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Autore: La_Sakura    15/03/2024    6 recensioni
Nankatsu non è il Brasile, e se Tsubasa pare non rendersene conto, Keiko si trova a fare i conti con quella differenza. Nonostante sia giapponese, si sente un'estranea, una gaijin.
Le manca Cris, le manca il Brasile, ma soprattutto le manca la velocità, e lavorare non le basta per colmare quel vuoto che sente dentro; oltretutto, l'intesa storica con Tsubasa pare venir meno ora che lui è tornato nel suo mondo, e ciò contribuisce ad allargare la spaccatura fra di loro.
Come una ferita i cui lembi si sono rimarginati staccati l'uno dall'altro, ora che ha più bisogno di supporto si sente sola.
E, si sa, quando ci si sente soli si prendono decisioni che possono risultare discutibili.
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«Niente. Più. Gare.»
«Che c’è, hai paura che ti tolga il titolo di miglior pilota?»
«Pensi questo? Pensi che si riduca tutto a un “decretiamo chi sia il migliore tra noi”? Sai bene che non è così.»
«A me invece sembra che tu sia parecchio competitivo.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos - sequel di "Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Promesse o minacce?

Kei scostò il lenzuolo e posò i piedi sul freddo pavimento in ceramica: si chinò per raccogliere i suoi vestiti, o ciò che ne rimaneva, cercando di ignorare la fitta alla testa.

«Te ne vai già?» la voce di Shuzo la gelò all’istante «Credevo ci fossimo divertiti.» ammiccò quando lei gli gettò un’occhiata distratta.

«È tardi, devo andare in officina.»

«Noshimuri.»

Il tono di voce era perentorio, il che la indusse a voltarsi completamente verso di lui.

«Non fare quella faccia, un po’ di sesso non ha mai ucciso nessuno.» si sollevò, addossando la schiena al muro e scoprendosi dal lenzuolo, la sua nudità in bella vista.

«Non montarti la testa, Mori: è solo euforia data dall’alcool.»

«Oh, io lo so bene, e tu?»

Scese dal letto e la raggiunse, sollevandole il mento con due dita per obbligarla a fissarlo.

«Di che diamine stai parlando.» si scostò Kei, arretrando di un passo, desiderosa di mettere quanta più distanza possibile da lui.

«Sappiamo entrambi che sei innamorata di Ozora, e stanotte sembravi quasi…» abbassò il tono di voce «disperata. Non fraintendermi, forse il miglior sesso degli ultimi mesi, finalmente ho percepito passione, rabbia, non sei stata ferma imbambolata a gambe aperte ad attendere il Messia.»

«Oh, ti prego.» mormorò, portandosi una mano alla tempia che pulsava con intensità.

«Ozora non sa cosa si perde. Potrei sempre raccontarglielo, magari mi aggrego e lui e Yuzo una di queste sere.» portò le mani al mento con fare pensoso.

«Lascia Tsubasa fuori da questa storia.»

«E tu lasciaci i sentimenti, Keiko.» replicò duro «Ieri sera hai perso il controllo perché avevi la testa da tutt’altra parte.»

«Avrei perso il controllo scopando con te? Tu sei fuori di testa.»

Fece per uscire ma lo yakuza la trattenne per un polso, le dita strette a mantenere salda la presa.

«Sei venuta qui in preda allo sconforto, hai bevuto senza pensare che avrei potuto avere bisogno e ti sei lasciata andare al primo che ti faceva due moine, quindi sì, hai perso il controllo scopando con me.»

Kei non si fece intimorire, incurante della stretta sul polso che iniziava a pulsare, ridusse gli occhi a due fessure e gli puntò un dito sul petto.

«Anche con mezza bottiglia di whisky in corpo sono meglio di quei quattro sfigati che usi normalmente per le tue consegne, e non ero qui in preda allo sconforto bensì in cerca di pace, per mettere a posto i miei pensieri e decidere che direzione prendere. Non credere che io sia così vulnerabile da andare a letto col primo che mi mette le mani addosso, è stata una scopata e nient’altro, voluta da entrambe le parti, o sbaglio?»

Mori incurvò le labbra in un ghigno sarcastico, lasciando andare la presa.

«Buona giornata, Noshimuri.» e mimò il gesto di calarsi il cappello. Keiko scosse il capo e uscì dalla stanza, ignorando gli sguardi curiosi che gli scagnozzi di Mori le lanciarono mentre scendeva la scala in ferro che dall’appartamento portava al capannone.

Quando raggiunse l’officina, Tsubasa era già al lavoro e le lanciò un’occhiata interrogativa.

«Tutto bene?»

«Scusa il ritardo.»

«Non devi scusarti…» replicò, corredando la risposta con un sorriso dolce. Kei si trattenne dall’urlargli dove avrebbe potuto ficcarsela, la sua condiscendenza, si limitò a farsi un caffè e berlo ancora bollente, sperando che le risvegliasse anche l’intelletto e la riscuotesse dal torpore.

«Più tardi mi assenterò per un po’, vado a vedere un appartamento qui vicino con un agente immobiliare. È un vecchio compagno della Nankatsu, e…»

«Non devi giustificarti.» lo liquidò con un gesto.

«Kei, sono serio quando dico che continuerò a occuparmi di voi.»

Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi, e affogando il senso di colpa nel whisky che ancora galleggiava nel suo corpo.

«Bas, va bene. È giusto così: hai ragione quando sostieni che non puoi rimanere a vivere per sempre con noi, hai delle esigenze, e…»

«Esigenze?» ripeté lui, alzando le sopracciglia con scetticismo.

«Sì, voglio dire: tu e Sanae, voi due avete perso così tanto l’uno dell’altra che è normale che vogliate recuperare il tempo perso. Solo…» riaprì finalmente gli occhi ed ebbe il coraggio di guardarlo «Ho solo bisogno di tempo per accettare la cosa e adattarmi al cambiamento, l’ennesimo. È stato un anno complicato, troppe cose da portare avanti, e un cuore troppo piccolo per contenere tutte le emozioni.»

Tsubasa allargò le braccia e la accolse in un abbraccio stretto: Kei si accoccolò sul suo petto e strinse il collo della maglietta, chiudendo gli occhi mentre il senso di colpa esalava l’ultimo respiro.

Un colpo di tosse attirò la loro attenzione.

«Ah, Kisugi-san!»

«Ciao, Tsubasa.» lo salutò l’altro. Kei sentì lo sguardo indagatore del ragazzo scrutarla da capo a piedi, prima di rivolgere l’attenzione all’ex compagno di squadra «È un piacere rivederti.»

«Anche per me! Aspetta.»

Tsubasa si sfilò la tuta da lavoro e la appoggiò sul carrello degli attrezzi: Kei lo squadrò da capo a piedi e ritorno, salvo poi distogliere lo sguardo con imbarazzo, la nottata appena trascorsa l’aveva resa più audace e le aveva riempito la testa di pensieri impuri.

Sì, perché Mori su una cosa aveva ragione: il suo era stato un sesso disperato.

 

Aveva apprezzato ogni singolo dettaglio della casa che Teppei gli aveva mostrato, e ora stava viaggiando con la mente, pensando a come avrebbe potuto arredarla, a come sarebbe stato viverci con Sanae, alla cameretta di Yuki e Keiko.

Un lampo gli attraversò la mente e si sollevò dal divano: la cameretta di Yuki e Keiko? Da dove gli era uscito quel pensiero?

Posò i piedi a terra e fissò il vuoto davanti a sé, rendendosi conto che la sua mente non era ancora settata per una vita in una casa in cui Kei non fosse presente. Certo, tutto quello che le aveva detto era vero – sarebbero stati vicini, non l’avrebbe abbandonata, eccetera – ma lei non sarebbe stata lì fisicamente.

La birra alle due di notte.

I tornei di poker improvvisato.

I sanduíche de mortadela.

Le grigliate in giardino.

Provò una fitta tremenda ripensando al suo giardino nella sua casa a Santos, la prima abitazione che avesse mai posseduto.

Mentre si stendeva nuovamente sul divano, ripercorse mentalmente i passi del vialetto, visualizzò l’ingresso e aprì la porta scostando la zanzariera che svolazzò per la corrente d’aria; vide Kei in piedi ai fornelli, intenta a preparare la cena, Yuki a tavola concentrato sul suo disegno, e udì Cris canticchiare sotto la doccia.

Riaprì gli occhi. Il ricordo del suo irmão era troppo doloroso per poterlo affrontare, non era ancora pronto. Diceva a tutti di aver affrontato il lutto ma la realtà dei fatti era che aveva semplicemente sotterrato il ricordo in un angolo e faceva di tutto per non pensarci.

Bip.

Controllò il cellulare, ma non c’era nessuna notifica ad attenderlo.

Bip.

Keiko aveva forse lasciato acceso il forno?

Bip.

Scattò in piedi e voltò lo sguardo verso il pc portatile: la mappa di San Paolo era aperta sullo schermo, come sempre, e un puntino rosso lampeggiava a ritmo col suono.

Bip. Puntino Rosso.

Bip. Puntino Rosso.

«Non è possibile.» mormorò, chinandosi davanti allo schermo e cercando di capire cosa dovesse fare.

Neppure il tempo di posare le mani sulla tastiera che il puntino era sparito, e il silenzio era piombato nuovamente nel salotto.

«Che stai facendo, Bas?»

La voce di Keiko lo fece trasalire, e si voltò verso di lei come colto in flagrante.

«Ah, io volevo guardare una cosa…»

«Usa quello dell’officina, questo è troppo lento.»

Sembrava non essersi accorta di nulla, e per non alimentare false speranze preferì non dirle ciò che aveva appena visto coi suoi occhi.

«L’appartamento com’era?» era tornata in salotto e si era seduta sul divano, birra alla mano.

«Molto bello, mi piacerebbe portarci Yuki per avere la sua approvazione e fargli scegliere la cameretta.»

«Cameretta?»

«Sì.» si sedette accanto a lei e le tolse la birra di mano per condividerla «Se avesse uno spazio tutto suo, sono certo che non si sentirebbe escluso.»

«Ne hai parlato con Sanae?»

«Sono certo che non avrà nulla in contrario.» replicò secco, bevendo un sorso di birra.

«Le stai già imponendo la presenza di un bambino, non sono certa che la prenderà bene.»

«Non le sto imponendo nulla, Yuki è mio figlio, è giusto che abbia i suoi spazi a casa mia.»

«Come ti pare.»

«Riesci sempre a rovinare l’atmosfera.»

Ed ecco nuovamente la magia tra di loro che si spezzava: non riuscivano più neanche ad affrontare una discussione civile senza finire col punzecchiarsi e dirsi cattiverie.

Si preparò alla replica piccata di Kei ma questa non arrivò: la osservò, si stava limitando a fissare davanti a lei, lo sguardo vuoto.

«Forse è giusto che tu te ne vada: da quando siamo qui…» sospirò, passandogli la birra «Non siamo più riusciti ad avere un dialogo, proprio noi che abbiamo sempre parlato di tutto.»

«Ti sei pentita?» le domandò, fissando lo stesso punto davanti a sé nella speranza di cogliere cosa stesse attirando la sua attenzione.

«Se mi stai chiedendo se rivorrei la mia vita di prima, la risposta è sì. Darei qualunque cosa. Ma…» tolse il focus da davanti a sé e si concentrò su di lui «So che non è possibile, quindi cercherò di andare avanti con quello che la vita mi offre, sperando di stare bene e di avere la salute.»

«Questa frase è molto da Beto.»

«Oh, sicuramente lui si sarebbe dilungato in una dissertazione filosofica su quanto sia necessario trovare il proprio equilibrio anche in situazioni difficili.» Kei si raddrizzò sulla schiena e puntò l’indice della mano sinistra verso l’alto «”Vedete, ragazzi, non è solo questione di vivere la propria vita, bensì di vivere la miglior vita possibile.”» citò, cambiando inflessione della voce per imitare quella maschile di Hongo, e scoppiando poi a ridere lasciandosi ricadere contro il morbido cuscino.

«Quanto mi manca…»

«Ti costa ammetterlo, vero?»

Tsubasa annuì, senza aggiungere altro. Sapeva che Keiko lo comprendeva, lo aveva sempre fatto: aveva sempre capito ogni singola cosa di lui, senza che dovesse spiegarsi o giustificarsi.

«Anche a me manca.»

La rivelazione di Kei era ancora più stupefacente della propria.

«Devo registrare questa confessione?»

«Non serve, tanto lui non c’è più, e non lo dirò mai più.» ridacchiò «Sono ancora arrabbiata con lui per non essersi preso la sua responsabilità con Yuki, trincerandosi dietro al fatto che con noi sarebbe stato meglio e che era più protetto, però mi rendo conto che l’ha fatto perché ci voleva bene. Sai, Yamai ha detto che parlava spesso di noi, e che aveva una nostra foto sempre con sé.»

«Un modo per ripulirsi la coscienza.»

«Forse.» fece spallucce «Anche tu lo fai, pensando alla cameretta di Yuki nella tua nuova casa.»

«Cosa? Non è vero, io non lo faccio per pulirmi la coscienza.»

L’occhiata che lei gli lanciò fu più che eloquente, così scattò in piedi.

«Sono quasi offeso della tua insinuazione.»

Kei scoppiò nuovamente a ridere, era così bello vederla finalmente un po’ serena. Si mise in piedi di fronte a lui e si allungò per schioccargli un bacio su una guancia.

«Boa noite, irmão.»

 

Yuzo suonò al campanello dove il kanji di Ozora faceva bella mostra di sé, e un attimo dopo si ritrovò proiettato in un luminosissimo salotto.

«Bem-vindo!» il padrone di casa lo accolse a braccia aperte, rifilandogli una sonora pacca sulla spalla.

«Hai trovato un appartamento bellissimo!»

«Kisugi è stato bravissimo, era un’occasione che mi ha fatto cogliere al volo. Gliene sarò eternamente grato.»

Yuzo lo seguì e raggiunsero la cucina tramite una porta scorrevole: l’ambiente era completamente diverso dal precedente, i mobili wengé in netto contrasto col bianco del salotto.

«Sono il primo?»

«Sì.» annuì l’altro, porgendogli una birra «Sanae arriva con Ryo e Yukari, Keiko è andata a portare Yuki da mia madre: ho pranzato qui con loro, volevo che fossero i primi a vederla.»

«Come l’ha presa?»

Tsubasa si prese il tempo di rispondere mentre deglutiva l’abbondante sorso di birra.

«Sincero? Non credo l’abbia presa. Passa pochissimo tempo a casa, appena può scappa nel covo di Mori e – scusa, so che è tuo fratello, ma la cosa mi preoccupa.»

«Shuzo mi ha detto di averla beccata a dormire nella sua auto, un paio di volte.»

L’altro scosse il capo, sconsolato.

«Non so che fare: se solo capisse che non cambierà nulla…»

Yuzo trasalì, non certo di aver sentito bene.

«In che senso “non cambierà nulla”, Tsubasa? A me pare ovvio che sia tutto diverso, ora che tu stai qui e che presto anche Sanae verrà a vivere con te.»

«Mi sono solo trasferito di pochi isolati, non è niente di che.»

«Davvero non te ne rendi conto?»

Dalla faccia che gli rimandò, Yuzo comprese che Tsubasa era rimasto il solito vecchio ingenuo: doveva ammettere, a sua discolpa, che Keiko era stata molto brava a nascondere i suoi sentimenti, di cui lui aveva il sospetto ma non la certezza.

«E Yuki come l’ha presa?» divagò, per nulla intenzionato ad avventurarsi in quel territorio inesplorato.

«Lui mi sembra contento: ha scelto la sua stanza, l’abbiamo arredata come voleva, onestamente non vedo l’ora di averlo a dormire qui. Oh, scusa, vado ad aprire.»

Gli altri ospiti invasero il salotto e si profusero in un coro di meraviglia, entrando, tranne Keiko. La donna rimase in disparte e parve illuminarsi solo quando si rese conto della sua presenza.

«Yuzo-kun.» gli diede un buffetto sulla spalla.

«Stai bene?»

Keiko annuì, cercando di sorridere.

«Starò bene.» sussurrò.

«Venite, la cena è quasi pronta! Ho preparato un picadinho da urlo per tutti voi.»

«Spero che stavolta tu abbia cotto bene la carne, l’ultima volta sembrava di mangiare una suola da scarpe.»

«Divertente, Noshimuri, molto divertente. Per favore, prendi le birre dal freezer.»

«Ancora lo fai? Non ti è bastato quando lo hai quasi fatto esplodere a casa di Hongo?»

«Ehi!» Tsubasa la redarguì brandendo un mestolo «È stato Cris a consigliarmelo, io neanche bevevo, all’epoca.»

«Sì. Certo.» replicò Kei, un sorriso beffardo dipinto sul volto mentre gli passava una birra che aveva appena stappato.

«Non ho capito una cosa.» Ryo accettò la birra che la ragazza gli aveva porto e si grattò una tempia «Abitavate tutti insieme?»

«Sì.»

«No.»

Kei e Tsubasa si scambiarono uno sguardo divertito.

«No, quando fece quasi esplodere il freezer io vivevo coi miei genitori e mia sorella.»

«Sì, ti eri appena trasferita, non ricordi?»

«Ti sbagli, Bas.»

«Kei, erano le birre per la race war di Cris.»

La donna rimase un attimo in silenzio, come se stesse riflettendo.

«No, quelle erano per la fine della scuola. Le birre della race war le avevamo messe in garage da me per evitare che Roberto le trovasse.»

Yuzo notò con la coda dell’occhio che Sanae si era come rabbuiata, e non faticò a comprenderne il motivo: la sintonia di Kei e Bas aveva colpito anche lui, la prima volta che aveva avuto a che fare con loro.

«Tá bom, andiamo a sederci. Kei, le birre.»

«Sì, sì.» lo liquidò con un gesto.

Tsubasa li fece accomodare, e sparì in cucina, da cui giunsero delle frasi sconnesse in portoghese e qualche risatina.

«Beh, pare che Keiko l’abbia presa bene, o sbaglio?» Ishizaki lo sussurrò per non farsi sentire.

«Cosa doveva prendere, mica stavano insieme.» rimbeccò Yukari, piccata.

«Certo che stavano insieme, hanno anche un figlio!»

«Non essere imbecille, Ryo.» Yukari pareva sul piede di guerra «Si vede lontano un miglio che quello non è figlio di Tsubasa, Keiko l’avrà costretto ad assumersene la responsabilità.»

«Yukari!» Ryo strabuzzò gli occhi per la sorpresa «Non mi sembra che Tsubasa si comporti controvoglia con Yuki, e sai bene che i figli sono di chi li cresce, non di chi li mette al mondo.»

«Vuoi che cresca questo figlio col postino, Ishizaki?»

Ryo alzò le mani in segno di resa, e si lasciò andare contro la sedia.

«Vedi, Morisaki, fai bene a non sposarti con una donna.»

Yuzo curvò le labbra in un sorriso di circostanza, poiché sapeva che l’amico non lo aveva detto con cattive intenzioni.

Tsubasa e Keiko si palesarono in quel momento, lui con una pentola in mano e lei con cinque birre tenute in mano con una destrezza che solo chi ci è abituato può avere.

«Ah, le hai anche già stappate: grazie, Keiko!» Ryo, sempre cordiale, si allungò per aiutarla.

Quando si furono accomodati, Yuzo percepì l’attimo di esitazione che Keiko ebbe nei confronti di Tsubasa: aveva la birra in mano e si era voltata verso di lui come ad attendere il suo benestare per poter iniziare la cena, quel “Saúde, família!” che gli aveva sentito pronunciare in svariate occasioni, quando si sedevano a tavola per mangiare.

«Beh, assaggiamo questa specialità!» esclamò quindi, avventandosi sulla portata e togliendo l’amica dall’impasse, un po’ come immaginava che avrebbe fatto Cris in quella situazione.

Ma se ci fosse stato Cris, forse la loro famiglia non si sarebbe disgregata.

Erano quasi al dolce quando sentì vibrare il cellulare nella tasca.

«Shuzo?» rispose di riflesso, voltandosi d’istinto verso Keiko.

«Ehi, fratello! Non è che chiederesti a Tsubasa di aprirmi la porta?»

«La porta?» si alzò in piedi e si diresse verso l’ingresso, seguito dal padrone di casa già scuro in volto.

«Esatto, ho portato un regalo.»

Tsubasa aprì la porta e si trovarono davanti a un’enorme pianta da appartamento, dietro alla quale fece capolino suo fratello.

«Ehi, eccomi qua.» avanzò costringendoli a scostarsi «Questa dove la metto?»

Senza attendere oltre, la posò in un angolo e si diresse in salotto, sfregandosi le mani.

«Ah, che bella compagnia.» decretò, lasciandosi sedere sulla prima sedia che aveva trovato libera – la sua.

«Sei venuto a rovinarci la festa, Mori-san?»

Keiko non perse tempo in convenevoli, iniziando a lanciare le sue frecciatine al ragazzo.

«Al contrario, sono qui per ravvivarla!» e, aprendosi il gilet, ne estrasse una bottiglia, lasciandola poi cadere rumorosamente al centro della tavola.

«Ah, ma questo è whisky giapponese!» Ryo la prese per leggerne meglio l’etichetta, e a Yuzo non sfuggì l’espressione di vivo terrore che si dipinse sul volto di Keiko.

«Il migliore.» Shuzo lo stappò e ne versò un’abbondante quantità nel bicchiere dell’ex difensore.

«Non hai nulla di meglio da fare, stasera?»

Keiko si era messa di tre quarti e teneva lo sguardo fisso su Shuzo.

«Ehi, sono venuto a festeggiare un amico, non siamo qui apposta?»

«Noi sì, tu sei un intruso.»

Shuzo ingollò il contenuto del suo bicchiere e degnò finalmente la ragazza del suo sguardo.

«È anche merito mio se siete qui, non sono autorizzato a festeggiare?»

«È merito tuo se siamo in tante altre situazioni…»

Nel momento in cui Shuzo afferrò il polso di Keiko, intenzionata ad afferrare la bottiglia di whisky per servirsene, un silenzio di ghiaccio calò nella stanza.

Yuzo si voltò verso Tsubasa, ancora al suo fianco, che aveva contratto la mandibola e stretto i pugni, e gli posò una mano sulla spalla nel vano tentativo di calmarlo.

Recuperata la lucidità, Keiko non si scompose: usò l’altra mano per afferrare il polso di Shuzo e fece pressione per fargli mollare la presa, quindi gli alzò il braccio tenendolo tra loro due.

«Non è il momento per l’alcool, Noshimuri. Dobbiamo andare.»

«Stasera no.» sussurrò lei, e a Yuzo sembrò quasi che lo stesse supplicando con gli occhi. Il suo gemello non si scompose e le si avvicinò di un passo, azzerando la distanza fra i loro volti.

«Stasera sì. Come sempre.»

Le voltò le spalle e recuperò il suo solito sorriso scanzonato.

«Beh, allora grazie per la bella serata, è stato un piacere. Mi spiace portarvi via un’ospite ma sapete com’è, gli affari sono affari.»

Afferrò un tozzo di pane e se lo ficcò in bocca, masticando a bocca aperta mentre rifilava una pacca sulla spalla a Ishizaki e mimava il gesto del cappello con Sanae e Yukari.

«Keiko resta dov’è.»

Le parole di Tsubasa riecheggiarono nel salotto facendolo ripiombare nel silenzio. Shuzo si mosse lentamente, con fare divertito, e lo raggiunse ciondolando.

«Mi fa piacere che tu ti sia accorto di aver bisogno di lei, Tsubasa, ma stasera Keiko ha di meglio da fare che giocare alla bella statuina mentre tu mostri a tutti che bella nuova vita ti sei cucito addosso, qui in Giappone.»

«Guai a te, Mori.»

«No, guai a te, Ozora.» sul volto di Shuzo non c’era più alcuna traccia di divertimento «Lascia stare il mio orticello o te ne farò pentire.»

«È una minaccia?»

«Una promessa.»

«Malerba, andiamo.» lo richiamò Keiko, che era sfilata accanto a loro e lo attendeva sulla porta.

«Kei.» Tsubasa si voltò di tre quarti «Non sei obbligata ad andare.»

Yuzo lo vide: vide chiaramente il tentennamento negli occhi di Keiko. Le vide passare lo sguardo da lui, a Sanae, e poi nuovamente su di lui.

«Lo so.» rispose, prima di chiudersi la porta alle spalle.

 


E buongiorno di nuovo e buon venerdì! 

Nessuna walk of shame per Keiko che, anzi, tiene testa - come sempre - a Mori, mettendo i puntini sulle i, anche se in cuor suo è ben consapevole di essersi lasciata forse un po' troppo andare. 

La nottata con Shuzo però sempra portarle consiglio perché riesce ad avere una discussione civile con Tsubasa, al suo rientro in officina, che non si domanda troppo dove fosse - forse anche lui cerca di rimanere civile e di chiudere un occhio. 

E finalmente arriviamo all'inaugurazione del nuovo nido d'amore di Tsubasa (che però finalmente ci mostra un lato di sè che finora aveva tenuto nascosto, quella saudades che credevamo non avesse) e Mori fa il suo ingresso per - a mio parere - spiscettare un po' come fanno i gatti per il controllo del territorio. 

Che dire, aspetto le vostre opinioni, non vedo l'ora ^^

Un abbraccio grandissimo

La Sakura

PS: come dite? Ah, quel puntino rosso? Eh eh eh...

   
 
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