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Autore: whitemushroom    13/03/2024    1 recensioni
Un investigatore della Santa Sede indaga sulla scomparsa di un potente magus, muovendosi in una Roma distorta, più interessata a proteggere i propri segreti che a rivelarli. In un' isola poco lontana Njal, un giovane turista, perde una persona di a lui cara e scopre che qualcosa, nel suo corpo, inizia a non comportarsi come dovrebbe.
Il primo ha dedicato la sua intera vita alla caccia di uomini e creature sovrannaturali, il secondo si ritrova suo malgrado in un universo di cui nemmeno conosceva l'esistenza; eppure entrambi rincorrono fantasmi presenti e passati sulla scia di qualcuno che, come un pittore, lascia la sua Firma su degli eventi di cui è impossibile rimanere soltanto passivi spettatori.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sono stata io a ritrovare il corpo di quell’uomo”.
La Fata cambiò posizione. Nonostante il lungo abito impedisse di scorgerle le gambe, con un movimento portò i piedi sul divanetto. “Mancavo da casa da tre giorni. Il padrone mi ha mandata a supervisionare i lavori nella sua residenza in Abruzzo. Sapete, aveva intenzione di rendere l’intero seminterrato uno spazio separato per la convergenza contrattuale, qui a Roma purtroppo le interferenze sono troppe. Troppa gente, troppo poco spazio. E visto che da quelle parti ha anche delle cantine e dei vigneti, mi ha chiesto di andarmi ad occupare di tutto con un unico viaggio. È un compito di responsabilità, s’intende, e personalmente nessuno degli amministratori delegati del signorino mi è mai sembrato adatto al compito. Era da mesi che gli chiedevo di poter andare di persona a controllare la situazione, e meno male che ci sono andata … non potete capire quanto sia oltremodo snervante sapere che il denaro del mio padrone vada nelle tasche di hym che non trascorrano i giorni pensando al suo bene”.
“Io vado a prendere qualcosa alla macchinetta” gli mormorò Samuel all’orecchio.
Padre Tsekani annuì, stringendosi due dita intorno alla base del naso per soffocare il mal di testa.
“Io mi occupo di tutto, sapete? Il nobile Angelo non ha tempo da perdere con simili quisquilie materiali. Posso fieramente affermare che solo negli ultimi dieci anni il rendimento dei possedimenti della famiglia Pontieri è aumentato del quarantaquattro per cento e, non per essere modesta, i più produttivi sono stati quelli che sono stati acquistati su mio personale suggerimento. Potete capire da soli che i lavori di ristrutturazione della villa del padrone tendono a rallentare non appena levo loro gli occhi di dosso, dunque …”
La Fata sembrava un fiume in piena.
L’orgoglio era un tratto saliente della maggior parte delle creature ancestrali; la loro natura intrinsecamente legata al mistero della Firma le rendeva fiere e allo stesso tempo di difficile comprensione. Uno degli errori più stupidi di un esecutore era pensare che esseri come le Asrai, dotate di una bellezza inarrivabile per qualunque essere umano, facessero coincidere la vanità con l’orgoglio.
L’esaltazione dell'aspetto estetico non era che un frammento dell'anima di quelle creature, e blandirle un campo minato dove ogni passo gli sarebbe potuto costare la vita. “Comprendo. Immagino che lei avesse anche un occhio nella vita lavorativa del suo padrone, Violet”.
“Assolutamente. Se il signorino dovesse rispondere a tutte le chiamate della Cupola non avrebbe più un minuto libero. Gli preparo personalmente gli incontri con gli esecutori, le riunioni, e progetto i suoi spostamenti con una calendarizzazione di almeno tre mesi” fece “Mi occupo anche della gestione dei contratti minori. Ho l'autorizzazione a gestire le Fate che il padrone ha destinato alle funzioni domestiche ed a controllare che gli accordi siano sempre in ordine”.
L'uomo aspettò qualche istante prima di incalzare. Fino a quel momento, chiacchiera a parte, la creatura sul divano si era mostrata piuttosto incline alla collaborazione. Il Vescovo aveva riportato un comportamento aggressivo durante il precedente interrogatorio, e per quanto le antipatie di Samuel dovessero avere un fondo di verità, Orbert Vidala non gli era sembrato un uomo interessato a mentire su questioni pratiche. E, a meno che il Vescovo non fosse stato così stupido da attentare all’incolumità fisica della Fata, era chiaro che le sue domande dovevano essere entrate in un dominio che potesse in qualche modo interferire col contratto stesso.
Poseidon, il patto che legava Violet a Angelo Pontieri, era molto più complesso della maggior parte degli incantesimi di vincolo che avesse incontrato nel corso della sua carriera. Conosceva i principali simboli dell’ancestrale, ma per decifrare e sviscerare l'origine stessa di Poseidon sarebbe servito un altro magus contrattista.
Si sarebbe dovuto affidare al suo vecchio fiuto.
“Avete raccontato che siete tornata da un viaggio in Abruzzo per conto del vostro magus. È una pratica abituale? Comunicavate i vostri spostamenti?”
“Non mi succede spesso. Non posso farmi vedere da voi hym. Mi espongo solo con persone che conoscono la mia natura, per il resto gestisco la casa per via telematica. Ma non è un evento raro” disse. Rivolse un sorriso ad un punto imprecisato della stanza, poi girò un dito e dei fiocchi di neve apparvero dal nulla e le finirono tra i capelli e le corna. “Prima di partire per Roma ho scritto al signorino, e lui ha visualizzato”.
“E quando siete entrata…?”
“Non suono mai al citofono. Ci mancherebbe anche che il padrone si alzi. Ricordo che da fuori si vedeva la luce di casa accesa e le tapparelle erano alzate, quindi ho pensato che fosse ancora sveglio. Ho aperto con le mie chiavi annunciandomi. Certo, il signorino non mi aveva risposto, ma succede che si addormenti mentre guarda la televisione, quindi sono andata a controllare e…. beh, sapete cosa ho visto”.
Negli occhi della creatura comparve un balenio, un guizzo simile ad un'onda su un mare fin troppo calmo. La sclera scura fu attraversata da una venatura bianca che svanì al successivo battito di ciglia.
Per quanto possibile, la creatura doveva essere turbata. “So che siete stata voi a chiamare la Santa Sede. Non avete provato a contattare il vostro padrone?”
“No”.
La voce divenne di colpo più secca.
“... perché?”
“Perché no”.
Come da manuale, i due eventi infausti avvennero nello stesso istante.
Un cristallo di ghiaccio, appuntito quanto una lama affilata, comparve nell'aria a pochi palmi dalla sua gola, frapponendosi tra lui e la Fata.
Contemporaneamente, Samuel aprì la porta e cacciò un urlo.
Il cristallo cambiò direzione, buttandosi verso il giovane che aveva disturbato la scena. Padre Tsekani reagì d'istinto, estraendo uno dei suoi coltelli da lancio e tirandolo contro il cristallo con tutta la velocità di cui disponeva. Cercò di aggrapparsi alla scia della Firma della Fata per aumentare la potenza, ma riuscì solo a dargli velocità. L'arma impattò sul cristallo, deviandone la traiettoria; questo andò a finire contro una piccola libreria, esplodendo in schizzi di ghiaccio che coprirono più di metà del mobile con una patina fatale per un umano. Samuel si era buttato a terra e fissava la libreria impietrito, con due bicchieri di caffè rovesciati sul pavimento.
Padre Tsekani si alzò, recuperò il coltello e chiuse la porta. Pregò di cuore che nessuno avesse sentito. “Si può sapere cosa vi prende?”.
“Io non ho chiamato il padrone!” gridò lei, alzandosi di scatto. “Io non lo ho chiamato. Non lo ho nemmeno cercato!”
Il freddo fu così intenso che i vasi ornamentali della stanza esplosero, e l'uomo sentì una morsa di ghiaccio nel petto forte come una zampata. In risposta all'energia della creatura ancestrale, il libro del contratto, ancora nella sua mano sinistra, si aprì di scatto come se avesse una propria volontà. Le spirali azzurre che si erano animate poche ore prima si librarono nella stanza come sottili tentacoli, illuminando i loro tre visi con una luce che poteva ricordare soltanto il riflesso del sole sul ghiaccio.
L’esecutore cercò di chiudere il libro, ma la copertina sembrava scolpita nel marmo. “... merda”.
Le parole iscritte in rosso, al contrario, guizzarono tra i fogli in strani cerchi concentrici.
L'energia di Poseidon aumentò; l'uomo sapeva fin troppo bene cosa sarebbe potuto succedere se l'avesse lasciata libera.
Prese un respiro profondo e parlò col tono più forte che avesse “Nessuno vuole costringerla a cercare il suo padrone, signorina Violet” disse. Cercò di assumere un'espressione severa, ma il meno minacciosa possibile. “Quindi adesso ci metteremo tutti seduti e ci comporteremo in maniera civile, d'accordo?”
In tutta risposta le pagine del contratto si screziarono di azzurro e i leggeri caratteri neri si fusero con le rune in rosso. Intorno a lui si disegnò una leggera patina che si eresse a flebile scudo tra lui e qualunque cosa stesse per esplodere dal contratto. Con la coda dell'occhio notò Samuel che si era portato la mano al crocifisso, ma la sua energia di fronte a quella della Fata aveva lo spessore di un guscio d'uovo.
“Per favore, signora” esclamò “Non intendiamo costringerla a dire nulla. Ha la nostra parola”.
La pressione dell'aria diminuì, anche se di poco. L'espressione della Asrai rimase immutata, come se tutto il suo sguardo e la sua stessa essenza fossero focalizzate altrove.
Se gli uomini di Vidala avevano posto le sue stesse domande, iniziava a essergli più chiaro il perché lo avessero mandato a chiamare.
Tentare di forzare - o, peggio, attaccare– una creatura fatata in quelle condizioni era come staccare un biglietto di sola andata per il Verano. Tanto più che qualcosa, nella sua mente, aveva iniziato a scampanellare.
Lentamente i caratteri del contratto presero a rientrare. L'energia celeste diventò sempre più fioca fino a perdere energia, e l'uomo non trattenne un sospiro di sollievo quando le pagine si chiusero.
La Fata spostava lo sguardo da loro al contratto. Se c'era una spirale di sorpresa o dubbio in quegli occhi, era tornato a nascondersi sotto il ghiaccio perenne.
“Posso portarle qualcosa, signorina?” fece Samuel, ancora più pallido di quanto già non fosse.
“Se ci fosse qualcosa di dolce… Ne avrei proprio bisogno… il padrone mi porta sempre degli ovetti di cioccolata. Io gli ripeto che sono per i bambini, ma lui dice che se mi piacciono li posso mangiare anche io. Poi però se ne mangio troppi non mi sento bene, lui dice che è perché esagero, ma io credo che noi Asrai non dovremmo mangiare troppo cibo degli hym, perché poi…”
Con calma l’esecutore si avvicinò ed interruppe il monologo appoggiandole il contratto tra le mani. “Questo è meglio che lo tenga lei, Violet” mormorò “E non lo lasci a nessuno. È il suo legame con il nobile Pontieri ed il nostro mondo”.
Lei lo guardò ancora una volta, soppesandolo; non accennò ad aprirlo, né a sfogliare le pagine. Si limitò a tenerlo più stretto, e lungo la punta delle sue dita una leggera patina di freddo risuonò con l'energia arcana di Poseidon, chiudendo il costone con un sigillo di ghiaccio. “Grazie”.
“È suo”.
“È mio e del mio signorino. Nessuno dovrebbe toccarlo senza il nostro permesso”.
Continuò a tenerlo in mano, senza appoggiarlo. E, quando Samuel finalmente rientrò con delle merendine - lamentando qualcosa sulla sua misera paga - si sedette a mangiare sul divano tenendo il contratto sulle ginocchia. Con la coda dell'occhio fu quasi convinto di scorgere un lieve cenno di ringraziamento con la testa della creatura verso l’esecutore sai capelli biondi. “Purtroppo temo che senza alcune informazioni la Santa Sede impiegherà un po’ di tempo a rimandarla a casa, Violet. Ma mi assicurerò che non vengano più a disturbarvi oltremodo con questa storia” esordì, facendo cenno al suo compagno di alzare i tacchi “Vedrà che la situazione si risolverà al più presto”.
Samuel gli venne accanto, mostrando un leggerissimo inchino di saluto, e fecero per varcare la porta quando un flebile refolo di vento freddo lambì la sua nuca. Una forma della Firma leggera come la punta di un pennino.
“Due settimane fa il padrone mi ha causato un sacco di problemi. Mi ha fatto disdire all'ultimo momento un gala che avevo organizzato da tempo. Gli ho detto che sarebbe stato imbarazzante per la famiglia Pontieri, ma non mi ha dato ascolto. Avevo anche fatto preparare una stanza per il fratello della signora Emma, non potete capire che figuraccia…”
A differenza di pochi minuti prima, il tono della Fata era cambiato. Padre Tsekani la guardò, ma la creatura non incrociava i loro sguardi; avrebbe potuto giurare che fosse immersa nella lettura del contratto, ma il volume era chiuso. Scandiva le parole, scegliendole. “... mi ha detto che andava a cena a Ostia da un amico. Allora mi sono affrettata a prenotargli un ristorante, e mi ha detto di non preoccuparmi, che aveva già fatto tutto il suo amico Antonio. E io ci sono rimasta malissimo, perché in tanti anni il mio signore ha chiesto sempre a me di organizzare le sue cene. E mi sono detta, Violet, devi aver sbagliato qualcosa, forse le ultime volte hai scelto dei posti che non gli sono piaciuti o dove il cibo non era di qualità. Poi mi sono preoccupata, perché questo Antonio non lo conoscevo, a Ostia si mangia il pesce, e se il signorino si fosse preso una intossicazione alimentare perché non ero lì a scegliere il locale giusto non me lo sarei mai perdonata. Lo sapete cosa succede con le intossicazioni alimentari, non è vero?”
L'uomo trattenne il fiato.
La chiara logorrea della Asrai li stava portando da qualche parte; dove, toccava a lui intuirlo.
“Solo che il padrone ha insistito. Allora ho detto al suo autista di preparare la macchina e di portarsi dietro la scatola dei medicinali. Ma lui di nuovo non ha voluto, e ha insistito per guidare di persona. Che, per carità, il nobile Angelo guida benissimo, ma trovo che per una persona del suo livello sia indispensabile disporre di un autista, specie se va in un posto dove non ha un garage e deve trovare parcheggio” sbuffò, e per un attimo l’esecutore si costrinse a non ridere. “Sono una donna scrupolosa, sapete? Il signorino mi ha promesso e strapromesso di non bere nulla di eccessivo, e ho comunque allertato Mirko, il nostro autista, di controllare la macchina, fare il pieno, insomma, capirete la mia apprensione. E lo sapete cosa mi ha riferito Mirko? Ad un certo punto mi ha chiamato, dicendo che mi dovevo affacciare, e lungo la via…”
Fece una pausa, mordicchiandosi il labbro inferiore. Pur non fissando nessuno dei due uomini negli occhi, il suo sguardo sembrava bloccato su un punto fisso, alla ricerca della parola giusta.
“... il padrone ha fatto salire una donna che lo aspettava all'angolo della strada. Era calato il sole, ma io l'ho vista benissimo. Noi Asrai cacciamo anche a centinaia di metri di profondità, non esiste che io non veda…”
Il suo petto iniziò a sollevarsi ed abbassarsi. Qualunque cosa stesse cercando di dire, stava aggirando il contratto con tutte le sue forze “... ed era una donna molto bella. Aveva dei capelli di un blu incredibile, perfetti come la Madre delle Onde. Era elegantissima, e il signorino appena è salita è partito a gran velocità. E io ci sono rimasta così male…”
“Non dica oltre, signorina. Va bene così”
L’esecutore accompagnò la frase con un gesto pacato della mano. Poseidon stava dando cenni di riapertura, e nessuno di loro tre voleva procedere sul serio. “Giusto una cosa. La moglie del signor Angelo ne sa qualcosa?”
“No. E mi sento un po’ in colpa a non averglielo detto” fece lei, portandosi un'unghia alle labbra “Ma non ne sono sicura. Gli occhi della signora sono ovunque”.
“Grazie mille. Ci è stata davvero molto utile anche così”.
Samuel si avvicinò, replicando l'inchino di congedo. Sul tavolo fece apparire una crostatina, e l'altro non trattenne un semplice sorriso.
I due uscirono, chiudendosi lentamente la porta alle spalle. Nel percorso verso l'uscita evitarono la sala del Vescovo, e fu solo dopo essersi lasciati alle spalle anche l'ultima guardia che il più giovane trovò il coraggio di dare voce ai suoi dubbi. “Padre Tsekani, non sono sicuro che fossimo autorizzati a lasciare alla Fata il suo stesso contratto”.
“Non lo eravamo, infatti” disse lui. “Ma auguri a chiunque provi a recuperarlo, adesso”.
Un sorriso soddisfatto apparve sulla faccia dell'altro. Per quanto in passato avesse avuto modo di lavorare con il più giovane, anche di supportarlo in qualche bega operativa, l'uomo si accorse che conosceva del piccolo inglese molto meno di quanto pensasse. Qualunque screzio fosse avvenuto tra lui e Vidala, fu costretto ad ammettere che aveva catturato la sua attenzione, se non il suo fiuto. Si ripromise di chiederglielo, magari in una sede più neutrale, anche se di norma non era sua abitudine ficcare il naso negli affari altrui, specie quando si trattava di lavoro.
Decise quindi di riportare l'argomento su qualcosa di più adatto “In ogni caso abbiamo ottenuto più di quanto sperato. Questo colloquio non è stato un buco nell'acqua”.
“A parte scoprire che il nostro magus aveva una relazione extraconiugale e che forse anche la sua Fata gli andava dietro? Suppongo che per un nobile pontificio sia la normalità”.
“Una bella donna può causare più guai di un Sidhe fuori controllo” rispose, prendendo fiato per arrampicarsi sulla scala a pioli. “Ma sappiamo qualcosa di ancora più importante”.
Uscirono dalla stamberga per volatili, respirando ancora una volta il tanfo del guano. La Villa, chiusa al pubblico a partire dal tramonto, non disponeva di alcun sistema di illuminazione, sebbene quel punto fosse illuminato dai lampioni al di fuori delle mura.
Fecero qualche passo nella voliera, quando qualcosa lo mise in allarme. Si portò davanti a Samuel, e rimpianse di aver lasciato il fucile nel suo alloggio; l'altro strinse il crocifisso e portò la mano al fianco, alla ricerca della fondina, poi si appoggiò alla casupola in legno e cercò di seguire il suo sguardo.
Intorno a loro, la voliera ed il parco erano caduti nel silenzio più assurdo, un silenzio fuori luogo nel cuore della capitale. Padre Tsekani estrasse la pistola, la puntò davanti a sé e trattenne il fiato, l'occhio alla ricerca di qualunque cosa gli avesse pizzicato i sensi. Nulla intorno a loro, vicino alla panchina, nessun movimento nemmeno nei pressi della fontana. Guardò verso l'uscita della voliera, e nulla li separava dall'uscita né sembrava attenderli nei cespugli subito al di fuori.
Valutò l'idea di far rientrare Samuel nei sotterranei e dare l'allarme, ma aspettò.
Aveva molti difetti e non si considerava il miglior esecutore esistente, ma al buio sapeva di essere il cacciatore. Con la mano libera si portò il crocifisso alle labbra, e di colpo l'energia della Firma scattò, costringendolo a guardare di corsa verso l'alto e puntare l'arma.
Sopra di loro, al culmine della voliera, un cigno nero stava appollaiato all'esterno. La mole era enorme, quasi il doppio di una bestia normale, e gli occhi rossi brillavano nella notte in maniera soprannaturale. Appena scoperto l'animale aprì le ali e piegò la testa verso di loro, forse in posizione d'attacco, e il metallo ormai arrugginito della voliera rimbombò sotto il movimento repentino.
Sparò prima ancora di porsi domande.
Non seppe dire però se avesse colpito il bersaglio, perché l'attimo successivo la creatura era scomparsa, e dall'alto presero a cadere solo delle piume nere, senza più traccia della creatura. Corse fuori dalla gabbia e cercò di afferrarne una, ma questa si dissolse nel nulla prima ancora che potesse sfiorarla.
“E quello cos'era?”.
Non poteva vedere l'espressione del suo compagno, ma la voce gli tremava.
“Direi una conferma della mia idea”.
Qualunque cosa fosse stato quel cigno, poteva sentire la puzza dello zampino di un magus. E nemmeno il magus indipendente più imbecille del mondo avrebbe realizzato una congiurazione simile vicino ad un sito della Santa Sede, il che lasciava a suo avviso ben pochi sospettati. “Angelo Pontieri se ne è andato di sua volontà, ed ha persino impedito alla sua Asrai di provare a cercarlo, forzandola nel suo stesso contratto. Ha violato di sua volontà qualunque protocollo della Cupola, e sa che gli metteranno qualcuno alle calcagna”.
Mosse il passo verso l'uscita, mentre da fuori già qualche cittadino si stava domandando da dove venisse lo sparo. “Non è un rapimento, né un omicidio. È una caccia al magus in piena regola”.
  
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