col minor tempo possibile, e sono contento che per una volta quel vecchio gufo di Padre Whiteflame abbia fatto una scelta oculata. Chi lo sa, magari con gli anni ha iniziato a ponderare meglio le sue scelte
“Al contrario di molte persone, il mio superiore ha occhio nella scelta dei suoi sottoposti”.
L’altro sollevò le spalle e fece un gesto annoiato con la mano libera. “Davvero un repertorio monotono. Più che come operativo, Samuel, staresti meglio dietro una scrivania”.
“Non intendo emularla, eminenza”.
Padre Tsekani poggiò una mano sulla spalla del suo compagno; per un attimo quello fece per scrollarsela, ma lentamente tornò in posizione.
“Sono qui per valutare la questione della testimone, Vescovo. Sa dirmi di più? Sa bene che il tempo non è un nostro alleato, se davvero è successo qualcosa a Pontieri”.
L’altro annuì, senza nascondere un sorriso tra le labbra sottili e screpolate. Estese di nuovo la mano, e l’orso incastonato nella spilla emise un sottile bagliore che l’esecutore percepì con il corpo prima che con le parole. L’energia scaturita attraverso la Firma si estese in maniera ampia, come una mano accessoria o un’estensione del pensiero del Vescovo; non appena avvolse il breviario con il contratto, questo si aprì di scatto tra le sue dita. Il contatto con la Firma di Orbert Vidala attraversò entrambi i palmi delle sue mani, quasi come una stretta amicale, e si ritirò l’istante successivo.
“La Fata ha accettato di seguirci per testimoniare sulla questione del ritrovamento di Zurlì. Agli inizi è apparsa più collaborante del previsto, e le abbiamo organizzato il trasferimento in questa sede con il massimo della solerzia. Il problema è che una volta qui … ha iniziato a comportarsi in maniera anomala. Non ha voluto rivelarci nulla, e quando i miei uomini hanno insistito ha reagito con una violenza impensata. Ho fatto recuperare il contratto che la legava a Pontieri nella speranza di reciderlo o quantomeno di fare luce sul suo comportamento, ma temo che le mie competenze giacciano altrove”
“Di che Fata stiamo parlando?”
“Una Asrai”.
“Perché la cosa non mi stupisce …?”
Il Vescovo mosse rapidamente le dita, ed il libro si chiuse. Uno sbuffo di cristalli azzurri si sollevò al movimento delle pagine, ma sparirono nel momento in cui sfiorarono la sua mano.
“La Fata non ha dato cenni di volersene andare. Renderla irascibile non ci è sembrata l’opzione migliore, dunque si trova esattamente dove la abbiamo lasciata. Sono convinto che Samuel sappia già dove andare”.
“Ci saremmo già, se non fosse stato per qualche contrattempo” ringhiò l’altro. “Anzi, direi che stiamo entrambi rubando del tempo a Padre Tsekani, che senza dubbio non è venuto a Roma per baciare anelli!”
“Concordo, concordo …”
Il tono era piuttosto basso, eppure non nascose un leggero verso soddisfatto. “Le auguro un buon lavoro, esecutore del sud. L’intero Capitolo seguirà con attenzione questa sfortunata vicenda. Così come la seguirà la famiglia del nostro adorato magus scomparso … In ogni caso, è stato oltremodo un piacere conoscerla”.
L’esecutore fece un sottile inchino di saluto; aspettò che la figura claudicante rientrasse nella sua stanza e chiudesse il chiavistello, poi si voltò giusto per notare che il suo compagno aveva già attraversato a lunghe falcate il corridoio e avesse messo piede sui gradini di una vecchia scala, incurante di averlo lasciato indietro.
Di screzi sotto la Cupola ve ne erano più dei granelli di sabbia nel deserto. Il vantaggio di essere un esecutore operativo era la lontananza dai tavoli, dalle discussioni, da quei sottili giochi di favori e richieste che da sempre non facevano altro che causargli repulsione. Non si era mai considerato un uomo dalle tante parole. La Santa Sede rivaleggiava con i magi per misteriosi incidenti avvenuti a figure considerate troppo scomode; l’atteggiamento di Orbert Vidala nei confronti del giovane Samuel non era chiaramente un capriccio nato dal nulla, ma Padre Tsekani decise con un sospiro di rimandare le domande ad un momento meno opportuno. Se c’era un uomo che gli aveva da sempre dato l’idea di attirare più nemici che alleati era Padre Whiteflame.

Sottili cristalli di ghiaccio si erano formati lungo lo stipite della porta. Irregolari, contorti, infusi del tocco della Firma più della stessa acqua che li componeva. Respirò l’aria dell’androne, riconoscendo subito il freddo che lo aveva accolto nell’appartamento del magus scomparso.
Aveva lasciato il fucile nelle proprie stanze, e la mano gli corse subito alla fondina sotto la tunica ed al coltello.
“Hai mai avuto a che fare con le Fate, Samuel?”
Glielo chiese a bruciapelo, per coprire la crescente sensazione di nervosismo.
“Una sola volta. Un geomante in Australia aveva congiurato un Sidhe per fare il lavoro sporco al posto suo e portargli delle vittime. Padre Whiteflame si rifiutò di farmi partecipare in prima linea alla cattura, ma ci volsero sette esecutori per tendergli una trappola ed abbatterlo” fece. “Non credevo che potessero esistere abomini del genere”.
“Fidati, in questo momento preferirei dover abbattere un Sidhe a mani nude. Le Asrai sono molto difficili da gestire quando sventagli loro la cosa che odiano più di tutte”.
Samuel lo guardò dubbioso. I suoi occhi, di solito sempre pacati, erano ancora oscurati dalle pieghe di rabbia dello scontro col Vescovo. “Ovvero?”
“I maschi umani”.
“Fantastico …”
La porta si aprì, rivelando una stanza meno abbandonata di molte altre. Era stata adibita a parlatorio, con un paio di divani di finto raso e delle poltrone eleganti per accogliere gli ospiti. La brina si era depositata lungo tutti i pavimenti ed il tappeto, trasformandosi in vera e propria neve nel punto in cui la Asrai stava seduta. La pelle era di un colore strano, un misto tra l’azzurro ed il violetto, un colore esaltato dal lungo vestito scuro che indossava, un abito nero che le copriva le spalle, le braccia ed i piedi in strati voluminosi di tessuto che impedivano a chiunque la osservasse di avere informazioni più precise sulla sua reale corporatura. I capelli avrebbero potuto ricordare quelli di una donna, ma erano di un bianco innaturale, con le ciocche che le arrivavano alle spalle e mostravano cenni di ghiaccio persino sulle punte. Non presentava squame a vista, come invece nella maggior parte delle Fate della sua famiglia, ma ai lati della testa mostrava delle escrescenze azzurre che a qualcuno un po’ fantasioso sarebbero potute apparire come delle corna, ed erano decorate con dei diademi di perle e cristalli. Gli occhi, leggermente piccoli rispetto al resto della testa, guizzarono subito verso di loro, rivelando una iride di un azzurro chiarissimo, simile ad una lastra di ghiaccio su cui una pupilla evidente guizzava come un pesce in un lago. La luce elettrica della stanza dava allo sguardo un aspetto difficile da interpretare.
Padre Tsekani lanciò uno sguardo di ammonimento al suo compagno, poi fece un passo avanti per essere sicuro di avere l’attenzione della creatura. “I miei rispetti”.
Per fortuna il suo compagno fu abbastanza intelligente da abbozzare un leggero inchino senza fiatare.
“Siamo Padre Tsekani Kaudry e Padre Samuel Morningstar. Siamo venuti qui per ascoltare e raccogliere la sua testimonianza”.
“Vi manda l’hym con l’orso verde?”
La voce era squillante, di un suono pulito. In un coro di voci umane si sarebbe mescolata senza problemi ma lì, in quella stanza, nascondeva qualcosa di innaturale.
“Non proprio …”
La creatura fece loro cenno di sedersi sul divano di fronte a lei. Mosse le lunghe dita e la sottile patina di ghiaccio che rivestiva i cuscini svanì, lasciando solo qualche macchia di umido. I due uomini si sedettero.
A quella distanza il freddo della Fata riusciva ad entrargli fin dentro le narici.
Non era mai stato semplice definire la natura di quelle creature. Nei suoi viaggi, Ramon Llull aveva cercato di catalogare anche le apparizioni di quegli esseri, figure legate agli esseri umani sin da quando la scrittura potesse documentare. Non appartenevano al loro piano di esistenza, quello era noto, ma troppe volte nella storia degli uomini erano state presenti; la maggior parte dei teologi ancestrali era riuscita a descrivere quegli esseri come delle macchie di inchiostro cadute dalla penna del Signore al momento di apporre la propria Firma sul mondo, frammenti di qualcosa che gli uomini potessero solo intuire ma mai comprendere appieno. Le Fate avevano le loro regole, e in molte di esse gli uomini avevano un ruolo estremamente marginale. I magi che si legavano a quelle creature erano pochi, e molti avevano fatto una gran brutta fine.
Padre Tsekani ne aveva combattuti abbastanza da sapere che una Asrai sotto contratto poteva trasformarsi in una sentenza di morte prima ancora che potesse estrarre le armi.
“Il Vescovo la ha infastidita, mia signora?”
Samuel aprì bocca senza autorizzazione, e l’altro esecutore si dovette trattenere dal buttarlo fuori dalla stanza.
In pensieri, parole, opere e opinioni” mormorò lei.
Quando parlava, sottili strati di condensa si formavano intorno alle sue labbra. “Ma non ha nulla che possa turbarmi. I Vescovi giungono in silenzio davanti alla porta del mio padrone, sapete?”
“Riguardo al vostro padrone …”
“La casa è in ordine?”
Lui si fermò, osservando la leggera peluria bianca che doveva ricordare delle sopracciglia aggrottarsi leggermente. “… prego?”
“La casa del signorino Angelo. È in ordine? Le piante sono state innaffiate?”
“A parte un cadavere nello studio direi che la casa era presentabile, sì”
“Siano lodate le Correnti” mormorò con un sospiro “Cercherò di rendermi utile. Devo tornare a casa il prima possibile, ci sarà un sacco di lavoro arretrato. Le mail, la revisione della macchina, la nuova cameretta del signorino Louis … il padrone non può occuparsi di tutte quelle cose da solo, capite? Ho chiesto all’hym con l’orso verde un portatile ed una connessione per poter gestire almeno le pratiche più semplici, ma non ha voluto sentire ragioni”
Parlava un po’ con se stessa, ad alta voce, quasi come la loro presenza non fosse poi così importante. Non che non lo avesse immaginato, s’intendeva: le Fate venivano spesso vincolate allo svolgimento di compiti piuttosto elementali, e le parole di potere che venivano esercitate finivano immancabilmente per limitarle, come delle gabbie.
Sidhe vincolati a difendere il laboratorio dei magi che li avevano evocati avevano finito per sbranare i loro stessi contraenti qualora avessero aperto le porte delle loro stanze senza identificarsi, o Asrai erano state ritrovate in giro per dei paesi intente ad accoppiarsi con qualunque umano passasse a tiro soltanto perché il contraente non aveva specificato i dettagli del loro vincolo.
La Fata davanti a loro era fin troppo autonoma nel suo modo di esprimersi e di approcciarsi, ed era una chiara opera del genio di Pontieri.
Non ci voleva un genio per capire come mai la Santa Sede avesse ansia di riportarlo all’ovile.
Prese il breviario con il contratto, e con delicatezza lo appoggiò sulle proprie ginocchia. Di colpo la creatura smise di parlare, osservando prima l’oggetto e poi lui. In quello sguardo fatto solo di puro inverno non vi era nulla che potesse essere tradotto con una qualsivoglia emozione.
“Non le voglio rubare tempo, mia signora”.
“Non sono sua, hym
Passo falso.
“Come posso allora rivolgermi?”
“Il mio nome non è ben pronunciabile da voi hym. Ma il mio signore mi ha sempre chiamata Violet”.
“Un’ottima scelta, è davvero un bellissimo nome” fece Samuel, abbozzando un sorriso.
Di colpa la Fata aggrottò le sopracciglia, puntando gli occhi sul giovane esecutore e socchiudendo le labbra. Denti trasparenti e appuntiti come il cristallo apparvero tra le pieghe della bocca, e d’istinto Padre Tsekani portò un braccio davanti al compagno. Il gesto portò di nuovo l’attenzione della creatura su di lui.
Lui e Samuel avrebbero fatto una lunga chiacchierata non appena fossero usciti di lì. “Perdonate il mio collega, dama Violet. Rispondete soltanto ad un paio di domande e prometto che potrete tornare immediatamente ai vostri importantissimi doveri. Siamo qui per il bene del nobile Angelo”.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: whitemushroom